sabato 23 gennaio 2016

27 GENNAIO:"GIORNATA DELLA MEMORIA"

Memoria sì, oblio no!”
Da anni e in molte città questo è stato lo slogan che ha aperto molti cortei delle autorità istituzionali, degli studenti e dei cittadini che il 27 gennaio, giorno della memoria, vogliono richiamare tutti a non dimenticare,perché è giusto, è necessario che i momenti tragici ed eccezionali come la guerra, la deportazione di milioni di persone e le loro morti, non si perdano nel vento, ma lascino il segno nella coscienza di ogni persona di buona volontà.
-Alle vittime della Shoah a Vienna-
Ma, si sa, che il 27 gennaio può correre un grave rischio, quello di esaurire in un giorno il suo richiamo, quello di essere un giorno pieno di retorica che non imprime nella coscienza della gente l’immagine della responsabilità.
A questo scadimento può contribuire anche la trascuratezza e l’abbandono dei segni, dei luoghi e dei simboli riguardanti il peggiore evento del secolo scorso che ha attraversato l’Europa, ma anche le singole città. Quei luoghi e quei segnali che dovrebbero rintuzzare la memoria e la riflessione possono risultare inerti e inespressivi, se lasciati nell’abbandono.
Nelle nostre città ci sono alcuni segnali e luoghi di memoria importanti che devono essere recuperati, rivalutati, resi efficienti a favore di iniziative didattiche ed informative a vantaggio della conoscenza e della riflessione su quanto ha prodotto di tragico il nazifascismo sulla popolazione.
-Roma:ghetto ebraico-
E così mi sono trovato in una via, oggi deserta, ma ieri animata e rumorosa,perché parte di un ghetto: il Ghetto ebraico. La via ha cambiato nome. Si chiama via dei deportati. Incontro un bravo cittadino e chiedo:<<Chi ha deportato chi? Dove e perché?>>. Lui getta un'occhiata stupita al nome della via e con la massima innocenza risponde:<<Via dei deportati? Mi sembra che si trattasse di ebrei.>>
Dalla memoria passiamo con facilità disarmante all'oblio.
Per non parlare poi di quei monumenti commemorativi degli ebrei deportati, che da anni giacciono in una situazione di degrado, spesso senza alcuna indicazione cartellonistica o un fascio di luce che li illumini (ma altri monumenti invece sono illuminati), senza la possibilità che le scolaresche possano accedervi per prendere visione del percorso didattico riguardante la nostra storia e degli eventi che hanno coinvolto ebrei poi morti nei Lager.
Il recupero di questi luoghi e di questi segnali può costituire un efficace tramite educativo per le giovani generazioni, sempre più lontane dai fatti accaduti durante la guerra, e per l’integrazione dei cittadini, sempre più numerosi, che provengono da altri paesi e da altre culture. Si tratta di pensare al territorio della città come un “museo” in cui i “luoghi della memoria” ci aiutano a riflettere sul loro significato intrinseco e sui processi selettivi della memoria pubblica; ma anche come un “museo” in cui la “memoria del luoghi” ci mette di fronte all’intreccio di silenzi, di rimozioni, di memorie divise che lo studio della storia deve aiutarci a decifrare e a ricostruire.
Se si trascurano i luoghi di memoria, non può esserci che l’oblio, perché la memoria dei luoghi non può che essere un’elaborazione in perenne divenire, che si perpetua in tutto quello che siamo e che facciamo.
-Yad Vaschem di Gerusalemme-
La storia della seconda guerra mondiale, della deportazione, della vita nei Lager e della conseguente distruzione di vite umane, è ancora carica di implicazioni che ci riguardano direttamente. Sollecitare ancora oggi a conoscere questa storia attraverso i luoghi e i simboli della memoria nella prospettiva del rapporto fra passato e presente, non vale semplicemente per un’esigenza celebrativa, ma per un bisogno pedagogico e sociale a favore di tutti.
A.B.


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