lunedì 29 febbraio 2016

Dietrich Bonhoeffer : "INTERROGARE LE SCRITTURE"

"Credo che solo la Bibbia sia la risposta a tutte le nostre domande, e che noi dobbiamo solo interrogarla con assiduità e con un po' di umiltà, per avere la risposta. Non si può semplicemente leggere la Bibbia come altri libri. Si deve essere pronti a interrogarla realmente: solo così essa si fa capire.

Solo se noi aspettiamo una risposta ultima, essa la dà. Ciò dipende dal fatto che nella Bibbia Dio parla a noi. E su Dio non si può semplicemente riflettere per conto proprio, ma lo si deve interrogare. Solo se noi lo cerchiamo egli risponde. Naturalmente si può leggere anche la Bibbia come ogni altro libro, dunque dal punto di vista della critica del testo ecc.. Non c'è assolutamente niente in contrario. Solo che questo non è l'uso che svela l'essenza della Bibbia, ma ci dà solo la superficie.
Solo se finalmente osiamo rimetterci alla Bibbia, come se qui realmente parlasse a noi quel Dio che ci ama e che non vuol lasciarci soli con le nostre domande, avremo gioia nella lettura della Bibbia."

domenica 28 febbraio 2016

Mahatma Gandhi

<<La felicità e la pace del cuore nascono dalla coscienza di fare ciò che riteniamo giusto e doveroso, non dal fare ciò che gli altri dicono e fanno.>>


venerdì 26 febbraio 2016

LA SOLUZIONE DEI BAMBINI DI SPINACETO

Chi ha detto che i picccoli non si pongono domande grandi? Non solo si fanno le domande sulla vita, la morte, la guerra, ma hanno anche le loro risposte, che dovrebbero far riflettere i "grandi".
Alla Scuola della Pace di Spinaceto, quartiere della periferia di Roma, alla domanda su come si fa a fermare la guerra sono emerse tante risposte che svelano come i problemi del mondo non siano estranei ai più giovani che cercano spiegazioni e offrono anche le loro soluzioni.
Molti hanno risposto: “prima di tutto bisogna pregare”. Dai più piccoli viene il sogno di costruire un mondo più giusto, dove nessun bambino soffra più a causa della guerra e della violenza e la chiara consapevolezza che tutti possono contribuire a realizzarlo. Come? Per esempio don il dialogo. “Signore aiutaci a far capire ai terroristi la pace”, Nicole (9 anni). Un dialogo che può cambiare anche i più violenti: “Fa che ci sia pace in tutto il mondo e che l’Isis diventi buono e decida di non uccidere più la gente”, Davide (8 anni); “Dio non ci ha detto di fare la guerra, ma ci ha detto di fare la pace e noi possiamo convincerli a non fare la guerra”, Sergio (10 anni); “Basta la guerra. Ci tocca fare la pace”, Cristian (7 anni).
E infine Silvia (10 anni) ha messo in rima i pensieri di tutti.
“A noi della scuola della pace
la guerra non piace,
vogliamo bene a tutte le persone
non importa la religione
Siamo tutti amici di Gesù
Impegnamoci, forza, su!
Dal più piccolo al più maturo
Il cambiamento sarà sicuro
Vogliamo urlare a tutta la terra
stop a questa guerra!
(Dal sito della Comunità di Sant'Egidio)

CHI E CHE COSA MI RENDE FELICE?

“Mio marito non mi ha mai resa felice e non mi rende felice. Io sono felice.
Il fatto che io sia felice o meno non dipende da lui, ma da me. Sono l’unica persona dalla quale dipende la mia felicità.
Io stabilisco di essere felice in ogni situazione e in ogni momento della mia vita, perché se la mia felicità dipendesse da qualche persona, cosa o circostanza sulla faccia della Terra avrei seri problemi.
Tutto ciò che esiste in questa vita muta costantemente: l’essere umano, le ricchezze, il mio corpo, il clima, il mio capo, i piaceri, gli amici, la mia salute fisica e mentale, e potrei andare avanti con una lista di cose interminabile.
Ho bisogno di decidere di essere felice indipendentemente da tutto ciò che esiste! Se oggi ho la casa piena o vuota, sono felice! Se esco da sola o accompagnata, sono felice! Se il mio impiego è ben remunerato o meno, sono felice!
Oggi sono sposata, ma ero già felice quando ero single.

Sono felice di mio. Le altre cose, persone, i momenti o le situazioni sono per me ‘esperienze che possono offrirmi o meno momenti di gioia o di tristezza’.
Quando qualcuno a cui voglio bene muore, sono una persona felice in un momento inevitabile di tristezza.
Imparo dalle esperienze passeggere e vivo quelle che sono eterne come amare, perdonare, aiutare, comprendere, accettare, consolare.
Ci sono persone che dicono: ‘Oggi non posso essere felice perché sono malato, perché non ho denaro, perché fa molto caldo, perché fa molto freddo, perché qualcuno mi ha insultato, perché qualcuno ha smesso di amarmi, perché non mi so valorizzare, perché mio marito non è come speravo, perché i miei figli non mi rendono felice, perché i miei amici non mi rendono felice, perché il mio impiego è mediocre’ e così via.
Amo la vita che ho non perché sia più facile di quella degli altri, ma perché ho deciso di essere felice come individuo e mi responsabilizzo della mia felicità.
Quando sollevo mio marito e qualsiasi altra persona da questo obbligo, li lascio liberi dal peso di portarmi sulle loro spalle. La vita di tutti diventa molto più leggera.
Ed è in questo modo che ho ottenuto un matrimonio riuscito nel corso di tanti anni”.

Una suora scrive al Papa: liberiamo il volto della Chiesa dalla sua schiavitù maschile

Caro Francesco,
sono suor Rita Giaretta di Casa Rut, una suora Orsolina del S. Cuore di Maria da vent’anni in missione a Caserta dove, insieme alle mie consorelle, abbiamo dato vita a Casa Rut, una casa di accoglienza per donne, a volte minorenni, spesso incinte o con figli piccoli, per lo più vittime di quell’infamia che è “la tratta delle donne” e da circa 10 anni alla Cooperativa Sociale newHope – un laboratorio di sartoria etnica per la formazione e addestramento al lavoro – che, con nostra grande sorpresa e gioia, sta dando oggi lavoro e dignità a 7 socie lavoratrici, per lo più giovani mamme, di 5 nazionalità diverse. Davvero un miracolo!.......
(continua la lettura sulla pagina "HO SCRITTO UNA LETTERA" in questo blog!)

ERA ORA!

Era ora: l’Italia finalmente ha quella legge sulle unioni civili che attendeva da anni per mettersi al passo con l’Europa. Oltre alle aspettative dei molti interessati il provvedimento corrisponde alla richiesta della Corte europea di Strasburgo che aveva richiamato il nostro Paese a sanare la violazione dei diritti umani per il mancato riconoscimento delle coppie gay. La legge, per ora approvata, non è certo la migliore, né soddisfa l’esigenza della stepchild adoption, stralciata insieme ai riferimenti diretti al matrimonio e all’obbligo della fedeltà previsto dal codice civile per le coppie sposate. Ma una legge imperfetta è comunque meglio della mancanza di una legge, come era fin qui la situazione italiana per l’ostruzionismo delle forze illiberali che hanno bloccato negli anni tutte le proposte di legge avanzate dal centro, dalla sinistra e dalla destra. È inutile disquisire se questo provvedimento è più di sinistra o di destra, e se ha vinto chi lo voleva “più avanzato” o “più arretrato”. In una nazione non prigioniera della chiacchiera politica, le leggi che davvero incidono sulla vita dei cittadini non sono né di destra né di sinistra. Perché la differenza è costituita dall’esistenza o meno di norme che corrispondono agli interessi delle persone, non importa se maggioranza o minoranza. In materia di rapporti personali, come la nascita, la morte e il sesso, l’autorità pubblica deve rispettare le libertà individuali nel massimo delle garanzie istituzionali, senza pretendere di imporre la morale di Stato uguale per tutti, credenti o non credenti. Questa è la visione liberale del rapporto tra individui e Stato...Rimane in sospeso il vuoto dell’adozione in una coppia omosessuale del figlio di uno dei partner. La questione va regolata bene e subito. Non già con una norma specifica riguardante i gay, bensì nel più ampio quadro di una nuova disciplina dell’adozione per tutte le coppie, eterosessuali e omosessuali. Sarebbe ora di farla finita con il calvario che devono subire in Italia e all’estero le persone generose che intendono adottare un bambino con un’azione che dovrebbe giovare, oltre che ai singoli, anche alla comunità nazionale in grave crisi demografica. Ci auguriamo che il parlamento su questo, come su tanti altri urgenti problemi riguardanti la vita dei cittadini, sia all’altezza di una moderna democrazia europea. Altrimenti sarà ancora una volta la magistratura a compiere quella supplenza legislativa che inevitabilmente si colora di discrezionalità.
Il nuovo rapporto pubblicato dall’International Organization for Migration (Iom)
Nel primo bimestre del 2016 più di 100.000 persone sono approdate via mare sulle coste di Grecia e Italia. Una cifra impressionante in assoluto, ma ancor più se messa in relazione con gli altri dati che emergono dal rapporto. Per avere una dimensione del trend migratorio nel “mare nostrum”, basta pensare che l’anno scorso quota 100.000 fu raggiunta solamente in giugno: nei primi due mesi del 2015 arrivarono su imbarcazione “solo” 11.834 migranti (3.952 in Grecia, 7.882 in Italia). Fortunatamente, nonostante la vertiginosa decuplicazione del flusso, stando ai dati Iom su quelle stesse tratte si sarebbero ridotti i morti: 428 nel primo bimestre 2015, 413 da gennaio a oggi (di cui 321 lungo la rotta turco-greca, che anche quest’anno si conferma la più pericolosa).

HO ASCOLTATO LA PAROLA: "Geremia 2,13"

«Il mio popolo ha commesso due mali: ha abbandonato me, la sorgente d'acqua viva, e si è scavato delle cisterne, delle cisterne screpolate, che non tengono l'acqua.»

Il profeta Geremia usa una immagine molto efficace, che sarà utilizzata anche da Gesù: Israele ha lasciato Dio, la fonte di acqua viva, per scavarsi cisterne screpolate, che non tengono l’acqua. Egli ci invita dunque a lasciare la religiosità stantia per la freschezza della fede animata dallo Spirito. Siamo chiamati a vivere l’evangelo della grazia di Dio, diventando testimoni e portatori nel mondo in cui siamo immersi di quell’amore che in Cristo abbiamo ricevuto abbondantemente.

Geremia predicava 2500 anni fa, ma anche nel nostro tempo pensiamo che sia più saggio seguire le politiche umane che hanno dato così misera prova di sé, invece di assaporare la realtà liberante della grazia di Dio. Quante volte abbiamo lasciato la freschezza del messaggio di Dio per tornare alle acque fetide delle cisterne!

Possiamo fare alcuni esempi:

  • La violenza nei rapporti umani – quante guerre ci sono state da quando è cessata “l’ultima guerra”? Un uomo politico, nel 1918 disse: «Questa è stata l’ultima guerra, come lo sarà anche la prossima ...». Era una boutade, ma conteneva una grande verità.
  • L’ingiustizia e la rapacità – la corruzione e gli scandali pressoché quotidiani dicono quanto sia radicato il malessere che inquina la nostra società.
  • La violenza sulle donne – la parola “femminicidio”, nella sua durezza, sembra essere stata dimenticata, ma è purtroppo una realtà che non accenna a estinguersi.

Sono tutti segnali del fatto che l’essere umano preferisce abbeverarsi alle acque stagnanti e malsane delle cisterne. Di fronte a questo, però, non deve cessare la proclamazione della novità e della freschezza dell’acqua di sorgente rappresentata dalla grazia di Dio. Questa è la nostra sfida.

di Paolo Ribet

Aurelio Mancuso, presidente di Equality Italia

«Sia chiaro: aver eliminato la stepchidl adoption dalla legge sulle unioni civili è un compromesso al ribasso, anzi, diciamolo, una schifezza. Eppure tra questi pochi diritti e il niente, preferisco partire da qui. È evidente che la strada parlamentare era sbarrata. E chissà quale testo sarebbe potuto uscire tra voti segreti e trappole... ».
«Sì,(Renzi) ha scelto il male minore. Però se vuole essere coerente adesso deve mantenere le promesse »
«Proporre subito una nuova legge sulla riforma delle adozioni, che contenga l’apertura ai single e la stepchild adoption. Con corsie preferenziali e tempi stretti».
«Il premier lo deve alle famiglie omogenitoriali, è un risarcimento. E comunque la strada dei diritti è così: chiedi il massimo, ottieni la metà, ritenti».
 «No, è punto di partenza. Sentirsi sconfitti è aver già perso, invece la battaglia continua,... Avremo dei diritti. E sarà ben difficile per i tribunali negare l’adozione del figlio del partner a coppie riconosciute dalla legge...».

don Mauro Leonardi in “l'Huffington Post”

<<Esiste invece una terza posizione del tutto tacitata e dimenticata che, nella mia esperienza quotidiana di prete e scrittore, è largamente presente: mi riferisco ai cattolici che non guardano affatto alle unioni civili come a una minaccia per il paese o come un attacco alla famiglia ma che vivono il processo di crescita delle libertà e delle tutele nel paese, con attenzione e rispetto. Sono loro i veri silenziati. Sono quelli che non hanno tribune, che non vengono invitati a parlare da nessuna parte perché non sono la senatrice Cirinnà e, men che meno, sono Mario Adinolfi o Costanza Miriano. Sono loro i veri dimenticati, non quelli di Galli della Loggia che anzi, è perfettamente sintonizzato col main stream dominante, quello che pensa che gli italiani siano indecisi tra i favorevoli alla Cirinnà e quelli che l'opinione laico progressista vuole cancellare, e cioè i portatori della dimensione religiosa: non è così.>>

SI POTEVA FARE DI PIU'!

E' CHIARO CHE QUESTA LEGGE SULLE UNIONI CIVILI E' UNA SCHIFEZZA, MA PROBABILMENTE IN QUESTO MOMENTO NON SI POTEVA FARE DI PIU' O FORSE SIAMO SOLO AL PRIMO GRADINO. E COSI' LA LOTTA PER I DIRITTI CIVILI E UMANI DEVE CONTINUARE PERCHE' ANCHE QUESTA VOLTA:FATTA LA LEGGE,BISOGNA ORA FARE GLI ITALIANI! E COSI',COME EX-COLLEGA, MI ASSOCIO A QUESTA LETTERA SCRITTA DA ALCUNI SACERDOTI CONTRO LA LEGGE CIRINNA', PERCHE' I DIRITTI NON HANNO COLORE NE' RELIGIONE NE' PARTITO MA DANNO IL SENSO DEL NOSTRO ESSERE ITALIANI E CRISTIANI!
A.B.
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Figli di quel Dio, laico che "non abita in edifici (materiali e/o ideologici) fatti da mano d'uomo" (Atti 7,48) e che "fa sorgere il sole sui buoni come sui cattivi e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti" (Matteo 5,45), seguaci di quel vangelo che ci ricorda che noi cristiani non siamo nati né da carne né da sangue ma da Dio-Amore (Giovanni 1,13), di fronte al dibattito e alle lotte di parte che lo inficiano, non possiamo continuare a tacere. Noi preti cattolici firmatari, cittadini di uno Stato che vogliamo credere ancora laico e libero, ci troviamo a disagio nel difendere l'ultima versione del disegno di legge Cirinnà sulle unioni civili perché è un compromesso al ribasso, frutto della peggiore interdizione reciproca dentro una maggioranza di governo raccogliticcia e indifferente ai diritti civili, ma interessata alle manovra di potere. Siamo a disagio per la qualifica di "cattolici", assunta da senatori e deputati che in Parlamento appoggiano e votano qualsiasi sconcezza, calpestano qualsiasi etica, sono conniventi con malaffare, malavita e interessi di parte, facendo della corruzione e della illegalità il loro pane quotidiano. Rifiutiamo che il governo, da costoro appoggiato e ricattato, si appropri di una legge che dovrebbe essere di esclusiva competenza parlamentare, senza - questa volta sì! - alcun vincolo di appartenenza, trattandosi di tutela dei diritti che non dovrebbero essere mai merce di scambio politico. Noi affermiamo che se in Italia vi fosse anche una sola coppia di persone che convivono, i suoi componenti hanno il diritto di essere tutelati e garantiti non solo come singoli, ma anche come nucleo affettivo e familiare "senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali" (Costituzione Italiana Art. 3 § 2). Affermiamo con la Costituzione, ancora non deformata e manomessa e identificandoci in essa, che "la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale" (Id., art. 2). Siamo convinti che la storia dell'umanità non è mai stata portatrice di un solo modello di famiglia e tanto meno si fa garante di "una famiglia come voluta da Dio", dal momento che la Sacra Scrittura (Antico e Nuovo Testamento) non ne parlano, ma offrono a ciascuno la possibilità di vivere il dono dell'alleanza e dell'amore a perdere come segno e manifestazione del volto del Dio di Gesù Cristo. La famiglia osannata nei vari "Family Day" è un'astrazione, legata a una particolare cultura di particolari momenti storici, condizionata da sistemi e costumi sociali, economici e religiosi. Sperimentiamo che la "famiglia uomo-donna-bambino/a", troppo spesso è il luogo turpe delle più atroci violenze, anche di natura sessuale, sui bambini, che i difensori di quel modello vorrebbero tutelare. Anche noi siamo dalla parte dei bambini, ma vogliamo esserlo sempre e non solo a certe condizioni. La nostra esperienza dice che occorre interrogarsi, senza preclusione di sorta, sull'esclusivo interesse, che deve essere assoluto, del bambino o della bambina, valutando non il diritto all'adozione, ma unicamente la capacità, la disponibilità, l'idoneità adottiva e affettiva degli adulti che vogliono prendersi cura e tutela del minore, senza alcuna riserva verso la coppia tradizionale, la coppia omosessuale-lesbica, i nonni, parenti o altre situazioni oggi non previste. Noi, cittadini italiani e preti cattolici rispettosi della laicità dello Stato che difendiamo da ogni ingerenza indebita, ci appelliamo ai deputati e ai senatori del Parlamento che hanno ancora il senso della dignità e del dovere dello Stato, perché senza manovre di bassa lega, diano all'Italia una legge degna di uno Stato di Diritto, lasciando le valutazioni etiche alle coscienze dei singoli e trattando i propri cittadini da persone adulte e non da immaturi, decidendo delle loro scelte e della loro vita. Alcuni credenti o anche non credenti hanno tutto il diritto di non condividere il disegno di legge in discussione al Senato, ma non hanno il diritto di imporlo con la forza, ricattando con minacce di ritorsione elettorale. Estendere i diritti non è mai un atto pericoloso, per nessuno, bambini compresi. Facciamo nostro il programma ideale che San Paolo formula in una sua lettera e che spesso noi leggiamo in occasioni della celebrazione di Matrimoni: "L'Amore è magnanimo, benevolo è l'Amore; non è invidioso, non si vanta, non si gonfia d'orgoglio, non manca di rispetto, non cerca il proprio interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia ma si rallegra della verità. Tutto scusa, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. L'Amore non avrà mai fine" (1Cor 13,4-8).
Paolo Farinella, prete (Genova) Aldo Antonelli, prete (Avezzano - AQ) Raffaele Garofalo, prete (Sulmona - AQ) Michele Dosio, prete (Torino) Pippo Anastasi, prete (Torino) Giorgio De Capitani, prete (Milano) Claudio Miglioranza, prete Castelfranco Veneto (TV)

martedì 23 febbraio 2016

Giorgio Girardet

"Il nostro è tempo di dialoghi e incontri fra le fedi viventi
e le religioni. Tanto più è necessario che ciascuno conosca il
terreno su cui sta e la casa che si trova ad abitare: che si tratti
della casa ereditata dai propri antenati o di una casa nuova
in cui si è andati ad abitare per libera scelta."

" COME UNA FAMIGLIA..."

Due gemelli di quattro mesi, Tommaso e Jacopo, l’ultima domenica di dicembre sono stati battezzati nella chiesa valdese di Palermo dal pastore Peter Ciaccio. Niente di particolare: come ricorda lo stesso pastore Ciaccio, il battesimo è un atto ordinario nella vita di una chiesa. Però qualcosa di straordinario in realtà c’è stato, perché ad accompagnare i figli c’erano due papà: Rosario e Federico, che li hanno avuti negli Stati Uniti grazie alla surrogacy, la gestazione per altri (vedi l’articolo qui a fianco). Non sono membri di chiesa ma dallo scorso settembre frequentano il culto. «Quando sono venuti a chiedermi se potevo battezzare i figli, li ho avvertiti che la decisione doveva essere condivisa da tutta la comunità, e così è stato», racconta il pastore, che ha avuto il consenso del Concistoro e dei membri della sua chiesa. «Li ho avvisati che sull’omosessualità la Chiesa valdese ha un percorso di accoglienza consolidato da più di quarant’anni e che, invece, la modalità con cui hanno avuto i bambini è controversa. Come tutti i pionieri dovevano essere pronti a reazioni differenti, anche di chiusura», continua Peter Ciaccio. «Mi hanno chiesto: questa chiesa ci accoglierà? Ho risposto: verificatelo voi».
Come mai avete deciso di chiedere il battesimo in una chiesa valdese?
Rosario: «Noi non siamo valdesi ma lo scorso ottobre abbiamo iniziato un percorso di avvicinamento alla chiesa. Desideravamo che i nostri figli fossero presentati a Dio e cominciassero un loro percorso di fede; volevamo farlo nella maniera più onesta possibile, come abbiamo fatto sempre nella nostra vita di coppia, presentandoci per quello che siamo. La chiesa valdese ci ha dato questa possibilità». Federico: «Abbiamo detto di no alla chiesa cattolica in cui siamo cresciuti perché ha una posizione sbagliata nei confronti degli omosessuali. Non andiamo dove non siamo bene accetti e non ci concepiscono come una famiglia. Non c’è proprio la possibilità di andare in una chiesa cattolica e dire “siamo due papà”. Al contrario la comunità valdese, dove si parla di unioni omoaffettive da molto tempo, è molto accogliente e priva di pregiudizi: ci siamo trovati molto bene e nessuno si è scandalizzato per i bambini, anzi diverse donne ghanesi si sono subito offerte come baby sitter».
Estratto da Federica Tourn in "Riforma"

lunedì 22 febbraio 2016

Umberto Eco

“Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro.”

“Capire i linguaggi umani, imperfetti e capaci nello stesso tempo di realizzare quella suprema imperfezione che chiamiamo poesia, rappresenta l’unica conclusione di ogni ricerca della perfezione.”

“Il computer non è una macchina intelligente che aiuta le persone stupide, anzi, è una macchina stupida che funziona solo nelle mani delle persone intelligenti.”

venerdì 19 febbraio 2016

Card.Francesco Montenegro


La sindrome del riccio
di Roberto Beretta | su "Vino Nuovo.it"
Se l'esistenza viene sentita come una sequenza di attentati al proprio benessere, alla propria sicurezza, alla propria libertà, è normale che - trasferendosi nel settore religioso - ci si senta in dovere di innalzare muraglie anche lì

Siamo afflitti dalla «sindrome del riccio» a tutti i livelli: al minimo sfioro di un pericolo o presunto tale, scatta l'appallottolamento su se stessi, la chiusura difensiva. Temiamo la crisi economica: sconfessiamo l'Europa e torniamo alla lira! Abbiamo paura degli immigrati: chiudiamo le frontiere! Ci sentiamo insicuri: rinserriamoci dietro la porta blindata e spariamo a vista ai ladri!
Il fenomeno è stato tante volte notato da apparire ormai banale nei suoi sviluppi: da sempre la reazione alle minacce esterne è stata l'erezione di barriere, fisiche e no. Ciò che però è stato meno studiato, invece, è il possibile legame tra tale ripiegamento difensivo, che la società dimostra oggi in tanti suoi aspetti, e l'analogo «ritorno» di tanti alla religiosità tradizionale, anzi addirittura rigidamente tradizionalista. C'è un nesso - chiediamoci ad esempio - tra la paura per i migranti e il «no» ai matrimoni gay (in fondo gli uni e gli altri sono dei «corpi estranei» in una società chiusa), tra la difesa a oltranza dei «valori cattolici» e la rivendicazione del localismo nelle sue varie espressioni?
Parlo del clima generale, beninteso, non delle singole persone che assumono l'una o l'altra posizione. Ci dev'essere - io credo - un travaso di umori tra chi strilla «prima aiutiamo quelli di casa nostra!» e quanti paventano l'invasione islamica nell'Europa cristiana; né escluderei una partecipazione di consonanze tra il rifugio popolare nel miracolismo religioso e la ricerca in tutti i settori dell'«uomo forte» capace di risolvere i problemi con un sol tocco. Sociale e religioso s'incontrano, anzi inevitabilmente si compenetrano; pensiamo al vecchio motto «Dio, patria, famiglia», cardine di storiche commistioni tra sacro e profano, e alle aberrazioni totalitarie che ha permesso...
Non vorrei fare un discorso di parte: in molti degli atteggiamenti citati sussiste senz'altro una percentuale di ragioni ­- tanto meno desidero discuterne la retta intenzione. Mi limito a osservare un parallelismo di clima culturale, questo: viviamo sotto una cappa di timori sociali, in grande misura irrazionali, che sono anche l'humus preferito per lo sviluppo di un certo tipo di religiosità «rassicurante», quella delle devozioni, della fede cieca, della sottomissione, del dogma «sicuro» ed eterno, del legalismo e della formalità, degli anatemi e delle condanne apocalittiche, eccetera. Teniamone conto, quando valutiamo con ottimismo forse eccessivo la risorgenza della «vera fede» sul secolarismo.
Il rinserrarsi negli steccati di una religione o di una morale si sposa infatti ottimamente con l'istinto di autotutela dei propri privilegi, che informa ormai molto sentire comune come una priorità assoluta, anche di ideali. Si crede come si vive. E se l'esistenza viene sentita con apprensione, come una sequenza di attentati al proprio benessere (la crisi), alla propria sicurezza (gli immigrati), alla propria libertà (le regole, le leggi, il fisco...), è piuttosto normale che - trasferendosi nel settore religioso - ci si senta in dovere di innalzare muraglie anche lì: per esempio contro le «invasioni» del nuovo in liturgia, o in difesa della famiglia «di sempre», o a rifiuto di tutto quanto nella Chiesa suona cambiamento, dalla comunione per i divorziati risposati alla lavanda dei piedi per le donne.

Ma si vive come si crede, anche. E proprio qui infatti si sviluppa il problema maggiore, a mio parere: una fede che mira soprattutto a restituire certezze appaganti per sé e verità indiscutibili ed escludenti verso i diversamente pensanti, scaturirà con ogni probabilità comportamenti piuttosto lontani da quelli evangelici. L'amore per il prossimo verrà quanto meno sottoposto alla preventiva verifica dei metal detector, come all'aeroporto, («Si prega di deporre tutti i pensieri potenzialmente diversi dal nostro»), o - chissà - la prossima porta santa dovrà essere blindata... Per difendere i valori, ovviamente.

Grazia Deledda

<<La vita passa e noi la lasciamo passare come l'acqua del fiume, e solo quando manca ci accorgiamo che manca.>>


giovedì 18 febbraio 2016

STORIA DI PAOLA:"DECIDO IO!"

Ha deciso di morire in Svizzera, Paola Cirio, torinese di 53 anni. Ha deciso che sarà lei a scegliere quando spegnersi, togliendo l'ultima parola alla sclerosi multipla, la malattia che la affligge dal 2002. Sa che la malattia le toglierà il controllo del proprio corpo, ma non la lucidità di poter scegliere il proprio destino. E non aspetterà che sia troppo tardi: abbandonerà l'Italia e approderà in Svizzera dove la attende "la dolce morte", come lei stessa la definisce.
Invia le sue cartelle cliniche a Ginevra, in un centro di Ginevra a cui ha versato diecimila euro. Dopo due mesi, la risposta: "Siamo qui per lei, luce verde". Luce verde, richiesta accolta. Dovrà solo aspettare la chiamata, Paola.
Mandano un’ambulanza a prelevarti e quando arrivi in Svizzera ti fanno parlare con degli psicologi. Cercano di convincerti a non farlo. Se tu insisti loro ti assecondano. Ma io conosco un solo caso in cui qualcuno si è tirato indietro. Ora ho una casa di 70 metri. Ma la preferisco a quella da 700 di uno come Bertone che si permette di dire agli altri che cosa è giusto.
Arrivano aspre ma senza risentimento le parole di Paola nei confronti del binomio religione-politica:
"In questo Paese sui diritti civili siamo alla preistoria. La politica è patetica. Io ho deciso di raccontare il mio percorso perché penso non sia giusto che solo chi ha un po’ di soldi da parte possa decidere di crepare con dignità".
La vita di Paola, dopo che le è stata diagnosticata la malattia, è cambiata drasticamente. Tanto coraggio, ma anche tanta paura per il futuro hanno scandito le sue giornate, al punto di arrivare a pensare di farla finita. La paura l'ha fermata ma le ha dato la forza di lasciare il marito, che la tradiva. Dopo il divorzio, Paola si è sentita esclusa dalla Chiesa, al punto tale da arrivare a non credere più a nulla. Non ha dubbi: si farà cremare e farà spargere le sue ceneri in un bosco svizzero. O in qualsiasi altro posto, non c'è differenza.
Oggi ripensa alla sua vita, vissuta al massimo, ed è convinta più che mai:
"Ho molto viaggiato e ho molto visto, dal Laos al Mar Rosso e se ho scelto di andarmene stabilendo io come non è perché ho smesso di amare la terra, è perché voglio impedirmi di odiarla. Il dolore destinato è una punizione ingiusta, perché la dovrei accettare?".
Intervista rilasciata a "La Stampa".

DENUNCIARE LA FOLLIA DELLA GUERRA

I vescovi di Pah Christi Italia in “www.paxchristi.it” del 18 febbraio 2016
Stiamo vivendo giorni di bombardamenti e devastazioni atroci su molte città. Tragedie che ci richiamano alla Costituzione del Concilio Vaticano II ‘Gaudium et spes’ e alla sua condanna della guerra totale, l'unica condanna in un Concilio ‘pastorale’. Essa così afferma al n. 80: "Ogni atto di guerra, che mira indiscriminatamente alla distruzione di intere città o di vaste regioni e dei loro abitanti, è delitto contro Dio e contro la stessa umanità e con fermezza e senza esitazione deve essere condannato". Il Concilio continua denunciando la corsa agli armamenti, che preparano gli interventi distruttivi. "E’ necessario pertanto ancora una volta dichiarare: la corsa agli armamenti è una delle piaghe più gravi dell'umanità edanneggia in modo intollerabile i poveri; e c'è molto da temere che, se tale corsa continuerà, produrrà un giorno tutte le stragi, delle quali va già preparando i mezzi”. (n. 81) Come vescovi successivamente responsabili di Pax Christi, movimento cattolico internazionale per la pace, più che mai impegnato contro ogni forma di guerra, ma ancor prima come ‘uomini di buona volontà’, mentre deploriamo e condanniamo queste distruzioni che servono ad utilizzare i nostri armamenti e ad esaltare i nostri poteri e le nostre supremazie, chiediamo con forza che cessino queste devastazioni e si usino invece gli strumenti della politica e della diplomazia, forse più faticosi ma rispettosi delle vite umane, da soccorrere non da bombardare, come insiste papa Francesco, il quale pochi giorni fa, col Patriarca Ortodosso Cirillo esortava ‘la Comunità Internazionale ad unirsi per porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, a contribuire attraverso il dialogo ad un rapido ristabilimento della pace civile’. Dobbiamo pregare, ma dobbiamo anche operare. Invitiamo tutti ad operare, con la preghiera ed il digiuno, ma anche con l'impegno, la sollecitazione nel denunciare la follia della guerra, anche con manifestazioni, appelli ed esponendo anche le bandiere della pace, come segno visibile di un impegno che scuote ognuno nella propria coscienza.
Firenze, 18 febbraio 2016
+ Giovanni Ricchiuti, Vescovo di Altamura-Gravina-Acquaviva delle Fonti presidente di Pax Christi
+ Luigi Bettazzi, Vescovo emerito di Ivrea, già presidente di Pax Christi
+ Diego Bona, Vescovo emerito di Saluzzo, già presidente di Pax Christi
+ Tommaso Valentinetti, Vescovo di Pescara-Penne, già presidente di Pax Christi
+ Giovanni Giudici, Vescovo emerito di Pavia, già presidente di Pax Christi
Dio!

lo ti invoco, o Dio di verità,
nel quale, dal quale e per il quale
sono vere tutte le cose vere.

Dio, da cui fuggire è smarrirsi,
a cui tornare è risorgere,
in cui abitare è vivere.

Dio, che nessuno perde
se non inganna se stesso;
che nessuno cerca
se la grazia non lo indirizza;
che nessuno trova
se non è puro.

Dio, che abbandonare è come morire,
che attendere è come amare,
che intuire è come possedere.

Dio, a cui ci spinge la fede,
a cui ci induce la speranza,
a cui ci unisce la carità.

(Sant'Agostino

CORRIDOI UMANITARI:PROVOCHIAMO LA COSCIENZA EUROPEA!

 Il 29 febbraio è atteso all’aeroporto di Fiumicino il primo cospicuo gruppo di profughi dal Libano che grazie al progetto ecumenico dei “corridoi umanitari” entrerà in tutta sicurezza e legalmente in Italia. I componenti delle 24 famiglie, 93 persone in tutto, di cui 41 minori – il più piccolo dei quali è Omar che ha visto la luce 5 giorni fa - non appena toccheranno terra, potranno avanzare regolare richiesta di asilo, senza essersi esposti ai viaggi della morte sui gommoni dei trafficanti. La maggior parte proviene da Homs, città siriana ormai rasa al suolo - altri sono iracheni, tutti in fuga da guerra e persecuzione, tutti in condizione di particolare vulnerabilità.

Lo scorso 4 febbraio già la piccola Falak, malata di tumore, con la sua famiglia era giunta grazie ad un visto per motivi umanitari rilasciato dall’ambasciata italiana a Beirut, aprendo di fatto il primo varco legale verso l’Europa. Si tratta di un progetto-pilota che nel quadro di un accordo raggiunto a metà dicembre tra governo italiano, Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), comunità di Sant'Egidio e Tavola valdese, prevede l’arrivo di un migliaio di casi non solo dal Libano, ma presto anche dal Marocco e dall’Etiopia. A proposito Paolo Naso della FCEI non nasconde che “con questo progetto si vuole anche lanciare una provocazione alla coscienza dell'Europa, che mostra di avere disponibilità e risorse, ma che non riesce a concepire una soluzione ‘politica’ alla sfida dell'accoglienza dei profughi”.

COSA SONO LE CONVENZIONI DI GINEVRA?

"Gli ospedali civili organizzati per prestare cure ai feriti, ai malati, agli infermi e alle puerpere non potranno, in nessuna circostanza, essere fatti segno ad attacchi; essi saranno, in qualsiasi tempo, rispettati e protetti dalle Parti in conflitto". Così recital'articolo 18 della IV Convenzione di Ginevra per la protezione delle persone civili in tempo di guerra. Eppure mai come negli ultimi anni gli ospedali civili in teatri di guerra sono stati colpiti, devastati e rasi al suolo.
In Yemen, Siria, Afghanistan gli attacchi e i bombardamenti non stanno uccidendo soltanto i pazienti e il personale sanitario ma anche il Diritto umanitario internazionale. E tutto ciò sta avvenendo sotto i nostri occhi.
"The War on terror", la guerra al terrorismo scaturita a seguito degli eventi dell'11 settembre 2001, sta progressivamente derubricando a danni collaterali crimini di guerra atroci. Davanti al fatto che il nemico - sia esso l'Isis, i talebani o al-Nusra - è da colpire con tutti i mezzi, i nostri principi morali si ammorbidiscono, scendiamo a patti con la nostra coscienza e diritti che prima sembravano inviolabili , non lo sono più. Siamo addirittura disposti ad accettare che centinaia di pazienti, di medici e di infermieri perdano la vita sotto i bombardamenti per portare il più nobile dei soccorsi, quello alla vita.
È ormai chiaro che attaccare gli ospedali è una strategia per indebolire la capacità di curare i feriti, per affievolire la resistenza del nemico e le organizzazioni umanitarie; per togliere di mezzo testimoni, in una guerra che nessuno racconta dal terreno.
Solamente in Siria in 5 anni di guerra 180 strutture sanitarie sono state distrutte e 700 tra medici e infermieri sono stati uccisi. Per questo tutti noi dobbiamo fare pressione affinché le diplomazie di tutti i Paesi rispettino l'articolo 18 della Convenzione di Ginevra e più in generale il Diritto Umanitario Internazionale. In gioco ci sono le stesse regole fondamentali su cui è costruita la nostra civiltà.
Loris De Filippi / Presidente di Medici senza frontiere Italia

mercoledì 17 febbraio 2016

" VAI CON LA FORZA CHE HAI! "

<<Forse anche tu hai l'impressione di non farcela, ogni tanto, di non riuscire ad affrontare il giorno di domani con tutta la sua fatica e le sue difficoltà. Hai l'impressione di non avere l'energia, il coraggio e la gioia per riuscire a fare tutto ciò che dovrai affrontare, per amare la vita e non solo per subirla...Siamo sempre più fragili, sempre meno numerosi, sempre più anziani.
Se è così,c'è una parola di Dio per te:"Vai con la forza che hai...". Cioè:non avere paura se la tua vita ti appare inutile o vuota, oppure se ti senti fragile e incerto. Sei come il giglio del campo e come l'uccello del cielo, che approfittano del sole e della pioggia senza porsi domande (Mt 6,25-34). Semplicemente vivendo la loro giornata...La fede è lasciare che la tua vita sia portata, sostenuta dalla fiducia in Dio. L'opposto della fede non è il dubbio o l'ateismo, ma è anzitutto la paura e la preoccupazione per il domani, per l'avvenire. Quella preoccupazione e quella paura che paralizzano anziani e, sopratutto, giovani nel nostro tempo e nella nostra società. Diceva Viktor Frankl:"Quando la vita è ridotta ai minimi termini e tutto appare ormai perduto, rimane ancora una libertà fondamentale: quella di scegliere con quale atteggiamento affrontare il proprio destino.Nonostante tutto, dire sì alla vita. Nessuna situazione della vita è realmente priva di senso. Solamente nella misura in cui ci doniamo, ci mettiamo a disposizione del mondo, dei compiti che a partire da esso ci interpellano, noi ci appagheremo e realizzeremo egualmente noi stessi."...Quella forza della fede che è in te, ti farà sempre trovare quel poco di pane, di coraggio e di perdono che ti permetterà di andare, di vivere, di credere e di amare.>>
Gianni Genre su "Riforma.it"

50 ANNI FA VENNE CONDANNATO PERCHÉ AVEVA UN'ALTRA IDEA DI DIFESA DELLA PATRIA

Il 15 febbraio del 1966 Lorenzo Milani veniva assolto nel processo di primo grado (non fece poi in tempo ad essere condannato nel secondo…), nel quale era accusato di “apologia di reato” per aver difeso – con una risposta pubblica al comunicato stampa infamante dei cappellani militari – gli obiettori di coscienza cristiani in carcere.

Ai cappellani militari don Milani aveva scritto: “se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni sono la mia Patria, gli altri i miei stranieri”. Viene qui proposta una importante evoluzione del concetto di patria, che supera i confini geografici e nazionalistici e diventa l’appartenenza ad una condizione sociale universale. Concetto che ribadisce con maggior precisione nella “lettera ai giudici”: “ai miei ragazzi insegno che le frontiere son concetti superati. Quando scrivevamo la lettera incriminata abbiamo visto che i notri paletti di confine sono stati sempre in viaggio. E ciò che seguita a cambiar posto secondo il capriccio delle fortune militari non può essere dogma di fede né civile né religioso”. Sganciare la patria dal riferimento ai confini e ricordare che questi ultimi sono transitori, mette già in discussione la necessità della loro difesa militare, ma – a partire dall’articolo 11 (ripudio della guerra) e dall’articolo 52 (difesa della Patria) della Costituzione – Lorenzo Milani “misura” anche un secolo di storia del nostro esercito, dimostrando come più che di difesa sia “intessuta di offese alle Patrie altrui”. Rispetto alle quali chiede ai cappellani militari di spiegare chi davvero abbia difeso la patria e il suo onore: “quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile?”. E’ il fondamento dell’idea che la vera difesa del Paese, anziché dall’obbedienza militare, passi – al contrario – attraverso l’obiezione di coscienza. E quindi attraverso un’altra idea di difesa.

AFORISMA


martedì 16 febbraio 2016

PADRE CAMILLO TORRES


  • L’odio verso l’errore non deve portare all’odio verso le persone.
  • L’uso di mezzi immorali non è mai permesso ai cristiani 
  • Non si deve con il pretesto di combattere un determinato male, provocare mali peggiori
  • L’alleanza manifesta, cosciente o incosciente, dei cristiani con i responsabili dell’ingiustizia è sempre un grave scandalo.  
  • La Chiesa è favorevole all’elevazione progressiva e rapida il più possibile del popolo in generale e degli operai e dei contadini in particolare 
  • È più efficace attaccare le cause dei mali che esaurirsi cercando di curare questi mali senza sopprimerne le cause.
  • «La vera civiltà del futuro sarà forse una civiltà austera, una austerità che è importante non confondere con la miseria. La miseria è la mancanza assoluta del necessario, è uno stato di disordine che non si deve accettare né per se stessi né per gli altri. L’austerità, invece, è un’accettazione delle limitazioni, dell’avere meno, con l’obiettivo di creare condizioni sia per superare una crisi, sia per ottenere … soprattutto una più giusta ripartizione dei beni fra tutti»
  • «Sono rivoluzionario come colombiano, come sociologo, come cristiano e come sacerdote. Come colombiano perchè non posso restare estraneo alle lotte del mio popolo. Come sociologo, perchè attraverso la conoscenza scientifica della realtà sono giunto alla conclusione che non è possibile ottenere soluzioni tecniche efficaci senza una rivoluzione. Come cristiano perchè l’essenza del cristianesimo è l’amore verso il prossimo, e soltanto attraverso la rivoluzione si può realizzare il bene della maggioranza. Come sacerdote, perchè il dono di se stessi al prossimo richiesto dalla
    rivoluzione è un requisito di carità fraterna, indispensabile per realizzare il sacrificio della Messa, che non è un’offerta individuale, ma l’offerta di tutto il popolo di Dio per il tramite di Cristo»
  • «Noi possiamo evitare che in tante parti del mondo uomini, donne, e bambini siano costretti al sacrificio della vita in una lotta armata che non ha più confini, per la libertà e l'eguaglianza sostanziale di tutti gli uomini e tutti i popoli. Basterebbe solo sacrificare un po’ delle nostre ipocrite doppiezze e dei nostri comodi egoismi per un impegno sociale e una partecipazione politica sempre più consapevole e determinante, ancora e fino a quando ci sarà consentito, con le sole armi del metodo democratico, per sostanziare di contenuti reali le semplici libertà formali. Un impegno che deve giungere però ad estirpare radicalmente nel nostro paese, in progressione solidale con tutti i popoli del mondo, quel nefasto sistema economico e sociale fondato sulla prepotenza del denaro, che alimenta anche tutte le fanatiche intolleranze religiose, ideologiche e razziali»

L’indagine

È questo il titolo del volume che a cura di Rita Bighi e Paola Bignardi raccoglie i risultati di un’indagine promossa dall’Istituto Toniolo, quello che fondò e tuttora governa l’Università Cattolica, su Giovani e fede in Italia: che poi è anche il sottotitolo del lavoro. La pubblicazione (editrice Vita e pensiero) costituisce un approfondimento del più vasto «Rapporto giovani» sostenuto da Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo, partito nel 2013 con novemila interviste sulle aspettative dei 18-30enni e via via proseguito con altre analisi su cose tipo il lavoro, le istituzioni, la felicità. Questa volta l’indagine è basata su colloqui anche piuttosto lunghi. Con 23 intervistatori per 150 intervistati, tutti battezzati, presi tanto in paesini minuscoli quanto in grandi città da un capo all’altro d’Italia e divisi in due categorie di età, 19-21 e 27-29 anni.
Ne è venuto fuori un ritratto fatto di storie più che di numeri, ma con alcune costanti. L’avvicinamento alla religione per tradizione familiare, il catechismo vissuto soprattutto come un elenco di comandamenti, la prima comunione fatta perché si doveva e poi la fuga dopo la cresima («non ne potevo più»), a dispetto del «bel ricordo» dell’oratorio. Finché più avanti, sui 25 anni, a volte ritornano. Magari perché capita un fatto doloroso, o l’incontro con un prete giusto. Così come un prete sbagliato poteva averli fatti allontanare. Quel che è cambiato, rispetto agli anni del catechismo, è che oggi Dio per loro è un’altra cosa: «Credo nel mio Dio ma non nel loro», dicono. Anche quando a messa ci vanno. Perché vivono la faccenda non come religione ma come sistema di valori. Un’etica. Fatta di «amore, rispetto, eguaglianza». Altra cosa dalla istituzione «Chiesa», che associano a «clero corrotto», «esteriorità», «regole». Per questo, al contrario, son praticamente zero quelli a cui non piace papa Francesco.
E se potrebbe apparire facile liquidare come «comoda» l’idea di questo che una definizione ormai non recente qualifica come un Dio-fai-da-te, la ricerca sottolinea invece l’importanza che sia proprio la Chiesa, oggi, a dover rinnovare il suo linguaggio: che «non passa per un più abile uso dei media — scrivono le curatrici — ma per una maggiore coerenza tra dire e fare».

Forse la cosa più bella — quella che se bastasse dirla per crederci convertirebbe il mondo intero — è la risposta di uno degli intervistati alla domanda su cosa ci trova nel credere in Dio: «Ci trovo che Lui ti fa sentire amato, speciale, nonostante magari tu non sia il meglio o creda di non esserlo. Ci trovo che Lui non fa cose nuove, diciamo, ma fa nuove tutte le cose». Sarà anche Dio a modo mio, ma qualche teologo ha qualcosa da dire su un Tizio del genere?

DAVID MARIA TUROLDO

<<Penso che nessun'altra cosa ci conforti tanto,quanto il ricordo di un amico,la gioia della sua confidenza o l'immenso sollievo di esserti tu confidato a lui con assoluta tranquillità:appunto perché amico. Conforta il desiderio di rivederlo se lontano,di evocarlo per sentirlo vicino,quasi per udire la sua voce e continuare colloqui mai finiti.>>
Amico
è chi ti vede cadere e sente dolore.
Amico è chi si siede accanto a te
sul selciato.
Amico è chi desidera farti ridere
delle tue lacrime.

Amico è chi ti tiene il cuore
in mano.
Amico è chi con uno strattone
ti riporta alla vita.
Amico è chi gioisce con te
della vita che ti ridona.

JORGES LUIS BORGES

Non posso darti soluzioni per tutti i problema della vita.
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori, però posso ascoltarli e dividerli con te.
Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro. 
Però quando serve starò vicino a te. 
Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perché ti sostenga e non cadi. 
La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei.
Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice. 
Non giudico le decisioni che prendi nella vita.
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi. 
Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti.
Però posso offrirti lo spazio necessario per crescere.
Non posso evitare la tua sofferenza, quando qualche pena ti tocca il cuore.
Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.
Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere.
Solamente posso volerti come sei...
Non sei né sopra né sotto né in mezzo non sei né in testa né alla fine della lista.
Non sei ne il numero 1 né il numero finale e tanto meno ho la pretesa di essere il 1° il 2°o il 3° della tua lista..
NON SONO GRAN COSA,PERO’ SONO TUTTO QUELLO CHE POSSO ESSERE.

L'AMICIZIA
Può essere che molti di noi siano ricchi e ancora non se ne rendano conto. La Parola di Dio ci insegnava già dall'Antico Testamento che “un amico fedele è una protezione potente, chi lo trova, trova un tesoro. Per un amico fedele, non c'è prezzo, non c'è peso per il suo valore. Un amico fedele è un balsamo di vita, lo troveranno quanti temono il Signore” (Siracide 6, 14-16).
Se Gesù, che è Dio, ha voluto aver bisogno di amici per proseguire il suo percorso in questo mondo, immaginatevi noi! L'essere umano non può vivere come un'isola, scriveva Thomas Merton. È una grande verità! Potremmo perfino dire che a partire da Cristo l'amicizia ha acquisito un senso nuovo. L'amico è colui che ha scoperto il valore e la dignità del fratello, alla luce del Vangelo.
La vera amicizia, oltre ad essere un rapporto tra persone, è aiuto reciproco e cammino spirituale.
Possiamo percepirlo chiaramente nella vita dei santi. In una delle sue catechesi, papa Benedetto XVI sottolineava:“È questa una caratteristica dei santi: coltivano l’amicizia, perché essa è una delle manifestazioni più nobili del cuore umano e ha in sé qualche cosa di divino, come Tommaso stesso ha spiegato in alcune pagine della sua Summa Theologiae, in cui scrive: 'La carità è l’amicizia dell’uomo con Dio principalmente, e con gli esseri che a Lui appartengono'”.
In uno dei suoi scritti, San Gregorio Nazianzeno, Padre della Chiesa, ci ha raccontato come questa esperienza umana veniva vissuta alle origini del cristianesimo e quanto fu importante nello sviluppo della sua fede e di quella del suo amico San Basilio.
Ci siamo incontrati ad Atene. Come il corso di un fiume, che partendo dall'unica fonte si divide in
molti bracci, Basilio ed io ci eravamo separati per cercare la saggezza in diverse regioni, ma ci siamo riuniti come se ci fossimo messi d'accordo, senz'altro perché Dio ha voluto così.
In questa occasione, non solo ammiravo il mio grande amico Basilio constatando la serietà dei costumi e la maturità e la prudenza delle sue parole, ma cercavo di persuadere altri che non lo conoscevano tanto bene a fare lo stesso. Poi ha iniziato ad essere tenuto in considerazione da molti che già conoscevano la sua reputazione.
Cos'è accaduto allora? Egli è stato quasi l'unico tra tutti quelli che andavano a studiare ad Atene ad essere dispensato dalla legge comune, e sembrava aver raggiunto più stima di quella che comportava la sua condizione di novizio. Questo è stato il preludio della nostra amicizia, la scintilla che ha fatto nascere la nostra intimità; così siamo stati toccati dall'amore reciproco.
Con il passare del tempo, abbiamo confessato l'uno all'altro lo stesso desiderio: la filosofia era quello a cui aspiravamo. Da allora eravamo tutto l'uno per l'altro; abitavamo insieme, consumavamo i pasti alla stessa tavola, eravamo sempre d'accordo aspirando agli stessi ideali e coltivando ogni giorno la nostra amicizia in modo più stretto e saldo.
Ci muoveva lo stesso desiderio di ottenere ciò che c'è di più desiderabile: la scienza; non avevamo invidia, ma valorizzavamo l'emulazione. Entrambi lottavamo, non per vedere chi raggiungeva il primo posto, ma per cederlo all'altro. Ciascuno considerava la gloria dell'altro come propria.
Sembrava che avessimo un'unica anima in due corpi, e anche se non si deve dare credito a coloro che dicono che tutto si trova in tutte le cose, nel nostro caso si poteva affermare che di fatto ciascuno si trovava nell'altro e con l'altro.
L'unico compito e obiettivo di entrambi era raggiungere la virtù e vivere perle speranze future, di modo che, anche prima di partire da questa vita, fossimo emigrati da questa. In tale prospettiva, abbiamo organizzato tutta la nostra vita e il nostro modo di agire. Ci siamo lasciati guidare dai
comandamenti divini stimolandoci a vicenda nella pratica della virtù. E se non sembra presunzione
da parte mia dirlo, eravamo l'uno per l'altro la regola e il modello per discernere ciò che era giusto e ciò che era sbagliato.
Come ogni persona ha un soprannome ricevuto dai suoi genitori o acquisito da sé, ovvero a causa
dell'attività o dell'orientamento della sua vita, per noi la maggiore attività e il maggior nome era
essere realmente cristiani e riconosciuti come tali” (Dall'Officio delle Letture).
Riflettiamo, dunque, su che tipo di amici siamo, su che tipo di amicizia vogliamo e possiamo costruire, e chiediamo al Signore che ci dia la grazia di vivere sempre amicizie uniche, profonde e umanamente coinvolgenti.

A.B.

TAGORE

<<Non nascondere il segreto del tuo cuore,amico mio!Dillo a me, solo a me,in confidenza. Tu che sorridi così gentilmente, dimmelo piano, il mio cuore lo ascolterà, non le mie orecchie. La notte è profonda,la casa silenziosa,i nidi degli uccelli tacciono nel sonno. Rivelami tra le lacrime esitanti,tra sorrisi tremanti,tra dolore e dolce vergogna,il segreto del tuo cuore.>>

R.W.EMERSON

<<Lo splendore dell'amicizia non è la mano tesa né il sorriso gentile né la gioia della compagnia:è l'ispirazione spirituale quando scopriamo che qualcuno crede in noi ed è disposto a fidarsi di noi.>>

sabato 13 febbraio 2016

SUL CAMMINO DI GESU’

Dio ha risuscitato Gesù:
annunciamo la lieta novella, sorelle e fratelli.
Gridiamolo con la nostra vita,
con il nostro impegno quotidiano.
Gesù è vivo: fidiamoci di Dio.
Gesù ha vissuto le beatitudini
perché si è fidato totalmente di Dio.
Le ha vissute nel quotidiano,
ha fatto sua la vita dei piccoli e delle piccole.
O Dio, sorgente di amore,
aiutaci a metterci in cammino
sui sentieri aperti dal profeta di Nazareth.
Tu puoi davvero cambiarci il cuore,
gli orizzonti, la vita.

PRESUNZIONI E DIMENTICANZE ECCLESIALI

Nel Concilio Vaticano II (Gaudium et spes, 36) ci si domanda: esiste un’autonomia delle realtà temporali rispetto alla religione? In questo documento si affrontano tematiche vecchissime, ma con un approccio sorprendentemente nuovo. Non si ricorre alla legge naturale, si segue un altro ragionamento. I cosiddetti preambula fidei, cioè i presupposti naturali della fede, lasciano la scena al centrum fidei, il messaggio di Gesù Cristo. In sintesi: il Redentore dell’uomo è il centro del cosmo e della storia. Ed è qui che avviene uno scarto di pensiero molto interessante. La riflessione a cui si arriva è doppia. Da una parte si vogliono leggere i “segni del tempo” alla luce del Vangelo. Dall’altra, però, ci si interroga su di essi. Non ne esce un’idea di verità meno assoluta, eppure si realizza una piccola, decisiva, distorsione. L’atteggiamento che viene fuori dal Concilio Vaticano II è un atteggiamento dialogante. Si respinge l’integralismo, che ha creato non pochi problemi nel rapporto della Chiesa con la scienza, la cultura e la politica. Si professa la legittima autonomia delle diverse realtà in cui l’uomo agisce. I pastori – si legge nel documento – devono riconoscere con rispetto la giusta libertà dei laici nella Chiesa (Lumen gentium, 37).
La conseguenza più importante del Concilio Vaticano II è la dichiarazione sulla libertà di coscienza. Un’ammissione sorprendente. In Dignitas humanae si afferma che non esiste soltanto un diritto della verità, ma anche un diritto della persona. E ancora: la verità può essere riconosciuta soltanto nella libertà.
Quale terreno migliore per far germogliare la propria riflessione sulla riforma delle unioni civili? E non solo su questo, dopo le ultime dichiarazioni di Bagnasco. Insomma, che Cesare si occupi di ciò che gli spetta. Ma che i pastori facciano altrettanto.
Estratto di  su www.unita.tv

C'E' DA PREOCCUPARSI !!!

I dati sono stati raccolti dall’Osservatorio sulle tendenze e comportamenti degli adolescenti, presieduto da Maura Manca, psicoterapeuta e direttore di AdoleScienza.it, su un campione composto da circa 7.000 adolescenti di tra i 13 e i 18 anni di 11 città campione in tutta Italia, dal Nord al Sud. Il 95% degli adolescenti ha almeno un profilo sui social network, fino alla gestione parallela di 5-6 profili e di 2-3 App di messaggistica istantanea. Calcolando che ormai la maggior parte degli adolescenti possiede uno smartphone di ultima generazione, il 50% anche un tablet, spesso collegati alla smart-tv, i ragazzi hanno un accesso estremamente facilitato e soprattutto continuativo alla Rete. I giovani dichiarano di passare in media 7 ore della loro giornata con lo smartphone in mano, fino a un massimo di 13 ore extrascolastiche. E il 71,5% lo utilizza anche durante l’orario scolastico. Questi adolescenti tengono a portata di mano il telefono quasi tutto il giorno e il 12%, oltre un ragazzo su 10, si sveglia durante la notte per leggere le notifiche e i messaggi.
Il 64%, poi, ha paura che si scarichi il cellulare o che non prenda fuori casa e questa condizione nel 32% genera ansia, rabbia e fastidio. L’11% ha anche un profilo finto che nessuno conosce o che conoscono solo in pochi amici, non genitori, con cui si addentra nei meandri più nascosti della Rete e non è minimamente controllabile. L’aspetto che caratterizza gli adolescenti di oggi sono i selfie: mediamente i ragazzi ne scattano in media tra i 3 e gli 8 al giorno, con punte massime di 100. Il 31% degli adolescenti si fa i selfie per ricordo, l’11% per noia e l’8,5% per ridere. Il 15,5% condivide tutti i selfie sui social network e su WhatsApp, soprattutto le femmine. Circa un adolescente su 10, inoltre, fa selfie pericolosi in cui mette potenzialmente a repentaglio la propria vita, soprattutto i maschi.
Il 18% ha partecipato a una moda a catena sui social e il 50% è stato nominato, ossia chiamato in causa in una di queste catene. Per lo più si tratta di sfide «alcoliche, tra cui bere ingenti quantità di alcol in pochissimo tempo e nei luoghi o posizioni più improbabili». Ormai il numero di follower, di ’mi piace’ e di commenti positivi condiziona l’autostima e l’emotività di molti ragazzi: secondo il 55% è importante il numero di like che si ottengono sui social e il 17,5% li conta, guarda chi li mette, quando e si fa condizionare.
Il 94% utilizza Internet per parlare con gli amici, il 58% per noia, il 56% per studiare, il 69% per guardare film in streaming e ascoltare musica, il 44% per giocare online, il 24% per guardare i siti porno e il 6,4% per il sexting. Fra le insidie “il cyberbullismo di cui è vittima il 6,3% degli adolescenti (il 18,6% dichiara di subire episodi di bullismo tradizionale), il sesso online attraverso WhatsApp e il grooming». Il 29% degli adolescenti ha paura di essere contattato da qualcuno con l’intenzione di adescarlo. Un aspetto di cui si parla poco, ma che è in netta espansione, è legato alla diffusione del gioco d’azzardo online e delle scommesse online soprattutto tra i più piccolii: il 12,5% degli adolescenti gioca d’azzardo online.
da "www.ecodibergamo.it"

RAOUL FOLLEREAU

<<La più grande disgrazia che vi possa capitare è quella di non essere utili a nessuno, e che la vostra vita non serva a niente.>>


giovedì 11 febbraio 2016

EMMA BONINO INTERVISTATA DA "LA REPUBBLICA".
«Ho sempre presente Viola, una signora che all'Associazione Luca Coscioni, cui si era rivolta, chiedeva: "Se posso dare un rene perché non posso aiutare mia figlia prestando il mio utero?" La stepchild adoption non obbliga nessuno, dà solo una cornice legale a un evento che altri non farebbero, ma che alcuni fanno. Persiste quest'idea che per far rientrare entro certi canoni le vite delle persone basti proibire, con relativo carabiniere, carcere... Sono 40 anni che dimostriamo che non è così. E oggi non c'è neanche l'alibi di una Chiesa pesantemente interventista».
«Oggi la famiglia tradizionale di quando ero bambina quasi non esiste. Sposati, divorziati, risposati. Ci sono persone che si sforzano di volersi bene. È quello sforzo che va sostenuto, quell'amore, dove troppo spesso c'è invece violenza. La politica deve fare leggi che valgano per i credenti, per i non credenti, per i diversamente credenti ».
«È il dibattito di sempre: obbligo e scelta. Esistono tutti e due i fenomeni. Quando ci si occupa di questioni affettive private serve più rispetto. Bisogna saper guardare esperienze, dolori, mancanze degli altri senza pontificare. L'altra - quella che lo farebbe - è un'adulta come noi: le sue opinioni, le sue scelte, quelle che fa e non ci impone, sono meno rispettabili? È la differenza che ho visto tra la piazza Arcobaleno, che non metteva in discussione la famiglia, e quella del Family Day, che sosteneva voi non lo potete fare».

PER I SENZA VOCE

Permettimi, Signore,
di presentarti una preghiera speciale
per i senza voce.
Ci sono migliaia e migliaia
di uomini e donne nei paesi poveri
e nelle zone povere dei paesi ricchi,
che non hanno diritto di alzare la voce,
che non possono né reclamare,
né protestare.
Sono coloro che non hanno casa,
che non hanno cibo, né vestito
che non hanno salute,
che sono senza speranza.
Se noi che pretendiamo la conversione degli altri,
dessimo l'esempio autentico
di una profonda conversione interiore!
Aiutaci, o Padre, ad essere sempre più
una cosa sola con tuo Figlio.
Che il Cristo veda per mezzo dei nostri occhi,
ascolti per mezzo delle nostre orecchie,
parli per mezzo delle nostre labbra!
Manda il Tuo Spirito, Signore,.
Lui solo potrà spezzare gli egoismi,
Lui solo potrà aiutarci a costruire
un mondo più umano e più cristiano!
Helder Camara

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