Con il mercoledì delle ceneri è iniziata la Quaresima. Per comprendere il significato di questo
periodo occorre esaminare la diversa liturgia pre e post-conciliare.
Prima della riforma liturgica, l’imposizione delle ceneri era accompagnata dalle lugubri parole
“Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”, secondo la maledizione del Signore all’uomo
peccatore contenuta nel Libro della Genesi (Gen 3,19). E con questo funereo monito, nel quale è
completamente assente la novità dell’annuncio evangelico, iniziava un periodo caratterizzato da
penitenze e digiuni, da rinunzie e sacrifici, e dalle mortificazioni, più orientato verso il Venerdì
santo che alla Pasqua di Risurrezione.
Oggi l’imposizione delle ceneri è accompagnata dall’invito di Gesù “Convertitevi e credete al
vangelo” (Mc 1,15). Le prime parole pronunciate dal Cristo secondo il Vangelo di Marco, sono un
invito al cambiamento, in un continuo processo di rinnovamento che deve essere il motore della vita
del credente. E credere al vangelo significa orientare la propria esistenza al bene dell’altro.
L’uomo non è polvere, e non tornerà polvere, ma è figlio di Dio, e per questo ha una vita di una
qualità tale che è chiamata eterna, non tanto per la durata, indefinita, ma per la qualità,
indistruttibile, capace di superare la morte, come Gesù ha assicurato: “Se uno osserva la mia parola,
non vedrà mai la morte”; “Chiunque vive e crede in me, non morirà mai” (Gv 8,51; 11,25).
In queste due diverse impostazioni teologiche sta il significato della Quaresima. Mai Gesù ha
invitato a fare penitenza, a mortificarsi, vocaboli assenti nel suo insegnamento, e tanto meno a fare
sacrifici. Anzi, ha detto esattamente il contrario: “Misericordia io voglio e non sacrifici” (Mt 9,13;
12,7). Ciò che Dio chiede non è un culto verso lui (sacrificio), ma l’amore verso gli altri
(misericordia). I sacrifici e le penitenze centrano l’uomo su se stesso, sulla propria perfezione
spirituale, e nulla può essere più pericoloso e letale di questo ingannevole atteggiamento, che illude
la persona di avvicinarsi a Dio quando in realtà serve solo ad allontanarla dagli uomini. Paolo di
Tarso, che in quanto fanatico fariseo era un convinto assertore di tutte queste devote pratiche, una
volta conosciuto Gesù, arriverà a scrivere nella Lettera ai Colossesi che tali atteggiamenti “in realtà
non hanno alcun valore se non quello di soddisfare la carne” (Col 2,23), e per questo non esita a
definirli “spazzatura” (Fil 3,8).
La Quaresima pertanto non è tempo di mortificazioni, ma di vivificazioni. Per questo l’azione di
Gesù non è quella di abbattere l’albero che non porta frutto, ma di concimarlo per dargli nuovo
vigore (Lc 13,8), perché lui non è venuto a spezzare la canna incrinata o a spegnere la fiamma
smorta (Mt 12,20), ma a liberare nell’uomo le energie d’amore che sono sopite e fargli scoprire
forme inedite, originali e creative di perdono, di generosità e di servizio, che innalzano la qualità del
proprio amore per metterlo in sintonia con quello del Vivente, e così sperimentare la Pasqua non
solo come pienezza della vita del Risorto ma anche della propria. Così, come i contadini sul finire
dell’inverno distribuivano sul terreno le ceneri accumulate nel tempo freddo per dare nuovo vigore
alla terra, la Parola del Signore è capace di infondere nuove energie agli uomini.
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di Alberto Maggi
in “il Libraio” del 18 febbraio 2020