mercoledì 25 novembre 2020

 








Nella giornata di riflessione sulla violenza sulle donne mi piace accendere una luce sulla "nonviolenza delle donne". Ci sono gesti di coraggio e prese di posizione determinate, che solo le donne riescono a compiere. Nei giorni scorsi è stata scarcerata dopo 56 giorni di detenzione in un programma di rieducazione Hallel Rabin, una ragazza di 19 anni che per motivi di coscienza si è rifiutata al servizio militare in Israele. Col suo gesto chiede che il suo Paese metta fine alle violenze quotidiane perpetrate ai danni delle popolazioni palestinesi e riconosca il diritto al servizio alternativo a quello militare per le obiettrici e gli obiettori di coscienza. Nella lettera di motivazioni inviata a suo tempo alle autorità israeliane scrive tra l'altro: "L'uccisione, la violenza e la distruzione sono diventate così comuni che il cuore si indurisce e lo ignora. (…) Il male è diventato per noi parte della famiglia, lo difendiamo e lo giustifichiamo o chiudiamo gli occhi di fronte ad esso ed evitiamo la responsabilità. (…) Non sono preparata a mantenere e alimentare una realtà violenta. Non sono preparata a far parte di un esercito soggetto alla politica di un governo che va contro i miei valori (…)". Digitate il nome di questa ragazza in YouTube e troverete qualche video che vale una meditazione sul significato di sicurezza, difesa, rispetto e, soprattutto, nonviolenza. Hallel è cresciuta nel Kibbutz di Harduf e i suoi genitori sono fieri di lei. Anche noi.

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 Tonio Dell’Olio in “www.mosaicodipace.it” del 25 novembre 2020

sabato 14 novembre 2020

SE L'AVETE PERSA...LEGGETE QUESTA LETTERA!


Caro Joseph, questa è la mia personale lettera di scuse. Anzi: di richiesta di perdono. Parlo a nome mio e di nessun altro, ché sarebbe troppo lungo e faticoso intestarsi la curiosa dicotomia per cui metà mondo ha il problema di come acquistare un plasma a 600 pollici e l’altra metà di come sfuggire a fame, guerre, cambiamenti climatici. Con quelli del plasma che intanto alzano il ditino: "Eh no, caro mio. O scappi dalle bombe o niente. Qualcuno ha visto il telecomando del dolby surround?". Ti chiedo perdono perché mi sono abituato. Perché, magari non scientemente, deve essermi sembrato normale il rischio che qualcuno mi morisse sulla soglia di casa. Perché non sono sceso e non scendo in piazza allo stesso modo, ora che c’è un governo meno nemico di quattro regole democratiche, contro questi decreti inumani che fanno di quelli come te carne da cannone, bambolotti persi nel male e nel mare, notizie marginali, dopo pagina venti. Ti chiedo perdono perché certo, quando il ministro degli esteri derubricava le Ong a taxi del mare, quando i giornaloni che si dicono"ini" facevano loro da grancassa, quando l’intestino del Paese era diventato lo scarico delle cattive coscienze, quando il predecessore di questo presidente, curiosamente omonimo, avallava senza batter ciglio leggi oggettivamente assassine, quando quelli prima avevano smantellato l’operazione Mare Nostrum lasciando il Mediterraneo senza un lampo di misericordia, quando i ministri progressisti avevano costruito le gabbie in cui saresti ritornato se per caso fossi scampato alle onde…ecco: io non ho detto niente. Cioè, l’ho anche detto. Ma flebilmente. Non mi sono strappato le vesti, non ho denunciato ogni giorno, non mi sono battuto perché la mia opinione minoritaria lo fosse di meno. Ho accettato che non la mia parte politica, che non rintraccio da anni, ma la mia area culturale di riferimento rinculasse anche su questo. Si fingesse morta per timore di diventare tappeto su cui pulire, strisciando forte, gli anfibi indossati dagli opinionisti a cottimo. Quelli che urlano e se la prendono con le "dittature degli altri". Quelli che ce la fanno in testa e ci dicono che piove. Quelli che fanno fattura con la violenza verbale. Chiedo perdono a te, Joseph, e alla tua mamma. E agli altri uomini affogati mentre credevano che da queste parti comandasse la civiltà e non il consenso spicciolo, il voto immediatamente successivo, i dieci grammi di decenza da spargere sull’odio ché non si sa mai, poi si perdono le elezioni. Sai, Joseph, credo che i teorici dell’Africa che in Italia non ci sta (e certo che non ci sta: scappano appena possono) forse un morto per annegamento non l’abbiano mai visto. Non sanno quanto sia terribile. Non conoscono quei tessuti rigonfi, il volto divenuto pallone, il colore. O forse vedono, e se ne fregano, perché è stato loro insegnato che odiare non è reato. Anzi. Scrivono "negro", lo rivendicano, poi magari dicono che non abbiamo capito. Vi abbiamo capiti benissimo, invece. Ti chiedo perdono, Joseph, perché alla fine tutta ‘sta storia è una storia di mafia, di omertà, di rassegnazione. Anche e soprattutto la mia. Quando qualche anno fa il ministro Lunardi, nel governo di un signore che oggi diventa padre della patria, le cui televisioni hanno cotto a bassa temperatura il brodo di coltura della psicodestra che oggi ci ottunde, ci circonda, ci spaventa, ci induce a miti consigli lessicali… quando lui, Lunardi, disse che con la mafia si doveva convivere, tutti ci sollevammo. Oggi conviviamo col razzismo. Senza un battito di ciglio. Lo stesso razzismo che la mafia titilla per controllare il territorio, ché più poveri ci sono da controllare, di tasca, di spirito, di consapevolezza, di cuore, da aizzare contro altri poveri, e più quella roba che uccide lo Stato prospererà. Letale. Per tutti noi. Ti chiedo perdono, Joseph, per essere stato zitto. Anche se oggi parlo mentre ti piango. Ma è tardi.

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Luca Bottura in “la Repubblica” del 14 novembre 2020 

venerdì 13 novembre 2020

 Cos’è la giornata mondiale della gentilezza e da chi è stata istituita? Questa giornata mondiale, che si celebra appunto il 13 novembre, è stata introdotta dal World Kindness Movement di Tokyo, un’organizzazione no-profit, senza scopo di lucro, nata da un movimento spontaneo chiamato Japan Small Kindness Movemnet, che si sviluppò nel 1988 e che nel 1966 diventò una vera e propria organizzazione globale. Anche in Italia, dal 2000, esiste questo movimento e ha sede a Parma.

Ma perché si festeggia? Istituendo questa ricorrenza il movimento World Kindness Movement ha voluto ricordare a tutti che dobbiamo essere gentili nei confronti del prossimo, di noi stessi e dell’ambiente.
Infatti durante questa giornata c’è solo un compito che deve essere portato a termine, ossia svolgere una buona azione nei confronti di qualcuno.
Il WKM, inoltre, promuove molti obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, come porre fine alla povertà e alla fame, garantire un’istruzione paritaria a tutti per abbattere le disuguaglianze e le disparità.

Praticare questo atteggiamento può davvero migliorare la nostra vita e quella di chi ci sta intorno, solo che troppo spesso ce ne dimentichiamo. Infatti la gentilezza, non fa stare bene solo chi la riceve, ma soprattutto chi la compie, perché ci può far sentire davvero migliori.
Purtroppo però la frenesia della vita quotidiana, gli impegni e il nervosismo ci fanno cadere in un egoismo e non è sempre semplice essere generosi, disponibili e cortesi verso il prossimo.
Ma basta davvero poco per essere gentili, e dovremmo ricordacelo tutto l’anno non solo il 13 novembre.

Buona giornata mondiale della gentilezza a tutti!

martedì 10 novembre 2020

NON SONO MAI SOLO PAROLE

Le parole sono importanti. Me ne accorgo oggi, ogni volta che le parole si danno alla latitanza di fronte a chi vive il dramma del contagio o, comunque, della malattia. Le parole contano. Non è vero, come dice qualcuno, che sono solo parole. È vero piuttosto che sono ponti su cui danzano i sentimenti. Veri e propri palcoscenici su cui si apre quotidianamente il sipario della vita. Le parole vanno scelte con la stessa cura con cui si prescrivono le medicine per un paziente impaziente di guarire e con la leggerezza di un soffio per liberare l'occhio dell'altro da un granello di polvere. Le preferisco carezze ma, talvolta, sono schiaffi. Dovrebbero essere scrigni di consolazione e invece le scopri come rigurgito mai digerito di tutto il male stagnante da anni e anni nello stomaco. È un male che indossa il vestito più logoro delle parole. E meno male! Perché se scegliesse invece l'armatura della violenza sarebbe tragico. E a volte penso alle parole non dette oppure a quelle dette dentro. Sussurrate come preghiera che si fa fiore strappato alla terra e deposto in una speranza. Perché le parole sono importanti. Fragili e forti, sono capaci di demolire o costruire. Non sono mai solo parole.

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 Tonio Dell’Olio in “www.mosaicodipace.it” 

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