lunedì 30 novembre 2015

"La riflessione rappresenta il tentativo di appropriazione del proprio sforzo di esistere e del proprio desiderio di essere attraverso le opere che testimoniano quello sforzo e quel desiderio."
(Paul Ricoeur)
"Poiché il tempo non è una persona che potremo raggiungere sulla strada quando se ne sarà andata, onoriamolo con letizia e allegrezza di spirito quando ci passa accanto."
(Johann Wolfgang Goethe)

sabato 28 novembre 2015

IN NOME DI...CANCELLIAMO IL NATALE???

«Un concerto di canti religiosi a Natale, dopo quello che è successo a Parigi, sarebbe stata una provocazione pericolosa». Lo ha detto il preside dell’istituto Garofani di Rozzano, e meno male che la sua autorità si ferma alle porte della scuola, perché se fosse diventato sindaco (è stato candidato di una lista civica) chissà che altro avrebbe potuto proibire per evitare provocazioni: tutte queste donne a capo scoperto, per esempio; o il rock, musica satanica; o lo spudorato consumo di alcol in pubblico. Pur essendo favorevoli all’idea di dare più poteri ai presidi nelle scuole, dobbiamo confessare che ieri abbiamo vacillato di fronte a questa performance. Purtroppo, spesso per pura ignoranza, c’è chi in Italia confonde l’obbligo alla laicità del nostro sistema educativo con la negazione della religione. Il nostro preside, che gestisce una scuola in cui il 20% degli studenti è straniero, ritiene che il suo compito sia quello di nascondere ai genitori musulmani che il restante 80% è fatto da cristiani. Invece di promuovere un dialogo, per esempio spiegando ai bimbi cristiani in che cosa consista il credo dei loro compagni di banco islamici e viceversa, il preside promuove il silenzio, la censura, estesa fino al canto di Natale (c’è un istituto a Fonte Nuova, in provincia di Roma, dove hanno addirittura fatto sparire il bambinello dal presepe). In compenso la scuola di Rozzano trabocca di alberi di Natale e di Babbi Natale, quasi come a dire che far festa si può, ma senza religione. Il guaio è che il 25 dicembre, per quanto multietnici vogliamo diventare, si celebra la nascita di un personaggio storico chiamato Gesù Cristo. Che tra l’altro, è rispettato e venerato anche dalla religione islamica, come potrebbero spiegare tutti i genitori musulmani che ieri, intervistati davanti alla scuola, hanno tenuto a precisare che non si sarebbero sentiti neanche lontanamente offesi da Tu scendi dalle stelle . Dunque, cari presidi italiani, sinite parvulos …
Antonio Polito in “Corriere della Sera”

venerdì 27 novembre 2015

PILLOLA DI SAGGEZZA

"Nella realtà odierna l'unico modo di risolvere le divergenze è il dialogo ed il compromesso, la comprensione umana e l'umiltà."
(Tenzin Gyatso)

mercoledì 25 novembre 2015

Processo in Vaticano. Ma la colpa è dei giornalisti oppure dei responsabili dei gravi scandali?

Comunicato stampa
Colpa dei giornalisti o dei responsabili degli scandali? Opinione pubblica e Popolo di Dio sul processo in Vaticano.
Credo di non sbagliarmi nel ritenere che l’opinione pubblica (e, al suo interno, gran parte dell’opinione “cattolica”) abbia un punto di vista diverso di quello delle autorità del Vaticano e del direttore dell’ “Avvenire” sul processo che si apre domani. Turba e scandalizza molto quanto è venuto alla luce nei libri di Fittipaldi e Nuzzi, non tanto o soprattutto il comportamento dei due giornalisti. Il credente si sente in sintonia con l’ “oportet ut scandala eveniant” del vangelo di Matteo (18, 7). Niente è stato smentito di quanto è stato scritto. Quanto è venuto alla luce sui beni della Chiesa e sulla loro pessima gestione è veramente pesante per il cattolico in Italia e nel mondo (penso ai paesi della povertà di cui è partecipe pure la Chiesa locale). Lo è soprattutto per il credente che soffre personalmente, e con la sua famiglia, per difficili condizioni di vita ma lo è anche per il credente impegnato in iniziative di solidarietà a favore dei sofferenti e degli ultimi. Il cattolico “qualsiasi” spera che papa Francesco ce la faccia e lo appoggia nei confronti di quella parte della curia vaticana che è responsabile delle malefatte. Prendersela anzitutto coi giornalisti evitando di entrare nel merito dei fatti denunciati mi sembra un sistema troppo comodo e del tutto inaccettabile.
Vittorio Bellavite
coordinatore nazionale di “Noi Siamo Chiesa”
Roma, 23 novembre 2015

UN MIRACOLO

<<  In un campo ho veduto una ghianda : sembrava così morta, inutile. 
E in primavera ho visto quella ghianda mettere radici e innalzarsi, giovane quercia verso il sole.
Un miracolo, potresti dire: eppure questo miracolo si produce mille migliaia di volte nel sonno di ogni autunno e nella passione di ogni primavera.
Perché non dovrebbe prodursi nel cuore dell'uomo? >>
(Kahlil  Gibran)

Cercate Dio

<<Cercate Dio, trovatelo e fate di lui una forza nella nostra vita. Senza di lui tutti i nostri sforzi si riducono in cenere e le nostre aurore diventano le più oscure delle notti. Senza di lui, la vita è un dramma senza senso a cui mancano le scene decisive. Ma con lui noi possiamo passare dalla fatica della disperazione alla serenità della speranza. Con lui noi possiamo passare dalla notte della disperazione all'alba della gioia.>>   (Martin Luther King)

VOGLIO UNA SPERANZA

(Luca 18,35-42)  Com'egli si avvicinava a Gerico, un cieco che sedeva presso la strada, mendicando, udì la folla che passava, e domandò che cosa fosse. Gli fecero sapere che passava Gesù il Nazareno. Allora egli gridò: «Gesù, Figlio di Davide, abbi pietà di me!» E quelli che precedevano lo sgridavano perché tacesse; ma lui gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!» Gesù, fermatosi, comandò che il cieco fosse condotto a lui; e, quando gli fu vicino, gli domandò: «Che vuoi che io ti faccia?» Egli disse: «Signore, che io ricuperi la vista». E Gesù gli disse: «Ricupera la vista; la tua fede ti ha salvato».

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...Attendo alle mie preoccupazioni e molto di più alle preoccupazioni quotidiane, mando email, sollecito risposte,...cerco di finire a maglia il golf a maglia,...preparo il biglietto con gli auguri...Penso alla spesa di sabato,e al fine settimana denso di meravigliosi impegni, alla colazione del lunedì mattina...in un tempo che scorre sempre troppo in fretta.
Ma tutto questo mi sta intorno come un sogno, fatto di immagini frettolose e quasi prive di volto, mentre non riesco a impedire il dilagarmi dentro di un'onda di inchiostro nero e denso, da cui emergono come lampi improvvisi anch'essi oscuri le voci di ragazze e ragazzi che compleanni non ne festeggiano più, e gli occhi affranti e vuoti di chi di colpo si trova ad avere solo una fotografia e i ricordi per continuare a vivere insieme con qualcuno che la settimana scorsa era vivo, e ci potevi litigare o telefonare o pensare a che cosa preparargli per pranzo, e ora è solo una luce spenta, a rendere ancora più buio il buio che ho, che abbiamo, attorno e dentro.
Voglio che la catena degli uccisi di kamikaze o di bombe si interrompa, voglio che si plachi l'urlo di chi rischia ogni giorno di morire per i soldi, o per le idee, di un altro.
Nascondo la mano per non tenderla a politici,opinionisti, sedicenti saggi osservatori, amici più falsi di quelli di Giobbe,che mi passano accanto tutti i giorni, capaci solo di offrirmi sbocconcellate parole di consolazione o pane rancido di inutile vendetta mentre continuano a vendere e a comprare odio in cambio di potere, petrolio in cambio di anime, armi in cambio della consapevolezza umiliante dell'impossibilità di una soluzione.
E voglio essere salvata.
Voglio essere ascoltata quando piango per la paura di non potere vedere un vero domani per questa nostra calpestata umanità.
Voglio poter sperare che, se non io, chi verrà dopo di me potrà davvero di nuovo essere felice di vivere, senza timore di farlo al prezzo delle vite degli altri, senza doversi comprare il respiro con il prezzo dell'ignoranza, dell'intolleranza, delle frasi fatte e del <<tanto, non è capitato a me>>.
Voglio che il buio finisca, voglio che la luce splenda.
Mi hanno detto che sta arrivando qualcuno che fa miracoli, che è capace di ordinare alla morte di andarsene, che sa scacciare i demoni.
Urlerò a lui con tutte le mie forze, senza fermarmi, senza ascoltare quelli che vorranno farmi stare zitta, dovessi non fare altro in tutta la vita che mi rimane. Griderò a lui.
E non so perché, ma sono certa che lui ci ascolterà.
Estratto da "Riforma.it" di Giovanna Vernarecci

lunedì 23 novembre 2015

 25 NOVEMBRE:
GIORNATA MONDIALE CONTRO
 LA VIOLENZA SULLE DONNE!

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha dichiarato nel 1999 il 25 novembre “Giornata internazionale contro la violenza alle donne”, per ricordare tutte le donne vittime di violenza.
La Giornata venne istituita con la risoluzione 54/134 dell'Onu, invitando governi, organizzazioni governative e non governative, media e società civile a sensibilizzare sulla violenza di genere le società.
In particolare, è stato scelto il 25 novembre poiché è la data in cui vennero uccise le tre sorelle Mirabal, assassinate nel 1960 nella Repubblica Dominicana per il loro impegno politico contro l’allora dittatore Trujillo.
Tale data è diventata così il simbolo dell’atto d’accusa della società civile nei confronti del fenomeno, purtroppo ancora in crescita, della violenza sulle donne.

sabato 21 novembre 2015

PAROLA D'ORDINE:

<<  Not in my name  >>

Francesco denuncia il traffico di armi: «Siete delinquenti»

Dopo gli attentati di Parigi l’Europa si avvia allo scontro armato e papa Francesco ieri ha pronunciato una vera e propria scomunica: siano «maledetti» ha esclamato, durante la messa a Santa Marta, quanti per arricchirsi fanno la guerra, che provoca vittime innocenti e riempiono le tasche dei trafficanti. «La guerra — ha denunciato — è proprio la scelta per le ricchezze: ’Facciamo armi, così l’economia si bilancia un po’, e andiamo avanti con il nostro interesse’. C’è una parola brutta del Signore: ’Maledetti!’. Perché Lui ha detto: ’Benedetti gli operatori di pace!’. Questi che operano la guerra, che fanno le guerre, sono maledetti, sono delinquenti».
E poi ha sollevato il velo sulla retorica che sta accompagnando gli attacchi in Medio Oriente, Terzo conflitto mondiale non dichiarato ufficialmente: «Una guerra si può giustificare, fra virgolette, con tante, tante ragioni. Ma quando tutto il mondo, come è oggi, è in guerra, tutto il mondo!, è una guerra mondiale a pezzi: qui, là, là, dappertutto, non c’è giustificazione».
Il papa torna a chiedere un nuovo cammino sulla «strada della pace», a partire dalla lezione del Vangelo: «Anche oggi Gesù piange — ha sottolineato Bergoglio — perché noi abbiamo preferito la strada delle guerre, la strada dell’odio, la strada delle inimicizie. Siamo vicini al Natale: ci saranno luci, ci saranno feste, alberi luminosi, anche presepi, tutto truccato: il mondo continua a fare la guerra. Il mondo non ha compreso la strada della pace». Anche le commemorazioni recenti sulla Seconda guerra mondiale sembrano adesso vuote: «Stragi inutili — ha ripetuto il pontefice -, dappertutto c’è la guerra, oggi, c’è l’odio. Cosa rimane di una guerra, di questa, che noi stiamo vivendo adesso? Rovine, migliaia di bambini senza educazione, tanti morti innocenti: tanti! e tanti soldi nelle tasche dei trafficanti di armi.
E mentre i trafficanti di armi fanno il loro lavoro e intascano tanti soldi — ha continuato papa Francesco — ci sono i poveri operatori di pace che soltanto per aiutare una persona, un’altra, un’altra, danno la vita, morendo per aiutare la gente». Uno j’accuse che chiama in causa anche l’Italia: nella costituzione è scritto che la repubblica ripudia la guerra ma basta — però — farla senza dichiararla. «Questo mondo non riconosce la strada della pace — ha rimarcato il papa — Vive per fare la guerra, con il cinismo di dire di non farla. Chiediamo la conversione del cuore. Proprio alla porta di questo Giubileo della Misericordia, che il nostro giubilo, la nostra gioia sia la grazia che il mondo ritrovi la capacità di piangere per i suoi crimini, per quello che fa con le guerre»....
Durante la conferenza internazionale del Pontificio consiglio degli operatori sanitari, Bergoglio si è scagliato anche contro il rifiuto della cultura dell’accoglienza. Ricordando gli «atteggiamenti abituali di Gesù nei confronti di malati, pubblici peccatori, indemoniati, emarginati, poveri, stranieri», ha proseguito: «Curiosamente questi nella nostra attuale cultura dello scarto sono respinti, sono lasciati da parte, non contano. E’ curioso questo, questo vuol dire che la cultura dello scarto non è di Gesù, non è cristiana».
Nel suo discorso dedicato ai venti anni della enciclica di Giovanni Paolo II “Evangelium vitae”, Bergoglio ha ricordato: «Questa vicinanza all’altro, fino a sentirlo come qualcuno che mi appartiene, supera ogni barriera di nazionalità, di estrazione sociale, di religione. Supera anche quella cultura in senso negativo secondo la quale, sia nei paesi ricchi che in quelli poveri, gli esseri umani vengono accettati o rifiutati secondo criteri utilitaristici, in particolare di utilità sociale o economica».
Superare ogni barriera di nazionalità, di estrazione sociale, di religione, conclude il papa: «Vicinanza all’altro, fino a sentirlo come qualcuno che mi appartiene, fino ad amare il nostro nemico». 
Adriana Pollice su "Il Manifesto".

L'ALTRA FACCIA DELL'ISLAM



venerdì 20 novembre 2015

In questi giorni continuiamo ad approfondire per cercare di capire perché siamo arrivati a questo scontro, a questo non-dialogo, a questa incapacità di comprensione, .....a questo odio. Era il dubbio e la vita di don Andrea Santoro. Di lui riporto alcune brevissime note biografiche. Ma vi invito a cercare qualche suo testo di riflessione. Io ho trascritto questa sua preghiera che voglio con voi condividere in questi tempi così tremendi e dolorosi.


Don Andrea Santoro è nato a Priverno (LT) il 7/9/1945 (era un venerdì) e fu registrato con il nome di Andrea Silvio. E' vissuto a Priverno fino al 16/01/1956, anno del trasferimento definitivo della famiglia a Roma. Nel 1958 entra nel Seminario minore di Roma, dove frequenta la 3° media e gli studi di liceo. Completati gli studi di teologia presso l'Università Pontificia Lateranense, viene ordinato sacerdote il 18 ottobre 1970.Svolge la sua attività pastorale di viceparroco nelle parrocchie di S.S. Marcellino e Pietro (1970-1971) e della Trasfigurazione (1972-1980).Nel 1980 chiede di trascorrere 6 mesi in Medio Oriente prima di iniziare la sua attività di parroco, a cui era stato destinato, nella periferia di Roma, nuovo quartiere Verderocca, per "costruire" la Chiesa (comunità di "pietre vive" e di mattoni). Don Andrea intitola la parrocchia "Gesù di Nazareth" e la guida, come parroco, dal 1981 al 1993. Trascorre ancora alcuni mesi nel Medio Oriente prima di assumere l'incarico di parroco (1994) nella parrocchia dei S.S. Fabiano e Venanzio da cui, l'11 Settembre del 2000, parte per la Turchia.Il 5 febbraio 2006 viene ucciso nella chiesa di S. Maria a Trabzon mentre pregava con la bibbia in lingua turca tra le mani, trapassata da uno dei proiettili che lo hanno colpito ai polmoni.
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"Meryem anà", la preghiera a Maria composta da don Andrea Santoro

Maria Donna di Gerusalemme
Dove ti offristi con Gesù ai piedi della croce,
Maria Donna del Cenacolo
Dove raccogliesti il soffio dello Spirito Santo,
Maria Donna di Efeso,
Dove giungesti con Giovanni "tuo figlio"
Inviato in missione dallo Spirito: prega per noi.
Maria madre delle pecore fuori dall'ovile,
Madre di chi non conosce tuo figlio,
Madre di coloro che "non sanno quello che fanno:
Prega per noi.
Maria madre delle anime senza vita,
Madre delle menti senza luce,
Madre di cuori senza speranza,
Madre dei figli che uccisero tuo Figlio,
Madre dei peccatori, madre del ladrone non pentito,
Madre del figlio non ritornato: prega per noi.
Maria madre di chi non lo ha seguito,
Madre di chi lo ha rinnegato,
Madre di chi è tornato indietro,
Madre di chi non è stato chiamato: prega per noi.
Maria madre di coloro che vanno come Giovanni
A cercare i figli di Dio dispersi,
Madre di quelli che scendono agli inferi
Per annunciare ai morti la Vita: prega per noi.
Maria madre vieni a vivere con me:
Vieni nella casa dove mi chiede di abitare,
Vieni nella terra dove mi chiede di andare,
Vieni tra gli uomini che mi chiede di amare,
Vieni nelle divisioni che mi chiede di sanare,
Vieni nei cuori che mi chiede di visitare.
Vieni a casa mia a farmi da madre,
Vieni Maria a darmi il tuo cuore di madre.
"Meryem anà" "Maria Madre" di tutti i popoli
Prega per noi.


Don Andrea Santoro

UN GRAN BEL PERSONAGGIO,MA....

Il papa come Martin Luther King e Dietrich Bonhoeffer? Attenzione ai paragoni affrettati

L'istituzione papale non è molto cambiata dai tempi di Lutero: il professor Vittorio Subilia, massimo studioso protestante del cattolicesimo, era solito ripetere che il dogma fondamentale del cattolicesimo sta nella concezione della chiesa come prolungamento dell’incarnazione. Il papa viene identificato come il vicario, colui che sta temporaneamente al posto di Cristo.

Si è scritto che con Bergoglio si apre una stagione nuova e ricca di speranze per l'ecumenismo ( non ha solo parlato chiaro ma anche agito coerentemente), ma proprio il papato rappresenta il maggior ostacolo sulla strada ecumenica. Anche per quella “unità nella diversità”, come va di moda dire oggi.

Anche qui su Riforma.it il caporedattore di Jesus, Giovanni Ferrò, scrive che ascoltare il papa è come ascoltare Martin Luther King o Dietrich Bonhoeffer. Non è un paragone un po' affrettato?

Otto secoli fa, sia l'altro Francesco, quello di Assisi, che il nostro Valdo di Lione hanno operato per una chiesa povera, priva di potere e guidata solo dallo Spirito. Il movimento di Francesco era compatibile con la dottrina della chiesa cattolica, quello di Valdo, che non praticava solo la povertà ma predicava liberamente l'Evangelo, senza l'autorizzazione del vescovo, fu considerato eretico.

Agli italiani e alle televisioni tutto questo non interessa: le chiese si occupino del prossimo, facciano del bene. Se no, cosa ci stanno a fare?

La riforma protestante, alla continuità Dio-Cristo- Chiesa-umanità, contrappone il sola gratia, sola fide, sola scriptura. La Riforma non poteva trasformare dall'interno il cattolicesimo, ma solo porsi come alternativa. La Riforma protestante è stata una vera riforma perché ha operato una rivoluzione. Ha abolito il clero, la gerarchia e con essa il papa, preteso vicario di Cristo. La Scrittura afferma che «vi è un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Gesù Cristo uomo».
Marco Rostan su "Riforma.it"

giovedì 19 novembre 2015

CONDIVIDO E SPOSO PIENAMENTE LA PROPOSTA DEL PRIORE ENZO BIANCHI

Come si esce da questa spirale di violenza? Con l’arrendevolezza, la pusillanimità, la rassegnazione? No di certo, ma con la forza, la risolutezza, la tenacia di chi si oppone al male con il bene, di chi tesse ogni giorno la tela dell’umanità e della fraternità., nonostante la consapevolezza che forze più o meno oscure di barbarie sono all’opera per lacerare questo tessuto di civiltà. L’ora degli operatori di pace non conosce stagioni: sono chiamati a lavorare nei giorni e nei luoghi tranquilli così come nelle zone e nei tempi di guerra; per loro non c’è corsa alle armi perché non stanno mai fermi con le loro mani e i loro cuori disarmati. Ingenui buonisti? Così sono chiamati con malcelato disprezzo, così li chiamavano anche quanti oggi ammettono di aver mentito e si pentono degli errori commessi ai tempi della guerra in Iraq. Ma nella storia sono proprio gli operatori di pace a essersi rivelati portatori di speranza e realizzatori di utopie, a differenza di quanti si ritenevano realisti e spietati ed erano osannati per la loro carica di rabbia, per l’orgogliosa pretesa di spegnere un fuoco con un incendio ancora più grande. Ci vuole infatti molto più coraggio a lottare incessantemente per tutta una vita con la forza disarmata della ragione che a svuotare in un minuto il caricatore di un’arma automatica, a indossare un’unica volta un giubbotto esplosivo o a premere in un batter d’occhio il bottone di sganciamento di una bomba. E ci vuole più coraggio ad affermare con forza, coerenza e responsabilità le proprie convinzioni di pace e a tradurle in azioni concrete che a gettare irresponsabilmente benzina sul fuoco della frustrazione e della paura con parole che uccidono come pietre.
La risposta al terrorismo non è e non può essere implementare o esportare il terrore: può solo essere rinsaldare la nostra intima resistenza al male, lavorare per la verità e la giustizia, costruire la pace anche al cuore delle macerie di guerra. Ma per credere veramente nell’umanità, occorre ascoltare la ragione, impegnarsi nel dialogo con una parola scambiata, restare miti ricercatori della pace. Se non ora, quando?
Pubblicato su: La Repubblica

mercoledì 18 novembre 2015

SI RINNOVA IL "PATTO DELLE CATACOMBE"

Cinquant’anni dopo quello romano, il documento è stato presentato nelle catacombe di san Gennaro a Napoli. Tra i firmatari mons. Bettazzi, padre Zanotelli, don Luigi Ciotti (Libera), don Antonio Loffredo (parroco rione Sanità), don Armando Zappolini (Cnca), don Renato Sacco (Pax Christi) e don Virgino Colmegna (Casa della carità)

NAPOLI – Si rinnova il Patto delle Catacombe, cinquant’anni dopo quello romano. Sono oltre trecento i firmatari del documento che è stato presentato nelle catacombe di san Gennaro al Rione Sanità a Napoli il 16 novembre 2015, per una “Chiesa povera e dei poveri”, tra cui monsignor Luigi Bettazzi, padre Alex Zanotelli, don Luigi Ciotti, presidente di Libera, don Antonio Loffredo, parroco nel rione Sanità di Napoli, il toscano don Armando Zappolini, presidente delle Cnca, il piemontese don Renato Sacco coordinatore nazionale Pax Christi e don Virgino Colmegna, presidente della Fondazione Casa della carità di Milano.
“Il messaggio che vogliamo lanciare con questa iniziativa è chiaro – spiega don Colmegna – Avere attenzione per i poveri non significa addentrarsi in una dimensione distante da noi, ma riconoscere quello che tutti noi siamo, a prescindere dalla nostra condizione economica. Inoltre, rinnovare questo patto storico, insieme a tanti sacerdoti amici, a credenti e non credenti, a persone in ricerca, proprio in questi giorni assume un valore particolare, in un momento in cui la violenza sembra prevalere. È un gesto di speranza”.
Il primo documento di questo genere fu firmato il 16 novembre del 1965 quando, pochi giorni prima della chiusura del Concilio Vaticano II, una cinquantina di padri conciliari celebrarono un’Eucaristia nelle Catacombe di Domitilla a Roma. Era il gruppo dei vescovi della “Chiesa dei poveri” che alla fine del Concilio decise di scendere nelle catacombe, simbolicamente “ai margini”, per firmare il “Patto delle Catacombe”: i firmatari si impegnavano personalmente a vivere da Chiesa “povera e dei poveri” e hanno poi vissuto questo impegno fino in fondo con scelte concrete. Di quel gruppo di religiosi è sopravvissuto solo il vescovo Luigi Bettazzi, allora ausiliare del cardinale Giacomo Lercaro di Bologna, che è stato presente alla formalizzazione del nuovo patto nelle catacombe napoletane.
È significativo che questo rinnovato Patto, che trae spunto da quello del 1965,  sia avvenuto nelle catacombe di san Gennaro al Rione Sanità, uno dei quartieri più in difficoltà di Napoli, dove pochi giorni fa è avvenuto di fronte alla chiesa principale l’ennesimo omicidio in piazza: per questo i preti napoletani firmatari del Patto stanno promuovendo una mobilitazione popolare sfocerà in una marcia il prossimo 5 dicembre attraverso le strade cittadine, per chiedere la videosorveglianza nelle strade e l’apertura pomeridiana delle scuole, per sottrarre i giovani alla criminalità organizzata.
Il Patto delle Catacombe è anche per combattere l’impoverimento diffuso: per questo “in solidarietà con i poveri”, i firmatari del patto si sono impegnati, così come recita uno dei dodici punti del nuovo Patto a “rimettere in discussione il sistema economico-finanziario i cui effetti devastanti si toccano con mano in questo sud così martoriato e maltrattato”, in totale solidarietà con Papa Francesco che chiede “una Chiesa povera e per i poveri”. 
da "Redattore Sociale"

PARLA AMOS OZ :ORA TOCCA ALL'ISLAM MODERATO!

«Non sono un pacifista, non lo sono mai stato e certo non lo sono ora di fronte agli ultimi avvenimenti. Non sono mai stato contrario alla necessità che, quando serve, occorre utilizzare il bastone. Però sono profondamente convinto che l’unica forza al mondo davvero capace di combattere e sconfiggere i fanatici musulmani, oltreché aiutare l’Occidente a trovare le difese necessarie, siano i musulmani moderati. Sono loro, prima di tutti, che dovrebbero fare un passo avanti, alzare la voce, scoprire, denunciare i fanatici nei loro quartieri e impugnare il bastone quando necessario»
«Penso alla Turchia, alla Tunisia, alla Giordania, all’Egitto, al Pakistan, all’Indonesia. Ma in realtà esiste dovunque per il semplice fatto che va compreso che questa, prima che essere una guerra contro l’Europa e l’Occidente, è una guerra interna all’Islam, per il suo cuore, è un conflitto sul significato e l’identità musulmani:lo sforzo maggiore devono farlo loro, il loro futuro è nelle loro mani».
«La questione non è “che fare” contro l’Islam, ma contro i fanatici islamici, che non è la stessa cosa. Io non sono abbastanza esperto sulla Siria. Non so giudicare se Assad debba restare, almeno temporaneamente, oppure venire dimesso subito. Però in questi giorni pochi ricordano il caso di un piccolo Paese arabo del Nord Africa come la Tunisia:la parte moderata religiosa e laica della popolazione in ben tre tornate elettorali ha sconfitto il fronte estremista islamico. Perché l’Europa non fa uno sforzo per aiutare economicamente, politicamente e in ogni altro modo a fare della Tunisia un grande modello? Perché non farne un esempio di Islam illuminato che sia ammirato e invidiato dai Paesi vicini? Lo stesso si potrebbe dire della Giordania, dove, lo so bene, la democrazia è meno avanzata, però resta un polo di moderazione».
«Mi lasci dire che non sono un seguace della filosofia del porgere l’altra guancia quando sei aggredito. In particolare, mai farlo con i fanatici. Però sono anche convinto che il bastone da solo non funzioni. Non puoi curare una ferita a suon di bastonate. Se picchi soltanto, la ferita non fa che diventare più larga e profonda. Non ha senso bastonare tutto il mondo islamico in quanto tale. Penso per esempio alla striscia di Gaza. Fare di quella regione un posto migliore per chi ci vive sarebbe un colpo grosso contro Isis e gli altri fanatici che vorrebbero speculare sulla povertà e il malcontento».
«Quasi settant’anni fa un presidente americano poco carismatico e molto modesto quale era Harry Truman decise che sarebbe stato importante donare una cifra pari a circa il venti per cento del prodotto nazionale lordo del suo Paese per la ricostruzione dell’Europa devastata dalla guerra. Il “piano Marshall”.Truman fece il miglior investimento di tutti i tempi: la Guerra fredda è stata vinta dagli Usa grazie ad esso. Lui non visse tanto a lungo per vedere il suo trionfo. Però, garantì la democrazia, salvò l’Europa, ne fece un modello di sviluppo invidiato in tutto il mondo, creò un grande mercato utile anche all’industria americana. A noi oggi serve un gigante di generosità e capacità di guardare avanti come fu Truman. Ci vorrebbe un piano Truman-Marshall per il mondo islamico che dia forza e coraggio ai moderati. Solo così il bastone della guerra ai fanatici potrà avere prospettive di successo».
da un'intervista su "Corriere della Sera"

Antoine rimasto vedovo con un figlio da crescere scrive ai terroristi: 

«Non avrete mai il mio odio»


«Venerdì sera avete rubato la vita di una persona eccezionale, l’amore della mia vita, la madre di mio figlio, eppure non avrete il mio odio. Non so chi siete e non voglio neanche saperlo. Voi siete anime morte. Se questo Dio per il quale ciecamente uccidete ci ha fatti a sua immagine, ogni pallottola nel corpo di mia moglie sarà stata una ferita nel suo cuore. Perciò non vi farò il regalo di odiarvi. Sarebbe cedere alla stessa ignoranza che ha fatto di voi quello che siete. Voi vorreste che io avessi paura, che guardassi i miei concittadini con diffidenza, che sacrificassi la mia libertà per la sicurezza. Ma la vostra è una battaglia persa. 

L’ho vista stamattina. Finalmente, dopo notti e giorni d’attesa. Era bella come quando è uscita venerdì sera, bella come quando mi innamorai perdutamente di lei più di 12 anni fa. Ovviamente sono devastato dal dolore, vi concedo questa piccola vittoria, ma sarà di corta durata. So che lei accompagnerà i nostri giorni e che ci ritroveremo in quel paradiso di anime libere nel quale voi non entrerete mai. Siamo rimasti in due, mio figlio e io, ma siamo più forti di tutti gli eserciti del mondo. Non ho altro tempo da dedicarvi, devo andare da Melvil che si risveglia dal suo pisolino. Ha appena 17 mesi e farà merenda come ogni giorno e poi giocheremo insieme, come ogni giorno, e per tutta la sua vita questo petit garçon vi farà l’affronto di essere libero e felice. Perché no, voi non avrete mai nemmeno il suo odio».

Preghiera

Oh Signore, fa di me uno strumento della tua pace
dove è odio, fa che io porti l'amore
dove è offesa, che io porti il perdono,
dove è discordia, che io porti l'unione,
dove è dubbio, che io porti la fede,
dove è errore, che io porti la verità,
dove è disperazione, che io porti la speranza,
dove è tristezza, che io porti la gioia,
dove sono le tenebre, che io porti la luce.
Maestro, fa che io non cerchi tanto
di essere consolato, quanto di consolare,
di essere compreso, quanto di comprendere,
di essere amato, quanto di amare.
Perché è
dando, che si riceve,
perdonando, che si è perdonati,
morendo, che si resuscita a vita eterna.
 San Francesco d'Assisi
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-72025>

lunedì 16 novembre 2015

Ci siamo guardati negli occhi!

Ho guardato negli occhi i miei giovani studenti islamici, che questa mattina avevano un'espressione abbattuta e impaurita da "cane bastonato", e li ho invitati, senza ma e senza se, ad alzare la loro voce e i loro sguardi fieri e limpidi contro ogni forma di becero e bestiale fanatismo religioso sotto il quale si nasconde la sconfinata ignoranza imparentata con l'odio. Ho guardato negli occhi tutti i miei giovani studenti,  che questa mattina avevano un'espressione abbattuta e impaurita da "cane bastonato", e li ho esortati, senza ma e senza se, a prendere coscienza di come gli errori della Storia dell'Umanità puntualmente si ripresentino!
Daniela Villa    

NO WAR !!!

"La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell'ultima c'erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente egualmente".
Bertold Brecht

EMERGENCY

 
 

Contenuto della pagina

 
Siamo scioccati dal massacro di Parigi.
 
Ancora una volta colpire la popolazione civile è un gesto disumano e vigliacco.
 
Vediamo accadere in Europa quello che da anni accade in Afghanistan, in Iraq, in Siria: le nostre scelte di guerra ci stanno presentando il conto di anni di violenza e di distruzione.
 
Diritti, democrazia e libertà sono l'unico modo di spezzare il cerchio della violenza e del terrore.
 
L'alternativa è la barbarie che abbiamo davanti e alla quale non possiamo arrenderci.
 
14 novembre 2015

PROFEZIA

 “Il mondo ci sta cambiando attorno – scriveva TIZIANO TERZANI, all'indomani dell'11/09/2001 – cambiamo allora il nostro modo di pensare, il nostro modo di stare al mondo. È una grande occasione. Non perdiamola: rimettiamo in discussione tutto, immaginiamoci un futuro diverso da quello che ci illudevamo d’aver davanti prima dell’ 11 settembre e soprattutto non arrendiamoci alla inevitabilità di nulla, tanto meno all’inevitabilità della guerra come strumento di giustizia o semplicemente di vendetta. Le guerre sono tutte terribili. Il moderno affinarsi delle tecniche di distruzione e di morte le rendono sempre più tali. Pensiamoci bene: se noi siamo disposti a combattere la guerra attuale con ogni arma a nostra disposizione, allora dobbiamo aspettarci che anche i nostri nemici, chiunque essi siano, saranno ancor più determinati di prima a fare lo stesso, ad agire senza regole, senza il rispetto di nessun principio. Se alla violenza del loro attacco alle Torri Gemelle noi risponderemo con una ancor più terribile violenza – ora in Afghanistan, poi in Iraq, poi chi sa dove -, alla nostra ne seguirà necessariamente una loro ancora più orribile e poi un’altra nostra e così via. Perché non fermarsi prima? Abbiamo perso la misura di chi siamo, il senso di quanto fragile ed interconnesso sia il mondo in cui viviamo, e ci illudiamo di poter usare una dose, magari «intelligente», di violenza per mettere fine alla terribile violenza altrui…”
«Utilizzare il nome di Dio per giustificare odio e violenza è una bestemmia» ha detto Francesco
seguendo le orme dei pontefici che lo hanno preceduto, da Giovanni Paolo II a Benedetto XVI. D’altro canto il tema dello scontro di civiltà è da tempo al centro degli scenari contemporanei, e con esso la Santa Sede non ha mai smesso di confrontarsi, almeno da quando deflagrò la prima guerra del Golfo....Il pontefice insomma non ha detto ieri mattina cose fuori dall’ordinario, e tuttavia è riuscito a rappresentare i sentimenti collettivi esprimendo in primo luogo il proprio «dolore per gli attacchi terroristici che nella tarda serata di venerdì hanno insanguinato la Francia, causando numerose vittime». Poi ha proseguito: «Al presidente della Repubblica francese e a tutti i cittadini porgo l’espressione del mio più profondo cordoglio. Sono vicino in particolare ai familiari di quanti hanno perso la vita e ai feriti». Francesco ha successivamente toccato una questione centrale, ovvero come la natura umana possa dare spazio ad azioni così cruente e impietose contro degli innocenti: «Tanta barbarie ci lascia sgomenti e ci si chiede come possa il cuore dell’uomo ideare e realizzare eventi così orribili, che hanno sconvolto non solo la Francia ma il mondo intero». «Dinanzi a tali atti intollerabili – ha aggiunto - non si può non condannare l’inqualificabile affronto alla dignità della persona umana». A questo punto, il papa ha riaffermato un concetto centrale nel discorso della Santa Sede, posto alla base di ogni dialogo interreligioso: «Voglio riaffermare con vigore - ha detto - che la strada della violenza e dell’odio non risolve i problemi dell’umanità!».
Il tema degli attentati di Parigi, del rischio che dalla violenza di questi giorni nascano nuovi muri e società chiuse, è tornato poi nell’incontro che il papa ha avuto con la comunità protestante di Roma nel corso della visita alla Chiesa luterana,dove Papa Francesco è stato accolto dal pastore evangelico Jeans-Martin Kruse. Ha detto il pontefice, «anche il nome di Dio viene usato per chiudere il cuore». Poi ha osservato: «C’è una fantasia dietro i muri umani, diventare come Dio. La Torre di Babele è proprio l’atteggiamento di dire: ‘Noi siamo i potenti, voi fuori’. C’è la superbia del potere, per escludere si va in questa linea». «Il muro – ha aggiunto - è il monumento all’esclusione. Sapete come fare a evitare i muri? Bisogna parlare chiaro, pregare e servire».
In questo contesto, moltissimi sono stati gli attestati di solidarietà alla Francia provenienti da molti vescovi europei e del mondo; intervenuta è stata anche la Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea), guidata dal cardinal Reinhard Marx, «è cruciale per l’Europa presentare un fronte unito di fronte alla minaccia terroristica e, allo stesso modo, deve essere unita, e dunque forte, nella sua politica estera e di difesa». «Le forze che attualmente minacciano gli europei – si legge ancora nel testo - non conoscono confini nazionali. È quindi imperativo che i 28 capi di Stato e di governo europei lavorino insieme meglio e di più: ne va della sicurezza dell’Europa, della nostra libertà e del futuro del nostro vivere insieme».
estratto da "L'Unità" del 16/11/15

E ADESSO?


giovedì 12 novembre 2015

SALVATI O RUBATI ?

A differenza dei cani che teniamo in casa per farci compagnia, i Beagle che il 28 aprile 2012 furono “rubati” dall’allevamento di Green Hill, non avevano un nome: erano numeri, cose da spedire al più presto via corriere ai laboratori di sperimentazione di mezza Europa.
Per aver dato loro una casa, un nome e un futuro, sottraendoli a morte prematura, ovvero, per dirla con la legge italiana, per averne fatto oggetto di “furto aggravato”, 12 persone sono state condannate, tre giorni fa dal Tribunale di Brescia a pene che vanno dagli otto ai dieci mesi e ad ammende economiche pari a qualche centinaio di euro.
Commentata con comprensibile disappunto dai condannati, ma da accogliere con il rispetto che sempre si deve in questi casi, la sentenza bresciana un merito ce l’ha: getta un gran fascio di luce sulla formidabile arretratezza storica e civile di un ordinamento giuridico (italiano ma non solo!) che nei fatti non è tenuto a distinguere tra oggetti ed esseri viventi programmati a morire, che è autorizzato a valutare l’”utilizzo” di creature senzienti, capaci di provare fame, sete, affetto, paura, riconoscenza, alla stessa stregua di cose inanimate. E a chiamare ladro, di conseguenza, chi si batte per cambiarne il destino.
estratto da "Il Fatto Quotidiano",a cura di Vanna Brocca

martedì 10 novembre 2015

ANTICA SAGGEZZA

"Non è possibile vivere felicemente senza anche vivere saggiamente, bene e giustamente; né saggiamente e bene e giustamente senza anche vivere felicemente. A chi manchi ciò da cui deriva la possibilità di vivere saggiamente, bene, giustamente, manca anche la possibilità di una vita felice."
Epicuro

EINSTEIN:"COME IO VEDO IL MONDO"

Sulla guerra
"Questo argomento (la guerra) mi induce a parlare della peggiore fra le creazioni, quella delle masse armate, del regime militare voglio dire, che odio con tutto il cuore. Disprezzo profondamente chi è felice di marciare in ranghi e nelle formazioni al seguito di una musica; costui ha ricevuto solo per errore il cervello: un midollo spinale gli sarebbe più che sufficiente. Bisogna sopprimere questa vergogna della civiltà il più rapidamente possibile. L'eroismo comandato, gli stupidi corpo a corpo, il nefasto spirito nazionalista, come odio tutto questo! E quanto la guerra mi appare ignobile e spregevole! Sarei piuttosto disposto a farmi tagliare a pezzi che partecipare ad un'azione cosi miserabile. Eppure, nonostante tutto, io stimo tanto la umanità da essere persuaso che questo fantasma malefico sarebbe da lungo tempo scomparso se il buon senso dei popoli non fosse sistematicamente corrotto, per mezzo della scuola e della stampa dagli speculatori del mondo politico e del mondo degli affari."

DALLA PARTE DEL PAPA PER UNA CHIESA CONCILIARE

COMUNITA’ CRISTIANE DI BASE
Segreteria Tecnica Nazionale
 
Bologna, 7 novembre 2105
Comunicato
Fin dall'inizio del loro cammino, le Comunità di Base hanno ripetutamente denunciato la ricchezza delle strutture clericali e i privilegi concordatari tra i principali ostacoli all'azione di evangelizzazione della Chiesa cattolica..
Oggi perciò esse sono pienamente d'accordo con papa Francesco quando afferma che il "credente non può parlare di povertà e vivere da faraone".
Questo vale in particolare per coloro che hanno responsabilità nel governo della Chiesa e che, mentre il papa abita in forma semplice e austera a Santa Marta, continuano a praticare, accanto a lui, modi di vita principeschi e a vivere con stili di comportamento sfarzosi che tolgono credibilità a chi deve annunciare la Parola del Signore.
Ma questo non deve valere solo per i singoli preti, vescovi, monsignori, cardinali.
E' l'intera struttura vaticana che deve decidere di spogliarsi di una ricchezza scandalosa, spesso gestita a vantaggio di chi ne ha meno bisogno e in sinergia con potentati economici occulti. Che ha a che fare con il Vangelo di Gesù una Curia diventata struttura finanziaria e di potere economico planetario dotata di patrimoni che le recenti inchieste dimostrano smisurati?
Ben venga dunque l'azione di bonifica e di trasparenza voluta da papa Francesco se essa prelude a una radicale conversione dell'intero apparato curiale vaticano e a un processo di liberazione anche della chiesa italiana da proprietà immobiliari e finanziarie che devono essere destinate al servizio dei poveri, sempre più numerosi anche nel nostro paese.
Solo così sarà efficace la insistente richiesta di maggiore giustizia sociale di papa Francesco, che gli ha alienato tanti benpensanti e che ha provocato irritazione, fastidio e scandalo fra i tanti impegnati a minarne la credibilità anche tra coloro che occupano i vertici della struttura ecclesiastica.
E ancor più importante diviene l'urgenza di una riforma profonda delle modalità di riscossione dell' 8 X 1000 e della destinazione sociale, e non clericale, di questi cospicui fondi pagati dal popolo italiano.
Consapevoli dell'importanza storica dello scontro in atto nella Chiesa, è fondamentale, a nostro parere, non lasciare solo Papa Francesco e fare appello a tutto il Popolo di Dio perché faccia sentire la propria voce a favore della Chiesa delineata dal Concilio. 

COMUNITA’ CRISTIANE DI BASE c/o Massimiliano Tosato
Segreteria Tecnica Nazionale via ferrarese, 4

lunedì 9 novembre 2015

LA CHIESA E' POVERA PER COSTITUZIONE

Se ne facciano una ragione credenti conservatori, teocon, atei devoti, clericali alfaniani, antibergogliani di varia estrazione, tra intellettuali e faccendieri in disarmo. La Chiesa è povera “costituzionalmente”. Cioè per nascita. Per “costituzione”, appunto. Sul tema dell’Ecclesia pauperum, tragicamente attuale dopo le vergognose ricchezze curiali disvelate dai nuovi corvi di Vatileaks atto secondo, ci sono pagine bellissime in Misericordia , il libro-conversazione di Paolo Rodari, vaticanista di Repubblica, con il cardinale Dionigi Tettamanzi, arcivescovo emerito di Milano (Einaudi, 150 pagine, 14 euro). Affrontando il Giubileo straordinario indetto da Francesco, Tettamanzi declina la questione dell’austerità francescana con le parole di Montini, che a sua volta commenta il cardinale Lercaro, già arcivescovo di Bologna e nel cui segno, dopo decenni, si colloca la sorprendente nomina di monsignor Zuppi nella città delle Torri. DUNQUE, nel 1963 Montini, futuro Paolo VI, è arcivescovo di Milano e parlando al clero meneghino dapprima cita Lercaro sull’Ecclesia pauperum: “La Chiesa deve proprio prendere atto di questa coscienza, di essere lo strumento delle redenzione divina che Cristo ha operato nel mondo. deve sentirsi povera...”. Poi commenta: “Ciò che di originale c’è nella sua affermazione è che questo è costituzionale, questo è essenziale, questo non si può dimenticare, che non è cosa secondaria, ma fa parte del meccanismo spirituale che Gesù ha creato per salvare”. L’invito finale al clero è reso con parole ancora più dirette: “Dobbiamo riprendere l’entusiasmo, la forza, i propositi, l’ingenuità - direi - dei primi giorni...”. Ecco il punto “costituzionale” per eccellenza: “i primi giorni” del cristianesimo. Non solo, quando il benessere economico è al primo posto nella scala dei valori, la ricchezza diventa “antireligiosa”e“antisociale”, per la corruzione che genera. Al “vuoto terreno della povertà”, centrale nel “grande disegno della redenzione”, corrisponde “una virtù tutta spirituale, che dall’alto soccorre e sostiene”. Prima di Francesco, sul Vaticano, dall’alto arrivavano solo gli elicotteri della Casta curiale di cardinali e vescovi.
Fabrizio D'Esposito in “il Fatto Quotidiano” del 9 novembre 2015
ECCO IL SORRISO, LA FORZA E LA BELLEZZA DELLA PACE UNITA ALL'AMORE E ALLA DEMOCRAZIA:GRAZIE,E NON FERMARTI ORA!

DON CIOTTI:"QUELLE DI PAPA FRANCESCO,SONO PAROLE CHE SFERZANO LE COSCIENZE"

Papa Francesco prende a frustate i mercanti del tempio e don Luigi Ciotti, presidente di Libera, plaude alle parole del pontefice: «Il papa ha detto parole che sferzano le coscienze: “Non si può parlare di povertà e vivere come dei faraoni”. C’è forse altro da aggiungere? La fede nel Vangelo va testimoniata con coerenza, come aveva capito un cristiano vero, il giudice Rosario Livatino: “non basta essere credenti, bisogna essere credibili». Le strade del Papa venuto da lontano e del prete che ama abitare i marciapiedi si sono più volte incontrate. All’indomani dell’elezione pontificia di Bergoglio, nel corso dell’annuale raduno di Libera in ricordo delle vittime di mafia, qualche amico scherzò con don Luigi: «Con il nuovo papa diventerai segretario di Stato». Era una battuta, ma rendeva l’idea del mutato clima dentro la Chiesa, sancito il 21 marzo 2014 nell’incontro del papa con Libera e le vittime della mafia. Nelle foto dell’abbraccio si vedono papa Francesco e don Luigi camminare prendendosi per mano. Per la prima volta il prete scomodo per la Chiesa e per la mafia (Totò Riina lo ha condannato a morte) è stato riconosciuto e abbracciato da un papa. Da fratello a fratello.
in “l'Unità” del 8 novembre 2015

domenica 8 novembre 2015

PREGHIERA

Nostro Dio,
noi non vogliamo né essere poveri,
né avere fame,
vogliamo una vita in cui non ci sia nessun
motivo per piangere,
ma naturalmente non ci riesce.
E poi, quando scopriamo
le nostre povertà,
non ci accorgiamo della promessa
che sta nella nostra povertà,
che sta in quello che non abbiamo
e non siamo,
non ci accorgiamo che sono vuoti
che tu puoi e vuoi riempire,
forse non con quello con cui noi
li avremmo riempiti,
ma sicuramente con cose promettenti,
con cose che aprono la nostra vita
al tuo futuro,
alla salvezza che abbiamo presso di te.
da "Riforma.it"

sabato 7 novembre 2015

DON NICOLINI :PAPA E POVERTA' IN UN'INTERVISTA SULL'UNITA'

Don Nicolini, messaggio molto diretto quello di Francesco su preti e vescovi attaccati al denaro, sul credente che non può vivere da faraone…
«Bello vero? Ed è questo che bisogna fare: non accusare i peccatori ma il peccato. Se vuoi buttare giù il male, devi però salvare chi lo fa: ecco il punto che soprattutto i miei amici atei fanno fatica ad accettare; è solo perdonando che si fa sparire il male. Io poi abito a cento metri dal carcere di Bologna, non potrei dire qualcosa di diverso».
Un segnale forte, dopo le tante polemiche di questi giorni su lussi e sprechi di una parte della Curia romana?
«Ma sì. Anche perché c’è questo pettegolezzo messo in giro, che vorrebbe il Papa isolato… ed ecco che invece Francesco mostra qual è davvero il modo di affrontare i problemi: se da questo male scaturisce un ragionamento come questo, ben venga, ovvero dire che è meglio che la Chiesa sia povera. Tempo fa qualcuno di importante a Bologna disse che la Chiesa doveva essere ricca, per aiutare i poveri. Ma fu un errore madornale. Questo del resto è il grande segreto del nostro Dio: si è capovolto, si è fatto uomo, si è buttato dentro la miseria».
Davvero la Chiesa può essere povera?
«In effetti non possiamo sapere cos’è la povertà, lo penso quando vado a trovare i miei fratelli su un altopiano in Africa, non hanno nulla… diciamo, meglio, che deve farsi povera. Questo è importante. Deve cioè essere sicura di vivere non rapinando, ma dando qualcosa. Bisogna ricominciare ad annunciare il Vangelo come nei primi tempi, la fede si è un po’ spenta, ci sintomi di crisi e Bergoglio è arrivato giusto in tempo per interpretare questa fase in senso positivo, senza piagnistei: cosa possiamo fare? È ora che Gesù venga ripresentato alle persone, ai cuori. Del resto ci sono sempre state queste ondate, questa necessità di tornare al principio del Cristianesimo»......
Il messaggio di Francesco va oltre i confini della Chiesa?
«È così, nei confronti di Bergoglio c’è un’attenzione singolare e profonda anche da parte di chi non crede. Del resto, è l’unico che conosciamo che oggi fa politica, in cui una cosa essenziale ma scomparsa…».
In che senso? Cos’è per lei la politica?
«La politica è scomparsa perché oggi comanda solo il capitale. Don Milani diceva che politica è la gioia di risolvere i problemi insieme, direi che è il volto laico della misericordia. E allora, pensando a Beppone e don Camillo, mi è morto Beppone! C’è invece Francesco, e la genialità della sua enciclica in cui, per fare un esempio, problemi sociali e problemi ecologici rimandano gli uni agli altri in modo indissolubile: più si deturpa il pianeta, più persone staranno male… Chi ha saputo dire meglio?».
Francesco insiste perché si guardi agli ultimi: ma anche tra le parrocchie e tra i fedeli non si fatica ancora ad accogliere i migranti, ad esempio?
«Io vedo invece molta disponibilità, la gente è migliore di quel che si dice. Adesso c’è questa manifestazione a Bologna (quella della Lega, ndr): si potrebbe pensare che è dettata dalla paura, dalla diversità… magari arriveranno anche molti pullmann, ma il giorno dopo cosa rimarrà? Non credo sarà un appuntamento importante, ripeto: la gente è migliore di così».

venerdì 6 novembre 2015

SEMPRE E SOLO "UNA CHIESA SERVA E POVERA" !

“Io vi dico quanta gioia ho, io, che mi commuovo, quando in questa Messa vengono alcuni preti e mi salutano: ‘Oh padre, sono venuto qui a trovare i miei, perché da 40 anni sono missionario in Amazzonia’. O una suora che dice: ‘No, io lavoro da 30 anni in ospedale in Africa’. O quando trovo la suorina che da 30, 40 anni è nel reparto dell’ospedale con i disabili, sempre sorridente. Questo si chiama servire, questa è la gioia della Chiesa: andare oltre, sempre; andare oltre e dare la vita. Questo è quello che ha fatto Paolo: servire”.....“Anche nella Chiesa ci sono questi, che invece di servire, di pensare agli altri, di gettare le basi, si servono della Chiesa: gli arrampicatori, gli attaccati ai soldi. E quanti sacerdoti, vescovi abbiamo visto così. E’ triste dirlo, no? La radicalità del Vangelo, della chiamata di Gesù Cristo: servire, essere al servizio di, non fermarsi, andare oltre sempre, dimenticandosi di se stessi. E la comodità dello status: io ho raggiunto uno status e vivo comodamente senza onestà, come quei farisei dei quali parla Gesù che passeggiavano nelle piazze, facendosi vedere dagli altri”.

Così Papa Francesco ci ha fatto riflettere con la sua omelia durante la celebrazione eucaristica a Santa Marta, e riconosco che non c'è dubbio: si batte sulla sella per farlo capire all'asino! E non è una novità. O forse il Papa pensava a quel gruppo di Padri Conciliari che il 16 novembre del 1965, pochi giorni prima della chiusura del Vaticano II, hanno celebrato una Eucaristia nelle catacombe di Domitilla, a Roma, chiedendo fedeltà allo Spirito di Gesù. Dopo questa celebrazione, hanno firmato il “Patto delle Catacombe”.Il documento è una sfida ai “fratelli nell’Episcopato” a portare avanti una “vita di povertà”, una Chiesa “serva e povera”, come aveva suggerito il papa Giovanni XXIII.I firmatari si impegnavano a vivere in povertà, a rinunciare a tutti i simboli o ai privilegi del potere e a mettere i poveri al centro del loro ministero pastorale. 
Ecco il testo.
Noi, vescovi riuniti nel Concilio Vaticano II, illuminati sulle mancanze della nostra vita di povertà secondo il Vangelo; sollecitati vicendevolmente ad una iniziativa nella quale ognuno di noi vorrebbe evitare la singolarità e la presunzione; in unione con tutti i nostri Fratelli nell’Episcopato, contando soprattutto sulla grazia e la forza di Nostro Signore Gesù Cristo, sulla preghiera dei fedeli e dei sacerdoti della nostre rispettive diocesi; ponendoci col pensiero e la preghiera davanti alla Trinità, alla Chiesa di Cristo e davanti ai sacerdoti e ai fedeli della nostre diocesi; nell’umiltà e nella coscienza della nostra debolezza, ma anche con tutta la determinazione e tutta la forza di cui Dio vuole farci grazia, ci impegniamo a quanto segue:
- Cercheremo di vivere come vive ordinariamente la nostra popolazione per quanto riguarda l’abitazione, l’alimentazione, i mezzi di locomozione e tutto il resto che da qui discende. Cfr. Mt 5,3; 6,33s; 8,20.
- Rinunciamo per sempre all’apparenza e alla realtà della ricchezza, specialmente negli abiti (stoffe ricche, colori sgargianti), nelle insegne di materia preziosa (questi segni devono essere effettivamente evangelici). Cf. Mc 6,9; Mt 10,9s; At 3,6. Né oro né argento. Non possederemo a nostro nome beni immobili, né mobili, né conto in banca, ecc.; e, se fosse necessario averne il possesso, metteremo tutto a nome della diocesi o di opere sociali o caritative. Cf. Mt 6,19-21; Lc 12,33s.
- Tutte le volte che sarà possibile, affideremo la gestione finanziaria e materiale nella nostra diocesi ad una commissione di laici competenti e consapevoli del loro ruolo apostolico, al fine di essere, noi, meno amministratori e più pastori e apostoli. Cf. Mt 10,8; At. 6,1-7.
- Rifiutiamo di essere chiamati, oralmente o per scritto, con nomi e titoli che significano grandezza e potere (Eminenza, Eccellenza, Monsignore…). Preferiamo essere chiamati con il nome evangelico di Padre. Cf. Mt 20,25-28; 23,6-11; Jo 13,12-15.
- Nel nostro comportamento, nelle nostre relazioni sociali, eviteremo quello che può sembrare un conferimento di privilegi, priorità, o anche di una qualsiasi preferenza, ai ricchi e ai potenti (es. banchetti offerti o accettati, nei servizi religiosi). Cf. Lc 13,12-14; 1Cor 9,14-19.
- Eviteremo ugualmente di incentivare o adulare la vanità di chicchessia, con l’occhio a ricompense o a sollecitare doni o per qualsiasi altra ragione. Inviteremo i nostri fedeli a considerare i loro doni come una partecipazione normale al culto, all’apostolato e all’azione sociale. Cf. Mt 6,2-4; Lc 15,9-13; 2Cor 12,4.
- Daremo tutto quanto è necessario del nostro tempo, riflessione, cuore, mezzi, ecc., al servizio apostolico e pastorale delle persone e dei gruppi laboriosi ed economicamente deboli e poco sviluppati, senza che questo pregiudichi le altre persone e gruppi della diocesi. Sosterremo i laici, i religiosi, i diaconi o i sacerdoti che il Signore chiama ad evangelizzare i poveri e gli operai condividendo la vita operaia e il lavoro. Cf. Lc 4,18s; Mc 6,4; Mt 11,4s; At 18,3s; 20,33-35; 1 Cor 4,12 e 9,1-27.
- Consci delle esigenze della giustizia e della carità, e delle loro mutue relazioni, cercheremo di trasformare le opere di “beneficenza” in opere sociali fondate sulla carità e sulla giustizia, che tengano conto di tutti e di tutte le esigenze, come un umile servizio agli organismi pubblici competenti. Cf. Mt 25,31-46; Lc 13,12-14 e 33s.
- Opereremo in modo che i responsabili del nostro governo e dei nostri servizi pubblici decidano e attuino leggi, strutture e istituzioni sociali necessarie alla giustizia, all’uguaglianza e allo sviluppo armonico e totale dell’uomo tutto in tutti gli uomini, e, da qui, all’avvento di un altro ordine sociale, nuovo, degno dei figli dell’uomo e dei figli di Dio. Cf. At. 2,44s; 4,32-35; 5,4; 2Cor 8 e 9 interi; 1Tim 5, 16.
- Poiché la collegialità dei vescovi trova la sua più evangelica realizzazione nel farsi carico comune delle moltitudini umane in stato di miseria fisica, culturale e morale – due terzi dell’umanità – ci impegniamo: – a contribuire, nella misura dei nostri mezzi, a investimenti urgenti di episcopati di nazioni povere;
- a richiedere insieme agli organismi internazionali, ma testimoniando il Vangelo come ha fatto Paolo VI all’Onu, l’adozione di strutture economiche e culturali che non fabbrichino più nazioni proletarie in un mondo sempre più ricco che però non permette alle masse povere di uscire dalla loro miseria.
- Ci impegniamo a condividere, nella carità pastorale, la nostra vita con i nostri fratelli in Cristo, sacerdoti, religiosi e laici, perché il nostro ministero costituisca un vero servizio; così: – ci sforzeremo di “rivedere la nostra vita” con loro; – formeremo collaboratori che siano più animatori secondo lo spirito che capi secondo il mondo; – cercheremo di essere il più umanamente presenti, accoglienti…; – saremo aperti a tutti, qualsiasi sia la loro religione. Cf. Mc 8,34s; At 6,1-7; 1Tim 3,8-10.
Tornati alle nostre rispettive diocesi, faremo conoscere ai fedeli delle nostre diocesi la nostra risoluzione, pregandoli di aiutarci con la loro comprensione, il loro aiuto e le loro preghiere.
Aiutaci Dio ad essere fedeli.

giovedì 5 novembre 2015

Fermiamo l’uccisione a sangue freddo dei cittadini palestinesi

Oltre il muro, per costruire ponti di pace e dialogo
Il Ministero degli Affari Esteri Palestinese condanna la barbarica aggressione del governo Netanyahu contro il popolo palestinese; ed in particolare condanna le violenze ad Hebron e Gerusalemme, le uccisioni a sangue freddo che le forze di occupazione commettono ogni giorno con la falsa accusa di essere vittime di accoltellamenti, causando ad oggi 74 morti, di cui 14 minorenni, il ferimento e l’arresto di migliaia di civili palestinesi.
È una gara all’interno del governo israeliano ad inventare ogni giorno scuse nuove per opprimere il nostro popolo: per ultimo la proposta di Netanyahu di creare un tribunale speciale per le questioni di sicurezza, con lo scopo di accelerare le applicazioni delle punizioni collettive, gli arresti amministrativi, le demolizioni di case ed il ritiro delle carte d’identità dei cittadini palestinesi di Gerusalemme, fino a giungere alle uccisioni a sangue freddo dei giovani palestinesi e rifiutarsi di consegnare le salme ai familiari.
Il Ministero degli Affari Esteri Palestinese si rammarica per il silenzio della comunità internazionale e si sorprende di coloro che mettono allo stesso livello il carnefice e la vittima, perché quello che stanno vivendo i territori palestinesi è un’aggressione barbarica, che viola tutte le leggi internazionali.
Il Ministero degli Affari Esteri Palestinese chiede alle Nazioni Unite ed al Consiglio di Sicurezza e a tutte le organizzazioni internazionali competenti di applicare la legge internazionale e la legge umanitaria internazionale in Palestina e al guardarsi dall’usare due pesi e due misure e di non fermarsi alle timide condanne perché sono considerate, dal governo di occupazione come incoraggiamento a continuare il massacro contro il popolo palestinese.
Laura Tussi

mercoledì 4 novembre 2015

LA GUERRA:UNA FOLLIA DA ABOLIRE

Mentre tu, o Dio, porti avanti la tua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla tua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che tu hai creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra i fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione.Dio della pace, facci comprendere la follia della guerra!Purtroppo si va intensificando oggi la violenza e si moltiplicano i teatri di guerra in diverse aree del mondo, l’Africa, l’Europa ed il Medio Oriente. Stiamo vivendo una “terza guerra mondiale a pezzi”. La guerra sfigura i legami tra fratelli, tra nazioni; sfigura anche coloro che sono testimoni di tali atrocità. La guerra lascia sempre un segno indelebile.Dio della croce, lenisci le ferite della guerra!La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere, sono i motivi che spingono avanti la decisione bellica, e sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: “A me che importa?”. «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4,9). La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà… “A me che importa?”.Dio fratello di ogni uomo, fa che ci prendiamo cura gli uni degli altri!La guerra è in sé stessa disumanizzante e come cristiani, restiamo profondamente convinti che lo scopo ultimo, il più degno della persona e della comunità umana, è l’abolizione della guerra.Dio della vita, donaci il coraggio di abolire la guerra!Dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”. Questi affaristi della guerra forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere.Dio della pace, ferma i pianificatori del terrore e gli imprenditori delle armi!Dobbiamo sempre impegnarci a costruire ponti che uniscono e non muri che separano. Dobbiamo sempre aiutare a cercare uno spiraglio, mai cedere alla tentazione di considerare l’altro come un nemico da distruggere, ma piuttosto come una persona, dotata di intrinseca dignità, creata da Dio a sua immagine.Dio degli uomini, fa che non ci stanchiamo di ricordare che «ciascuno è immensamente sacro»!

Francesco


Preghiera tratta da due discorsi di papa Francesco: Redipuglia, 13.9.14; Roma, 26.10.15
da "www.paxchristi.it"

martedì 3 novembre 2015

"I NUOVI CORVI" IN VATICANO

Retata in Vaticano. La gendarmeria pontificia ha arrestato un monsignore spagnolo, Lucio Angel Vallejo Balda, e una donna, Francesca Immacolata Chaouqui, entrambi di area Opus Dei e ambedue in passato componenti della Cosea, la Commissione referente di studio e indirizzo sull’organizzazione delle strutture economico-amministrative della Santa sede istituita da papa Francesco nel luglio 2013 e poi sciolta al compimento del suo mandato. Sono sospettati di essere coinvolti in una nuova fuga di notizie e documenti riservati — dopo il Vatileaks del 2012, che vide come unico colpevole Paolo Gabriele, aiutante di camera di papa Ratzinger — che costituirebbero la “materia prima” di due libri in uscita nei prossimi giorni, Avarizia (Feltrinelli) di Emiliano Fittipaldi e Via Crucis (Chiarelettere) di Gianluigi Nuzzi (il quale, fra l’altro, per il suo precedente volume, Sua Santità, si avvalse della collaborazione di Gabriele)....
Non c’è dubbio che sia in atto un nuovo Vatileaks. Nei giorni scorsi c’erano state alcune avvisaglie: prima la pubblicazione sul blog del vaticanista dell’Espresso Sandro Magister della lettera riservata al papa, firmata da 13 cardinali (alcuni dei quali hanno però smentito), contenente severe critiche a Bergoglio sulla conduzione del Sinodo dei vescovi sulla famiglia, le cui conclusioni sarebbero state predeterminate dallo stesso papa mediante il suo “cerchio magico”; poi la notizia — anticipata da Luigi Bisignani nella trasmissione televisiva Virus — che era stato violato il pc di Libero Milone, revisore generale della Santa sede (anche su questo episodio la Gendarmeria vaticana ha aperto un’inchiesta). E ora gli arresti di Vallejo Balda e Chaouqui...
Si tratta di un nuovo complotto della Curia contro il papa? È possibile: si vorrebbe avvalorare l’idea che in fondo, Ratzinger o Bergoglio, in Vaticano nulla è cambiato. Ma più probabilmente ci si trova di fronte a una non nuova lotta di potere all’interno dei sacri palazzi. Non è un caso che la vicenda ruoti intorno a questioni e strutture economico-finanziarie, quelle che sono state sottoposte a un più vigoroso ricambio e aggiornamento, con la costituzione della nuova Segreteria per l’economia (una sorta di superministero dell’economia e delle finanze) affidata alla guida del cardinale australiano Pell e il cui numero due sarebbe dovuto essere quel Vallejo Balda ora agli arresti, se papa Francesco, all’ultimo minuto, non gli avesse preferito un proprio uomo di fiducia, il maltese monsignor Xuereb.

Estratto di Luca Kocci da “il manifesto” del 3 novembre 2015 

INTIMITA'

"Vedo che coloro che hanno toccato la mia anima non sono riusciti a risvegliare il mio corpo, e coloro che hanno accarezzato il mio corpo non stati in grado di raggiungere la mia anima."
Paulo Coelho

COSI',IO DONNA,HO PARLATO AI VESCOVI DURANTE IL LORO SINODO

Santità, Padri sinodali, Sorelle e fratelli, c’è molta attesa — non solo tra i cattolici — per i risultati
di questo Sinodo. La crisi della famiglia ormai si sta manifestando in tutto il mondo, se pure con
modalità diverse, e trascina con sé tutta la società che non sa dove indirizzare le proprie energie: se infatti un ritorno al passato è impossibile, non è chiaro quale può essere il futuro per questa
istituzione fondamentale. La Chiesa ha contribuito in modo determinante a definire e a disciplinare
la famiglia; si trova quindi in una condizione privilegiata per proporre modelli di famiglia nuovi e
adatti ai nostri tempi, fedeli alla vocazione cristiana. Per farlo, però, ha bisogno di ascoltare la realtà e i soggetti reali dalla famiglia, cioè gli uomini e le donne: uomini e donne veri ma specialmente donne che hanno vissuto e riflettuto sul grande cambiamento del ruolo femminile nell’ultimo secolo, una delle ragioni fondamentali della crisi della famiglia. La Chiesa ha bisogno di ascoltare le donne, di ascoltare cosa ritengono di avere perso e cosa guadagnato nel grande cambiamento, di ascoltare quale famiglia vorrebbero oggi. Perché solo nell’ascolto reciproco si opera il vero discernimento. Le donne sono le grandi esperte di famiglia: se usciamo dalle teorie astratte, specialmente a loro ci si può rivolgere per capire cosa bisogna fare, come si possono porre le fondamenta per una nuova famiglia aperta al rispetto di tutti i suoi membri, non più fondata sullo sfruttamento della capacità di sacrificio della donna, ma che assicuri a tutti un alimento affettivo,solidale. Invece, sia nel testo che nei contributi, di donne, di noi, si parla pochissimo. Come se le madri, le figlie, le nonne, le mogli, cioè il cuore delle famiglie, non facessero parte della Chiesa, di quella Chiesa che comprende il mondo, che pensa, che decide. Come se si potesse continuare,perfino a proposito della famiglia, a far finta che le donne non esistono. Come se si potesse continuare a dimenticare lo sguardo nuovo, il rapporto inedito e rivoluzionario che Gesù ha avuto nei confronti delle donne.
Molto diverse sono le famiglie nel mondo, ma in tutte sono le donne a svolgere il ruolo più importante e decisivo per garantirne solidità e durata. E quando si parla di famiglie non si dovrebbe
parlare sempre e solo di Matrimonio: sta crescendo il numero di famiglie composte da una madre
sola e dai suoi figli. Sono le donne, infatti, a rimanere sempre accanto ai figli, anche se malati, se
disabili, se frutto di violenza. Queste donne, queste madri quasi mai hanno seguito corsi di teologia, spesso non sono neppure sposate, ma danno un esempio mirabile di comportamento cristiano. Se voi Padri sinodali non rivolgete loro attenzione, se non le ascoltate, rischiate di farle sentire ancora più disgraziate perché la loro famiglia è così diversa da quella di cui parlate. Voi, infatti, troppo presto parlate di una famiglia astratta, una famiglia perfetta che però non esiste, una famiglia che non ha niente a che vedere con le famiglie vere che Gesù incontra o di cui parla. Una famiglia così perfetta che sembra quasi non aver bisogno della sua misericordia né della sua parola: “Non sono venuto per i sani ma per i malati, non per i giusti ma per i peccatori”.
di Lucetta Scaraffia in “www.teologhe.org” del 20 ottobre 2015

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