All'abito bianco ha preferito il velo, alla corsia di ospedale la celletta di un monastero di clausura.
Nei suoi libri, pagina dopo pagina, col bisturi della teologia 'queer' (oltre gli schemi) fende le
metastasi del maschilismo e degli stereotipi di genere. Ex medico, femminista, in prima linea per i
diritti degli omosessuali (in passato ha sostenuto le adozioni da parte di gay e lesbiche, non però
l’utero in affitto), schierata a favore dell’indipendenza catalana, come argomenta in 'Nazione e
compassione' (Castelvecchi, 2018), suor Teresa Forcades è di per sé uno schiaffo ai luoghi comuni
sulle religiose. Pie, devote e al loro posto, non certo battagliere come questa monaca 51enne del
monastero benedettino di Montserrat, 60 chilometri dalla sua Barcellona, che in 'Siamo tutti
diversi!' (sempre per Castelvecchi, 2016) denuncia "una Chiesa misogina e patriarcale nella sua
struttura"
Che senso ha definirsi femminista in una società liquida come la nostra?
"Le parole sono limitate, ma rappresentano l’unico mezzo che abbiamo per esprimerci. Uso la
parola ‘femminista’ per mostrare la mia solidarietà e gratitudine verso le donne che hanno
riconosciuto e riconoscono il sessismo e desiderano superarlo. Per esempio: perché l’ammirazione
per la bellezza femminile si trasforma in un motivo di sofferenza per tante donne? Come mai queste
in Europa guadagnano in media il 16% in meno degli uomini?".
Lei sostiene l’indipendenza della Catalogna da una prospettiva anti-capitalista: crede nel
dialogo fra marxismo e cristianesimo?
"Non li pongo sullo stesso livello. Nella tradizione cristiana trovo un cammino di vita. in quella
marxista alcune idee fondamentali per comprendere il carattere idolatrico e spietato del capitalismo.
Non si può servire Dio e il denaro".
Dalla politica alle battaglie di genere, come fa a conciliare un temperamento così poliedrico
con l’intensa spiritualità richiesta a una monaca di clausura?
"Posto che la preghiera e il silenzio sono il completamento ideale al vigore della mia attività, il
problema non sta nel carattere. Il nodo è il tempo, soprattutto quando sono fuori dal monastero.
Allora ricordo il consiglio di san Benedetto per il quale vale di più una preghiera breve, ma
autentica che quelle recitate senza cuore. Ciò detto, le cinque ore di preghiera quotidiana che
abbiamo in comunità sono l’ideale per me".
Un frate o una suora avrebbero diritto a essere liberi di scegliere se vivere o meno la loro
corporeità?
"Non cercare gratificazione sessuale non significa non vivere la propria corporeità, né la propria
sessualità. Pretendere di poter annullare o ignorare l’una o l’altra è repressivo e molto negativo
umanamente. Santa Teresa di Gesù considerava normale, per esempio, che una monaca si
innamorasse del confessore. Io, da monaca, mi sono innamorata tre volte, benché non del
confessore. In ogni occasione è stato diverso sia negli aspetti fisici, sia in quelli emozionali,
mentali, sociali o spirituali".
Al di là dei paletti della morale cattolica, che cosa chiede Dio all’uomo in tema di sesso?
"Coraggio e sincerità. A noi donne, credo che Dio chieda di non lasciarci usare come oggetti di
piacere sessuale, di superare la tentazione di compiacere gli uomini e di prendere più sul serio noi
stesse. Chi sono io e chi voglio essere, indipendentemente da quel che vuole o desidera il mio
partner? Ma è possibile avanzare in questo senso solo se lo si fa liberamente, non lo si può
imporre".
Oggi l’attualizzazione della Teologia della liberazione coincide con la liberazione della donna
dai luoghi comuni sul suo genere?
"Le diverse lotte di liberazione non si possono opporre tra di loro: oppressione economica,
razzismo, sessimo, omofobia... Ogni persona deve affrontare lʼingiustizia che si trova davanti e
ricordare, col Vangelo alla mano, che Dio non giustifica nessuna discriminazione e ci dà il coraggio
per affrontarle".
Nella Chiesa vanno liberate anche le persone e, forse ancora di più, le coppie omosessuali: non
basta dire «Chi sono io per giudicare?». Non trova?
"Non basta, ma è un primo passo. Da quando è stato eletto papa Francesco, i teologi, che come me
sostengono che lʼamore omosessuale è benedetto da Dio, non hanno più avuto problemi. Prima sì,
cʼerano denunce e si viveva nella paura di essere censurati. Ora no. I cambiamenti più significativi
arriveranno quando la maggior parte dei fedeli cattolici sarà pronta. Non desidero che vengano
imposti dallʼalto, tramite il Papa".
È queer anche il Dio che incontreremo alla fine dei nostri giorni? Magari sarà donna e non
avrà la barba come nel 'Giudizio universale' di Michelangelo.
"Non so come sarà Dio al di là dello spazio e del tempo, ma Lei stessa ci ha detto come è nello
spazio e nel tempo: mi troverete in colui che soffre, in chi è nudo, in chi si trova in prigione".
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Estratto dll'intervista a suor Teresa Forcades di Giovanni Panettiere in “www.quotidiano.net” del 21 febbraio 2018