martedì 28 aprile 2020

Sebastião Salgado: il mondo e il Coronavirus

“È terribile quel che succede con il Coronavirus.Un gran numero di persone sta soffrendo. Ma quello che accade ci può anche aiutare a capire che cosa sia importante e che cosa meno. Perché ci porta  distinguere ciò che è veramente essenziale. Le comunità in questo momento non stanno producendo, le industrie sono ferme. Ma ci stiamo anche accorgendo che la maggioranza delle cose che produciamo non serve a nulla. La società è ancora lì: l’essenziale c’è ancora. Questa è una occasione formidabile per porci la domanda su cosa sia davvero essenziale per la nostra vita. Ci sono tante cose importanti, tanti valori che abbiamo perduto e che ora possiamo recuperare. Io nutro la speranza che l’uomo possa adesso porsi delle domande sui comportamenti che teneva prima del Coronavirus. Provando a scoprire cosa è veramente essenziale: come proteggere il Pianeta e le comunità indigene. Questo è per me il punto più importante da ora in avanti”.

sabato 25 aprile 2020

"E la gente rimase a casa" di Kitty O'Meara


E la gente rimase a casa
e lesse libri
e ascoltò
e si riposò
e fece esercizi
e fece arte
e giocò
e imparò nuovi modi di essere
e si fermò
e ascoltò più in profondità
qualcuno meditava
qualcuno pregava
qualcuno ballava
qualcuno incontrò la propria ombra
e la gente cominciò a pensare in modo differente
e la gente guarì.
E nell'assenza di gente
che viveva in modi ignoranti pericolosi
senza senso e senza cuore,
anche la terra cominciò a guarire
e quando il pericolo finì
e la gente si ritrovò
si addolorarono per i morti
e fecero nuove scelte
e sognarono nuove visioni
e crearono nuovi modi di vivere
e guarirono completamente la terra
così come erano guariti loro.

giovedì 23 aprile 2020

Massimo Recalcati

"Il coronavirus ci insegna che la libertà non può essere vissuta senza il senso della solidarietà, che la libertà scissa dalla solidarietà è puro arbitrio. Lo insegna, paradossalmente, consegnandoci alle nostre case, costringendoci a barricarci, a non toccarci, ad isolarci, confinandoci in spazi chiusi. In questo modo ci obbliga a ribaltare la nostra idea superficiale di libertà mostrandoci che essa non è una proprietà dell'Ego, non esclude affatto il vincolo ma lo suppone. La libertà non è una manifestazione del potere dell'Ego, non è liberazione dall'Altro, ma è sempre iscritta in un legame. Non è forse questa la tremendissima lezione del Covid-19? Nessuno si salva da solo; la mia salvezza non dipende solo dai miei atti, ma anche da quelli dell'Altro."
La Repubblica, 14 marzo 2020, La nuova fratellanza

mercoledì 22 aprile 2020

Madre Teresa di Calcutta

"Le cicatrici sono il segno che è stata dura. 
Il sorriso è il segno che ce l'hai fatta."

lunedì 20 aprile 2020

IL NOSTRO PASSATO/PRESENTE RIUSCIRÀ A COSTRUIRE I FUTURO?

"Era ancora troppo giovane per sapere che la memoria del cuore elimina i brutti ricordi e magnifica quelli belli, e che grazie a tale artificio riusciamo a tollerare il passato."
(Di Gabriel García Márquez, tratto da “L’amore ai tempi del colera“)

Con queste parole, lo scrittore colombiano Márquez ci invita a riflettere sulla memoria e sulla sua capacità di rimuovere, quanto di plasmare il passato. Una riflessione che, alla luce di quanto sta accadendo, ci proietta nel domani. Ovvero, quando dovremo fare i conti con il passato, segnati dalle cicatrici che le ferite dell’oggi hanno provocato. Continuiamo a interrogarci sul nostro futuro, ma dimentichiamo di considerare che un domani dovremo fare i conti con quanto è accaduto. Dovremo tramandare la memoria di questa pandemia e del dolore che ha generato ai nostri figli e poi ai figli dei nostri figli. A noi adesso spetta combattere, ma domani ci attende un compito ancora più difficile: conservare memoria. Diventare testimoni di un momento storico che ci sta cambiando profondamente, forse anche più di quanto immaginiamo.
Ma è qui che Márquez ci mette in guardia: la memoria tende a rimuovere i brutti ricordi e a magnificare quelli belli. Questo è un meccanismo che ci aiuta a tollerare il dolore, ma che rischia di consegnare la nostra storia all’oblio. Perché continuiamo a ripetere gli stessi errori del passato? La risposta è fin troppo semplice: perché dimentichiamo, rimuoviamo, eliminiamo quanto di doloroso abbiamo provato. La paura è che, una volta finito tutto questo, torneremo quelli di prima: stanchi, distratti, frenetici, superficiali. 

sabato 18 aprile 2020

"La più bella storia d'amore", una poesia di LUIS SEPULVEDA

L’ultima nota del tuo addio
mi disse che non sapevo nulla
e che arrivavo
al tempo necessario
di imparare i perché della materia.
Così, fra pietra e pietra
seppi che sommare è unire
e che sottrarre ci lascia
soli e vuoti.
Che i colori riflettono
l’ingenua volontà dell’occhio.
Che i solfeggi e i sol
raddoppiano la fame dell’orecchio
Che è la strada e la polvere
la ragione dei passi.
Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.
Che due più due
può essere un pezzo di Vivaldi.
Che i geni gentili
stanno nelle bottiglie di buon vino.
Una volta imparato tutto questo
tornai a disfare l’eco del tuo addio
e al suo posto palpitante scrissi
la Più Bella Storia d’Amore
ma, come dice l’adagio,
non si finisce mai
d’imparare e aver dubbi.
Così, ancora una volta
facilmente come nasce una rosa
o si morde la coda una stella cadente,
seppi che la mia opera era scritta
perché La Più Bella Storia d’Amore
è possibile solo
nella serena e inquietante
calligrafia dei tuoi occhi

mercoledì 15 aprile 2020

ABBIAMO BISOGNO DI PANE E NON DI ARMI

La crisi pandemica COVID-19 ha mostrato al mondo quali dovrebbero essere le priorità dell'umanità. Questo grave attacco alla sicurezza delle persone in tutto il mondo rende vergognose le spese militari globali e dimostra che sono uno spreco oltraggioso e una perdita di opportunità. Ciò di cui il mondo ha bisogno ora è di concentrare tutti i mezzi a disposizione sulle minacce fondamentali alla sicurezza: condizioni di vita sane per tutti, che derivano necessariamente da società più giuste, verdi e pacifiche.
Campagna Globale sulle spese militari 2020Le Giornate Globali di Azione sulle Spese Militari per il 2020 intendono attirare l'attenzione sul grande costo-opportunità degli attuali livelli di spesa militare: 1.820 miliardi di dollari all'anno, quasi 5 miliardi di dollari al giorno, 239 dollari a persona. Quando una minoranza della popolazione globale decide di finanziare preparativi di guerra perdiamo tutti l'opportunità di finanziare politiche che affrontano le nostre reali minacce alla sicurezza.
Le strutture militari non possono fermare questa pandemia, e non lo faranno.
Questa crisi può essere affrontata solo sostenendo l'assistenza sanitaria e le altre attività di sostegno alla vita, non con attrezzature militari e personale preparato per la guerra. Il fatto che le risorse militari vengano impiegate durante questa crisi può essere profondamente fuorviante: non giustifica i loro budget gonfiati, né significa che stanno risolvendo questa crisi. Mostra piuttosto il contrario: abbiamo bisogno di meno soldati, cacciabombardieri, carri armati e portaerei e più medici, ambulanze e ospedali. Per decenni ci siamo sbagliati sulle nostre reali priorità, è dunque giunto il tempo di (ri)considerare come la spesa militare abbia si sia presa un'enorme quantità di risorse pubbliche per fornire una falsa nozione di sicurezza che non ha nulla a che fare con le esigenze e i diritti delle persone in materia di assistenza sanitaria, istruzione e alloggio, per citare solo alcuni tra i servizi sociali essenziali.
È tempo di spostare il bilancio militare verso i veri bisogni umani.
Importanti riduzioni nelle spese militari libererebbero risorse non solo per fornire assistenza sanitaria universale, ma anche per far fronte alle emergenze climatiche e umanitarie che anche ogni anno uccidono migliaia di persone, specialmente nei paesi del Sud del mondo che stanno subendo le peggiori conseguenze di un modello economico che è stato loro imposto.
Trasferire risorse per finanziare assistenza sanitaria per tutti, azioni di mitigazione degli impatti climatici e aiuti umanitari contribuirebbero a impedire che ciò accada di nuovo e salvare le comunità più colpite. Queste risorse potrebbero certamente provenire dai bilanci militari, cui è stata data precedenza dai decisori politici per decenni.
Dobbiamo garantire che una crisi sanitaria così grave non si ripeta. A questo scopo dobbiamo ripensare la politica internazionale, riconsiderare le reali minacce alla nostra sicurezza e fornire ai servizi di protezione civile pubblici tutti i finanziamenti di cui hanno bisogno per funzionare correttamente. Dobbiamo anche garantire che questa crisi non venga pagata dai più vulnerabili, come è accaduto molte volte in precedenza. La riallocazione dei bilanci della difesa contribuirebbe a finanziare una transizione davvero e con ogni evidenza necessaria verso società ed economie più pacifiche, giuste e sostenibili.
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Fonte: Rete Italiana per il Disarmo

martedì 14 aprile 2020

RINASCERE

"Nascere non basta.
È per rinascere che siamo nati.
Ogni giorno."

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Bellissimi questi versi di Pablo Neruda.Per vivere, non basta respirare e non basta neppure svegliarsi ogni mattina, per ripetere i medesimi gesti, le medesime azioni di ogni giorno. Per vivere pienamente e profondamente, occorre qualcosa in più, ci dice il poeta. Ma è qui la sfida che ognuno di noi si trova ad affrontare quotidianamente: quel qualcosa in più non è definibile. Nessuno ci potrà mai insegnare a vivere, nessuno potrà salvarci dalla nostra fragilità o dal vuoto che portiamo dentro. Sta a noi, unicamente a noi, trovare quel quid, quel qualcosa che ogni giorno ci permette di rinascere. A partire da un gesto, da una parola detta diversamente, dal coraggio di cambiare anche una piccolissima cosa che non ci sta bene. Il cambiamento, la rinascita iniziano proprio lì, dove meno ce ne accorgiamo. Così, Neruda ci invita a vivere ogni giorno la nostra personale e intima rinascita.

giovedì 9 aprile 2020

IL GESÙ ABBANDONATO E CROCIFISSO E' NELLE NOSTRE STRADE

Papa Francesco ha annullato le celebrazioni liturgiche previste per Pasqua. Altre Chiese cristiane hanno fatto lo stesso, per evitare assembramenti che potrebbero esporre i fedeli al rischio di contagio da parte del coronavirus. Ma forse quest’anno avremo una Pasqua molto più santa. La domenica delle Palme, quando commemoriamo l'ingresso di Gesù a Gerusalemme in sella a un asinello, non potremo dimenticare che è presente nelle code formate da milioni di persone che in tutto il mondo cercano medicine nelle farmacie e attenzione negli ospedali.
Gesù è anche presente tra le infermiere e i medici, i vigili del fuoco e i poliziotti, che rischiano la vita per salvare i pazienti contagiati dal virus, un gesto simile a quello che Lui ha avuto quando ha lavato i piedi ai suoi discepoli, un rito ricordato dai cattolici il Giovedì Santo. Gesù si trova negli ospedali strapieni, dove si vive la stessa agonia che ha vissuto nel Giardino degli Ulivi quando si è trovato di fronte al rischio reale della morte. Gesù, che è stato lasciato solo dai discepoli e che ha affrontato la sofferenza di sentirsi abbandonato anche da Dio, ora si moltiplica in miliardi di persone isolate nelle loro case e impossibilitate ad incontrare e abbracciare i loro cari. Gesù, imprigionato e torturato nelle celle del potere, è anche colui che vive in abbandono per le strade, senza mezzi per isolarsi, senza accesso al sistema sanitario, senza condizioni per proteggersi con le misure igieniche essenziali per sfuggire alla minaccia della morte imminente. Gesù, quindi, risorge nel contadino che coltiva ciò che arriva sulle nostre tavole, nel camionista che trasporta medicine e cibo, nel commerciante che garantisce a tutti noi i beni essenziali. Gesù si manifesta in piccoli gesti di solidarietà, come quello della giovane donna, che ogni giorno prepara il cibo per la signora anziana, perché la cuoca è isolata. O come l’imprenditore che offre trenta pasti caldi al giorno alle persone in strada che circolano nel suo quartiere. O come lo studente universitario che si è offerto volontario all'ospedale pubblico per trasportare barelle e pulire i malati. Abbiamo un’idea sbagliata della presenza di Dio in mezzo a noi. Generalmente dissociamo Dio dalla nostra realtà quotidiana. Sta in cielo, invisibile ai nostri occhi e raggiungibile solo per mezzo della fede. Anche il suo silenzio di fronte alla pandemia provoca indignazione in molti. Qualcuno ricorda che questo è uno dei temi centrali del romanzo di Albert Camus "La peste". Lì il silenzio di Dio spinge verso la santità senza Dio. Camus nella sua narrazione riflette questo malinteso di un dio che resta a volteggiare sull'umanità. Sebbene siamo tutti, uomini e donne, immagine e somiglianza di Dio, non abbiamo occhi per riconoscerlo nel nostro prossimo, anche se siamo in grado di identificarlo nella particola consacrata. “Dio è più intimo a noi di quanto lo siamo a noi stessi”, ha detto sant'Agostino. Lo stesso Gesù, quando gli è stato chiesto come dobbiamo conoscere Dio dopo questa vita (Mt 25, 31-40), ha risposto qualcosa di sorprendente: non vedremo Dio solo nell'altra vita. Già può e deve essere visto qui e ora. Bisogna solo aprire gli occhi e il cuore per riconoscerlo in chi è affamato, assetato, malato, indifeso o oppresso. Ogni volta che serviamo coloro che soffrono, è Dio stesso che serviamo, anche se non abbiamo fede. Questa è l’essenza del cristianesimo.
Prendersi cura di un malato agli occhi di Dio vale più di tutte le pompose celebrazioni. Perché per Dio ciò che è più sacro è l’essere umano.
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di Frei Betto in “Religión Digital” del 8 aprile 2020

venerdì 3 aprile 2020

COSTRUIRE ARMI E' UN LAVORO ESSENZIALE?

Commissione Pastorale Sociale e del Lavoro
Piemonte e Valle d’Aosta
Via Val della Torre 3 – Torino
pslregionale@gmail.com
Il lavoro che vogliamo: libero creativo, partecipativo e solidale, era il tema dell’ultima settimana sociale che abbiamo ripreso oggi, in cui la maggioranza non può lavorare, come Commissione della Pastorale Sociale e del Lavoro della Regione Piemonte, per offrire alcune considerazioni, che sono state condivise da Mons. Cesare Nosiglia, Presidente della Conf. Episcop. Piemontese.
Innanzitutto desideriamo esprimere la vicinanza a tante famiglie che sono in grande sofferenza e rischiano di non avere il necessario per la loro sussistenza. Le Comunità Cristiane si adopereranno per attivarsi ad integrazione delle misure Statali per raggiungere i più bisognosi, soprattutto per sostenerli nelle loro attività lavorative, in questo tempo in cui rischiano di spegnersi.
Ci fa specie che in questo tempo di giuste limitazioni per contrastare la diffusione dell’epidemia, tra le poche attività lavorative ritenute necessarie, accanto al lavoro straordinario ed eroico del personale sanitario, per salvare vite umane, ci sia anche quella della fabbricazione e commercializzazione delle armi!
Vogliamo accogliere e rilanciare l’appello del Segretario Generale dell’ONU ripreso da Papa Francesco nell’Angelus di domenica 29 marzo, per un “cessate il fuoco globale e immediato in tutti gli angoli del mondo, fermando ogni forma di ostilità bellica, favorendo la creazione di corridoi per l’aiuto umanitario, l’apertura alla diplomazia, l’attenzione a chi si trova in situazione di più grande vulnerabilità. L’impegno congiunto contro la pandemia possa portare tutti a riconoscere il nostro bisogno di rafforzare i legami fraterni come membri dell’unica famiglia umana. In particolare, susciti nei responsabili delle Nazioni e nelle altre parti in causa un rinnovato impegno al superamento delle rivalità. I conflitti non si risolvono attraverso la guerra”.
Inoltre vogliamo, insieme al movimento Pax Christi, rilanciare un appello accorato per dire no alla produzione delle armi. Soprattutto in questo tempo dove servono strumenti e attrezzature per la vita e non per la morte. E ci riferiamo in modo particolare alla produzione degli F35, che vengono assemblati nel nostro territorio piemontese, a Cameri. –

2 aprile 2020, ann. Morte di S. Giovanni Paolo II
Per la Commissione Regionale Piemonte e Valle d’Aosta della Pastorale Sociale e del Lavoro, giustizia e pace,
custodia del creato, i membri della segreteria: il Vescovo delegato Marco Arnolfo, l’incaricato don Flavio
Luciano, Gaetano Quadrelli, Luciano Vietti, Alessandro Svaluto Ferro, Massimo Tarasco.

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