Il Concilio Vaticano I nella Costituzione dogmatica Dei Filius (anno 1870), cap. III, definì che “si
devono credere con fede divina e cattolica tutte quelle cose che sono contenute nella parola di
Dio, scritta o trasmessa per tradizione (in verbo Dei scripto vel tradito continentur) e che
vengono proposte dalla Chiesa [...] come divinamente ispirate e pertanto da credersi”
(Denzinger – Hünermann, n. 3011).
Ciò significa che ogni affermazione (o ogni pratica) che non rientri nel contenuto di quest’affermazione dogmatica
può essere modificata dall’autorità suprema della Chiesa. Certo, bisogna
stare attenti e non dare loro un valore assoluto ed intoccabile, poichè - per fare un
esempio - per secoli si è pensato che era verità di fede che il sole girasse intorno alla terra, fino al
punto di condannare Galileo quando affermò il contrario.
Un problema importante che oggi ha la Chiesa con riferimento alle “verità di fede”, sta nel fatto che
possano esserci - ed a volte capita che ci sono - fatti “storici” o “sociologici” ai quali si dà un
“valore dogmatico”. Proprio questo succede quando ci chiediamo se le donne o le persone sposate
potranno essere preti.
Per quanto riguarda le donne, nell’Antichità non avevano gli stessi diritti degli uomini. Per questo
non potevano essere testimoni ufficiali di nulla. Né prendere decisioni su altri, né su loro stesse. È logico che in tali condizioni non potevano
rivestire incarichi di responsabilità in istituzioni pubbliche. Oggi la situazione sociale e giuridica
della donna è completamente diversa. Ed in ogni caso quello che non si può fare è trasformare in
rivelazione divina quello che non è altro che una situazione sociale già superata. La Chiesa non avrà
credibilità finché continuerà a conservare la disuguaglianza della donna in dignità e diritti rispetto
all’uomo.
Per quanto riguarda le persone sposate, il Vangelo non impone nessun obbligo rispetto al celibato.
D’altra parte, l’apostolo Paolo dice che è un diritto degli apostoli vivere e viaggiare con una donna
cristiana, come facevano Pietro ed i parenti del Signore (1 Cor 9,5). La continenza dei preti iniziò
ad imporsi agli inizi del secolo IV nel concilio di Elvira (Granada). E la legge del celibato si impose
progressivamente nel Medioevo. Fu stabilita come legge a partire dal II Concilio lateranense (nel
1138).
La legge del celibato non ha fondamento biblico. E si basa principalmente sulle idee e sul
puritanismo che provenivano dallo stoicismo dei greci del sec. V a. C..
Come giustifica la Chiesa la volontà di non cambiare questa legge, quando ogni giorno ci sono
sempre meno preti e quindi molte parrocchie e comunità che non possono avere la loro vita cristiana
organizzata e gestita come la stessa Chiesa impone obbligatoriamente? È urgente che la Chiesa
studi questa questione a fondo e senza paura. Per cercare la soluzione alla quale i fedeli cristiani
hanno diritto. Se non si farà in questo modo, sarà inevitabile verificare un fatto che esiste già: laici che dovranno celebrare l’Eucaristía senza prete.
In questa delicata questione è di somma importanza tenere presente che la dottrina della Sessione
VII del Concilio di Trento sui sacramenti non contiene definizioni dogmatiche. Grazie agli Atti del
Concilio si sa che i vescovi ed i teologi che presero le decisioni sui sacramenti, non arrivarono a
mettersi d’accordo su un punto fondamentale: se condannavano come “eresie” o respingevano come
“errori” le dottrine e le pratiche che avevano respinto in questa Sessione VII (Denz.-Hün., 1600-
1630). Di conseguenza, la Chiesa può e deve sentirsi libera nel prendere, in tema di sacramenti e di
liturgia, le decisioni che la stessa Chiesa consideri in questo momento come più urgenti e necessarie
per il maggior bene spirituale e cristiano dei fedeli.
______________________________________________________________________________José María Castillo in “ www.periodistadigital.com” del 27 giugno 2018