mercoledì 30 settembre 2015

NOI COSTRUIAMO MURI:DIO I PONTI!

<<Ho potuto condividere col popolo cubano la speranza di san Giovanni Paolo II: che Cuba si apra al mondo e il mondo si apra a Cuba. Non più chiusure, non più sfruttamento della povertà, ma libertà nella dignità. Questa è la strada che fa vibrare il cuore di tanti giovani cubani: non una strada di evasione, di facili guadagni, ma di responsabilità, di servizio al prossimo, di cura della fragilità. Un cammino che trae forza dalle radici cristiane di quel popolo, che ha tanto sofferto. Un cammino nel quale ho incoraggiato in modo particolare i sacerdoti e tutti i consacrati, gli studenti e le famiglie. Lo Spirito Santo, con l’intercessione di Maria Santissima, faccia crescere i semi che abbiamo gettato.
Da Cuba agli Stati Uniti d’America: è stato un passaggio emblematico, un ponte che grazie a Dio si sta ricostruendo. Dio sempre vuole costruire ponti; siamo noi che costruiamo muri! E i muri crollano, sempre!>>
Dalle parole di Papa Francesco all'udienza del Mercoledì(30-09-15)

martedì 29 settembre 2015

UNA CHIESA IN CAMMINO

Oggi i nostri passi si uniscono a quanti prima di noi
hanno camminato sulle vie del mondo.
Siamo la tua Chiesa in cammino. A volte coraggiosa,
più spesso pigra e claudicante : ecco la tua comunità.
Cammina accanto a noi, Signore, anche quando ti perdiamo
di vista, anche quando smarriamo la direzione.
E se ci perdiamo, vienici a cercare,
stanaci dai nostri luoghi franchi
e rimettici in cammino. Amen.
Francine Carrillo(Traces vives) in "Riforma.it"

IL CELIBATO DEI PRETI E' UNA FINZIONE?

NON SO SE IL SOCIOLOGO DELL'UNIVERSITÀ DI BERGAMO CHE HA CURATO QUESTA RICERCA SOCIOLOGICA SUL CELIBATO DEI SACERDOTI ABBIA UN PO' ESAGERATO NEL TIRARE LE SUE CONCLUSIONI. SICURAMENTE DIETRO LE RIGHE SI COGLIE UN DESIDERIO DI CAMBIAMENTO,DI RINNOVAMENTO E L'INVITO AD ANDARE OLTRE A QUESTA VECCHIA NORMA FATTA DA UOMINI MA OGGI INUTILE E QUASI DANNOSA PER GLI UOMINI STESSI.
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Ho l’impressione che siano pochi i preti italiani che si attengono fedelmente alla norma celibataria. Un buon numero di loro, qualcuno dice addirittura i tre quarti del totale, è omosessuale e usa il celibato come uno splendido alibi per non dover fornire giustificazioni del desiderio di non avere relazioni sentimentali con le donne e di non sposarsi. Tra gli eterosessuali ve ne sono molti che hanno relazioni regolari e durature, anche con figli. Molti altri hanno solo relazioni occasionali, più o meno numerose. Una vita di assoluta castità non è comunque, anche per quei pochi under settanta che la praticano, sintomo di serenità spirituale o di pace interiore. Perché spesso dà luogo a fenomeni patologici, come l’alcolismo (molto diffuso) o altre forme di dipendenza, e si accompagna ad uno stato depressivo e di profonda infelicità.

In ogni caso, una condotta sessuale attiva può essere vissuta dai preti in modi molto diversi: talvolta con terrificanti sensi di colpa, talaltra con la serenità di chi invece ha compreso di aver diritto a una vita affettiva autonoma dalle imposizioni dell’istituzione. E questo non dipende dagli orientamenti sessuali. Ho intervistato qualche tempo fa un prete gay che mi rivelò il desiderio di vivere il suo amore alla luce del sole. Oggi ha lasciato anche lui. L’idea che il celibato sia lo strumento principale per avere dei presbiteri completamente devoti alla loro comunità e che questa loro devozione soddisfi i bisogni affettivi dei sacerdoti, che li gratifichi come li gratificherebbe l’amore di una compagna o di un compagno e di una famiglia, è una menzogna assoluta.
Il celibato è in realtà la “regola di ingaggio” che consente alla Chiesa di disporre di funzionari a tempo pieno ad essa pienamente dedicati e ricattabili. Semplificando all’estremo, è come se l’istituzione dicesse al suo funzionario: “Tu sapevi quando hai accettato l’ingaggio che c’era questa regola. La puoi violare, ma ti sentirai in colpa e sarai comunque costretto a nasconderti. Perché, quando non rispetti il celibato, sentirai di aver tradito la fiducia del tuo gregge, al quale noi istituzione (con il tuo concorso!) abbiamo insegnato che tu devi essere puro e casto. Noi ti perdoneremo quando ignorerai il divieto. E ti copriremo anche se serve, ad esempio trasferendoti in un altro luogo se hai una donna che ti insegue o mandandoti in clinica invece di denunciarti se hai commesso qualche crimine legato alla sessualità.”

Il celibato diventa la premessa della sacralizzazione della figura asessuata del prete, la condizione della sua superiorità rispetto agli altri fedeli, il segno più tangibile che egli è più puro di loro e che la sua vita coincide con il suo ruolo pubblico. In questa metamorfosi egli si disumanizza, riducendosi a mero simbolo, privato del diritto ad avere una vita privata. Per qualche prete questo regime psichico è la premessa di un narcisismo incontenibile, della convinzione di essere più simile a Gesù che ai propri simili. E di avere un naturale diritto a comandare. Per altri è una terribile camicia di forza che spinge verso il dolore e la morte interiore.
Versione ridotta dell’articolo pubblicato su il Fatto Quotidiano del 13 settembre 2015 di Marco Marzano

lunedì 28 settembre 2015

DICIAMO NO ALLA PENA DI MORTE!

sed“...sostengo ai vari livelli l'abolizione globale della pena di morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che ogni vita è sacra ed ogni persona umana è dotata di una inalienabile dignità, e la società può solo beneficiare della riabilitazione di coloro che sono condannati per crimini.” 
Papa Francesco

sabato 26 settembre 2015

DAL VANGELO SECONDO MARCO (9,38-43.45.47-48)

In quel tempo, Giovanni rispose a Gesù dicendo: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri». 
Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi. 
Chiunque vi darà da bere un bicchiere d'acqua nel mio nome perché siete di Cristo, vi dico in verità che non perderà la sua ricompensa. 
Chi scandalizza uno di questi piccoli che credono, è meglio per lui che gli si metta una macina da asino al collo e venga gettato nel mare. 
Se la tua mano ti scandalizza, tagliala: è meglio per te entrare nella vita monco, che con due mani andare nella Geenna, nel fuoco inestinguibile. Se il tuo piede ti scandalizza, taglialo: è meglio per te entrare nella vita zoppo, che esser gettato con due piedi nella Geenna. Se il tuo occhio ti scandalizza, ca valo: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, che essere gettato con due occhi nella Geenna, dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» .
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Se ci era rimasto ancora qualche dubbio sulla effettiva radicalità del messaggio cristiano, di fronte a questo testo del Vangelo non ci rimane che riconoscerla questa proposta radicale di Gesù. La parola 'radicale' deriva da 'radice'. Sappiamo tutti che cos'è una radice:è quella parte che nasconde il principio di crescita e che fa emergere il meglio di sé, la parte più forte e resistente, che infonde la linfa perché crescano i migliori frutti. E' ciò che prima nasconde e poi rivela il mistero della vita, perché la affronta con i suoi stessi mezzi, cioè con e nella vita stessa. E così una risposta radicale è il trovarsi faccia a faccia con i paradossi dell'esistenza, piantati come radici nel suolo del mistero stesso della vita. Forse è per questo motivo che Gesù si rivolge e si interessa maggiormente dei poveri piuttosto che dei ricchi: le loro vite sono meno occupate da problemi poiché hanno meno accesso alla quantità e all'abbondanza, che sono moltiplicatrici di problemi e hanno più tempo per il mistero della vita. Inoltre la radicalità evangelica non è una sdolcinatura, ma un desiderio forte, preciso e specifico, che produrrà un cambiamento o verrà sconfitta. Capaci di accettare la sconfitta, di fare degli errori, di perdersi o addirittura di perdere la propria vita, di buttarsi con tutte le forze per una grande causa che cambierà le cose e l'uomo perché non appassisca o si spenga il mistero della vita. La radicalità di Gesù è allora un impasto con la profondità della vita, partendo dalla propria ricchezza interiore e da un cuore grande, un po' folle e un po' fanciullo.
AGOSTINO
da "L'Unità"

venerdì 25 settembre 2015

giovedì 24 settembre 2015

THE VOICE

Frank Sinatra evocava i sentimenti con la sua voce potente. Bergoglio evoca i deboli e li difende con la sua voce debole

Biennale Venezia 2015
Papa Bergoglio va negli Usa e lungo tutta la sua visita non cessa di dar voce ai più deboli. Arriva a bordo di una semplice 500 definendosi «figlio di migranti» (e lo dice ad un presidente che non può che dirsi anch’egli tale) ed enuncia il suo semplicissimo programma: «Proteggere i più deboli».
Denuncia le «ingiuste discriminazioni», probabilmente intenendo con ciò richiamare le opzioni pro-life della Chiesa statunitense, ma in modo discreto, senza nessun tono da crociata. A Saint Patrick pranza coi senzatetto. Ai vescovi ricorda le piccole vittime degli abusi sessuali – «mai più» – e li invita a «dialogare con tutti senza paura». Ne ha anche per la difesa del creato, debole creato, elogiando «le promettenti misure anti-inquinamento» e invitando quindi gli Usa a continuare nella via faticosamente intrapresa da questa amministrazione.
Oggi è rinata THE VOICE, ma con un accento nuovo: è la voce dei più deboli. Una voce che non vuole mischiarsi alle altri voci dei potenti di questa Terra in una gara a chi parla più forte. THE VOICE ha più del sussurro sulla croce che della proclamazione in piazza.
Dal sito "Città Nuova"

mercoledì 23 settembre 2015

APPELLO DI "PAX CHRISTI"

Il Consiglio Nazionale si Pax Christi si è riunito nei giorni scorsi, 19-20 settembre, a Firenze. Lo scenario mondiale ci presenta un crescente clima di guerra e la fuga dal loro Paese di migliaia e migliaia di donne, uomini e bambini: molti hanno trovato la morte in mare mentre cercavano vita e speranza, altri si trovano sempre più davanti a nuovi muri eretti nel cuore dell’Europa. Mentre ci uniamo ai numerosi appelli che invitano all’accoglienza concreta, dobbiamo riconoscere che molti profughi scappano da guerre che sono volute e finanziate anche dall’Occidente, e… anche dall’Italia. E questo in violazione della legge 185/90 che dovrebbe regolare l’export di armi. Ma l’Italia continua a vendere armi a Paesi in guerra e che violano i diritti umani, ad es. Israele, Arabia Saudita (che è tra i più grandi finanziatori dell’IS e utilizza anche armi Italiane per bombardare lo Yemen!). La guerra è una grande ‘fabbrica di profughi’. Fermiamo la guerra se vogliamo aiutare davvero i profughi! “Basta con la vendita di armi! Basta!”, ci hanno chiesto anche in questi giorni i tanti amici che abbiamo in Iraq. “Il conflitto in Siria e Iraq - ha detto papa Francesco lo scorso 17 settembre - è uno dei drammi umanitari più opprimenti degli ultimi decenni…, i trafficanti di armi continuano a fare i loro interessi. Le loro armi sono bagnate di sangue, sangue innocente. Nessuno può fingere di non sapere!”. Come Pax Christi rinnoviamo la nostra scelta per la nonviolenza, lavorando insieme con tutti coloro che credono alla pace, ad una soluzione nonviolenta dei conflitti, perché Un’altra Difesa è possibile. Ma assistiamo a preparativi di nuove guerre! In questa prospettiva non possiamo tacere di fronte alla prossima esercitazione NATO “Trident Juncture 2015”, dal 3 ottobre al 6 novembre, con il coinvolgimento di 36.000 uomini, 60 navi e 140 aerei. Il comando di questa operazione sarà alla base NATO di Lago Patria, a Napoli. ‘La più grande esercitazione della storia moderna della Nato’. Trident Juncture 2015 dimostrerà il nuovo accrescimento del livello di ambizione della NATO nello scenario di guerra moderna comune’ (vedi sito della Nato http://www.jfcbs.nato.int/). Ricordiamo che la NATO non dipende dall’ONU e nemmeno rappresenta un sistema difensivo promosso dall’Unione Europea (UE). In realtà la NATO è sotto diretto comando USA: chiede l’aumento delle spese militari agli stati membri, o li impone, come alla Grecia. Noi non vogliamo questa NATO, vogliamo invece che l’ONU, e l’UE promuovano politiche di solidarietà, civiltà e Pace! Per questo saremo presenti, come Pax Christi, alla manifestazione promossa dai comitati ‘No Trident’, in programma a Napoli il prossimo 24 ottobre.

Papa Francesco e le ‘accuse di comunismo': “Mia dottrina sociale è il Vangelo”

“Se è necessario posso recitare il Credo”. Non perde l’umorismo Papa Francesco che risponde alle domande dei cronisti sull’aereo che da Cuba lo ha portato negli Stati Unitisull’accusa proveniente da ambienti religiosi americani di essere un pontefice comunista e addirittura non cattolico per i suoi continui richiami all’ecologia e allagiustizia sociale. “Non ho detto una cosa in più di quanto scritto nella dottrina sociale delVangelo”, risponde convinto dopo aver raccontato un aneddoto in cui una fedele lo accusava di essere “l’antipapa”

martedì 22 settembre 2015

LA RIVOLUZIONE DI PAPA FRANCESCO

PAPA FRANCESCO CONTINUA AD ESPRIMERSI CON PAROLA SEMPRE PIU' CHIARE E INCISIVE. MA CI SARA' QUALCUNO CHE LO ASCOLTA E CHE INIZIERA' A INCAMMINARSI SUL SENTIERO CHE CI INDICA? COSA STIAMO ASPETTANDO A LASCIARE SPAZIO A QUESTA RIVOLUZIONE?
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<<Generazione dopo generazione, giorno dopo giorno, siamo invitati a rinnovare la nostra fede. Siamo invitati a vivere la rivoluzione della tenerezza come Maria, Madre della Carità. Siamo invitati a “uscire di casa”, a tenere gli occhi e il cuore aperti agli altri. La nostra rivoluzione passa attraverso la tenerezza, attraverso la gioia che diventa sempre prossimità, che si fa sempre compassione – che non è pietismo, è patire-con, per liberare – e ci porta a coinvolgerci, per servire, nella vita degli altri. La nostra fede ci fa uscire di casa e andare incontro agli altri per condividere gioie e dolori, speranze e frustrazioni. La nostra fede ci porta fuori di casa per visitare il malato, il prigioniero, chi piange e chi sa anche ridere con chi ride, gioire con le gioie dei vicini. Come Maria, vogliamo essere una Chiesa che serve, che esce di casa, che esce dai suoi templi, dalle sue sacrestie, per accompagnare la vita, sostenere la speranza, essere segno di unità di un popolo nobile e dignitoso. Come Maria, Madre della Carità, vogliamo essere una Chiesa che esca di casa per gettare ponti, abbattere muri, seminare riconciliazione.
Come Maria vogliamo essere una Chiesa che sappia accompagnare tutte le situazioni “imbarazzanti” della nostra gente, impegnati nella vita, nella cultura, nella società, non nascondendoci ma camminando con i nostri fratelli, tutti insieme. Tutti insieme, servendo, aiutando.>>
Basilica minore del Santuario della “Virgen de la Caridad del Cobre”, Santiago di Cuba

OGNI MINUTO E' PER DIO

"Se ci riteniamo a posto perché abbiamo rivolto il  nostro pensiero a Dio un solo giorno la settimana, cadiamo in un'ipocrisia fin troppo ridicola, dal momento che, se da Lui abbiamo la vita, non dobbiamo lasciar trascorrere un solo minuto senza volgere a Lui lo sguardo. Per cui, la pretesa di delimitare il tempo, vivendo per sei giorni come bestie, errando qua e là, e ritenendo che Dio si accontenti del nostro riservargli un giorno a parte, non ha alcun senso."
G.Calvino,Sermone 8 sulla Genesi 2,1-6.

lunedì 21 settembre 2015

IL TEMPO PERDUTO

"Essendo il tempo il bene più prezioso di cui disponiamo, perché il meno recuperabile, l'idea del tempo eventualmente perduto provoca in noi una costante inquietudine ogni volta che guardiamo indietro. Perduto sarebbe il tempo in cui non avessimo vissuto da uomini, non avessimo fatto delle esperienze, non avessimo imparato, compiuto qualcosa, goduto, sofferto. Tempo perduto è il tempo non messo a frutto, il tempo vuoto."
D.Bonhoeffer,Resistenza e resa.

sabato 19 settembre 2015

E L'UOMO CONTINUO' AD ERIGERE IL SUO MURO...

Giusto l'anno passato abbiamo ricordato i 25 anni della storica caduta del Muro di Berlino:una ferita che ha lacerato un'Europa alla ricerca di una sua identità comune. Tutti abbiamo creduto che finalmente fosse iniziato quel mondo senza divisioni che mancava dal giorno della caduta della Torre di Babele. Ma la nostra speranza è stata spezzata e ampiamente delusa dagli avvenimenti di queste ultime settimane:filo spinato,chiusura delle frontiere,riapertura di un vecchio lager....
Eppure il messaggio della Bibbia è diverso,ci spiega il gesuita e biblista Giuseppe Trotta in questa interessante meditazione che vi propongo.
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Nel mondo antico le città più importanti erano fortificate per difenderle dagli attacchi dei nemici. Le mura davano un senso di protezione e sicurezza: più erano alte e spesse,più gli abitanti potevano ritenersi al riparo dalle minacce del mondo esterno. A partire da questa funzione, l’immaginario popolare le ha fatte diventare il simbolo stesso della difesa, la condizione necessaria per una vita sicura e tranquilla.
Nella Bibbia, in particolare, le mura sono un’immagine della protezione di cui gode il popolo eletto da parte del suo Dio, grazie all’Alleanza che ha voluto stipulare con lui. Per questo il profeta Isaia celebra il «giorno del Signore», il tempo della salvezza e della pace ristabilita da Dio, con queste parole: «In quel giorno si canterà questo canto nel paese di Giuda: “Abbiamo una città forte; egli ha eretto a nostra salvezza mura e bastioni. Aprite le porte: entri il popolo giusto che mantiene la fedeltà. La sua volontà è salda; tu gli assicurerai la pace perché in te confida”» (Is 26, 13).
Il profeta istituisce un parallelo tra le fortificazioni con cui la città viene resa forte e sicura e la fiducia che il «popolo giusto» ripone nel Dio dell’Alleanza: l’architettura della città è una proiezione della «volontà salda» di mantenersi fedeli al Patto. Dalla convergenza di questi due aspetti fisico (le mura) e spirituale (la fiducia) deriva la condizione di pace, interiore ed esteriore.
Come sempre, però, le realtà umane sono segnate dall’ambiguità, per cui uno stesso simbolo può avere, in altri contesti, un’accezione negativa. Infatti, nella Bibbia i muri di cinta delle città sono spesso un ostacolo da abbattere, perché rappresentano l’opposizione al disegno di Dio sull’uomo e sulla storia. In questi casi sono un segno della superbia umana, compiaciuta dalle opere imponenti delle proprie mani, alle quali si consegna la propria salvezza, senza accorgersi o voler vedere il dolore che causano.
L’esempio più noto (cfr Gs 6, 121) è quello delle mura di Gerico, la prima città incontrata dagli israeliti dopo avere attraversato il Giordano, i cui abitanti si oppongono al loro ingresso nella Terra. In quel caso, infatti, il crollo non avviene in seguito a una classica azione di guerra, ma per una sorta di processione un atto liturgico compiuta dai guerrieri ebrei girando attorno alle mura con in spalla l’arca dell’Alleanza.
Bisogna sempre tenere presente, però, che l’elemento discriminante dell’azione di Dio è l’Alleanza e la fedeltà ad essa, non il popolo in quanto tale, sia quando si tratta di erigere e tenere in piedi le difese, sia quando si tratta di abbatterle. Lo stesso Isaia, infatti, nel famoso «Canto della vigna», presenta Dio, «il diletto», sconsolato per la mancanza d’amore del popolo nei suoi confronti, nonostante tutte le attenzioni e i gesti d’amore compiuti (cfr Is 5).
Non sapendo più come fare per mantenere Israele nella fedeltà, Dio decide di abbattere il muro di cinta che protegge la vigna e così lasciarla in balia dei nemici, per far capire al suo popolo che il male produce altro male: «Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita. Egli si aspettava giustizia ed ecco spargimento di sangue, attendeva rettitudine ed ecco grida di oppressi. Guai a voi, che aggiungete casa a casa e unite campo a campo, finché non vi sia più spazio, e così restate soli ad abitare nel paese» (Is 5, 78). È un testo attuale: quando muri di varia natura diventano strumento di violenza e oppressione, quando il loro scopo è di restare «da soli ad abitare il paese», Dio li fa cadere, li abbatte per ristabilire la giustizia, senza la quale non è possibile la pace e la sicurezza, per quanto gagliarde possano essere le costruzioni a loro difesa.

giovedì 17 settembre 2015

Parole
Che la mia vita sia degna della tua presenza.
Che il mio corpo sia degno della terra, tuo letto.
Che la mia anima possa presentarsi davanti a te
come un figlio che ritorna al focolare.
Fammi grande come il sole,
perché io possa
adorarti dentro di me;
e fammi puro come la luna,
perché io possa pregarti in me;
e fammi luminoso come il giorno,
perché possa vederti
sempre dentro di me e così pregarti e adorarti.
Signore, proteggimi e difendimi.
Concedimi di sentirmi il tuo.
Liberarmi, Signore, da me.

Fernando Pessoa,

Maschere e paradossi, Passigli 1997  

mercoledì 16 settembre 2015

LA DONNA TENTATRICE : E' SOLO UN LUOGO COMUNE

Così si espresso Papa Francesco all'udienza settimanale del mercoledì concludendo un ciclo di catechesi sul tema della famiglia:ancora una volta,in punta di piedi,un messaggio da non sottovalutare! 

"L’antico racconto del primo amore di Dio per l’uomo e la donna, aveva già pagine scritte col fuoco, a questo riguardo! «Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe» (Gn 3,15a). Sono le parole che Dio rivolge al serpente ingannatore, incantatore. Mediante queste parole Dio segna la donna con una barriera protettiva contro il male, alla quale essa può ricorrere – se vuole – per ogni generazione. Vuol dire che la donna porta una segreta e speciale benedizione, per la difesa della sua creatura dal Maligno! Come la Donna dell’Apocalisse, che corre a nascondere il figlio dal Drago. E Dio la protegge (cfr Ap 12,6).
Pensate quale profondità si apre qui! Esistono molti luoghi comuni, a volte persino offensivi, sulla donna tentatrice che ispira al male. Invece c’è spazio per una teologia della donna che sia all’altezza di questa benedizione di Dio per lei e per la generazione!.......
Cristo, nato da donna, da una donna. È la carezza di Dio sulle nostre piaghe, sui nostri sbagli, sui nostri peccati. Ma Dio ci ama come siamo e vuole portarci avanti con questo progetto, e la donna è quella più forte che porta avanti questo progetto."

MA E' COSI' RIVOLUZIONARIA L'IDEA DI PAGARE LE TASSE?

Ma se la dichiarazione del papa ha fatto così rumore e ha spiazzato parte del mondo cattolico — il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, si è affrettato a precisare al Corriere della Sera: «Le parole del papa non erano rivolte all’Italia», ma «ai portoghesi» — è perché è tutt’altro che scontata. Come dimostrano le riposte che pochi giorni fa il consigliere comunale e presidente dei Radicali italiani Riccardo Magi ha ottenuto dal Dipartimento risorse economiche del Campidoglio: solo a Roma, su un campione di 299 strutture (246 di proprietà di enti ecclesiastici), quasi due terzi non ha mai pagato o ha pagato irregolarmente le imposte locali — soprattutto Ici e Imu, ma anche Tasi e Tari -,per un’evasione di oltre 19 milioni. O come hanno dimostrato le recenti sentenze della Cassazione che hanno condannato due scuole cattoliche livornesi a pagare l’Ici mai versata nel periodo 2004–2009, per un importo di 422mila euro. E come dimostrano soprattutto tutti i meccanismi (sempre bocciati dall’Europa, dopo le denunce dei Radicali) elaborati dai governi che si sono succeduti dal 2005 ad oggi — Berlusconi: esenzione totale; Prodi: esenzione per gli immobili non esclusivamente» commerciali; Monti: pagamento solo sulla superficie impiegata per attività commerciali — per esentare dal pagamento di Ici e Imu gli immobili di proprietà ecclesiastica (e delle organizzazioni no profit). 
Se le cose stanno così, allora, le parole di papa Francesco hanno un evidente valore di richiamo per gli enti ecclesiastici. A cominciare dagli immobili di proprietà del Vaticano — sui quali Bergoglio potrebbe intervenire subito -, anche loro piuttosto disinvolti nel pagamento di alcune imposte, ma subito pronti ad accogliere esenzioni (dai contrassegni per la Ztl all’acqua).
C’è poi un altro aspetto che rende l’affermazione di papa Francesco parzialmente contraddittoria con quanto egli stesso aveva detto nel settembre 2013: in visita al Centro Astalli (centro di accoglienza per rifugiati e richiedenti asilo, gestito dai gesuiti), aveva richiamato i religiosi: «I conventi vuoti non servono alla Chiesa per trasformarli in alberghi e guadagnare i soldi. I conventi vuoti non sono nostri, sono per la carne di Cristo che sono i rifugiati». Ora invece pare rettificare:vanno bene i conventi diventati alberghi, purché paghino le tasse.
Luca Kocci dal "Il Manifesto" del 16.9.15

martedì 15 settembre 2015

ANCHE LA CHIESA PAGHERA' LE TASSE!

Papa Francesco invita a pagare l’Imu. Se alcune congregazioni religiose vogliono fare di un convento un albergo per l’accoglienza di immigrati, «paghino le imposte». Questo il messaggio inviato dal pontefice dai microfoni di una radio cattolica portoghese. Ancora una volta Francesco sorprende, svincolandosi dagli arroccamenti in cui spesso la Chiesa Cattolica si è rinchiusa su un tema ancora sensibile come quello delle imposte sugli immobili. Materia molto contestata, dall’una e dall’altra parte. Il Papa non mostra esitazioni sull’argomento.
Anche nella Chiesa, sottolinea Bergoglio, c’è la «tentazione del Dio denaro». «Alcune congregazioni - specifica il pontefice - dicono: no, ora che il convento è vuoto, faremo un hotel, un albergo, e possiamo ricevere gente, e con ciò ci manteniamo e guadagniamo denaro. Bene, se desideri questo, paga le imposte. Un collegio religioso è esente dalle imposte perché religioso, però se lavora come un hotel che paghi le imposte come chiunque altro. Altrimenti l’affare non è molto sano».
Nel suo intervento il Papa ribadisce il suo invito alle parrocchie di ospitare i migranti, sperando  che«ogni parrocchia, ogni istituto religioso, ogni monastero accolga una famiglia». Bergoglio ci tiene aspecificare che il suo invito non significa che le famiglie dei migranti «debbano vivere nella canonica, nella casa parrocchiale, ma che tutta la comunità parrocchiale veda se c’è un luogo, un luogo del collegio o, nel peggiore dei casi, che venga accolta in un appartamento modesto per questa famiglia, però che abbiano un tetto, che siano accolti e che li si integri nella comunità parrocchiale. Ci sono conventi che sono quasi vuoti».
in “l'Unità” del 15 settembre 2015

LA CHIESA DEL FUTURO

Enzo Bianchi, Priore di Bose
Dal quotidiano La Repubblica, 9 settembre 2015.

Il rifiuto è più sociale o più confessionale?
«Quello confessionale l'hanno gridato a suo tempo il cardinal Biffi e il vescovo Maggiolini, secondo cui bisognava eventualmente accogliere solo i cristiani. Ma il problema è la vera e propria fabbrica di paura dei barbari, edificata da forze politiche attente solo all'interesse locale, forze che prima di Francesco la chiesa italiana ha assecondato, anche se all'inizio sembravano assumere riti pagani, precristiani, quelli sì barbarici. Ora si proclamano cattolici ma io li chiamo cristiani del campanile. Il grande silenzio di una chiesa complice li ha aiutati a iniettare nel tessuto sociale del territorio il veleno della xenofobia».
La memoria storica ecclesiastica, la conoscenza delle ere passate di cui si nutre, non ha anche il dovere di ricordare a tutti l'onda lunga della tolleranza islamica?
«La convivenza di cristiani, ebrei e musulmani nel corso del medioevo islamico ha fatto fiorire momenti di cultura straordinari. L'islam è una religione di pace e mitezza con una mistica di forza pari a quella cristiana. Se nel Corano ci sono testi di violenza, non sono molto diversi da quelli che troviamo nella Bibbia e che ci fanno inorridire. La lettura integralista della Bibbia può rendere integralisti quanto quella del Corano. L'esegesi storico-critica delle scritture, cui il cristianesimo è approdato con fatica e subendo terribili condanne dell'autorità ecclesiastica, è il primo passo di un lungo cammino che aspetta anche i musulmani. Nel frattempo servono ascolto, dialogo, seri studi universitari per dissipare la propaganda ideologica che attecchisce sull'ignoranza: non è vero che l'islam è una religione della violenza e della jihad, affermarlo serve solo a giustificare la nostra nei suoi confronti».
Dai Buddha di Bamyan al tempio di Bel a Palmira, il nostro secolo assiste ad atti islamisti di cancellazione del passato dal contenuto altamente simbolico. Ma non è chiaro quanta parte effettiva vi abbia la religione o la religiosità.
«Il problema non è religioso, è sociale ed economico. Gli integralisti islamici, anche abbattendo una chiesa, non mirano tanto a offendere la fede cristiana quanto a colpire l'occidente. Un pacifico abitante di Palmira mi ha detto: "Voi occidentali, piangendo la distruzione di templi etichettati dall'Unesco, date l'idea di averli più cari della nostra popolazione. Cosi li fate diventare una protesi dell'occidente nella nostra terra". Mostrando di tenere così tanto a un pezzo di colonna — giustamente, perché è segno di un cammino di umanizzazione — ma facendo saltare in aria le persone nelle guerre da noi scatenate in Iraq, in Siria, in Libia, finiamo per apparire mostruosi. Certo le distruzioni dell'Is sono crimini contro l'umanità oltre che contro la cultura e la dignità dei monumenti va difesa, ma abbiamo la stessa forza nel difendere le popolazioni perché non soccombano alle nostre armi o non trovino vie di morte nella migrazione?».
I popoli sono in marcia. Il che pone anche specifici problemi sociali come quello del ruolo della donna: l'islam impone il velo, ma non trovi che anche nella chiesa cristiana ci sia un ritardo?
«Si dice sbrigativamente che certi musulmani siano ancora nel medioevo. Ma il velo completo per le suore di clausura è stato abolito solo nel 1982. È molto recente la presa di coscienza della pari dignità della donna e dell'uomo nel cristianesimo, che non ha ancora nemmeno il linguaggio per esprimerla. La soggezione delle donne agli uomini è un retaggio scritturale nell'islam, ma è presente anche nelle nostre scritture: san Paolo afferma che le donne non devono assolutamente parlare nell'assemblea della chiesa e devono stare a capo coperto. Di nuovo, serve una rilettura storico-critica di tutti i libri sacri, per scorgerne l'intenzione e non le forme. Nella chiesa c'è buona volontà ma poi della donna si hanno immagini irreali: il modello di Maria, vergine e madre, che non può essere il riferimento per una promozione della donna nella chiesa. Non siamo ancora capaci di prendere sul serio l'uguaglianza indubbia tra uomini e donne. Il cammino per la chiesa è ancora lunghissimo perché ovunque ci sia un esercizio di comando restano gli uomini, mentre le donne sono confinate al servizio umile».
"Misericordia e perdono": sono istanze che, dall'ambito ecclesiale cui appartengono, possono suggerire prassi anche giuridiche e sociali?
«Declinare la giustizia con il perdono, anche a livello politico, è un'esigenza che già Giovanni Paolo II aveva evocato con forza in un suo messaggio per la Giornata della pace. L'insistenza di papa Francesco sulla pratica della misericordia, vissuta nei secoli da tanti cristiani d'oriente e d'occidente anche in controtendenza rispetto alla mentalità dominante, dischiude percorsi fecondi nella faticosa purificazione della memoria cui non ci possiamo più sottrarre, pena l'abbrutimento di ogni nostra relazione».

lunedì 14 settembre 2015

......CHI SI FERMA E' PERDUTO!


Sorridono felici Osama Al-Ghadab e il piccolo Zied nel selfie scattato dal figlio più grande Mohamed. Ce l'hanno fatta, sono arrivati in Germania. Il padre e il figlio che si sono distinti, loro malgrado, dal flusso di rifugiati siriani in fuga dall'Ungheria per lo sgambetto della reporter Petra Laszlo. Dopo 12 giorni di viaggio, la fatica, la tortura nelle carceri dell'Is, Osama, ex allenatore di calcio, è riuscito a riunire la sua famiglia. Una conquista immortalata in una foto che sa di riscatto, che l'italiano Giovanni Pisu ha diffuso su Facebook per poi essere rilanciata e condivisa da migliaia di utenti.
da Repubblica.it

sabato 12 settembre 2015

Cristian Kempf

"Che il vento, soffiando nei vostri capelli,
vi porti il palpitare della vita.
Che i vostri piedi lascino nella polvere
orme di speranza.
Che nell’oscurità
voi udiate battere il cuore del prossimo.
Che le vostre mani si protendano
come porte che si aprono.
Che le vostre bocche trasmettano
quanto vi è stato dato di ricevere.
Che le vostre orecchie colgano
quello che le parole dicono solo a metà.
E che l’amore del Signore vi accompagni
anche là dove non vorreste andare". 

UN GESTO RADICALE,SIMBOLICO E CONCRETO

Niente Comunione «in segno di lutto per i migranti»

Genova – Durante la messa nella sua chiesa di San Torpete, nel centro storico del capoluogo ligure, don Paolo Farinella ha deciso di proporre ai parrocchiani «il “digiuno eucaristico” come segno di lutto e condivisione con i migranti della loro odissea, che definire disumana è ancora non dire nulla», come ha spiegato in seguito lo stesso prete.

Don Farinella, dopo avere pronunciato una lunga omelia dedicata proprio alla questione dell’immigrazione, ha «avuto l’ispirazione» di sospendere il rito della Comunione: «Possono i cristiani celebrare l’eucaristia mentre Cristo è marchiato col pennarello indelebile sul braccio , gesto simile a quello dei nazisti sugli impotenti ebrei? Possiamo continuare a dirci cristiani mentre la Lega sproloquia razzismo exenofobia a tutto spiano, mentendo e bestemmiando il nome di Dio che pure dicono di onorare? Possiamo impunemente accostarci alla Comunione, senza prima riconciliarci con coloro che hanno la colpa di vivere in paesi armati dai nostri governi?».

Dopo avere riflettuto su questo, il parroco ha sottoposto la sua idea ai presenti e «mi è parso che tutti fossero d’accordo, così alle 11.34 ho chiuso salutando tutti: scelta giusta?».

da:ilsecoloXIX

A PIEDI NUDI PER L'ITALIA

Risultati immagini per marcia scalzi
A piedi nudi nello «stivale». Da Venezia a Palermo, la marcia per l’accoglienza ai rifugiati riempie le città nel vuoto della politica. Mentre alle frontiere europee Orbán annuncia l’arresto per i migranti «illegali». E alla vigilia del vertice di lunedì, tra i governi dell’Unione la confusione regna sovrana.

ESSERE

"L'uomo non è la somma di quello che ha, ma la totalità di quello che non ha ancora, di quello che potrebbe avere."(Jean-Paul Sartre)

mercoledì 9 settembre 2015

"La più grande debolezza della violenza è l'essere una spirale discendente che da' vita proprio alle cose che cerca di distruggere. Invece di diminuire il male, lo moltiplica."
(Martin Luther King)

martedì 8 settembre 2015

PARROCCHIE APERTE?

Bisognerà attendere qualche settimana per capire se l’appello di papa Francesco, durante l’Angelus di domenica scorsa a San Pietro, alle parrocchie e agli istituti religiosi affinché accolgano i migranti («ogni parrocchia, ogni comunità religiosa, ogni monastero, ogni santuario d’Europa ospiti una famiglia di profughi, incominciando dalla mia diocesi di Roma») avrà effetti concreti o cadrà nel vuoto e coinvolgerà solo una minoranza delle comunità cattoliche, quelle che già da anni lavorano con i migranti. Dipenderà innanzitutto dai vescovi, che Bergoglio ha richiamato in prima persona («Mi rivolgo ai miei fratelli vescovi d’Europa, perché nelle loro diocesi sostengano questo mio appello»), e dalla loro volontà di stimolare e aiutare i parroci. La maggior parte tace, almeno per ora, ma qualcuno ha già risposto: il vescovo di Avezzano (Aq), Santoro – questa estate attaccato dai neofascisti di Forza Nuova che affissero di fronte alla cattedrale lo striscione «Per il vescovo prima i clandestini, per Forza Nuova prima gli italiani». –, ha annunciato che ospiterà a casa sua una famiglia di profughi; il vescovo di Cagliari, Miglio, ha cominciato ad organizzare l’accoglienza insieme alla Caritas sulla base della disponibilità ricevuta dalle parrocchie; e la Cei ha fatto sapere che se ne parlerà al prossimo Consiglio episcopale, il 30 settembre, per «individuare modalità e indicazioni da offrire a ogni diocesi». In Europa, i vescovi francesi hanno diffuso una nota in cui si dice che «questo appello ci stimola e ci invita a continuare e ad incrementare le nostre azioni nei confronti dei rifugiati». Altri invece hanno già fatto sapere che non se ne parla proprio, come il cardinale Erdö, arcivescovo di Budapest e primate di Ungheria, il quale – in grande sintonia con il premier Orbán – ha spiegato che la Chiesa ungherese non può rispondere all’appello del papa perché dare ospitalità a migranti irregolari in transito è «illegale».....Poi ci sono i parroci. Molti sono stati “spiazzati” dall’appello del papa. Altri, pur facendo presenti le difficoltà pratiche – l’allestimento degli spazi – e amministrative, si dicono pronti. «Questo appello è un incoraggiamento per noi e sarà efficace anche per superare le perplessità di qualche parrocchiano», spiega don Ben Ambarus,parroco dei Ss. Elisabetta e Zaccaria a Prima Porta a Roma. «Inoltre – aggiunge – se tutti si attiveranno, questo sarà il miglior antidoto ai luoghi comuni e agli slogan razzisti, perché i migranti incontreranno delle persone, racconteranno le loro storie e tanti pregiudizi svaniranno». Don Nandino Capovilla, parroco a Marghera: «È un invito alla concretezza che va accolto, non è più sufficiente organizzare corsi di italiano e partite di calcio». Don Tommaso Scicchitano, parroco a Donnici, periferia di Cosenza, che ha subito rilanciato su Facebook l’appello :«papa Francesco ha chiesto ad ogni parrocchia di accogliere una famiglia di profughi. Che facciamo? Gli diciamo di no?». Don Andrea Bigalli, parroco a Sant’Andrea in Percussina (Fi): «Sono parole in linea con il Vangelo, non si può fare diversamente. Poi però bisognerà anche fermare la guerra, il traffico di armi e le mafie che gestiscono il traffico dei migranti». Con 130mila parrocchie in Europa, 27mila in Italia, migliaia di istituti religiosi e conventi, più tutti gli immobili riconducibili direttamente al Vaticano, il problema ospitalità sarebbe risolto. Molti di questi spazi, però, sono già stati riconvertiti in alberghi e bed & breakfast. Tanto che il prefetto di Roma Gabrielli, nello scorso maggio, a margine di una riunione per trovare qualche centinaio di posti per i migranti arrivati in città, raccontò che furono proprio diversi istituti religiosi a dire no «perché vedono nel Giubileo maggiori possibilità di business». Chissà se adesso il papa avrà più successo.
Luca Kocci in “il manifesto” 

lunedì 7 settembre 2015

PERCHÉ SIA UNA BUONA SCUOLA

Per qualcuno oggi è stato il primo giorno di scuola,per qualcun altro lo sarà la prossima settimana, ma a tutti gli studenti e ai loro insegnanti-educatori va il mio augurio di un " BUON ANNO DI CONOSCENZA,DI ESPERIENZA,DI FORMAZIONE E DI CRESCITA!" e ricordate che come diceva il latino Catone: <<Non vergognarti di volere che ti sia insegnato ciò che non sai. Saper qualcosa è fonte di lode, mentre è una colpa non voler imparare nulla.>>
A.B.

venerdì 4 settembre 2015

"Quanto più senti d'esser uomo, 
tanto più ti avvicini agli dei." 
raccontava J.W.Goethe agli uomini del suo tempo. Io credo però che non sarebbe sicuramente neppure stato sfiorato da una tale affermazione trovandosi di fronte alle immagini e agli avvenimenti di questi giorni!

mercoledì 2 settembre 2015

MIGRANTES

«Ci sono nel mondo 250 milioni di persone che vivono in Paesi ed anzi in continenti diversi da quelli dove sono nati. Duecentocinquanta milioni di emigrati. Questo è il problema. Non è affatto detto che sia un male, anzi, il fatto che gli abitanti del pianeta si mescolino tra loro è un bene, biologico, economico, sociale, culturale. Ma suscita problemi a volte gravi e addirittura gravissimi: rivolte, guerre, terrorismo, mafia. Insomma il peggio del peggio invece del meglio del meglio come potrebbe e dovrebbe accadere».
Romano Prodi intervistato da Eugenio Scalfari.

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