mercoledì 29 aprile 2015

AFORISMA

Papa Francesco: "Inginocchiatevi davanti ai poveri come fareste davanti al Signore". 
"Quanto vorrei che Roma potesse brillare di pietas per i sofferenti, di accoglienza per chi fugge da guerra e morte, di disponibilità, di sorriso e di magnanimità per chi ha perduto la speranza".
In un videomessaggio ai partecipanti alla serata <<Se non fosse per te>>, spettacolo che sarà rappresentato al Teatro Brancaccio dagli ospiti dei centri di accoglienza della Caritas della Diocesi di Roma, papa Francesco auspica che la Capitale prenda esempio dai Santi romani e cita anche don Luigi di Liegro, fondatore della Caritas romana, per diventare una vera città dell’accoglienza.
Nel suo intervento Bergoglio ricorda quelle "persone impregnate di amore di Dio", come a san Lorenzo ("i suoi gioielli erano i poveri"), san Pammachio (senatore romano, convertito, dedicatosi completamente al servizio degli ultimi), santa Fabiola (la prima che a Porto ha costruito un ostello per i poveri), san Filippo Neri, il beato Angelo Paoli, san Giuseppe Labre ("uomo della strada") e Don Luigi di Liegro (il fondatore della nostra Caritas di Roma). "Quanto vorrei che questa città potesse brillare di pietas per i sofferenti, di accoglienza per chi fugge da guerra e morte, di disponibilità, di sorriso e di magnanimità per chi ha perduto la speranza - incalza il Santo padre - quanto vorrei che la Chiesa di Roma si manifestasse sempre più madre attenta e premurosa verso i deboli".
Papa Francesco ha ammesso che tutti gli uomini hanno debolezze, ma invita a superarle. "Quanto vorrei che le comunità parrocchiali in preghiera, all’ingresso di un povero in chiesa - continua - si inginocchiassero in venerazione allo stesso modo come quando entra il Signore! Quanto vorrei questo, che si toccasse la carne di Cristo presente nei bisognosi di questa città!".

lunedì 27 aprile 2015

SINDONE: SI PERDE IL CENTRO DELLA FEDE
"Mentre molti nel popolo di Dio stanno educandosi ad una dimensione adulta della fede, a cogliere la presenza del Signore là dove egli ha voluto a noi rivelarsi, cioè nella testimonianza  della sua Parola contenuta della Bibbia e nella storia, la chiesa ufficiale incoraggia e tiene aperte queste strade devozionali che possono portare molto lontano dal centro della fede e che non hanno nulla in comune con la Parola di Dio e la storia concreta dei poveri, intesa come storia di liberazione".
(Da "Sindone: radiografia di una prova", pag 51)

"Il rispetto  delle diverse sensibilità non può diventare l'alibi per un pluralismo qualunquistico, ma deve piuttosto cercare le strade per un serrato confronto fraterno, evangelico delle diverse posizioni che si esprimono all'interno della chiesa.
La carità fraterna è il criterio supremo anche nella pratica del rispetto delle diversità, ma se non vuole ridursi a parole, deve diventare correzione fraterna, volontà di ascoltarsi e di confrontarsi davanti all'Evangelo e sull'Evangelo.
Un servizio di discernimento e di educazione evangelica non può, a mio avviso, non vigilare su tutte quelle espressioni religiose che rischiano di farci perdere di vista il centro dell'Evangelo, il nucleo della nostra fede, la centralità della parola di Dio e della lotta per la liberazione dei poveri".
(Ayassot-Barbero "Sindone: radiografia di una prova", Claudiana, pag 50-51)

sabato 25 aprile 2015

25 Aprile. 
Giornata della Liberazione. 
Giornata di Pace. 
Giornata di ricordi.
Giornata di quegli uomini e di quelle donne che ci hanno donato un futuro.
Giornata per ringraziare Giovanni Lo Porto.
Mi faccio aiutare da una riflessione della teologa Adriana Zarri,dove con forza ed energia si ricorda all'uomo contemporaneo che la pace non è lo stare bene,ma una lotta continua con le ferite della vita.
BUONA GIORNATA A TUTTI E UN ABBRACCIO A QUANTI HANNO AMATO GIOVANNI LO PORTO.

"La pace non è una virtù:è il risultato di parecchie virtù:la frugalità,la mancanza di pretese,la fede,la fiducia,l'abbandono.
Cerchiamo,prima di tutto,di sbarazzare il terreno dagli equivoci. La pace non è l'indifferenza,l'apatia,il quieto vivere. C'è,in effetti,chi concepisce la pace in questo modo:destreggiarsi il più abilmente possibile per non avere fastidi. Aggirare gli spigoli,essere condiscendenti e arrendevoli,magari transigendo sui principi; non impegnarsi a fondo,farsi una cuccia calda e ripararla dai venti; vivere i pantofole,come si suol dire. Il risultato di questo studio minuzioso non è la pace:è il quieto vivere,senza grane,senza noie,senza disturbi. A ben pensarci è una sorta di morte. La morte non duole,la morte lascia tranquilli. Ma è forse un'ideale da proporsi?
I padri greci parlavano del vertice della vita interiore,come di uno stato di assoluta calma, al riparo ormai dai turbamenti della vita. Che differenza passa tra questo stato e il quieto vivere di chi non vuole fastidi? La differenza che passa tra la vita e la morte. Quella calma suprema è il risultato del potenziamento vitale,di tutte le energie dello spirito e della grazia che si esaltano in una pienezza di armonia. Il quieto vivere,invece,è l'assopimento di tutte le istanze vitali e morali che si mette al sicuro dai colpi dell'esistenza. Quella è al di là delle crisi esistenziali,questa è al di qua e cerca di evitarle. Ma evitare le crisi e le difficoltà del vivere significa rifiutare la vita e restare bambini. Non è l'infanzia del regno perché il Signore promette la vita eterna a chi <<diventa>> bambino,non già a chi resta in un'immaturità che non vuole crescere; promette il regno a chi riconquista l'infanzia,lo stupore,l'abbandono,la pace dopo le crisi,le tentazioni di pessimismo e di sfiducia che sono il portato normale della vita.
Quando il Signore,nel discorso dell'ultima cena,promette la pace ai suoi discepoli precisa che la pace che dà lui non è la pace che dà il mondo. Perché? Proprio perché la pace che dà il mondo è una scaltra difesa delle ferite della vita,un patteggiamento e un calcolo.
La pace,invece,che ci dà il Signore non conosce queste astuzie,non ci ripara:s'impegna a fondo nella vita,disarmato,disposto a lasciarsi ferire. Il discepolo del Signore non si sottrae a nessun pericolo,a nessuna offesa dell'esistenza,e degli uomini. La sua pace è al di là. E' una pace drammatica,ferita,dolorosa. Le sue radici non sono nella facilità di un'esistenza facile,calcolata,protetta:sono in Dio. Noi sappiamo che Dio ci vede e ci custodisce; che il suo amore è sempre vigile e che nessuna forza del mondo potrà staccarci da lui. Questa è la pace: sapere che è vicino,che ci ama e che noi possiamo amarlo. Credere che ciò che accade è il suo amore,che ciò che ci ferisce è ancora il suo amore. Fidarsi,fargli credito senza domandare perché,sicuri di lui come dell'amico che non tradisce e non tradirà mai.<<Scio cui crededi>> dice San Paolo: so a chi mi sono affidato,a chi ho accordato fiducia. Mi basta. Amen. Questa è la pace."
Adriana Zarri.

mercoledì 22 aprile 2015

HO FATTO UN SOGNO!


I leader mondiali su un barcone. Da giorni gira parecchio su Twitter e Facebook la foto dei 50 capi di Stato e di governo di tutto il mondo (scattata a Parigi dopo la strage a gennaio di Charlie Hebdo) su un barcone in mezzo al mare. Un’immagine che intende riassumere l’impotenza dei politici di tutto il mondo sulla morte dei migranti,o più maliziosamente...e se toccasse a loro?

martedì 21 aprile 2015

PREGHIERA LAICA


«Mare nostro che non sei nei cieli 
e abbracci i confini dell'isola
e del mondo col tuo sale, 
sia benedetto il tuo fondale,
accogli le gremite imbarcazioni
senza una strada sopra le tue onde
i pescatori usciti nella notte,
le loro reti tra le tue creature,
che tornano al mattino con la pesca
dei naufraghi salvati.

Mare nostro che non sei nei cieli,
all'alba sei colore del frumento
al tramonto dell'uva e di vendemmia.
ti abbiamo seminato di annegati più di 
qualunque età delle tempeste.

Mare Nostro che non sei nei cieli,
tu sei più giusto della terraferma
pure quando sollevi onde a muraglia
poi le abbassi a tappeto.
Custodisci le vite, le visite,
come foglie sul viale,
fai da autunno per loro,
da carezza, abbraccio, bacio in fronte,
madre, padre prima di partire»

(Erri De Luca, Piazzapulita 20 aprile 2015)

domenica 19 aprile 2015

Esseri Umani

di Marco Mengoni

Oggi la gente ti giudica,
per quale immagine hai.
Vede soltanto le maschere,
e non sa nemmeno chi sei.
Devi mostrarti invincibile,
collezionare trofei.
Ma quando piangi in silenzio,
scopri davvero chi sei.....
Credo negli esseri umani
che hanno coraggio,
coraggio di essere umani
Credo negli esseri umani...
Prendi la mano e rialzati,
tu puoi fidarti di me.
Io sono uno qualunque,
uno dei tanti, uguale a te.
Ma che splendore che sei,
nella tua fragilità.
E ti ricordo che non siamo soli
a combattere questa realtà.....
Credo negli esseri umani che hanno coraggio,
coraggio di essere umani......
Essere umani.
L'amore, amore, amore
ha vinto, vince, vincerà....
Credo negli esseri umani che
hanno coraggio,
coraggio di essere umani.
Credo negli esseri umani....
Essere umani.....
La Sindone e l’Italia che vuole ripartire 

di Aldo Cazzullo in “Corriere della Sera” del 19 aprile 2015
Un milione di prenotazioni per vedere il lenzuolo che molti storici considerano un falso medievale è un fatto che va oltre la fede. È la conferma di un’Italia che dopo gli anni della decostruzione e della dissacrazione avverte il bisogno di ricostruire, che dopo il tempo del lamento e del disgusto di sé vuole sentirsi comunità e ritrovare le radici. La verità sulla Sindone non esiste. Perché un dubbio e di conseguenza un mistero resisterà sempre. Ma non è questo il dato che conta nell’ostensione di Torino. Negli stessi giorni in cui il mondo guarda all’Expo, e le élites internazionali si portano alla Biennale di Venezia, un popolo si mette in viaggio verso l’altra capitale del Nord, per celebrare un rito religioso ma anche identitario. E la Sindone è senz’altro un elemento dell’identità locale e nazionale. Non a caso fu traslata a Torino quando i Savoia francofoni fecero la scelta dell’Italia. Le ostensioni servivano al prestigio della dinastia, il lenzuolo appariva sul balcone del Palazzo a celebrare matrimoni e nascite. Poi, nel clima laico di Cavour e del Risorgimento, il fascino della cappella che il Guarini pensò come una metafora della morte e della resurrezione, con i marmi scuri in basso e la luce delle finestre in alto, apparve attenuato: a Torino si faceva e si pensava ad altro. Ma il mistero fu rilanciato quando per la prima volta un uomo, Secondo Pia, fotografò la Sindone: ne apparve un’immagine straordinaria, quasi un negativo fotografico, in cui molti contemporanei lessero il volto di Dio. L’ostensione del 1978, in una Torino scristianizzata all’apice dell’era industriale e scossa dalla violenza politica, fu un inaspettato e clamoroso successo (avevo dodici anni e ricordo un’interminabile coda sotto il sole, un’Italia popolare di rosari e veli neri, un clima di grande suggestione collettiva). Seguirono la commissione d’inchiesta e le conclusioni negative tratte dal cardinale Ballestrero, che «maneggiava la Sindone come uno strofinaccio da cucina» come annotò indignato Vittorio Messori. Ma poi venne Wojtyla, che non la considerava «un segno» come i predecessori, aveva l’assoluta certezza che quel lino avesse avvolto il corpo di Cristo e quell’immagine fosse il riflesso dell’energia della resurrezione. Ora — il 21 giugno — verrà Francesco, e con ogni probabilità non farà ipotesi né valutazioni, si ritirerà in preghiera e dialogherà con i fedeli che hanno visto in lui una risposta all’emergenza dei tempi: la crisi economica, il disagio sociale, la sfiducia nel futuro, il difficile confronto con l’Islam. Temi che sono al centro del pontificato di Bergoglio — sociale più che dottrinario — e che torneranno nel Giubileo d’autunno a Roma. Il modo stesso in cui la Sindone ha attraversato i secoli, sfuggendo a una serie di vicissitudini e di incendi — l’ultimo nella notte di venerdì 11 aprile 1997 — che sono stati letti anche come agguati di forze maligne, restituisce l’idea di un «simbolo identitario», come l’ha definito il sindaco Fassino, la cui lettura va oltre le indagini dei «sindonologi»: una strana scienza che mescola la medicina legale alla botanica alla numismatica ed è servita più a costruire carriere e fragili notorietà che a chiarire un enigma destinato a rimanere tale. Per l’Italia uscita sfibrata ma non vinta dalla crisi, quel «simbolo identitario» e la grande attenzione che suscita può essere un segnale importante, non contrario ma complementare al significato religioso del pellegrinaggio. E la Torino che si prepara ad accogliere i visitatori, a tre quarti d’ora di treno dalle folle dell’Expo, è una città profondamente cambiata rispetto a quella della grande ostensione del 1998 (2 milioni e 400 mila arrivi) segnata dalla visita di Giovanni Paolo II. Dopo essere uscita dall’era fordista, anche Torino come Milano sta andando oltre l’economia dei servizi per entrare — con il Politecnico, le fondazioni di arte contemporanea, i nuovi musei, le tecnologie d’avanguardia, i centri di ricerca — nell’economia della conoscenza. I pellegrini della Sindone non sono il Medioevo che ritorna; sono l’Italia d’inizio secolo che tenta di ritrovare se stessa.
Il Vangelo, al di là della nostra “buona coscienza” e dei nostri sensi di colpa
di Bernard Ginisty
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Da venti secoli, il messaggio di Cristo è trasmesso come un “evangelo”, cioè come una “buona notizia”. Le istituzioni ecclesiastiche che hanno assicurato questa trasmissione hanno troppo spesso trasformato quella che era una buona notizia in una “buona risposta” a dei catechismi e in una fedeltà a delle istituzioni. La buona risposta è il riflesso di una domanda e non acquisisce senso se non in rapporto a dei presupposti culturali e sociali che permettono la sua formulazione. Una “buona notizia” ci apre un campo del tutto diverso. Essa è per definizione inattesa, destabilizzante, forse perfino scandalosa. Ad esempio, san Paolo definisce la vita e la morte di Gesù uno scandalo per la legge ebraica e una follia per la saggezza greca. Lungi dal rientrare in scompartimenti intellettuali, religiosi o morali fissati a priori, Cristo sorprende ed eccede la dimensione delle domande. Per questo ci chiede di restare sentinelle dell'inatteso, di non rinchiudere mai né noi stessi né altri in un giudizio definitivo. In qualsiasi momento, la nostra “buona coscienza” come il nostro senso di colpa possono essere buttati all'aria da una “buona notizia” che, da sola, può evitarci di passare la nostra vita a girare in tondo nello spazio stretto delle nostre teorie, delle nostre morali e dei nostri sistemi di sicurezza.
È nel vissuto quotidiano delle nostre relazioni con gli uomini e non nel culto di astrazioni che battezziamo come “il Bene”, che possiamo liberarci dalla divisione manichea del mondo tra il Bene e il Male che genera le violenze. La vita quotidiana fornisce mille esempi delle nostre difficoltà ad assumere la stessa nostra complessità. Quante volte, nelle discussioni spontanee “da bar”, scopriamo che la simpatia col nostro vicine si manifesta più facilmente quando scopriamo che possiamo denunciare insieme un male o un avversario.
La Bibbia, fin dalla Genesi, ci dice che il peccato “originale” dell'uomo è aver voluto possedere la scienza del Bene e del Male. Il Vangelo continuamente critica questa tentazione dell'uomo di farsi giudice dell'altro. I grandi mistici ce lo insegnano: la lotta spirituale si gioca prima di tutto all'interno di ogni persona e di ogni istituzione. Le religioni non possono più rinviare una riflessione sulle derive mortali dei loro estremisti o le loro collusioni con i nazionalismi. Le società moderne non possono più giustapporre grandi discorsi umanistici e un liberalismo estremo che continua a provocare danni al nostro pianeta e l'aumento delle disuguaglianze nella ripartizione delle ricchezze.
Il Vangelo ci allontana da pensieri e da morali “a buon mercato” per richiamarci incessantemente, con l'apostolo Giovanni: “Se uno dice: «Io amo Dio» e odia suo fratello, è un bugiardo” (1Gv 4,20).

sabato 18 aprile 2015

LA GUERRA DEL GOMMONE


La tragedia del gommone avrà delle conseguenze, non solo per i quindici musulmani accusati della strage.La reazione in Italia è stata immediata: la guerra di religione è qui tra noi. Un nuovo motivo per respingere i disperati del mare, per rimandarli indietro, per non lasciarli nemmeno partire, dalla Libia. Ovvero condannarli tutti a morire se non di religione, di fame o di guerra.
Un ulteriore imbarbarimento, tra di noi, non solo in Libia o in Nigeria, ma in Europa. Come se l’Europa non avesse mai conosciuto le guerre di religione, il nazismo, il fascismo (perché questo è il fanatismo di chi fa della religione la legge per eliminare tutti i diversi, anche coloro che credono nello stesso dio, per opprimere le donne) e ora si chiama fuori, mancano le risorse. In nome del dio denaro si lasciano al loro destino i fedeli di Allah, di Dio e quelli che un dio non ce l’hanno nemmeno. Ma l’Italia è immersa nel Mediterraneo e da millenni meta di chi lo attraversa, questa è stata la sua ricchezza non una condanna
da IL MANIFESTO del 17/04/15

venerdì 17 aprile 2015

Il «Wall Street Journal»:«Papa Francesco a Cuba a settembre»
CITTÀ DEL VATICANO - «Nessuna decisione è ancora stata presa», ma Francesco sta «valutando» la possibilità di fare tappa a Cuba durante il suo viaggio negli Stati Uniti a settembre. L’ipotesi filtrata dagli Usa e pubblicata dal Wall Street Journal, del resto, è coerente con la fittissima attività diplomatica di questi tempi. Francesco e la Santa Sede hanno avuto un ruolo decisivo nel riavvicinamento tra Usa e Cuba, le delegazioni dei due Paesi si erano incontrate di nascosto in Vaticano. Ed è evidente il valore che avrebbe la tappa a Cuba di Francesco, magari prima di atterrare a Washington e parlare al Campidoglio: dopo la visita ad Obama alla Casa Bianca, il 23 settembre, l’indomani Bergoglio sarà il primo Papa a parlare al Congresso riunito in seduta comune. Da lì andrà poi a New York per intervenire al Palazzo Di Vetro dell’Onu e a Filadelfia per l’incontro delle famiglie.

La diplomazia è al lavoro. Il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, ha partecipato nei giorni scorsi al vertice dell’Organizzazione degli Stati americani, a Panama, l’incontro della storica stretta di mano tra Obama e Raul Castro, leggendo un messaggio di Francesco: «Mi piacerebbe manifestare la mia vicinanza e il mio incoraggiamento affinché il dialogo sincero consegua tale mutua collaborazione che unisce gli sforzi e supera le differenze nel cammino verso il bene comune», scriveva. «Chiedo a Dio che, condividendo i valori comuni, si arrivi a impegni di collaborazione nell’ambito nazionale o regionale che affrontino con realismo i problemi e trasmettano speranza». Dal 22 al 28 aprile, inoltre, andrà nell’isola anche un altro collaboratore stretto di Francesco, il cardinale Beniamino Stella, già nunzio a Cuba dal ’93 al ’99 ed ora prefetto della Congregazione per il clero: proprio quest’anno Cuba e la Santa Sede ricordano ottant’anni di rapporti diplomatici mai interrotti.
da Corriere.it
Charlie Hebdo, il direttore: "Libertà di espressione non è provocazione"
Videomessaggio del direttore di Charlie Hebdo, Gérard Biard, al festival del giornalismo di Perugia. "Anche se quello che è accaduto è terribile, abbiamo voluto andare avanti perché vogliamo far capire a tutta la gente del mondo che esercitare un diritto non è una provocazione. Per noi questa è una delle ragioni per cui abbiamo deciso di continuare - prosegue Biard - perché quello che è stato colpito non è soltanto la libertà di espressione, la laicità, la libertà di ridere e di sentire, è il cuore dell'idea politica della democrazia"

mercoledì 15 aprile 2015

Piccola meditazione 
Quando un essere umano coglie con intuizione la grande bellezza delle cose, può nascere in lui come un momento di brivido. La contemplazione non è forse quella disposizione interiore nella quale la persona è completamente afferrata dallo stupore di un amore, dall'infinita bontà del Dio vivente?

Da:<<In Te la pace del cuore>>, frère Roger di Taizé.

lunedì 13 aprile 2015

Johnny Cash canta la risurrezione di Cristo

He’s Alive (Egli è vivo)

I cancelli e le porte erano sprangati,
e tutte le finestre chiuse.
Ho trascorso una notte insonne
sussultando a ogni suono.

Tra la speranza nel dolore
e la paura del giorno
ci avrebbero trovati i soldati facendo irruzione
per portare via tutti noi.

E proprio prima dell'alba
ho sentito qualcosa sul muro,
la porta ha iniziato a muoversi
e una voce ha iniziato a chiamare.

Sono corso alla finestra,
ho guardato giù in strada,
aspettandomi spade e torce
e il suono dei passi dei soldati.

Ma non c'era nessuno lì se non Maria,
per cui sono sceso per farla entrare,
e Giovanni era lì in piedi dietro di me,
mentre lei mi diceva dov'era stata.

“Lo hanno spostato nella notte
e nessuno di noi sa dove.
La pietra è stata rotolata via
e ora il Suo corpo non è lì”.

Siamo corsi entrambi verso il giardino,
poi Giovanni è andato avanti.
Abbiamo trovato la pietra e la tomba vuota,
proprio come aveva detto Maria.

Ma i teli nei quali Lo avevano avvolto
erano solo una conchiglia vuota,
e come o dove Lo avessero portato
non lo sapevo.

Oh, era accaduto qualcosa di strano lì,
che ignoravo.
Giovanni ha pensato a un miracolo,
ma io mi sono solo girato per andare via.

Le circostanze e le ipotesi
non sono riuscite a sollevarmi molto.
Li avevo visti crocifiggerLo,
e L'ho visto morire.

Una volta tornato a casa,
mi hanno travolto il senso di colpa e l'angoscia.
Tutto ciò che Gli avevo promesso
si aggiungeva alla mia vergogna.

Quando alla fine è arrivato il momento di scegliere,
ho negato di conoscere il Suo nome,
e anche se Egli fosse vivo
non sarebbe la stessa cosa.

All'improvviso l'aria si è riempita
di un profumo strano e dolce,
la luce che penetrava da ogni luogo
ha dissipato le ombre dalla stanza.

E Gesù era in piedi davanti a me,
con le braccia spalancate.
Sono caduto in ginocchio,
mi sono aggrappato a Lui ed ho pianto.

Mi ha rialzato,
e mentre lo fissavo negli occhi
l'amore fluiva da Lui
come la luce del sole dal cielo.

Il senso di colpa nella mia confusione
è scomparso in un dolce sollievo,
e ogni paura che avevo avuto
si è sciolta nella pace.

Egli è vivo, Egli è vivo,
Egli è vivo e io sono perdonato.
Egli è vivo, Egli è vivo,
Egli è vivo e io sono perdonato.
Le porte del paradiso sono spalancate.

Egli è vivo, Egli è vivo,
Egli è vivo e io sono perdonato.
Le porte del paradiso sono spalancate.
Egli è vivo, Egli è vivo, Egli è vivo, Egli è vivo.


sabato 11 aprile 2015

SI..PUO'..FARE!!!!


DIALOGARE COSTA MENO DELLA GUERRA
di p. Alberto Rovelli
CIP & CIOP
Mi trovavo in un villaggio della savana del Mali; era la stagione secca l’harmattan  soffiava dal deserto, portando sabbia e freddo. Attorno al fuoco c’erano i nipotini di Jean Djiguiba, impazienti di ascoltare  dal nonno l’ultima favola della serata..
Ecco cosa raccontò quella sera.                  p. Alberto Rovelli
C’erano una volta  due cardellini appollaiati su uno albero  di meringa: uno si chiamava  Cip e l’altro Ciop.
Cip aveva fatto il suo nido in alto per godersi il panorama e prendere il sole; Ciop aveva trovato un posticino tra il tronco e un bel ramo al riparo dal vento e nascosto dalla  vista di uccelli rapaci.
Ogni mattino quando il sole, aveva appena spazzato via l’ oscurità della notte,  Cip si svegliava e iniziava a cantare a squarciagola la sua gioia di vivere, e diceva: “ Sarà una bella giornata anche questa e prenderò il mio tempo per guardare tutte le cose belle che il sole sta illuminando come per esempio l’abito di questo albero che mi offre ospitalità; le sue foglie sembrano di seta e il loro colore verde chiaro mi invitano alla speranza …”
Ciop l’uccellino del piano di sotto invece si svegliava solo quando il sole era già alto e perdeva quel momento magico dell’alba quando  tutta la natura si risveglia.
Una mattina però non erano sfuggite a Ciop le ultime parole di Cip: “  …  le foglie del nostro albero sono di seta verde chiaro …”  A quelle parole Ciop reagì  nel suo cuore, parlando a se stesso disse: “ Che stupida canzone è mai questa, le foglie del nostro albero non sono né di seta né di colore verde chiaro … “  Quella mattina però non disse nulla ad alta voce  e poi trovandosi in ritardo non aveva tempo da  perdere con Cip.
Siccome Cip iniziava la sua giornata sempre con questa canzone dopo alcune settimane Ciop ne ebbe l’animo esasperato e pieno di rabbia esplose: “ Stupido uccello, cambia canzone! Non vedi che le foglie non sono di seta e ancor meno sono di colore verde chiaro?  Non vedi che sono di colore verde scuro e rassomigliano a tegole!    Ed ora se non la smetti salgo a darti una lezione”!
Cip non ci fece caso, continuò a cantare, ….  Ma Ciop non sopportava più quel canto e senza far rumore  salì a dare una lezione a quel moccioso di Cip.
Incominciarono a beccarsi, persero piume, mancò poco che ci rimettessero un occhio; poi Cip ebbe ancora la voglia di dire: “ Un po’ di calma fratello, guarda anche tu se le foglie  piene di sole non sembrano di seta e se non sono di colore chiaro …” 
Ciop almeno questa volta ascoltò  e guardò … effettivamente le cose stavano come diceva Cip …
Ciop si fece silenzioso e nel silenzio trovò anche lui una parola nuova: “ E’ vero fratello, è come dici tu … Ma ora anche tu vieni a casa mia,  spiegami perché io vedo foglie che sembrano tegole di colore verde scuro”!
Cip scese a casa di Ciop  e vide che anche Ciop aveva ragione.
Cip e Ciop non seppero mai spiegare perché le cose stessero così, ma divennero  amici perché portavano nel loro cuore quella parte di verità scoperta andando a casa dell’altro.
Autore: Anonimo africano

venerdì 10 aprile 2015

CONTRADDIZIONI DAL MONDO:A VOLTE TUTTO MI SEMBRA RIBALTATO!!

Vaticano, media francesi: "Accredito del nuovo ambasciatore negato a causa della sua omosessualità"
La poltrona resta vacante: la Santa sede non ha convalidato il candidato proposto da François Hollande, che ora pensa a un altro nome. A novembre aveva accolto Papa Francesco a Strasburgo
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Obama pronto a chiedere lo stop alle terapie di "guarigione da omosessualità e transgender"
Il presidente Usa è rimasto particolarmente scosso dalla vicenda di una transgender di 17 anni, Leelah Alcorn, che a dicembre si è suicidata lasciando online un messaggio di addio in cui raccontava di essere stata sottoposta ad una cura del genere da un terapista religioso che cercava di farla tornare ad essere un ragazzo.
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Kenya, quei volti non sono una statistica 
Guardiamoli i volti di questi giovani assassinati in Kenya, lasciamoci interpellare dai loro sguardi.
Il villaggio globale e interconnesso ci ha assuefatto a tante cose: a pesare la gravità di una tragedia dal numero dei morti, o dalla distanza dal luogo dell’evento, a cercare immagini sempre più forti della barbarie umana, a identificarci con leggerezza con persone di cui fino a un attimo prima ignoravamo l’esistenza… Poi a volte, ancora grazie alla rete virtuale, ecco l’irruzione del quotidiano, e i numeri diventano volti, persone come quelle che incontriamo ogni giorno: operai egiziani emigrati per lavoro come ne vediamo sui nostri cantieri, bambini che giocano tra le macerie come noi settant’anni fa, giovani universitari che ridono, scherzano, ballano, si scambiamo messaggi, come quelli che fatichiamo a sopportare quando turbano la nostra quiete, ma che siamo pronti ad abbracciare quando fanno parte della nostra vita…
Meditando sul massacro dei cristiani copti in Libia avevo voluto elencare tutti i loro nomi: l’enormità della strage in Kenya rende impossibile fare altrettanto, anche se sul web i giovani – sempre loro – hanno lanciato campagne per gridare che “147 non è solo un numero” e per ridare nome e volto a tanti ragazzi e ragazze come loro. Ma chi erano questi giovani dell’università di Garissa? Studenti come tanti, certo. Ma dietro a loro, come dietro ai migranti le cui speranze affondano nel Mediterraneo o nel deserto libico, ci sono famiglie, amici, compagni di studio, di giochi, di vita... Quando muoiono dei giovani, e ancor più quando vengono uccisi brutalmente, una certa retorica ci fa dire che erano il futuro della società, della chiesa, del loro paese, del mondo... In realtà, se guardiamo bene le immagini di questi volti, capiamo che i giovani non sono il futuro, ma parte essenziale del presente, del nostro presente. E sono, paradossalmente, anche parte del passato, luoghi in cui si deposita la memoria di quanti attorno a loro sono più ricchi di anni e più poveri di speranze.
E poi, non lo si vede dai volti, dai loro occhi e dai loro sorrisi, ma questi universitari di Garissa erano cristiani: alcuni sono stati uccisi mentre pregavano, altri probabilmente mentre si chiedevano il perché di questa brutalità, oppure dove era Dio, anzi dove era l’uomo in questa violenza assassina. La loro identità cristiana non la si coglie dalle fotografie perché da sempre – fin dai primi secoli e dalle prime persecuzioni – i cristiani non si differenziano dai loro fratelli e sorelle in umanità per colore della pelle o tratti somatici, per le città che abitano o i lavori che svolgono, ma per il loro comportamento, per uno stile di vita che cerca di restare fedele all’esempio e alle parole del loro Signore, Gesù di Nazareth. Ancor meno sappiamo, dalle foto e dalle notizie di agenzia, se questi giovani cristiani erano cattolici o protestanti, membri di chiese storiche o di congregazioni di recente fondazione: ma a questo ecumenismo del sangue le cronache recenti ci stanno tragicamente abituando perché chi uccide i cristiani non fa differenza di confessione, non risparmia gli uni per perseguitare gli altri, ma riconosce l’unicità della fede professata dai discepoli di Cristo e contro quella comune identità si scaglia.
L’appello che si alza da questi volti è uno solo: non guardateci come numeri, non accorpateci come un mucchio indistinto, non fate di noi una statistica. Ciascuno di noi è un nome e una storia, una vita e dei sentimenti, delle speranze e delle relazioni. E ciascuno di noi vi rende presenti altri volti e altri nomi, altre storie, più vicine a voi, più simili al vostro quotidiano, volti e storie che magari non volete guardare in faccia. Non considerate mai l’altro come un numero o, peggio, come un soprannumero: l’altro è sempre una persona, una storia, un capolavoro. Sì, nel volto dell’altro, se accettiamo di guardarlo, c’è il nostro volto, perché l’altro siamo noi. 
Enzo Bianchi
in “La Stampa” del 10 aprile 2015

giovedì 9 aprile 2015

«Ora che Gesù ha vinto la morte, solo la poca fede può sconfiggerci» 
di Dietrich Bonhoeffer
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Durante la nostra vita non parliamo volentieri di vittoria: per noi è una parola troppo grande. Nel corso degli anni abbiamo subito troppe sconfitte. Troppi momenti di debolezza e colpe troppo gravi ce l’hanno preclusa. Tuttavia lo spirito che è dentro di noi vi anela, desidera il successo finale contro il male, contro il timore della morte. Nemmeno la parola di Dio ci promette che vinceremo il peccato e la morte, ma afferma con tutta la sua forza che qualcuno ha ottenuto questo risultato. 
Se lo considereremo nostro Signore, Egli vincerà anche noi. Non siamo noi a trionfare, ma Gesù. Noi oggi annunciamo e crediamo queste cose in contrasto con tutto quello che vediamo intorno, contro le tombe del nostro amore, contro la natura morente, contro tutto il dolore che la guerra ci sta portando.
Constatiamo che la morte si afferma, ma crediamo che il Messia l’abbia superata e lo testimoniamo.
«La morte è stata inghiottita nella vittoria» (1Cor 15, 54). Egli è il vincitore. Resurrezione dei morti e vita eterna. La Sacra Scrittura riporta una sorta di canzone satirica dal tono trionfalistico: «Dov’è, o morte, la tua vittoria? Dov’è, o morte, il tuo pungiglione?» (1Cor 15, 55). Si vantano la morte e il peccato, incutendo timore all’uomo, come se fossero loro i signori del mondo, ma è solo apparenza. 
È da tempo che hanno perduto il loro potere: è il Salvatore che glielo ha sottratto. Da allora nessun essere umano che rimanga accanto a Lui deve temere questi oscuri padroni. Il pungiglione con cui la morte ci colpisce non ha più nessun potere. Ma allora, ci chiediamo, perché nella nostra vita non sembra che sia davvero così, perché vediamo così pochi segni di questa vittoria? Perché il peccato e la morte incombono su di noi? È la stessa domanda che Dio ci pone: io ho fatto tutto questo per voi e voi vivete come se non fosse accaduto! Vi sottomettete alla paura, come se poteste ancora farlo! 
Perché la vittoria non è visibile nella vostra esistenza? 
Perché non volete credere che Cristo è il vero e unico vincitore. 
La mancanza di fede è causa della vostra sconfitta.
26 novembre 1939

lunedì 6 aprile 2015

LUNEDÌ DI PASQUA

CANTO DI LODE
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Lodato sia il mio Signore
per l'unità delle cose:
ogni oggetto involge la sua parola,
ogni forma è una sua epifania.

E la terra è il suo paese
e tutti i volti degli uomini
insieme fanno il suo unico volto.

Lodato sia il mio Signore
perché le cose sono buone,
per gli occhi che ci hai dato
a contemplare queste cose.

Lodato sia perché esistono
i fanciulli e le donne:
perché l'uomo è grande
e infinita come lui
è la sua inquietudine.

Lodato sia per le nostre case
e per queste macchine e città:
poiché nulla vi è di profano
nell'opera dell'uomo.

Lodato sia anche l'uomo
fratello di ogni creatura,
aiuto e amico del Signore.

Lodatelo perché Egli è ancora più grande
eppure mi parla e mi ama,
perché si è fatto uomo.

Lodatelo perché esiste
e gioca nella creazione
e gode della stessa mia gioia.

Lodate il mio Signore
per ogni tristezza e dolore
per ogni goccia di gioia
nascosta nelle cose.
Amen.
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P.DAVIDE TUROLDO



domenica 5 aprile 2015

DOMENICA DI PASQUA


Non fu di sicuro una bella giornata quella degli Apostoli e delle donne che avevano seguito Gesù in quei giorni così tragici di fronte alla notizia della scomparsa del corpo del loro Maestro. Già avevano vissuto il processo e la crocifissione nascosti nelle loro dimore o camuffati tra la folla che seguiva la processione che saliva al Golgota,bloccati dal terrore che anche a loro potesse capitare la stessa cosa. Ed ora il corpo di Gesù era sparito!
Ma fu così difficile applicare a quei fatti le parole che avevano ascoltato nei mesi precedenti durante la predicazione di Gesù lungo le vie della Palestina? Perché non riuscivano a comprendere la straordinarietà di quel mattino? Cos'era successo e cosa stava per accadere?
Agli Apostoli risultava impossibile leggere il presente e il futuro in base alla loro esperienza passata con Gesù! Addirittura,alcuni di loro non lo riconobbero neppure quando Gesù in persona si accostò a loro e li accompagnò per un tratto di strada. Erano scese forse le classiche “fette di salame” sui loro occhi? Oppure Gesù era talmente diverso e cambiato da risultare irriconoscibile?
Abbiamo assistito al rifiuto umano del Dio fatto uomo per l'uomo,giudicato,condannato a morte e crocifisso solo perché 'molto aveva amato'. Ed ora che si è rivelato nella sua onnipotenza divina,capace di vincere e superare il limite umano della morte,viene abbandonato fuori dalla porta!! E per l'ennesima volta è Dio che fa il primo passo inviando un segno chiaro e forte della sua potente e vivificante presenza:lo Spirito Santo,lo Spirito di Gesù e del Padre suo. Solo allora il cuore dell'uomo saprà riallacciare una relazione stabile con il suo Dio. Nascerà la Chiesa e sarà sempre tale quando saprà lasciarsi attraversare dalla presenza totale e unica dello Spirito del suo Cristo!
 Agostino Bonassi

sabato 4 aprile 2015

SABATO SANTO


Se qualcuno mi interrogasse su che cosa è la ricchezza,su cos'è che rende,oggi,l'uomo ricco...non avrei dubbi nel rispondere:il potere! Risposta abbastanza scontata se pensiamo ad alcuni passi famosi della Bibbia.
Il primo uomo,Adamo,perde l'intimità con il suo Dio perché il Serpente-Demonio gli ha promesso il potere che deriva dalla conoscenza e dalla possibilità di scegliere tra il bene e il male.
Gesù stesso,poco prima di affrontare gli ultimi e determinanti eventi della sua esistenza terrena,si apparta nel deserto e viene accostato dal Diavolo in persona (Lc 4,5-8) che gli offre il potere sui regni di questo mondo. Più volte durante le sue ultime ore terrene Gesù viene continuamente in contatto con proposte,provocazioni,richieste di dimostrazione pratica e concreta della presenza del suo Regno.
Anche nella nostra semplice e popolare cultura si usa affermare che basta far indossare un'uniforme ad un uomo per vederlo cambiare e spesso assumere veri e propri atteggiamenti di potere.
Ma tutto ciò non fa parte di quel Dio in cui il cristiano crede. Lui che è l'essere onniscente e onnipotente,come poterva permettere che suo Figlio,anch'Egli Dio,secondo il dogma della Trinità,dovesse assoggettarsi al potere della natura umana? Per dimostrare di essere il Dio-Salvatore bisognava sottomettersi alle leggi del mondo e della natura? Ebbene,sì!
Dio si mette in contatto con l'uomo e cerca di farsi da lui capire attraverso ciò che è più scontato e facile:l'umanità dell'uomo,con tutta la sua natura mortale e mutevole. Ma se Dio,per ritrovare il proprio rapporto con l'uomo,per ricostruire quella intimità del Paradiso Terrestre,deve scendere a livello dell'uomo,come potrà l'uomo ricollegarsi al suo Dio,se non attraverso la propria umana caducità?
È il paradosso della nostra stessa fede,ma è l'unica via per essere veri uomini a immagine e somiglianza di Dio.
Agostino Bonassi.



venerdì 3 aprile 2015

VENERDÌ SANTO


È l'ora delle tenebre. È l'ora del buio più completo e assoluto. È l'ora del fallimento di una grande idea rivoluzionaria. È l'ora dell'annebbiamento e della confusione. È l'ora della crisi. È l'ora delle domande,degli interogativi. Dove abbiamo sbagliato? Chi l'avrebbe detto che tutto si sarebbe così velocemente concluso? Dove andremo e cosa faremo? Potremo tornare ad essere quelli di prima?
E così,da una parte Giuda risolve il problema con una corda appesa ad un albero,mentre Pietro,spaventatissimo,si chiude nel segreto della propria casa. 
Due atteggiamenti,due situazioni che ci aiutano a capire come affrontare il “problema-Gesù di Nazareth”.
Il primo apostolo-seguace lo interpreta e lo vive solo da un punto di vista umano e terreno. È stato un grande uomo Gesù di Nazareth,e con Lui si è vissuta un'esperienza formidabile e totale. Ma ormai tutto è finito,tutto si è esaurito e senza alcun sbocco possibile:come poter vivere un futuro da disagiato,da diverso,da pseudo-essere messo ai confini del vivere e dell'essere!!
Il secondo testimone è colui che in tempi passati aveva affermato con forza e convinzione:<<Tu sei il Cristo,l'Unto,il Figlio del Dio Vivente...>>. Un'idea,una visione del suo Gesù fortemente imbevuta di fede e di attese biblico-spirituali. Era stata un'esperienza di vita totale e formidabile,e che non poteva finire in quel modo tanto improvviso e tragico! Tanta confusione invadevas il suo cuore,ma il divino che aveva respirato ogni giorno al fianco di Gesù,soffiava ancora nel suo cuore.
Aveva visto cambiare il mondo e il cuore degli uomini,ed ora era solo questione di tempo. Forse bisognava solo lasciar trascorrere quegli eventi e aspettare che quel divino tornasse a soffiare!
Ci siamo trovati di fronte a due grandi “traditori”,a due “grandi personaggi”,a due “traditi” che non riescono a trovare risposta agli eventi del <<venerdì santo>> e che unica reazione fu un timido tentativo di risolvere tutto con la forza,con la spada,con ciò che è esclusivamente umano,con ciò che nasce e finisce nell'uomo.
Ecco qual'è,a volte,il grande difetto dell'uomo:mani e piedi al posto del cuore e del cervello!
“Dalla pelle al cuore..”,recita la canzone di un cantautore,e credo che non sbagli nell'affermare ciò,perchè se la pelle diversifica e crea antagonismi,il cuore pulsa indistintamente in ogni uomo e produce la stessa vita per tutti!
Agostino Bonassi.

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