venerdì 29 giugno 2018

FEDE, LEGGE E PAROLA DI DIO

Il Concilio Vaticano I nella Costituzione dogmatica Dei Filius (anno 1870), cap. III, definì che “si devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio, scritta o trasmessa per tradizione (in verbo Dei scripto vel tradito continentur) e che vengono proposte dalla Chiesa [...] come divinamente ispirate e pertanto da credersi” (Denzinger – Hünermann, n. 3011). 
Ciò significa che ogni affermazione (o ogni pratica) che non rientri nel contenuto di quest’affermazione dogmatica può essere modificata dall’autorità suprema della Chiesa. Certo, bisogna stare attenti e non dare loro un valore assoluto ed intoccabile, poichè - per fare un esempio - per secoli si è pensato che era verità di fede che il sole girasse intorno alla terra, fino al punto di condannare Galileo quando affermò il contrario. 
Un problema importante che oggi ha la Chiesa con riferimento alle “verità di fede”, sta nel fatto che possano esserci - ed a volte capita che ci sono - fatti “storici” o “sociologici” ai quali si dà un “valore dogmatico”. Proprio questo succede quando ci chiediamo se le donne o le persone sposate potranno essere preti. Per quanto riguarda le donne, nell’Antichità non avevano gli stessi diritti degli uomini. Per questo non potevano essere testimoni ufficiali di nulla. Né prendere decisioni su altri, né su loro stesse. È logico che in tali condizioni non potevano rivestire incarichi di responsabilità in istituzioni pubbliche. Oggi la situazione sociale e giuridica della donna è completamente diversa. Ed in ogni caso quello che non si può fare è trasformare in rivelazione divina quello che non è altro che una situazione sociale già superata. La Chiesa non avrà credibilità finché continuerà a conservare la disuguaglianza della donna in dignità e diritti rispetto all’uomo. 
Per quanto riguarda le persone sposate, il Vangelo non impone nessun obbligo rispetto al celibato. D’altra parte, l’apostolo Paolo dice che è un diritto degli apostoli vivere e viaggiare con una donna cristiana, come facevano Pietro ed i parenti del Signore (1 Cor 9,5). La continenza dei preti iniziò ad imporsi agli inizi del secolo IV nel concilio di Elvira (Granada). E la legge del celibato si impose progressivamente nel Medioevo. Fu stabilita come legge a partire dal II Concilio lateranense (nel 1138). La legge del celibato non ha fondamento biblico. E si basa principalmente sulle idee e sul puritanismo che provenivano dallo stoicismo dei greci del sec. V a. C.. Come giustifica la Chiesa la volontà di non cambiare questa legge, quando ogni giorno ci sono sempre meno preti e quindi molte parrocchie e comunità che non possono avere la loro vita cristiana organizzata e gestita come la stessa Chiesa impone obbligatoriamente? È urgente che la Chiesa studi questa questione a fondo e senza paura. Per cercare la soluzione alla quale i fedeli cristiani hanno diritto. Se non si farà in questo modo, sarà inevitabile verificare un fatto che esiste già: laici che dovranno celebrare l’Eucaristía senza prete. In questa delicata questione è di somma importanza tenere presente che la dottrina della Sessione VII del Concilio di Trento sui sacramenti non contiene definizioni dogmatiche. Grazie agli Atti del Concilio si sa che i vescovi ed i teologi che presero le decisioni sui sacramenti, non arrivarono a mettersi d’accordo su un punto fondamentale: se condannavano come “eresie” o respingevano come “errori” le dottrine e le pratiche che avevano respinto in questa Sessione VII (Denz.-Hün., 1600- 1630). Di conseguenza, la Chiesa può e deve sentirsi libera nel prendere, in tema di sacramenti e di liturgia, le decisioni che la stessa Chiesa consideri in questo momento come più urgenti e necessarie per il maggior bene spirituale e cristiano dei fedeli. 
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 José María Castillo in “ www.periodistadigital.com” del 27 giugno 2018

mercoledì 27 giugno 2018

PREGHIERA

Signore nostro Dio,
dacci di guardare al mondo in
cui ci hai messi con gratitudine,
come allo spazio che ci hai dato
perché ne gioissimo insieme a
tutti gli umani. Dacci di guardare
al mondo in cui ci hai messi
con responsabilità, e non come
padroni che non conoscono
limiti. Dacci di guardare agli
altri umani come esseri solidali
accomunati a noi dai nostri errori
e dalla tua promessa di vita.
Amen.
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Da "Riforma.it"

lunedì 25 giugno 2018

Incontro di Pax Christi ad Alessano

“E’ durante il tempo dell’alluvione che bisogna mettere in salvo la semente”. Sollecitati da queste parole che abbiamo evocato attorno alla tomba di don Tonino Bello, profeta di pace e di accoglienza dei nostri giorni, anche noi sentiamo di non poter tacere di fronte ad affermazioni e scelte che minano le fondamenta della dignità umana e della convivenza civile. Insieme ad altre voci che in queste ore si sono levate vogliamo anche noi esprimere la nostra indignazione perché in pochi giorni alcuni Ministri di questo governo hanno provocato un’alluvione di paure, risentimenti, odii e violenze che rischia di travolgere le coscienze di tutti noi: la contrapposizione tra poveri italiani e stranieri, come falsa soluzione di fronte al fenomeno della povertà; la chiusura dei porti come scelta ipocrita di fronte al dramma di tante persone; il linguaggio violento e mistificatorio (è finita la pacchia…) che alimenta un clima di crescente intolleranza e suscita comportamenti violenti, xenofobi, razzisti e omofobi. il censimento dei rom, pratica incostituzionale che evoca tragicamente le leggi razziali di 80 anni fa; la richiesta alla Nato per una alleanza difensiva nel Mediterraneo; la vergognosa riduzione ad un problema meramente familiare dell’omicidio di Giulio Regeni, per privilegiare le convenienze economiche nei rapporti con l’Egitto; la falsa illusione che la sicurezza personale sia legata sempre più al possesso ed all’uso senza regole delle armi; la solidarietà considerata un crimine, piuttosto che un valore da promuovere. Ci auguriamo che si alzino molte altre voci indignate in ambito ecclesiale, nella società civile e nel mondo politico. Noi non ci stiamo. Di fronte a questa ‘alluvione’ ribadiamo e ci impegniamo a custodire e promuovere la buona semente della dignità di ogni essere umano, della tutela dei diritti umani per tutti, secondo lo spirito della Costituzione; della costruzione della pace e della nonviolenza. Continueremo ad impegnarci in prima persona a fianco degli ultimi, dei migranti e rifugiati, che per noi sono “uomini e donne in cerca di pace.” Quotidianamente nei nostri territori e in rete con altri intensificheremo il nostro impegno per ‘disarmare’ la follia della guerra, che si annida anche nei ragionamenti, nel linguaggio e nelle relazioni personali. Lo ribadiamo oggi e continueremo a farlo. 
Alessano, 20 giugno 2018

domenica 24 giugno 2018

LA SCUOLA DELLE BEATITUDINI

<<Non è beato chi è religioso, ma chi è povero e mite, chi non è cinico, chi si adopera per la pace, chi ricerca giustizia. Nessun riferimento a una specifica appartenenza ideologica o religiosa. Una parola che non è confinata nei muri delle sagrestie, nei santuari separati dalla vita di tutti i giorni. E per tutti: uomini e donne. Anche in questo nostro tempo così poco incline a puntare in alto.
I forti vengono derisi, i prepotenti abbassati, i santi restituiti all'ordinario della vita. Dio si prende cura di una comunità più vasta di quella rinchiusa nelle nostre chiese: una comunità che abbraccia ogni creatura e mette al centro i poveri e gli afflitti. Ma la povertà, l'inedia e l'afflizione non sono virtù, vie privilegiate per entrare più facilmente in paradiso. Gesù non ama la povertà, non ci chiama a ricercarla come via ascetica per accedere al divino. Ci invita invece a farci carico dei poveri, a prenderci cura dei più deboli per arrivare insieme alla felicità. Poiché non si può essere felici da soli, ma solo insieme! L'autore evidenzia felicemente come le beatitudini siano parola plurale, rivolta non al singolo, a un «tu», ma a un «voi». E questo, quando amiamo, lo intuiamo facilmente. Ci interessa davvero una salvezza che ci separi da coloro che amiamo, dai nostri familiari e dai nostri amici? Possiamo essere felici da soli, senza l'uomo o la donna che amiamo? Senza i nostri figli, i nostri cari? La felicità è collettiva, come del resto la salvezza annunciata dalle Scritture. Di questa parola sapienziale abbiamo particolarmente bisogno, oggi, in un momento storico in cui l'esperimento-vita rischia di essere rattrappito entro i limiti del pensiero strumentale, preoccupato di risolvere in fretta i problemi, di far funzionare la vita, senza più nutrire il sogno di una felicità che non si possa comprare.
Le beatitudini hanno la forza di far sorgere il sospetto che la vita umana possa essere differente da come ci viene mostrata. Che l'umanità possa puntare più in alto. Che la fede possa essere un cantiere di felicità. Avviciniamoci di nuovo al monte da cui Gesù di Nazareth ha osato cantare quel ritornello che abbiamo dimenticato. Riascoltiamo quelle parole di sapienza, lasciandoci guidare dalla mano sicura e sferzante dell'autore. Troveremo acqua viva per i nostri deserti; fuoco di passione.>>
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Estratto dalla prefazione di Lidia Maggi a “Il coraggio di essere felici” di Battista Borsato, EDB 2018

sabato 23 giugno 2018

LA LETTERA AL FIGLIO SULL'AMORE

Se c'è un argomento di cui non ci stancheremo mai di parlarne è proprio l'amore. Non sempre però tutto funziona così. Anzi è proprio dell'amore che ci sentiamo incapaci ad esprimerne il valore, perché non riusciamo ad esprimere ciò che avviene dentro di noi. Davvero bella è questa lettera del Premio Nobel per la Letteratura John Steinbeck che nel 1958 risponde al figlio maggiore Thomas  che gli aveva confessato di essersi innamorato perdutamente di una ragazza, Susan, e chiede consiglio al padre. La lettera trasuda tutta la gioia e l’affetto del padre per il figlio adolescente alle prese per la prima volta con il sentimento amoroso.
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Caro Thom,
Abbiamo ricevuto la tua lettera stamattina. Ti risponderò dal mio punto di vista e di certo Elaine lo farà dal suo.
Prima di tutto se sei innamorato è una cosa buona, la cosa migliore che possa accadere a chiunque. Non lasciare che nessuno la sminuisca o la renda meno importante.
Seconda cosa, ci sono molti tipi di amore. Uno è egoista, meschino, avaro; usa l’amore per accrescere la propria importanza. Questo è un tipo di amore brutto e paralizzante. L’altro è un’effusione di tutto il bene che c’è dentro di te – della gentilezza e considerazione e rispetto – non solo il rispetto sociale dell’educazione ma il rispetto più ampio che è il riconoscimento di un’altra persona come unica e preziosa. Il primo tipo può renderti malato e debole ma il secondo può rilasciare in te forza, coraggio e bontà, persino una saggezza che non sapevi di avere.
Dici che non è un amore da ragazzini. Se lo senti in maniera così profonda – ovviamente non è un amore da ragazzini.
Ma non penso che tu stessi chiedendo a me quello che senti, lo sai meglio di chiunque altro. Quello che volevi era che io ti aiutassi a capire cosa fare – ed è quello che posso dirti.
Gioisci per quest’unica cosa e sii molto lieto e grato per questo.
L’oggetto d’amore è il migliore e il più bello. Cerca di esserne all’altezza.
Se ami qualcuno – non c’è niente di male nel dirlo – solo tu devi ricordare che alcuni sono molto timidi e a volte parlando devi tenere in considerazione questa timidezza.
Le ragazze hanno un modo tutto loro di sapere o percepire quello che senti, ma di solito gli piace anche sentirlo.
Talvolta accade che quello che senti non è ricambiato per una ragione o l’altra, ma questo non rende il tuo sentimento meno prezioso e buono.
Infine, conosco il tuo sentimento perché lo provo anch’io e sono lieto di provarlo.
Saremo felici di incontrare Susan. Sarà la benvenuta. Ma Elaine organizzerà tutto perché questo è il suo territorio e lei ne sarà molto lieta. Anche lei conosce l’amore e forse può aiutarti più di quanto possa fare io.
E non preoccuparti di perderlo. Se è giusto, accadrà. La cosa più importante è di non avere fretta. Le cose buone non scappano via.
Con amore,
Pa.
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mercoledì 20 giugno 2018

«Siate sempre pronti a rendere conto della speranza che è in voi»

“Non mi preoccupano le grida dei violenti, dei corrotti, dei disonesti e di quelli senza etica, ciò che mi preoccupa di più è il silenzio dei buoni” (Martin Luter King).
Tante volte stare in silenzio può essere una saggia opzione, soprattutto nel moltiplicarsi di parole spesso gridate sui cosiddetti social come facebook, twitter ecc.
Il silenzio è dovuto e legittimo soprattutto se la scelta è motivata col voler ascoltare e comprendere, prima. Il silenzio può essere molto eloquente, può diventare addirittura atto di resistenza non violenta. Ma per opporsi alle grida dei violenti e corrotti e senza etica di oggi non basta astenersi delle parole. 
Bisogna saper rompere il silenzio senza prendere parte al pettegolezzo che regna tante volte sui social (e non), senza scendere sul livello delle polemiche e senza cedere alla tentazione della lamentela. Questo è il compito difficile chiesto a chi fa davvero riferimento al Vangelo (scritture dell’Antico e del Nuovo Testamento).  Per contrastare il male, sostiene la prima Lettera di Pietro (consiglio di leggere tutto il brano, I Pietro 3, 8-17) bisogna saper parlare di speranza. Contro ogni frustrazione e paura, che sono terreno fertile per le ideologie egoiste, razziste e perciò senza etica ci vogliono persone che sanno comunicare, vivere e condividere la speranza. Speranza che non si rassegna, che crede, anche contro l’evidenza che la nostra parola, il nostro impegno controcorrente conta. Non sottraiamoci.
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Anne Zell su www.chisavaldese.org

lunedì 18 giugno 2018

L'AZZARDO DI PAPA FRANCESCO: MA LA STORIA LA CONOSCE?

Ricevendo il 16 giugno una delegazione del Forum delle associazioni familiari, Papa Francesco è tornato a denunciare la piaga degli aborti selettivi con cui ancora oggi si eliminano degli innocenti  e ha svolto una riflessione, in cui ha sottolineato l’«avventura bella» della famiglia che, a immagine di Dio, uomo e donna, «è una sola». Nel discorso pronunciato a braccio il Pontefice si è soffermato sul tema dell’accoglienza della vita, che è «il dono più grande», anche quando si presenta segnata dalla malattia e dalla disabilità. E, riferendosi all'aborto ha esplicitamente parlato di omicidio di bambini, eliminati solo per garantirsi vite tranquille. Ripensando al razzismo e alle pratiche eugenetiche dei nazisti, ha commentato con tristezza che oggi facciamo lo stesso, ma «con i guanti bianchi».
Innanzitutto è ora che si smetta di parlare di uomo e di donna, ma è giunto il tempo di ricordare che al centro del messaggio evangelico la persona : ciò che fa il mondo è l'amore tra le persone e non la vecchia divisione tra uomo e donna! Ciò che il mondo è l'amore che nasce dal cuore di ogni individuo, al di là della divisione di sesso, razza o altro!
E poi è davvero sconcertante  il paragone del papa tra le leggi nazisti che, per curare la "purezza della razza", permettevano legalmente di eliminare gli "indesiderati" (ebrei, rom, handicappati), e la situazione di donne che, infine, decidono di abortire. Quelli voluti da Hitler erano in realtà delitti di Stato, frutto di una diabolica presunzione di onnipotenza; ma quando una donna - dopo sofferenza, dubbi e crisi di coscienza - decide infine di non poter più portare avanti la gestazione, non ha bisogno di giudici, ma di persone che le stiano accanto con affetto, e magari in silenzio, aiutandola in un momento difficilissimo della sua vita. Mettere insieme fatti del tutto diversi, per accomunarli in un unico giudizio rischia di dare un'errata e polemica visione della realtà: e d'altra parte spesso la Chiesa usa questi riferimenti storici che diventano anti-storici e dannosi.

ACCOGLIENZA

Il cielo era senza nuvole. L'accoglienza calorosa. I volti sorridenti. I passeggeri e i membri dell'equipaggio dell'Aquarius sono sbarcati domenica sulle banchine del porto di Valenza, subito circondati, presi in carico per le prime cure. Immagini commoventi e soprattutto rassicuranti. Perché, che cosa avrebbe fatto l'Aquarius, con il suo “carico” di 630 uomini, donne, bambini, se la Spagna non avesse alzato il dito per dire: “Accolgo”? La Francia avrebbe anche lei finito per proporsi? L'Italia sarebbe tornata a migliori disposizioni? Porre tutte queste domande equivale a dire che, ormai, nessuna risposta è evidente. La decisione della Spagna di permettere a questi migranti di posare il piede sul suo suolo ha solo offerto un breve momento di respiro: la crisi, che rischia di far implodere l'Europa, non sarà oggi. Ma forse domani, se vi si presta attenzione. Perché in Germania il ministro dell'interno minaccia di far fallire la coalizione facendo pressione perché un richiedente asilo già registrato in un altro paese dell'UE vi sia rimandato. Si è perfino formato un “asse” contro l'immigrazione illegale sotto l'impulso dei ministri dell'interno tedesco, austriaco e italiano... La questione migratoria sta avvelenando le relazioni intraeuropee e sta minando le fondamenta dell'Unione. Da mesi, i capi di Stato e di governo rinviano il problema. Il vertice del 28 e 29 giugno deve essere imperativamente l'occasione di rivedere le regole e le modalità di accoglienza dei migranti. Ricordando le parole preziose del preambolo della Carta dei diritti fondamentali dell'UE: “Consapevole del suo patrimonio spirituale e morale, l'Unione si fonda sui valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di eguaglianza e di solidarietà”.
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di Florence Couret in “La Croix” del 18 giugno 2018

mercoledì 13 giugno 2018

LA PORTA

Apro la porta e non trovo nessuno.
Sempre, apro la porta.
Mi dico: aspetto!
Un giorno qualcuno verrà.
Qualcuno che desidera vedermi,
qualcuno che desidera ascoltarmi.
Ci vuole pazienza.
Bisogna avere una forte speranza.
Avere fiducia...
Desidero la visita di qualcuno,
desidero che qualcuno venga ad 
ascoltarmi.
Desidero che qualcuno bussi alla
mia porta.
(Wopko Jensma - Africa del Sud)


martedì 5 giugno 2018

CHE I PRETI PARLINO DELLA LORO VITA AFFETTIVA!

Padre Michael Davide Semeraro, benedettino della comunità Koinonia della Visitazione in Val d'Aosta, è autore di un libro sulla sessualità dei preti ('La vérité vous rendra libres. Spiritualità et sexualité du prêtre', Salvator, p. 152, € 16). 

Qual è la sua opinione sugli scandali di abusi sessuali che scuotono la Chiesa da qualche anno? 
L'indignazione è necessaria, ma non è sufficiente. Dobbiamo andare oltre e riflettere sui segni che questi scandali ci mandano. Dobbiamo lasciarci interrogare più in profondità sul modo in cui la Chiesa prende in considerazione la dimensione affettiva e sessuale nella vita di fede, per entrare in un vero processo di conversione. Con gli apporti delle scienze umane, ma anche dopo il Concilio Vaticano II, il nostro modo di parlare e di vivere la sessualità è cambiato. Un tempo considerata cattiva in sé, la sessualità è ritenuta oggi un elemento della nostra vita spirituale. Anche i preti devono prendere in considerazione la loro umanità e viverla. Questo non rimette in discussione la possibilità di avere una vita casta. Ma la teologia della proibizione che era alla base del celibato un tempo non è più sufficiente. La Chiesa, in tutti i suoi settori di vita, e in particolare nel suo clero, è chiamata a misurarsi in maniera radicalmente nuova con la sfida della propria fragilità. 
Insomma, la religione dell'incarnazione deve incarnarsi ulteriormente? 
Esattamente. Si è pensato che la spiritualità potesse risolvere tutto, ma la grazia presuppone la natura e anche, aggiunge papa Francesco, la cultura. Rimettere al centro il mistero dell'incarnazione come ci invita a fare, ha delle conseguenze molto forti: per tutto ciò che riguarda la nostra fedeltà al Vangelo bisogna sempre passare dalla carne. Non c'è storia della salvezza che non sia radicata nel reale, e il reale è il nostro corpo e le nostre emozioni. Ora, il rischio è che i preti, cioè coloro che, talvolta con molto amore, donano agli altri la possibilità di confidarsi intimamente, siano personalmente incapaci di aprirsi fino in fondo, ed è pericoloso. Bisogna dar loro la possibilità di parlare della loro vita affettiva, delle gioie che ci sono a vivere una vita casta ma anche delle loro fatiche, delle loro difficoltà e delle loro cadute. Quando ci si rinchiude sulla paura e sul senso di colpa, si diventa ancora più fragili e vulnerabili. Questo vale per tutti, anche per i preti. Liberare la parola senza paura, riconoscere le nostre fragilità è un passo molto importante per poter o rettificare le nostre vite, o prendere una strada diversa. 
Come uscire dalle chiusure attuali?
Bisogna cambiare il nostro modo di concepire il ministero ordinato. Quando si comincia a pensare che si è ricevuta una consacrazione che viene unicamente dall'alto, cioè quando parto dall'idea che sono un uomo sacro, privilegiato, che ha un contatto diretto con Dio – questo può creare l'illusione di avere un potere infinito sugli altri e di essere un po' esentato dalle regole morali a cui sono sottoposti gli altri. Ci si mette su di un piedistallo, si entra in una mentalità di casta. È la tentazione di cui parla papa Francesco nell'esortazione apostolica sulla santità, Gaudete et exsultate, quella dello gnosciticsmo, dell'élite. Per uscire dalla mentalità di casta, bisogna cominciare col fare un passo molto importante, mettersi allo stesso livello degli altri, anche quando si ha un ministero diverso per gli altri. Papa Francesco insiste molto su questo quando si rivolge ai preti: l'ordinazione presbiterale come la consacrazione monastica sono un modo di vivere il battesimo a servizio della comunità
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Estratto da “La Croix” del 4 giugno 2018

domenica 3 giugno 2018

“Accogliere lo straniero e accogliere Dio sono due atteggiamenti strettamente connessi”.

Mi permetto di segnalare un interessante spunto biblico del pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle chiese evangeliche in Italia (FCEI), sul tema dell’ospitalità all’Assemblea della Conferenza delle chiese europee (KEK) in corso a Novi Sad (Serbia).

Il testo biblico commentato da Negro è Genesi 18:1-8 che racconta di come Abramo, accogliendo tre stranieri presso le querce di Mamre, dov’era accampato, accolga in realtà Dio stesso. “Attraverso l’ospitalità, Abramo fa l’esperienza di Dio”.

Una interpretazione del testo che la spiritualità cristiana ha sempre affermato, come per esempio nel caso di una famosa icona ortodossa di Andrey Rubliov che riproduce proprio questo episodio ed è conosciuta con due nomi: “Icona della Trinità”, ma anche “Icona della filoxenia di Abramo”.

La filoxenia, l’amicizia verso lo straniero, è così una chiave di lettura non solo etica ma anche teologica del brano biblico che si staglia in contrapposizione con il racconto che subito segue: il giudizio e la distruzione di Sodoma (Genesi 19). La filoxenia di Abramo che porta all’incontro con Dio e alla benedizione, si contrappone alla xenofobia degli abitanti di Sodoma che minacciano gli stessi stranieri accolti dal patriarca, attirando su di sé la maledizione.

In un’Europa in cui le migrazioni sono una questione difficile e causa di conflitti, dove molti ritengono che tutti i rifugiati e i richiedenti asilo che tentano di raggiungere l’Europa per scappare dalla guerra o dalla fame debbano essere respinti, “dobbiamo scegliere da che parte stare”, ha ammonito Negro.

“Dalla parte di Abramo e Sara che offrono ospitalità ai tre stranieri, o dalla parte dei ‘sodomiti’ di oggi che non sono le persone omosessuali, ma coloro che predicano l’odio verso gli stranieri”.

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