giovedì 29 ottobre 2015

LA SOFFERENZA

Dice una vecchia storia cinese:"C'era una donna il cui figlio era morto. Questa donna in preda ad una grandissima sofferenza, andò da un vecchio saggio per chiedergli degli incantesimi per poter riportare in vita il figlio. Il saggio, dopo aver valutato la situazione, le disse:<<Portami un seme di senape dalla casa dove non vi è mai stata una sofferenza: con quello porterò via la sofferenza dalla tua vita>>.
La donna si mise in cammino e scoprì presto che ogni casa aveva subito i suoi drammi.
Di fronte allo spettacolo delle sofferenze degli altri la donna si chiese:<<chi può aiutare e capire questa gente sfortunata meglio di me che sono stata così provata?>> e si fermò a confortarli.
Divenne così coinvolta nell'aiutare gli altri nelle loro sofferenze che si dimenticò di continuare nella ricerca del seme magico non comprendendo neppure che in effetti ciò aveva tolto la sofferenza dalla sua vita".

da "Riforma.it"

LA TUA PAROLA

Narrami ancora o Signore,attraverso la Tua Parola,
le gesta del popolo che Tu hai chiamato.
Rivelami la Tua presenza come voce che parla al mio cuore,
mentre ascolto gli insegnamenti di Gesù, seduta nell'erba fresca tra la folla.
Io ti apro, ti leggo ed entro così nel Tuo Regno,
respiro le Tue Parole di vita.
Mentre apro il libro, apro anche il mio cuore,
la mia casa, tutta la mia vita e ti invito ad entrare.
Cerco il Tuo volto mentre mi dici:"Oggi debbo fermarmi a casa tua".

da "Riforma.it"

UN APPELLO PER LA GIUSTIZIA CLIMATICA

154 leader religiosi di diverse fedi e di una cinquantina di paesi, in vista della Conferenza delle parti sul clima (COP21) in agenda a Parigi ai primi di dicembre, hanno lanciato un appello ai decisori politici per ricordare le loro responsabilità. L’appello – che raccoglie firme che vanno dall’Olanda all’Argentina, dal Canada alle Isole Figi, passando per il continente africano - è stato consegnato lo scorso 20 ottobre nelle mani di Christiana Figueres, responsabile per il clima dell'Onu.
Siamo ancora in tempo! Questo lo spirito che anima la dichiarazione congiunta e che propone misure concrete per evitare un pericoloso non-ritorno degli equilibri climatici del pianeta. «Girare le spalle a un’economia incentrata sul carbone, al consumo non sostenibile e ad una crescita economica infinita» sono tra le misure da attuare subito, mentre per i leader religiosi, entro la metà del secolo, vanno completamente eliminati i carburanti fossili. L’appello non è rivolto ai soli governanti, ma anche ai rispettivi fedeli, e in generale a ogni singolo cittadino di questo mondo. E viene sottolineata la responsabilità che hanno le stesse comunità di fede nel diffondere la necessità di cambiare i propri stili di vita. Per i leader religiosi gli sforzi per la lotta al cambiamento climatico sono da portare avanti a tutti i livelli. Nell’appello, inoltre, si impegnano a partecipare ai pellegrinaggi per la giustizia climatica, così come ai digiuni per il clima che si tengono da diverso tempo ormai ogni primo del mese.
"Se ami qualcuno lascialo libero. Se torna da te, sarà per sempre tuo, altrimenti non lo è mai stato."

(Richard Bach)
Il sogno

Sogniamo una chiesa pronta ad accogliere con calore umano ogni genere di persona senza discriminare nessuna creatura.
Sogniamo una chiesa che dia più importanza alla gente anziché alle mura e ai campanili.
Sogniamo una chiesa che non imponga ai suoi fedeli dei dogmi in cui credere ciecamente, ma che sappia accompagnarli verso la conoscenza dell’evangelo.
Sogniamo una chiesa che s’impegni ad annunciare la Parola di Dio anziché a perpetuare tradizioni umane.
Sogniamo una chiesa fatta di uomini e di donne che non stanno a guardarsi i difetti gli uni degli altri ma che s’incontrano assieme per lodare il Signore.
Sogniamo una chiesa nella quale si respiri amore fraterno piuttosto che incenso.
Sogniamo una chiesa che non ricerchi privilegi dalla Politica, ma che sappia rispettare e difendere la laicità dello Stato.
Sogniamo una chiesa che non è sottoposta a una gerarchia di uomini con paramenti sacri ma che è fatta di credenti riuniti in comunione sotto la sola autorità di Gesù Cristo.


Un gruppo di cristiani della Chiesa Battista

LETTERA DI ALCUNI PRETI DEL NORD EST A PAPA FRANCESCO

in “www.adista.it” del 28 ottobre 2015
Vi proponiamo di seguito la lettera che i preti del Nord Est, noti come i firmatari “della Lettera di Natale”, ci hanno inviato. Riuniti per riflettere sul contenuto della prossima Lettera e preoccupati per «i fatti accaduti ultimamente riguardanti la persona di papa Francesco», i 13 sacerdoti hanno infatti preso carta e penna e scritto una lettera al papa che desiderano rendere pubblica. 
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Carissimo fratello Francesco, se guardiamo solamente a queste ultime due settimane in cui si sta svolgendo il Sinodo dei Vescovi, ci sono stati alcuni tentativi per far vacillare la tua infaticabile opera di rinnovamento della Chiesa nel permetterle, in continuità con il Concilio Vaticano II, di crescere in umanità facendo proprie le gioie e le sofferenze, le tristezze e le angosce degli uomini e delle donne del nostro tempo. Siamo convinti con te che se la Chiesa non è pronta a svolgere questa missione con grande attenzione al nuovo che matura, perde l’appuntamento con la Storia! Per questo, soprattutto in questo tempo di gravi attacchi intestini, vogliamo dirti grazie per quello che stai facendo e per come lo stai facendo, garantendoti la nostra preghiera e la nostra condivisione di pastori che, con umiltà e con questo spirito, cercano di operare nel Nord Est del paese in contesti di estrema fragilità. Soprattutto notiamo in te una debolezza che è per noi forza nella fede in Gesù di Nazareth. Amiamo in te la debolezza che non pretende risultati immediati, magari imponendoli in modo autoritario senza dare alla Chiesa il tempo di maturarli. Amiamo quel lavorare a lunga scadenza senza ossessione, senza ansietà, però con convinzioni chiare e tenaci, sapendo rischiare di attendere, perché è forte in te la certezza che a guidarci sia lo Spirito del Risorto e che Suoi sono i tempi del cambiamento. È con questa fede che riesci a dare spazio a tutti, non omologando, ma cercando quella «convivialità delle differenze» che, nel confronto, porta arricchimento e condivisione fraterna pur nel rispetto delle diversità di identità, di idee e di opinioni. Amiamo in te quella debolezza, così poco diffusa anche nei nostri ambienti ecclesiali, che non porta a «diventar matti per risolvere tutto nel momento presente, per tentare di prendere possesso di tutti gli spazi di potere e di autoaffermazione» (Evangelii Gaudium, 223). Amiamo decisamente quel voler «camminare insieme», occupandoti di «iniziare processi più che di possedere spazi» (ibid.). Amiamo ancora in te quella debolezza che, non cercando compromessi col potere di turno e non arrendendosi alla logica del mondo, afferma il primato del Vangelo, favorendo franchezza apostolica e amore preferenziale per gli «scartati» della Storia. Perché, se vogliamo essere davvero figli di Dio, non c’è nessun grido che prorompe da tante parti della terra che debba risultare a noi estraneo o lasciarci indifferente. Allo stesso tempo amiamo in te la debolezza che si fa tenerezza capace di disarmare e far crollare barriere; che fa risuonare la «misericordia», parola chiave del tuo magistero petrino tesa a ridonarci il Volto di quel Dio «ricco di amore e di fedeltà» (Esodo 34,6) che fa pulsare il suo cuore al battito del misero, incrociando il suo sguardo e accogliendolo tra le sue braccia, usandogli vera compassione e perdonandolo sempre. Perché non c’è nessuna situazione umana, per quanto degradata, che possa impedire a Lui di essere presente e operante con la sua misericordia per rinnovare la vita e la gioia anche dell’ultimo del mondo. Grazie, fratello Francesco, perché, da innamorato di Gesù di Nazareth e partendo sempre dal Suo punto di vista, ci aiuti a capire che anche nel nostro tempo è importante che la legge mai schiacci l’uomo, ma sia l’uomo ad essere tutelato, salvaguardato e accolto nel grembo di una Chiesa che – per restare fedele al suo Maestro – è chiamata a mostrarsi ancora e sempre più madre dalle viscere d’Amore.
Zugliano (UD), 23 ottobre 2015
Pierluigi Di Piazza, Franco Saccavini, Mario Vatta, Giacomo Tolot, Piergiorgio Rigolo, Andrea Bellavite, Luigi Fontanot, Alberto De Nadai, Renzo De Ros, Albino Bizzotto, Antonio Santini, Piero Ruffato, Paolo Iannaccone

mercoledì 28 ottobre 2015

SODDISFAZIONE E RAMMARICO di Renè Poujol

Trovo, nel Sinodo, tre motivi essenziali di soddisfazione.

  • È buona cosa che, sulla questione dei divorziati risposati, papa Francesco abbia ottenuto il sostegno della maggioranza dei padri sinodali. Questa evoluzione era non solo pastoralmente necessaria, ma teologicamente possibile. Non porta affatto ad una rimessa in discussione dell'indissolubilità del matrimonio, ma alla reintegrazione, caso per caso, dopo discernimento, di alcune persone, nella vita sacramentale. 
  • È buona cosa che, rompendo con un approccio esclusivamente giuridico il Sinodo si sia impegnato nella via dell'ascolto, dell'accoglienza, della misericordia, permettendo a papa Francesco di dichiarare nel suo discorso di chiusura: “L’esperienza del Sinodo ci ha fatto anche capire meglio che i veri difensori della dottrina non sono quelli che difendono la lettera ma lo spirito; non le idee ma l’uomo; non le formule ma la gratuità dell’amore di Dio e del suo perdono”
  • È buona cosa, infine, che, nonostante le reticenze, i padri sinodali abbiano potuto fare l'esperienza di un vero dibattito nella Chiesa, con un linguaggio aperto e comprensibile, aprendo – speriamo – un ampliamento durevole della collegialità nel governo della Chiesa. Perché è vero che l'istituzione sinodale era stata auspicata dal Vaticano II, ma la sua attuazione, affrettata, da parte di Paolo VI, l'ha a lungo relegata a non essere che un luogo di consultazione puramente formale. 

Dietro a questi motivi di soddisfazione si nascondono, per me, altrettanti motivi di rammarico.

  • Rammarico, perché, sulla questione della contraccezione, il Sinodo non si sia sentito autorizzato a riconoscere alle coppie la libertà della scelta dei metodi con i quali “gestiscono la fecondità”, come la Chiesa ne riconosce loro il diritto. Di fronte a un mondo che deresponsabilizza, la Chiesa non ci guadagnerebbe a fare la scommessa della fiducia, più che ricordare un improbabile divieto della Legge naturale?
  • Rammarico perché, sulla questione omosessuale, il Sinodo – come era prevedibile – ha scelto di nascondersi dietro un dito,e ha solo sfiorato il tema appena accennando alle famiglie che si devono confrontare con questa realtà, fingendo così di ignorare che gli omosessuali, uomini e donne, sono ben presenti nelle nostre comunità. Sappiamo che la questione è difficile e che l'opinione pubblica è poco aperta,come testimoniano recenti irrigidimenti.
  • Rammarico perché questo stesso Sinodo che pure invita ad una forma di diaconia rafforzata a servizio delle famiglie e dell'accompagnamento delle giovani coppie, non ha nemmeno osato porre la questione, pure evocata nell'assemblea, di una possibile apertura al diaconato femminile. Chi, meglio delle donne, è in grado di concretizzare nella vita della nostra Chiesa, questo appello del Sinodo a farsi prossimo alle realtà familiari? Che cosa si oppone teologicamente a reintrodurre nella Chiesa ciò che la sua storia attesta essere già esistito in passato? 
Molto quindi è stato fatto, e ne ringraziamo i padri sinodali, anche se l'essenziale resta ancora da affrontare. Perché se la posta in gioco per la Chiesa è quella di mostrarsi “agli uomini e alle donne di questo tempo”, e non solo ai cattolici, come portatrice di una buona notizia che dia senso a ciò che sperimentano nella loro vita, occorrerà pure colmare un po' il fossato che continua ad allargarsi tra l'una e l'altra. E continuare ad approfondire la comprensione che abbiamo delle Scritture e della nostra Tradizione. Senza rifugiarci dietro la falsa accusa di una resa allo spirito del tempo.

martedì 27 ottobre 2015

27 ottobre 2015
XIV Giornata ecumenica del dialogo cristiano islamico
Cristiani e musulmani: dall'accoglienza alla convivenza pacifica


Cristiani e musulmani hanno profonde radici comuni:sono religioni di pace.
E per costruire un mondo di pace c'è bisogno che le due religioni mondiali maggioritarie, che sono l'islam ed il cristianesimo,  sappiano riscoprire le comuni radici di pace in tutte le loro molteplici declinazioni, fra cui quest'anno vogliamo indicare alle comunità cristiane e musulmane, come tema per la quattordicesima giornata ecumenica del dialogo cristiano islamico del 27 ottobre 2015, quelle dell'accoglienza dello straniero, del rifugiato, dell'aiuto ai poveri, agli ultimi della società, per costruire la convivenza pacifica, che abbiamo sintetizzato in : «Cristiani e musulmani: dall'accoglienza alla convivenza pacifica». I nostri rispettivi testi sacri dicono parole chiare su tale aspetto, checchè ne dicano coloro che vorrebbero piegare sia l'islam che il cristianesimo alla logica della guerra.
Questo crediamo possa essere la strada per costruire una società libera dal terrore della guerra nucleare, dalla paura continua di qualsiasi essere umano diverso da noi, riscoprendo la comune umanità, il comune bisogno di accoglienza e di vivere pacificamente, come figli e figlie dell'unica Madre Terra che ci ospita.
La ricca e opulenta Europa ed il cosiddetto "occidente", non potranno assolversi dalle proprie gravissime colpe nei confronti dei popoli che hanno depredato delle loro risorse e che hanno costretto a subire la guerra e poi a fuggire e a divenire profughi, se non fermando la vendita degli armamenti, che sostengono la guerra e producono milioni di profughi, e ponendo fine alla depredazione delle risorse dei popoli africani, asiatici o sudamericani. Chi vuole pace per se dovrà imparare a dare pace agli altri. E questo lo si potrà fare riscoprendo le vere radici comuni alle religioni monoteiste, ad islam, cristianesimo ed ebraismo, che sono l'accoglienza, l'ospitalità, la misericordia, la pace, perché "la terrà è di Dio" e nessuno ha il diritto di dichiararla propria e sfruttarla a proprio uso e consumo.
Uomini e donne di pace cercasi.
Con un fraterno augurio di shalom, salaam, pace
Il Comitato Organizzatore

lunedì 26 ottobre 2015

L'ASCESA DELLA LAICITA', NONOSTANTE L'EFFETTO BERGOGLIO

in "Repubblica.it" del 3 ottobre 2015

A PICCOLI passi l'Italia continua ad allontanarsi dalla Chiesa, anche quella di papa Francesco. Calcolato ogni anno dalla Fondazione Critica Liberale assieme alla Cgil Nuovi Diritti, l'"Indice di secolarizzazione" prende per la prima volta in considerazione i dati dell'era Bergoglio, ma l'effetto Francesco non c'è: la lancetta sale di un lieve ma inequivocabile 5,9%. Si conferma insomma quel ritmo di leggera costante ascesa della laicità nazionale che dura ormai dal 2011, cioè dagli ultimi anni del diversissimo pontificato Ratzinger. Nel ventennio precedente la tendenza degli italiani a seguire meno precetti, indicazioni e riti del cattolicesimo era stata in effetti più impetuosa. Ma anche se il ritmo da qualche tempo rallenta, almeno nel suo primo anno il nuovo pontificato non sembra aver invertito la tendenza.

Calano dunque, sotto Francesco, i battesimi, anche se solo di qualche centinaio di unità su circa 400 mila (erano 490 mila l'anno nel '94); calano le cresime (di qualche migliaio), crescono invece le prime comunioni, tornando ai livelli di dieci anni fa; calano viceversa assai seccamente i matrimoni in chiesa, di circa undicimila l'anno, su 120 mila, ma anche in proporzione al totale dei matrimoni, dal 59 al 57,5%, con la linea del sorpasso fra civili e concordatari che scende dal nord al centro Italia. In leggero declino le vocazioni (quasi un migliaio di ordinazioni di sacerdoti in meno). Continua a crescere la disaffezione delle famiglie per l'ora di religione (88,5% gli studenti che "si avvalgono", in declino di circa mezzo punto all'anno), mentre tendono alla stabilità le iscrizioni alle scuole cattoliche. Stabile pure il ricorso agli anticoncezionali.
Rispetto al lungo periodo (i battesimi in vent'anni sono diminuiti di 82 mila unità su 490 mila; i matrimoni religiosi di un terzo) la disaffezione dei fedeli negli ultimi tempi si misura su scarti molto ridotti. I dati a volte si fanno oscillanti: ed anche questo è forse il segno che l'Italia tende ad avvicinarsi a un certo livello di equilibrio "secolare". Singolare l'andamento dei versamenti dell'otto per mille alla Chiesa cattolica, dato da sempre in controtendenza rispetto alla secolarizzazione generale, cioè in vertiginosa crescita, dai 303 milioni di euro erogati nel '93 ai 1.119 nel 2011: da quell'anno però in calo del 9,5%: ma vale solo per l'importo, perché il numero delle singole opzioni invece cresce , «frutto di una campagna pubblicitaria martellante », sostiene il direttore di Critica Liberale Enzo Marzo. L'apparente contraddizione si spiega forse con la crisi economica, che fa calare gli imponibili.
Gli italiani hanno ormai preso le misure stabili del loro rapporto con il cattolicesimo? Può essere, ma la Chiesa non sembra rassegnata. La presenza di istituzioni cattoliche nel sociale non arretra, anzi: crescono gli istituti di assistenza (6299, una sessantina in più nell'era Bergoglio), gli ospedali, le case di cura (oggi 1654), i consultori, i nidi d'infanzia. E c'è un fattore nascosto che potrebbe spiegare diversamente le cose. L'arrivo in Italia di grandi masse di immigrati. Difficile separare, nei dati che il Rapporto ha raccolto, la componente immigrata da quella stanziale. Ma in qualche caso si può, e i dati allora sono significativi. Il calo dell'interruzione volontaria di gravidanza, ad esempio, sarebbe forse più deciso se non fosse compensato dalla maggiore tendenza delle donne immigrate ad abortire (ormai un terzo del totale delle ivg). E questo ha ridato fiato ai Centri di assistenza alla vita, in aumento anche negli ultimi anni (dieci in più solo nel 2014), la cui utenza italiana, però, rimane stabile, mentre è aumentata grandemente l'affluenza di donne straniere, che oggi sono i quattro quinti delle frequentatrici dei centri, spesso unico punto di riferimento per le immigrate nel vuoto di accoglienza dello Stato.
Allo stesso modo, altri dati in controtendenza potrebbero nascondere l'influenza della mutata composizione demografica nazionale: i battesimi tardivi, ad esempio (in crescita annua del 2,71% quelli oltre il settimo anno di età) possono venire da famiglie immigrate faticosamente ricongiunte; così come il rapporto sacerdoti/popolazione, rimasto più o meno stabile dopo la forte crisi dei decenni scorsi, può essere stato nutrito da preti "importati".
Un'Italia sempre più multiculturale, del resto, ci dovrà abituare a questi riassestamenti continui delle abitudini, delle scelte sociali e delle opzioni religiose.

domenica 25 ottobre 2015

IL SINODO HA APERTO GLI OCCHI ALLA CHIESA?


"Accettare il Vangelo come punto di riferimento significa non rimanere comodi e sicuri, ma mettersi alla sequela di Gesù che è in cammino sulla strada della storia. La Chiesa rischia di sembrare cieca (e anche sorda) se non apre gli occhi al mondo con lo sguardo di Gesù. E come chi entra in una stanza buia e con pazienza cerca di vedere oltre il primo impatto di totale oscurità, così anche noi come cristiani dobbiamo armarci di coraggio e andare, anche se all’inizio a tentoni, verso il mondo che ha bisogno di noi e nel messaggio di luce che abbiamo ricevuto in consegna."
Giovanni don

COSI' SANDRO MAGISTER SUL SUO BLOG

"I sì sono stati tra 178 e 190, poco sopra il quorum dei due terzi dei voti – 177 – richiesti per l'approvazione. I no tra 64 e 80. È andata così, nel pomeriggio di sabato 24 ottobre, la votazione dei tre paragrafi sul punto più controverso, la comunione ai divorziati risposati. O meglio: il "discernimento e integrazione" nella Chiesa dei divorziati e risposati civilmente, senza che mai in tali paragrafi compaia una sola volta la parola "comunione", né alcun termine equivalente."

IL PRIORE DI BOSE:"COMUNQUE POSITIVO!"

Comunque il cammino sinodale sul tema della famiglia è stato fecondo e fruttuoso, anche se vi sarà chi riterrà carenti alcune risposte che il popolo di Dio attendeva e che potevano essere significative anche per i non cristiani. Siamo però convinti, con Rilke, che “le domande sono più decisive delle risposte” e che queste ultime non devono mai dimenticare che il luogo ultimo e decisivo per il discernimento è la coscienza del credente: una coscienza non autarchica e solipsistica, ma una coscienza illuminata e liberata dal soggettivismo grazie alla presenza della chiesa e dei suoi pastori muniti di capacità di discernimento. Non a caso – come aveva chiesto il circolo di lingua tedesca dove erano concentrati teologi di grande spessore – la relazione finale ha fatto appello anche alla presa in considerazione della coscienza dei divorziati risposati per ogni cammino di manifestazione della comunione ecclesiale: le situazioni dei cammini matrimoniali contraddetti sono diversissime e non esistono soluzioni semplici e generalizzabili. Anche per l’ammissione alla comunione sacramentale dopo un cammino penitenziale serio, provato ed ecclesialmente visibile, non si possono fare leggi generali e, io credo, neppure lasciarle alle conferenze episcopali nazionali, non poche delle quali appaiono oggi incapaci di una vera collegialità nel loro seno e di un’autentica sinodalità con tutto il popolo di Dio. Inoltre la pastorale e la disciplina devono tener conto delle differenze delle culture delle chiese che compongono la “catholica”. Queste macro-regioni continentali sono diversissime, soprattutto nel loro rapporto con la contemporaneità, sicché la famiglia ha problemi molto diversi in base al contesto socio-culturale in cui si trova. Perciò, affinché la parola del papa sia accolta ovunque in modo efficace, occorre che i pastori sappiano tradurla per la loro gente e trovare, con creatività e in modo comunionale con la chiesa universale, vie nuove per la loro specifica situazione.
(da una riflessione di Enzo Bianchi)

E TU,DON FRANCO,CHE NE PENSI DI QUESTO SINODO?

Molti mi interpellano su questo punto: è deluso dai risultati del sinodo?
Da vescovi e cardinali come quelli attuali non mi sono mai aspettato altro che acqua tiepida.
Comunque, forse una metà di loro comincia a capire che il medioevo è finito. 
Per papa Francesco il cammino si fa ancora più difficile e attorno a lui, oltre ai tradizionalisti, cresce il numero dei delusi che davvero cominciano ad essere molti.
A mio parere, un fatto positivo va registrato: si è rotto l'unanimismo e la chiesa cattolica si presenta con le sue profonde fratture.
Mi fanno sorridere le consolatorie parole dell'arcivescovo Bruno Forte: "Non siamo più  dirimpettai del mondo, ma gli andiamo incontro...Ora la chiesa accoglie tutti".
Questa barzelletta episcopale è il segno della incapacità di riconoscere la distanza dalla realtà. 
In ogni caso, la mia speranza sta nel fatto che esistono molti preti onesti che sono vicini alle persone.
Franco Barbero

HAI RAGIONE DON PAOLO!

Fare un Sinodo oggi, dopo oltre mezzo secolo dall’«Humanae Vitae» e stare ancora a discutere «comunione sì, comunione no», mettendo anche da parte le parole inequivocabili del vangelo, significa perdere tempo, perché «la gente» va per conto suo, infischiandosene di cardinali, papi e preti che non hanno perso il vizio di gridare al peccato, salvo poi ritrovarsi a fare le più miserevole porcate, giustificandosi in ogni modo. Ammesso e non concesso che i divorziati siano «peccatori» (ma mai quanto i cardinali che scrivono lettere anonime, o sputano sullo Spirito Santo), Gesù nel vangelo dice di essere vneuto per i peccatori e ogni volta che ne incontra uno, si siede a tavola e mangia con lui (cf Mc 2,16), «amico dei peccatori e dei pubblicani» (Mt 11,19). Non solo, ma in Lc 15,1 l’evangelista ci tiene a sottolineare che «si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano» (Lc 15,1-2). Questa è la foto della chiesa di oggi: i pubblicani e i peccatori si avvicinano per merito anche di Papa Francesco, mentre scribi e farisei fanno Sinodi e mormorano nell’oscuro e tramano nell’ombra da vigliacchi: lanciano sempre un sasso o una serie di sassi, ma ritirano subito la mano, assumendo l’aria degli gnorri. Una testimonianza La mia chiesa è frequentata da molti separati e divorziati e risposati e tutti fanno la comunione e non da oggi. Non c’è voluto un sinodo per sapere ciò che la coscienza conosceva già. Tutti partecipano all’Eucaristia e concelebrano l’Eucaristia in forza del principio che i sacramenti sono per il popolo santo di Dio (cf Eb 5,1), popolo in ricerca e assetato di Dio, popolo di santi e di peccatori, «ecclèsia casta et meretrix» (Cf SANT’AMBROGIO, Commento al Vangelo di Luca, III, 17-23, PL XV: 1681; cf CESARIO DI ARLES, Sermo 116, PL XLVII: 759; SAN’AGOSTINO, Quaestionum in Heptateuchum libri septe, Lib. 6, Quaestio Iesu Nave, 2, PL XXXIV:775; San Girolamo, Tractatus LIX in Psalmos, Psalmus 86, PL XXVI:1150). L’Eucaristia è il cibo per vivere la vita di ogni giorno, è la forza che regge la fede. Da tempo, da molto tempo abbiamo superato l’aspetto legalistico esteriore e abbiamo portato tutto alla relazione della fede che non ha gli stessi obblighi della religione. Questa, la religione, ha il compito di nascondere Dio e di oscurarlo a favore della casta sacerdotale che non avrebbe senso se il popolo potesse incontrare Dio. Quella, la fede, ha bisogno di cuore e di amore, di ansia e di desiderio per realizzare l’incontro fisico tra Dio e il credente che mette in discussione la propria esistenza perché vale la pena scoprire l’amore di Dio.
da una riflessione di don Paolo Farinella

UN PENSIERO A ...FREDDO!

Abbiamo una nuova parola d'ordine : <<DISCERNIMENTO>>!
Vale per il dopo...ma il prima?

sabato 24 ottobre 2015

"Dura è la mia lotta e torno con gli occhi stanchi, a volte, d'aver visto la terra che non cambia, ma entrando il tuo sorriso sale al cielo cercandomi ed apre per me tutte le porte della vita."
(Pablo Neruda)

LIBERTA'=ANALISI DELL'IN-SE' E DISCERNIMENTO DEL FUORI DI SE'

«Siamo liberi per il dono della libertà che ci ha dato Gesù Cristo. Ma il nostro lavoro è esaminare cosa succede dentro di noi, discernere i nostri sentimenti, i nostri pensieri; e analizzare cosa accade fuori di noi, discernere i segni dei tempi». Come? «Col silenzio, con la riflessione e con la preghiera» 
Papa Francesco



MONS.CERETI INTERVISTATO DA RUPUBBLICA

Parla Giovanni Cereti, il monsignore che da 40 anni promuove la tesi della riammissione ai sacramenti per chi vive seconde nozze: "Anche la Chiesa delle origini lo permetteva a determinate convinzioni". Francesco ha letto i suoi libri. E ha fatto ascoltare alcuni brani ai cardinali.
Come affrontava la Chiesa primitiva il nodo dei divorziati?
"Difendeva il matrimonio monogamico contro i rigoristi che lo contestavano, ma a poco per volta prese coscienza dell’esistenza di peccatori anche fra i battezzati e del potere che le era affidato di rimettere i peccati. Essa esercitò questo potere attraverso la penitenza pubblica e non reiterabile".
Come avveniva questa penitenza?
"In sostanza, coloro che venivano sottoposti alla penitenza partecipavano solo alla prima parte della messa, la 'liturgia della Parola', e non al banchetto eucaristico. Tuttavia, dopo uno o più anni di penitenza, venivano riconciliati e riammessi all’eucaristia".

Per la Chiesa il matrimonio è un sacramento indissolubile.
"È vero. Nessuno può fare venire meno un matrimonio se non gli sposi stessi con delle decisioni e dei comportamenti che per lo più comportano gravi responsabilità. Quando gli sposi decidono di venir meno alla parola data nella celebrazione del matrimonio, quando si separano, distruggono automaticamente il segno sacramentale che consiste nell’amore e nella volontà di essere marito e moglie. Così viene meno anche il vincolo coniugale e la grazia del sacramento. È la stessa cosa che accade per l’eucaristia: eucaristia e matrimonio sono gli unici ‘sacramenti permanenti’. Per i cattolici, fino a che il pane consacrato resta pane, resta la presenza reale. Ma se il pane ammuffisce, il venir meno del segno sacramentale fa venire meno la presenza reale e quindi la grazia del sacramento. Così è per il matrimonio".
Perché una parte di Chiesa si oppone a tutto ciò?
"Difficile rispondere. Certo è che oggi, nella coscienza cristiana comune, lo scandalo non è tanto offerto da coloro che hanno peccato sia pure contro un dono così prezioso come il matrimonio, quanto proprio da quella che viene considerata un’eccessiva rigidità delle istituzioni ecclesiali, che sembrano educate a una visione giuridica e non sacramentale del matrimonio. Dio è amore misericordioso, e la Chiesa è chiamata a onorare la parola di Gesù: 'Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò'. Resto profondamente convinto che la Chiesa ha ricevuto da Cristo il potere di rimettere tutti i peccati e che può esercitare questo potere nel sacramento della riconciliazione. Può darsi che uno dei due coniugi non abbia nessuna colpa o poca colpa, e che l’altro abbia una colpa molto maggiore: il confessore giudicherà in modo diverso i due casi, potrà imporre una penitenza diversa, ma in ogni caso se constata il pentimento per essere venuti meno alla parola data 
nella celebrazione del matrimonio, l’adempimento di tutti i doveri verso il primo coniuge e gli eventuali figli e la buona volontà di cercare di realizzare un matrimonio fedele nella nuova unione può assolvere il divorziato risposato e riammetterlo all’eucaristia".

giovedì 22 ottobre 2015

RICETTA DI VITA

"Ridi sempre, ridi, fatti credere pazzo, ma mai triste. Ridi anche se ti sta crollando il mondo addosso, continua a sorridere. Ci sono persone che vivono per il tuo sorriso e altre che rosicheranno quando capiranno di non essere riuscite a spegnerlo."
(Roberto Benigni)
<< La forza e la tolleranza sono compagne.>>
(Kahlil Gibran)

mercoledì 21 ottobre 2015

LA CARITAS INTERNAZIONALE NON SI RICONOSCE NEI PRINCIPI DELLA CARTA DI MILANO ENFATICAMENTE PROPAGANDATA A EXPO 2015

«Nella Carta di Milano non si sente la voce dei poveri del mondo, né di quelli del Nord né di quelli che vivono nel Sud del pianeta»
«Il cibo è un diritto umano fondamentale non garantito per milioni di persone – ha detto Michel Roy, segretario generale di Caritas Internationalis-. Gli sforzi per risolvere il problema della fame nel mondo devono basarsi sulla volontà di aggiustare strutture economiche e sociali ingiuste. L’enciclica di Papa Francesco ci invita a cambiare il modello; la Carta di Milano no perché non sembra affrontare il ruolo fondamentale che la mancanza di giustizia svolge nel mantenere viva in molti paesi la fame. Riflette le vedute di paesi ricchi piuttosto che rappresentare i poveri del mondo».
Un rapporto di Caritas Internationalis spiega come le tre cause principali dell’insicurezza alimentare siano la mancanza di risorse come la terra, i semi, i prestiti, l’accesso ai mercati per i piccoli agricoltori, una bassa produttività agricola e l’impatto del cambiamento climatico. Secondo lo studio, il miglior modo per sconfiggere la fame a livello mondiale sarebbe aiutare i piccoli agricoltori, soprattutto nel tentativo di adattarsi al cambiamento climatico.Le Caritas a livello mondiale lavorano in partnership con le comunità locali per aiutare piccoli agricoltori nel migliorare il loro accesso alle risorse agricole: sementi, utensili, terre adeguate e mercati.

LETTERA DELLA PROF.SSA LUCETTA SCARAFFIA AI PADRI SINODALI

Santità, Padri sinodali, Sorelle e fratelli, c’è molta attesa — non solo tra i cattolici — per i risultati di questo Sinodo. La crisi della famiglia ormai si sta manifestando in tutto il mondo, se pure con modalità diverse, e trascina con sé tutta la società che non sa dove indirizzare le proprie energie: se infatti un ritorno al passato è impossibile, non è chiaro quale può essere il futuro per questa istituzione fondamentale. La Chiesa ha contribuito in modo determinante a definire e a disciplinare la famiglia; si trova quindi in una condizione privilegiata per proporre modelli di famiglia nuovi e adatti ai nostri tempi, fedeli alla vocazione cristiana. Per farlo, però, ha bisogno di ascoltare la realtà e i soggetti reali dalla famiglia, cioè gli uomini e le donne: uomini e donne veri ma specialmente donne che hanno vissuto e riflettuto sul grande cambiamento del ruolo femminile nell’ultimo secolo, una delle ragioni fondamentali della crisi della famiglia. La Chiesa ha bisogno di ascoltare le donne, di ascoltare cosa ritengono di avere perso e cosa guadagnato nel grande cambiamento, di ascoltare quale famiglia vorrebbero oggi. Perché solo nell’ascolto reciproco si opera il vero discernimento. Le donne sono le grandi esperte di famiglia: se usciamo dalle teorie astratte, specialmente a loro ci si può rivolgere per capire cosa bisogna fare, come si possono porre le fondamenta per una nuova famiglia aperta al rispetto di tutti i suoi membri, non più fondata sullo sfruttamento della capacità di sacrificio della donna, ma che assicuri a tutti un alimento affettivo, solidale. Invece, sia nel testo che nei contributi, di donne, di noi, si parla pochissimo. Come se le madri, le figlie, le nonne, le mogli, cioè il cuore delle famiglie, non facessero parte della Chiesa, di quella Chiesa che comprende il mondo, che pensa, che decide. Come se si potesse continuare, perfino a proposito della famiglia, a far finta che le donne non esistono. Come se si potesse continuare a dimenticare lo sguardo nuovo, il rapporto inedito e rivoluzionario che Gesù ha avuto nei confronti delle donne.
Molto diverse sono le famiglie nel mondo, ma in tutte sono le donne a svolgere il ruolo più importante e decisivo per garantirne solidità e durata. E quando si parla di famiglie non si dovrebbe parlare sempre e solo di Matrimonio: sta crescendo il numero di famiglie composte da una madre sola e dai suoi figli. Sono le donne, infatti, a rimanere sempre accanto ai figli, anche se malati, se disabili, se frutto di violenza. Queste donne, queste madri quasi mai hanno seguito corsi di teologia, spesso non sono neppure sposate, ma danno un esempio mirabile di comportamento cristiano. Se voi Padri sinodali non rivolgete loro attenzione, se non le ascoltate, rischiate di farle sentire ancora più disgraziate perché la loro famiglia è così diversa da quella di cui parlate. Voi, infatti, troppo presto parlate di una famiglia astratta, una famiglia perfetta che però non esiste, una famiglia che non ha niente a che vedere con le famiglie vere che Gesù incontra o di cui parla. Una famiglia così perfetta che sembra quasi non aver bisogno della sua misericordia né della sua parola: “Non sono venuto per i sani ma per i malati, non per i giusti ma per i peccatori”.

martedì 20 ottobre 2015

QUANDO CRISTIANESIMO, RISPETTO E DIALOGO COINCIDONO!

Intervista a Mons. Giuseppe Casale 
in “Il Messaggero”(20/10/15) 
«Vorrei che la mia voce arrivasse al Sinodo affinché i Padri Sinodali potessero orientarsi positivamente a proposito dei gay. Una coppia di persone dello stesso sesso unita stabilmente in una relazione, pur non essendo alternativa a una famiglia formata da un uomo e una donna (vorrei che fosse chiaro), è anch'essa espressione di vita». Monsignor Giuseppe Casale dosa le parole collegandole alla Gaudium et Spes e al Vaticano II, argomento sul quale ha dedicato libri e saggi quando guidava una diocesi (ora è in pensione). Nonostante l'età, l'arcivescovo è lucidissimo. «L'esclusione causa dolore. Ieri sono venuti da me un padre e una madre scossi, turbati. Il figlio 19enne ha confessato loro di essere gay. Quando ho suggerito di accettarlo e aiutarlo a orientarsi a vivere la sua sessualità in modo positivo, ne sono usciti sollevati».
Non mi dica che lei è a favore della legge Cirinnà…
«Come cittadino italiano sono favorevole alla legislazione che si sta per varare».
Ma non è contro i principi cattolici?
«Se noi diciamo che l'omosessualità non è una devianza, che non è una malattia ma un diverso orientamento sessuale, allora dovremmo concludere che forse è ragionevole legittimare civilmente l'unione stabile tra due gay. Il che non vuol dire la parità, riconoscere l'uguaglianza a un matrimonio tra un uomo e una donna. Significa dare legittimità a una unione stabile di due persone che si vogliono bene ed esprimono il desiderio di un progetto di vita».
In quella legge però si introduce pure il concetto di adozione… 
«Non è scritto da nessuna parte che solo padri e madri possano educare i figli. Possono educarli anche un cuore materno o paterno. E il cuore ce l'hanno pure i gay. Del resto la cronaca ci insegna che tante famiglie non sono in condizione di educare i figli» .
La sua posizione all'interno dell'episcopato è condivisa?
«Il mio invito ai padri sinodali è che con l'aiuto e la guida dello Spirito Santo possano ricomporre la bellezza di una relazione che può essere anche omosessuale. Davide e Gionata si amavano, la loro era una reale comunione di vita. Riconoscendo valore a queste relazioni si aiuterebbero i gay a uscire dalla logica ghettizzante dell’orgoglio gay e trasformarlo in responsabilità gay».
Ha fatto bene monsignor Charamsa a uscire allo scoperto?
«Ha fatto una cosa negativa. Una specie di bravata. Oltre a tradire il Papa, ha tradito il celibato. Inoltre ne ha approfittato del Sinodo per fare outing. Doppiamente responsabile. La scelta del celibato per un prete è una scelta consapevole e non facile, mauna scelta che porta gioia».
Una forma di benedizione a una coppia gay lei la darebbe?
«Mi limiterei a pregare con loro».

AMNESTY INTERNATIONAL

15 giovani attivisti angolani continuano ad essere detenuti in Angola. Alcuni di loro hanno cominciato uno sciopero della fame il 20 settembre, per protestare contro la loro detenzione illegale. Luaty Beirão continua lo sciopero della fame ed il suo stato di salute è in continuo peggioramento. Nelson Dibango si è unito allo sciopero della fame il 9 di ottobre.
15 giovani attivisti erano stati arrestati ed incarcerati dalle forze di polizia angolane a Luanda, tra a il 20 e il 24 giugno, dopo aver partecipato ad un incontro riguardante temi politici sotto la presidenza di José Eduardo dos Santos. Il 16 settembre sono stati formalmente accusati di pianificare una ribellione ed un colpo di stato contro il presidente, ma sono stati ufficialmente informati del loro stato di accusa solo il 5 di ottobre. Gli attivisti sono detenuti in attesa di processo da più di 90 giorni - limite previsto dalla legge. Le loro accuse vengono considerate come reati contro la sicurezza nazionale e comportano una pena di detenzione fino a 3 anni o al pagamento di una sanzione corrispondente.

Alcuni degli attivisti hanno cominciato uno sciopero della fame il 20 settembre per protestare contro la loro detenzione illegittima. La maggior parte ha interrotto lo sciopero della fame dopo pochi giorni, ma Luaty Beirão persiste: per tre settimane ha solamente bevuto una miscela di acqua, sale e zucchero fornitagli dalla sua famiglia. Il suo stato di salute sta precipitosamente peggiorando e al momento cammina e beve a fatica. Secondo quanto riportato dalla sua famiglia Luaty è stato trasferito all'ospedale del carcere di São Paulo il 9 ottobre, ma ha solamente accettato una flebo di soluzione salina per via endovenosa l'11 ottobre. Un altro dei 15 attivisti, Nelson Dibango, si è unito allo sciopero della fame il 9 ottobre.
FIRMA L'APPELLO : http://www.amnesty.it/flex/FixedPages/IT/appelliForm.php/L/IT/ca/242

lunedì 19 ottobre 2015

I MODI DI DIO

"Avevo chiesto al Signore
di darmi un bel mazzo di fiori freschi,
ma, al posto, ho ricevuto un cactus,
orribile, pieno di spine.

Avevo domandato al Signore,
di darmi alcune belle farfalle,
ma, al posto, ho ricevuto dei vermi
schifosi e ripugnanti.

Ne sono rimasto deluso,
rivoltato e spaventato.
Ma ecco che, dopo alcuni giorni,
all'improvviso,
il cactus si è messo a fiorire:
ed i fiori erano superbi e numerosi.

Ed i vermi si sono trasformati
in magnifiche farfalle
che hanno preso il volo
nell'aria dolce della primavera.

E' il modo di fare di Dio
che è il migliore!"

Kao, Chung-Ming Taiwan

COME FINIRA' IL SINODO SULLA FAMIGLIA? RISPONDE GIA' OGGI MONS.GALANTINO

“Non si può pensare a un governo che sta investendo tantissime energie per queste forme di unioni particolari e di fatto sta mettendo all’angolo la famiglia tradizionale che deve essere un pilastro della società”. Mentre il Pd accelera sul disegno di legge per le unioni civili, ecco il richiamo dei vescovi. A parlare è il segretario della Cei Nunzio Galantino che, in un’intervista a Lucia Annunziata, a In mezz’ora, precisa: “Vorrei che fosse chiaro che se dovessi farei una legge sulla famiglia e per la famiglia, non farei questo”. Galantino era già stato protagonista di polemiche a distanza con il governo sul tema dell’immigrazione, ma in quei casi – per così dire – più “da sinistra”.
Alla domanda se la Cei farà appello ai parlamentari cattolici di fare obiezione di coscienza sulla legge, Galantino risponde: “Spero che il Parlamento non ne abbia bisogno, non serve un Parlamento al giogo del prete di turno. Spero in un Parlamento che non ha bisogno del vescovo o del Papa che glielo dicano”. Il segretario della Cei ha comunque negato ogni possibile attività di lobby in Parlamento per non far passare la legge. “Già la parola lobby per non far passare la legge non mi piace – ha sottolineato -. Io voglio fare un appello ai cattolici, ma non solo, perché togliamoci dalla testa che la famiglia fatta da padre, madre e figli sia un problema della Chiesa. La famiglia che assicura il futuro alla società non è problema della Chiesa, è una realtà, presente nella Costituzione,che riguarda tutta la società”. L’appello di Galantino, dunque, “è non solo ai cattolici, ma a tutti. E non è un appello per non fare, ma per fare. Avendo chiaro che se qualcuno viene dall’estero e legge solo i giornali italiani ha l’impressione che in Italia ci solo il problema delle coppie fatto e non i problemi delle famiglie normali. A noi non va bene”.
da "Il Fatto Quotidiano"

domenica 18 ottobre 2015

MANI POTENTI

“Così dice Ciro, re di Persia: L’Eterno, l’Iddio dei cieli, m’ha dato tutti i regni della terra, ed egli m’ha comandato di edificargli una casa a Gerusalemme, che è in Giuda” (Esdra 1:2)

Ci consola sempre ricevere una buona notizia e sapere che nel mondo un problema è stato risolto, nonostante tutto sembri governato dal disordine. Deve essere di consolazione considerare che c’è Qualcuno, più grande degli uomini, che governa su tutte le cose.Un bambino era seduto davanti al padre, in un carro, e teneva le redini. Anche il padre le sorreggeva, ma il piccolo non se n’era accorto. All’improvviso al bimbo cadde una delle briglie dalle mani. Allora capì, ed esclamò: “Papà, pensavo di guidare io, ma non è così, vero?”.Quando riteniamo di essere gli artefici di grandi imprese, c’è Qualcuno dietro di noi che tiene saldamente le redini nelle proprie mani potenti.Faremo bene a sottomettere tutte le nostre opere a una valutazione minuziosa e attenta, per attribuire a Dio il giusto titolo. La nostra vanità non di rado sottrae al Signore il merito di un’azione coronata da successo o di una determinata capacità che altro non è se non un talento ricevuto direttamente da Dio. Il nostro istinto umano, che ci porta a parlare con insistenza di noi stessi, di ciò che abbiamo fatto e detto, richiede un impegno costante all’abbassamento del nostro io, affinché soltanto il nome del Signore sia innalzato e glorificato
dalla "CHIESA CRISTIANA EVANGELICA"

sabato 17 ottobre 2015

I CONSIGLI DEL VANGELO

Marco 10,35-45

E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedèo, dicendogli: «Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo». Egli disse loro: «Cosa volete che io faccia per voi?». Gli risposero:«Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra». Gesù disse loro: «Voi non sapete ciò che domandate. Potete bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?». Gli risposero: «Lo possiamo». E Gesù disse: «Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato».
All'udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: «Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non è così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore,e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell'uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti».

Penso che in questa Domenica liturgica ci sarà qualche piccolo problemino per i sacerdoti nel commentare durante l'omelia questa pagina di Vangelo. E poi...durante un Sinodo di Vescovi! Ma andiamo per ordine.

  1. Gesù richiama i suoi discepoli non tanto sulla loro superbia,ma sull'importanza di saper rifiutare il potere:ciò che conta non è il riempirsi la bocca con l'idea di essere il “primo” o il “secondo”, ma la capacità del discepolo di non esercitare il proprio potere sugli altri credenti. Peccato però, perché nella Chiesa, si è inteso e giustificato il “ministero apostolico” come “sacerdozio” dotato di “potere”(vedi Concilio di Trento) e come “episcopato” dotato di piena e suprema potestà(vedi Vaticano II LG22)!
  2. Non voglio assolutamente affermare che nella Chiesa non ci devono essere i presbiteri,i vescovi e il papa. Il problema non è nell'esistenza del potere, ma nella sua gestione: Gesù chiede ai suoi discepoli,e quindi a tutti i loro successori e collaboratori che il potere sia esercitato non come quello politico. E' davvero strano notare che nei documenti ufficiali la Chiesa non abbia mai usato questo riferimento evangelico emarginando un problema dove Gesù era stato abbastanza chiaro ma soprattutto perentorio!
  3. E così la Chiesa non può fare e dire anche di questo problema l'ultima e determinata parola. La Chiesa ha il diritto e il dovere di continuare a cercare il modo di esercitare il potere che sia coerente con il Vangelo. E' stato chiarissimo Gesù:non può esserci un potere dove qualcuno(ad esempio i laici) è sottomesso ad altri(ad esempio sacerdoti,vescovi e papa),ma solo ed esclusivamente sulla sequela di Gesù,la quale genera,da sola e da se stessa, esemplarità e felicità. L'urgenza dell'oggi è quella di una Chiesa che offra al mondo,un mondo pieno di oppressi e di oppressori, un nuovo modello di potere i cui ingredienti sono la sequela, l'ascolto e il servizio.

IL SINODO E LE SCELTE DEL PAPA

Il Sinodo è nella seconda settimana di lavori. E’ una settimana molto importante per capire quale direzione prenderà l’assemblea dei vescovi. Ecco come la pensa Valerio Gigante, redattore dell’agenzia ADISTA.

Parliamo del Sinodo. Quale sarà l’esito?

Nessuno. Si tratta del secondo Sinodo organizzato per affrontare gli stessi temi. I risultati del primo sono stati sconfortanti. Non si capisce per quali ragioni quello che si sta celebrando dovrebbe dare risultati diversi. L’episcopato è teologicamente, culturalmente e pastoralmente arretrato, nella maggior parte dei suoi membri incapace di cogliere le sfide che pone la modernità. Anche nel caso del Sinodo, il papa è stato abilissimo: convoca i vescovi, li fa discutere fino allo sfinimento, litigare a colpi di lettere, libri, dichiarazioni ed interviste sui giornali, per poi poter dimostrare davanti all’opinione pubblica mondiale che di fronte alle lacerazioni prodotte nel corpo della Chiesa lui non è in grado di attuare quelle scelte riformatrici che invece desidererebbe intraprendere. È la rappresentazione di cui parlavo prima: il papa buono e rivoluzionario, i vescovi ed i cardinali cattivi e sordi ai segni dei tempi. La realtà, papale papale, a mio avviso è questa. Se veramente il papa avesse voluto che alcuni aspetti della dottrina fossero modificati lo avrebbe semplicemente fatto. Per una questione assai più dirompente, quella della contraccezione, papa Paolo VI prima avocò a sé la questione sottraendola al dibattito conciliare; poi nominò una commissione teologica ad hoc; infine, dopo che gli orientamenti espressi dalla commissione non lo convincevano, intervenne con una enciclica, l’Humanae vitae, le cui conseguenze ancora si ripercuotono nella vita di tanti credenti. Ma vi pare che su una questione come la concessione, in determinate situazioni e dopo un attento percorso penitenziale e di discernimento spirituale, sia così difficile per un papa dire che eventualmente, se il vescovo del luogo è d’accordo, un divorziato risposato può prendere l’ostia? Questo papa ha un seguito enorme presso l’opinione pubblica laica e cattolica. È adorato da masse sterminate di fedeli. Quale rischio correrebbe facendo una apertura del genere? E se non lo fa lui con il sostegno enorme che ha, quale altro papa potrebbe mai farlo?
da rainews.it
"Noblesse oblige: ossia, migliori opportunità obbligano a maggior generosità."
(Ralph Waldo Emerson)

venerdì 16 ottobre 2015

AVVISO AI NAVIGANTI: ATTACCARE LA SPINA AL CERVELLO QUANDO SI PARLA!

Maurizio Bianconi: “Papa Francesco? Pericolo pubblico per l’umanità, spero se ne vada presto”

“Abbiamo questo Papa che è un pericolo pubblico per l’umanità. Finisca alla svelta il suo mandato. E’ un demagogo, populista, gesuita travestito da francescano”. Sono le caustiche parole di Maurizio Bianconi, deputato di Conservatore e Riformisti, durante la tramissione Ecg Regione, su Radio Cusano Campus. Il parlamentare si concede una lunga filippica sul pontefice: “Papa Francesco è un uomo dalla intelligenza raffinatissima, ma è tutt’altro che cristiano ed è pericolosissimo a sé e agli altri. E’ una delle peggiori scelte che la Chiesa poteva fare. Spero che si dimetta presto. Si possono fare due papi emeriti e prendere un papa che faccia il papa. Io sono di quelli che non riesce a capire perché esista la Chiesa, figuriamoci se la vedo con due papi”. E rincara: “La Chiesa fa tutti i puttanai possibili e inimmaginabili nel mondo e nella storia e poi chiede scusa. Sogno un mondo senza Chiesa e senza religioni. Pensate ai danni che hanno fatto i monoteismo nel mondo. Guardate che casino che fanno Allah, Dio e gli ebrei. Se c’era caduta la bomba atomica su Gerusalemme, che non fosse mai nata, forse gli uomini sarebbero stati un po’ meglio”.
La Caritas denuncia l’aumento delle guerre nel mondo


Presso il Conference Centre di Expo di Milano è stato presentato il quinto rapporto sui conflitti
dimenticati, ‘Cibo di guerra’, curato da Caritas Italiana, che in questa edizione indaga in modo specifico il reciproco condizionamento tra conflitti bellici e beni alimentari.
L’analisi del testo offre spunti per capire come fare della terra una ‘tavola di pace’ alla luce dell’Enciclica ‘Laudato si’ con approfondimenti e piste d’indagine, in un quadro di crescente influsso delle guerre contemporanee, che sempre più spesso ci toccano da vicino, se non altro tramite le vicende e i racconti di ondate di profughi.
Nella seconda parte del volume sono presentati i principali risultati di due rilevazioni sul campo: la
prima rilevazione riguarda uno studio sulla presenza e le storie di vita delle persone in fuga dalla
guerra, accolte nelle chiese locali, grazie anche al circuito delle Caritas; mentre la seconda rilevazione ha come tema l’uso dei ‘video di guerra’ nei canali tematici di Youtube.
Si tratta del primo studio su tale aspetto condotto dall’osservatorio sui conflitti dimenticati, che ha
sempre dedicato grande attenzione alla dimensione della comunicazione sociale: la carta stampata, i social network, ma anche televisione e radio.
La ricerca si è concentrata sui contenuti video pubblicati su YouTube da Russia Today , Vice News, Cnn e Al Jazeera English, nel corso di una settimana campione (febbraio 2015).
In totale sono stati esaminati 428 video. L’esame dei dati dimostra che l’attenzione ai conflitti è molto forte: le notizie sui conflitti superano in alcuni casi il 50% di tutte le notizie video trasmesse sui canali Youtube di tali testate (è il caso di Al Jazeera English). Infine nella terza parte ci sono proposte e linee di intervento sul tema del conflitto e del problema alimentare, rivolte ai principali attori, pubblici e privati.
Sono emersi due interrogativi di fondo: in che misura la guerra può essere determinata da fattori legati alla produzione, distribuzione e consumo del bene alimentare e che tipo di conseguenze sono prodotte dai conflitti in riferimento alla malnutrizione e alla cattiva distribuzione delle risorse alimentari. In altri termini ci si chiede se fame, aiuti alimentari, terreni accaparrati, giochi di borsa sono cause o effetti delle guerre.
Dopo anni di segno positivo, gli indicatori che misurano il grado di ‘pacificità’ del pianeta iniziano
infatti a puntare verso il basso. L’intensità di buona parte dei conflitti intrastatali combattuti a diverse latitudini del pianeta sta infatti aumentando di livello, con un significativo coinvolgimento della popolazione civile e un crescente ricorso all’impiego di tattiche tipiche dell’azione terroristica.
La gran parte degli attacchi, negli ultimi anni, ha avuto luogo in 5 paesi: Iraq, Siria, Afghanistan,
Pakistan e Nigeria, coinvolgendo sempre di più scuole e università, giovani studenti, civili inermi e
innocenti. Più in generale nei vari conflitti, nell’ultimo decennio, si è passati da una media di 21.000 a 38.000 morti annui. Africa e Asia sono i continenti maggiormente instabili a livello globale. In essi la mancanza di cibo e le guerre si intersecano in un mix letale, con l’inevitabile riflesso migratorio su scala planetaria.
Tutte le guerre, rileva il Rapporto, indossano ‘maschere’, che spesso vengono confuse con le cause vere del conflitto: al primo posto quella religiosa.
L’altra indagine contenuta nel Rapporto rileva la presenza di profughi in fuga da guerre nei Centri d’ascolto Caritas di 50 diocesi (ottobre 2014marzo2015): il 20% è fuggito dal conflitto in Libia, il 12,1% dalla Nigeria, il 9,1% dall’Ucraina, il 7,1% dal Gambia. Il 33% vive in istituti o comunità di accoglienza, il 20% ha con sé la famiglia.
Quasi la metà, il 49,2%, ha lasciato il proprio Paese nel 2014 e nei primi mesi del 2015. Sono tutti
giovani, il 71,9% non supera i 34 anni. Tra i bisogni segnalati, la richiesta di aiuti materiali (34,1%) e di una abitazione (39,9%).
La conclusione dello studio è che nel nuovo scenario liquido dell’informazione si avverte un forte
bisogno di contestualizzazione e mediazione giornalistica. L’utente che arriva su YouTube spesso non si chiede su quale canale è arrivato, qual è la sua agenda politica, da chi è finanziato: preme play, commenta e condivide il video senza farsi troppe domande: “Invece, ora più che mai, è richiesta a tutti grande attenzione. Altrimenti è vero che saremo tutti più informati, ma diventeremo anche più manipolabili”.

da Korazym.org

mercoledì 14 ottobre 2015

PROVE TECNICHE DI UNITA' ECUMENICA

Un accordo storico è stato firmato tra le Chiese anglicane e quelle ortodosse orientali che prova a sanare la più antica divisione all’interno del cristianesimo.

Nel documento frutto del lavoro della commissione bilaterale, ad esempio, si legge che le chiese anglicane e orientali concordano che «Il nostro Signore, Dio e Salvatore Gesù Cristo è l’unigenito Figlio di Dio che si è incarnato e si è fatto uomo nella pienezza dei tempi per noi e per la nostra salvezza». Essi anche sono d’accordo che c’è «una sola natura incarnata della Parola di Dio, due differenti nature, distinte nel pensiero che continuano ad esistere unite, inconfuse, inconvertibili, inseparabili».

La Commissione, formata da leader ecclesiastici e teologi di entrambe le tradizioni cristiane, ha compiuto notevoli progressi anche sulle questioni riguardanti lo Spirito Santo, che hanno mantenuto divise le Chiese nel corso dei secoli.

Sua Eminenza il Metropolita Bishoy della Chiesa ortodossa copta di Alessandria d’Egitto ha dichiarato: «Con questo accordo siamo in grado di sanare la causa della divisione tra le due famiglie delle chiese che ha avuto inizio a Calcedonia. La pubblicazione della nostra Dichiarazione sulla cristologia è un grande risultato, frutto del dialogo condiviso. Si tratta di un bel traguardo teologico, molto incoraggiante».

L'anglicano Gregory Cameron, vescovo di St Asaph ha detto: «Il dialogo ecumenico può essere lungo, ma a motivarlo è l’amore condiviso tra cristiani, amore che ci riunisce e ci spinge al dialogo e alla comprensione reciproca».

L’accordo siglato acquista maggiore rilievo nel contesto delle migrazioni, dovute ai conflitti che stanno dilaniando paesi come la Siria, l’Iraq e il Libano. In passato si parlava di cristianesimo orientale e occidentale, ma oggi, a motivo dell’immigrazione, ci sono cristiani orientali che vivono nei paesi occidentali e viceversa. Perciò serve dialogare con l’altro, imparare veramente gli uni dagli altri e condividere i propri tesori reciprocamente.

Mons. Angaelos, vescovo generale della Chiesa ortodossa copta nel Regno Unito, ha dichiarato: «Negli ultimi 15 anni, dall’attentato dell’11 settembre, vi è stato un enorme interesse a lavorare con le altre religioni. È diventata quasi una moda dialogare con comunità interreligiose, ma in realtà noi non accettiamo l’altro come è, vorremmo piuttosto che gli altri si uniformassero ad un nostro modello. Penso invece che questo dialogo riconosca che possiamo avere differenti insegnamenti su alcune questioni e che altre non riusciremo mai a risolverle, questa è la realtà. Ciò che stiamo cercando di fare non è di essere identici, ma di lavorare su ciò che abbiamo in comune».

Per entrambe le Chiese questo documento è innovativo e potrebbe essere un modello per sviluppare successivi dialoghi ecumenici.

(Fonte: Anglican News)
CAMPAGNA DEI SALESIANI
Stop alla tratta dei migranti:sono esseri umani!
Vis e Missioni Don Bosco promuovono un'iniziativa per sensibilizzare i giovani - possibili futuri migranti - sui rischi dei viaggi organizzati dai trafficanti di esseri umani, costruendo alternative concrete di lavoro. Perché la migrazione non sia un obbligo ma una scelta consapevole. 
Un migrante su 2 proveniente da Ghana, Senegal e Costa d’Avorio non sa che durante il viaggio verso l’Europa rischia di morire, di essere arrestato, torturato o rimandato indietro. Moltissimi non sanno nuotare e non conoscono il deserto. Addirittura l’80% dei ghanesi non pensa nemmeno che la morte sia un pericolo concreto. Sei migranti su dieci si muovono spinti da povertà e motivi economici. Sono alcuni dei principali dati che emergono dal primo Rapporto elaborato dall’Ong dei salesiani Vis e da Missioni Don Bosco sulle migrazioni dall’Africa sub-sahariana, realizzato intervistando centinaia di potenziali migranti in ogni Paese. Il Rapporto rientra nell’ambito della Campagna “Stop-tratta - Qui si tratta di essere/i umani” presentata il 13 ottobre a Roma (www.stoptratta.org).

In Ghana meno consapevolezza sui rischi. 
Dall’indagine risulta che i potenziali migranti economici sono circa il 60% in Ghana, Senegal e Costa d’Avorio, ma solo il 20% dei giovani ghanesi ritiene la morte un rischio implicito nel viaggio, contro il 63% degli ivoriani e il 50% dei senegalesi. Diverse sono infatti le situazioni da Paese a Paese. In Ghana, ad esempio, solo il 51% dei potenziali migranti è consapevole che rischia di essere arrestato o deportato durante il viaggio. Il 41% dei giovani vuole partire per motivi di istruzione. In Senegal oltre il 90% dei giovani intervistati ha dichiarato di essere pronto ad andare all’estero (il 40% per trovare lavoro e mantenere i familiari), in particolare chi ha già dei membri della famiglia residenti in Europa. Il 25% del campione senegalese sa che rischia il carcere e il 10% sa del rimpatrio forzato. In Costa d’Avorio il 78% del totale dei giovani intervistati vuole emigrare. Qui aumenta la consapevolezza: oltre il 70% degli intervistati conosce i rischi del viaggio illegale.

Creare opportunità nei Paesi africani. “La Chiesa cammina in mezzo ai popoli, nella storia degli uomini e delle donne. Sono parole del Papa che abbiamo fatto nostre - ha affermato Giampietro Pettenon, presidente di Missioni Don Bosco - e ci hanno spinto a camminare al fianco dei popoli dell’Africa sub-sahariana per dire basta alla tratta degli esseri umani e offrire un’alternativa alla migrazione”. “Riteniamo che l’accoglienza sia fondamentale - ha sottolineato Nico Lotta, presidente del Vis -, ma altrettanto fondamentale è favorire una scelta consapevole da parte dei potenziali migranti attraverso campagne d’informazione e progetti di sviluppo nei Paesi di origine”. Le due realtà hanno già individuato i progetti per creare opportunità: in Senegal, si punterà al rafforzamento della formazione professionale e dell’inserimento occupazionale a Dakar e Tambacounda; in Ghana saranno sviluppate le attività formative in campo agricolo e per le donne. In Costa d’Avorio, si prevede il rafforzamento del centro socio-educativo “Villaggio Don Bosco” a Koumassi, nella periferia di Abidjan e in Etiopia i primi interventi si concentreranno su borse di studio e programmi di supporto scolastico e nutrizionale per giovani a rischio. In Nigeria ci si rivolgerà soprattutto alle donne a rischio tratta di Lagos e Benin City.
da "Agenzia SIR".

sabato 10 ottobre 2015

UNA PAROLA...UNA RIFLESSIONE

Se Dio è per noi chi sarà contro di noi?
(Romani 8, 31)

Immagino con orrore quest’affermazione accompagnata da cori da stadio o, peggio, da marce militari e un esercito in parata. Le più disparate varianti della granitica certezza che Dio è con me sono state utilizzate per giustificare nefandezze, invasioni, massacri. «Scusa se ti tolgo la libertà, la dignità o la vita, caro essere inferiore, ma non è colpa mia; Dio è chiaramente dalla mia parte e dunque tu non sei un mio nemico, ma un nemico della somma divinità, qualunque sia il nome con cui voglio rivolgermi a lei». E senz’altro anche queste parole dell’apostolo Paolo sono state utilizzate come garanzia di autenticità del messaggio che Dio è sempre dalla parte dei più forti, anzi, che i più forti e potenti (e prepotenti) sono tali per volontà divina.
Peccato che i sicurissimi di essere dalla parte della ragione non si accorgano che l’apostolo non sta dicendo questo, non sta avallando in nome di Dio la legge del più forte. Al contrario, invita i credenti a riconoscere che la propria forza non è in loro stessi, ma in Dio. Pone una domanda e dunque invita alla riflessione, a leggere nella propria esistenza il segno di quanto sta dicendo.
Chi è contro di noi? L’elenco potrebbe essere lungo. Al di là di chi rischia la vita in molte parti del mondo per il solo fatto di essere cristiano o cristiana, anche nelle nostre vite, più tranquille da questo punto di vista, non mancano quelli che sono «contro di noi». Fa parte della nostra esperienza quotidiana essere destinatari di domande più o meno ironiche, domande su chi ce lo faccia fare a lasciare che a guidare le nostre vite sia un comandamento desueto come «ama il prossimo tuo» oppure a utilizzare il nostro tempo per attività non immediatamente monetizzabili, come ascoltare la lettura biblica e la sua spiegazione.
Allora chi è per noi? Non qualcuno più forte dei nostri avversari, più violento, più capace a farsi valere con le buone o con le cattive. Per noi è il Signore Gesù Cristo, colui che non ha combattuto chi l’ha osteggiato fino alla morte, ma ha saputo rispondere all’odio con l’amore, alla morte con la resurrezione. È per noi non un dittatore più forte degli altri, ma un maestro che non accetta la corsa alla violenza e al potere come strada per imporsi... anzi, che non cerca proprio di imporsi, ma di offrirsi e di testimoniare all’umanità l’assurdità della lotta per chi sia il più forte. 
da "Riforma.it"

UNA STORIA CHE SI RIPETE


UN DIO MIGRANTE PER AMORE
Hai lasciato la tua terra nei cieli,
Signore,
per venirmi a cercare.
Hai viaggiato a lungo,
attraverso gli inferi per venirmi
a salvare.
Sei un Dio migrante per amore.
Ma ora riposa qui,accanto a me,
in questo luogo dalle mura di legno
che oscillano su acque smeraldo
condividerò con te il mio pane e la
mia poca acqua
e tu, rifocillato, mi racconterai la 
tua storia,
poi veglierò il tuo sonno,
con gli occhi pieni di stelle.
da "Riforma.it"

giovedì 8 ottobre 2015

"Le piccole gioie, non quelle grandi, ci servono da sollievo e da conforto quotidiano."
(H.Hesse)

martedì 6 ottobre 2015

INCREDIBILE! MA QUESTO SAPEVA COSA STAVA DICENDO? POVERA CHIESA:DOVE STA ANDANDO?

"La pedofilia posso capirla, l'omosessualità no". Ha risposto così Don Gino Flaim, collaboratore pastorale della chiesa di San Giuseppe e Pio X a Trento, alle domande poste dalla giornalista del programma di La7, "L’Aria che tira’". "I bambini li conosco - ha continuato il prelato - purtroppo cercano affetto perché non ce l'hanno in casa e qualche prete può anche cedere". Un atteggiamento comprensivo - quello di Don Gino Flaim sulla pedofilia - ben diverso da quello che che esprime, invece, sull'omosessualità: "Esiste nella Chiesa perché è una comunità di peccatori. Le malattie, come l'omosessualità, vengono".
In seguito alle dichiarazioni del sacerdote, 75enne collaboratore pastorale che attualmente sostituisce il prete titolare nella chiesa in cui opera, l'Arcidiocesi di Trento ha diramato un comunicato stampa in cui "si dissocia pienamente dalle dichiarazioni rilasciate da un anziano prete diocesano all’emittente televisiva La7". Nel comunicato si legge anche: "Egli, interpellato dalla cronista in un contesto del tutto casuale, ha espresso argomentazioni che non rappresentano in alcun modo la posizione dell’Arcidiocesi di Trento e il sentire dell’intera comunità ecclesiale"

SEMPLICITA'

"La gente non la cambi, non ne modifichi il cuore e la testa. La natura umana non puoi renderla diversa, ma forse per rendere migliore, almeno un po', il nostro pianeta sarebbe sufficiente qualcosa di molto semplice: essere più gentili l'uno con l'altro."
(F.Dunaway)

lunedì 5 ottobre 2015

E' INIZIATO IL SINODO:CHI BEN COMINCIA...

"...la Chiesa è chiamata a vivere la sua missione nella carità che non punta il dito per giudicare gli altri, ma –  fedele alla sua natura di  madre – si sente in dovere di cercare e curare le coppie ferite con l’olio dell’accoglienza e della misericordia; di essere “ospedale da campo”, con le porte aperte ad accogliere chiunque bussa chiedendo aiuto e sostegno; di più, di uscire dal proprio recinto verso gli altri con amore vero, per camminare con l’umanità ferita, per includerla e condurla alla sorgente di salvezza."
Papa Francesco

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