venerdì 22 gennaio 2016

27 GENNAIO : GIORNATA DELLA MEMORIA

Una nazione di “brava gente”

C'era un tempo in cui la storiografia parlava e promuoveva il mito degli “Italiani brava gente”. Ne emerse addirittura un film. Un'idea, questa, che si basava sul comportamento della presenza italiana nel mondo sempre improntato ad un’umanità sconosciuta ad altri popoli. Purtroppo la storia è fatta troppo spesso di vicende legate alla politica, al colonialismo, alle guerre, che se da un lato fanno da testimonianza al nostro pressapochismo, dall'altra non depongono certo a favore della nostra sensibilità verso i nostri avversari, sempre considerati nemici e spesso nostri inferiori.
Basterebbe sfogliare un qualunque testo scolastico di storia per trovare una serie di conferme.
In queste ultime settimane, in preparazione della giornata della memoria, mi sono ritrovato tra le mani uno scritto che rivedeva il trattamento riservato dall’Italia fascista agli Ebrei.
Ricordando più o meno gli eventi legati alle leggi “per la difesa della razza”, emanate dal Gran Consiglio del fascismo nell’autunno del 1938, e di conseguenza le vicende di persecuzione, mi è stata confermata l’idea che nessuna esperienza totalitaria può risolversi con rispetto della dignità dell’uomo e dei popoli.
Secondo questa mia idea quindi, l’opinione o la constatazione da parte di qualcuno che in fondo la persecuzione messa in atto dalle autorità fasciste ha perseguitato gli Ebrei solo nei diritti, ma non nella loro esistenza fisica, tentando di dimostrare che non sia responsabilità diretta del fascismo la deportazione e lo sterminio della popolazione israelitica italiana, non assolve per nulla le leggi che hanno privato migliaia di italiani dei normali diritti individuali previsti da ogni civiltà giuridica contemporanea. 
Chi fa peggio (lo stermino programmato dai nazisti) non assolve chi fa male (la discriminazione operata dai fascisti).
Mi limito ad un elenco di per sé impressionante. Dal 1938 gli appartenenti alla “razza” ebraica furono esclusi dalle scuole del regno (docenti ed allievi), furono impediti di esercitare qualunque professione autonoma, regolata da albi pubblici ( Ingegneri, avvocati, medici, agronomi, geometri, notai…), furono licenziati da ogni impiego pubblico, fu loro vietata qualsiasi attività nel settore dello spettacolo e della comunicazione, furono impediti
ad esercitare qualunque impresa editoriale ed estromessi dalle forze armate, nonostante i meriti di una tradizione che aveva visto gli Ebrei sempre presenti nella vita della nazione e nella lotta per la formazione della Stato unitario. Fu inoltre stabilita l’espulsione degli Ebrei stranieri dall’Italia e comunque per tutti quelli che erano immigrati dopo il 1919; furono confiscati i beni eccedenti le cinquemila lire di estimo per i terreni e le ventimila lire di imponibile per i fabbricati (erano gli anni in cui si potevano sognare le mille lire al mese). E l’elenco sarebbe solo all’inizio: come dire ad una popolazione di cinquantamila persone (una su mille di Italiani), vivete pure, ma vi tolgo il pane di bocca.
Inoltre tra le cause che hanno marcato il percorso delle opzioni fasciste nei confronti della popolazione ebraica, c’è quella della identificazione di nazionalità; già nel 1928, Mussolini aveva rilevato il ruolo della identità nazionale ebraica nella religione del popolo di Israele ed aveva chiesto alle comunità se si ritenevano nazione o religione, rivendicando la legittimità dell’unica nazione italiana.
Lasciamo stare il rapporto complesso e contraddittorio di Mussolini col sionismo, ma fa specie una cosa.
Nel momento in cui in Italia si fa strada una coscienza di nazione, questo avviene non solo con una frattura democratica ed una realizzazione totalitaria, ma in contrapposizione persecutoria con una minoranza del tutto assimilata, (tale era la realtà ebraica italiana) con il resto della nazione e dunque con una mutilazione vera e propria che se non rileva eccessivamente sul piano numerico, risulta devastante sul piano degli apporti sociali, culturali ed economici: basterebbe citare l’elenco delle personalità estromesse dalle Università e dagli Istituti superiori.
Ed allora una domanda conclusiva: ma l'Italia e gli italiani perché sono sempre stati ritenuti “una nazione di brava gente”?

A.B.

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