sabato 28 ottobre 2023

RIFLESSIONI DI PACE

Ecco una proposta suggerita da Savino Pezzotta (ad un Convegno che ricordava don Milani): “Invece di chiederci – di fronte ai drammi della guerra in Ucraina e Palestina/Israele –con chi stiamo ci si dovrebbe mobilitare tutti per la Pace e  essere contro ogni forza fisica, morale e psicologica che cerca  di limitare la nostra libertà e mettere paletti di contenimento alla finta e ipocrita  razionalità che giustifica, perché alla guerra e alla violenza non ci sono ragioni che tengono”. Mobilitarsi per la pace, senza dimenticare aggressori e violenti e senza lasciare che gli inermi vengano massacrati, cominciare a ribaltare i ragionamenti e ripartire da parole di disarmo e di pace. Lo so, in mezzo a decapitati a ostaggi innocenti a civili uccisi a freddo, a ospedali distrutti, sembra pura utopia, inutile utopia. Ma dovremo pur iniziare!

Dovremo anche meditare sulle considerazioni di Giuseppe Davicino su Rinascita Popolare: “Anche se viviamo in una società dove alla fine sulle cose che contano per i cittadini e per gli Stati, prevale sempre un unico punto di vista, che in ultima analisi pare riconducibile agli interessi di una cerchia di oligarchi occidentali, dovremo in futuro abituarci ad ascoltare opinioni e narrazioni che differiscono dalle nostre, [..] Se non si riconosce il nuovo assetto multipolare globale, a Israele, come anche a tutto il resto dell’Occidente, non rimane che la via dell’arroccamento, dello scontro, della guerra a oltranza su fronti che si moltiplicano. Non possiamo rassegnarci al fatto che il passaggio dall’ordine mondiale sorto in seguito alla Seconda guerra mondiale al nuovo ordine multipolare avvenga attraverso la guerra, anche se la tentazione serpeggia negli ambienti che vedono nella guerra l’ultima possibilità per fermare il declino del vecchio ordine. Se in questi tempi nuovi c’è una missione, [..]  anche per il nostro Paese e per l’Europa, essa sembra consistere primariamente proprio nel riuscire a imprimere un carattere di moderazione e di dialogo nelle relazioni internazionali, volto a chiudere i troppi fronti di guerra in corso (prima che ne veniamo travolti) e a rilanciare su nuove basi le relazioni con l’Est, con i popoli dell’Asia e quelli dell’Africa”. Sono un invito a cambiare profondamente, anche nell’opinione pubblica oltre che nei decisori a livello di Governi e di agenzie internazionali, mentalità e prospettive. La democrazia non la si può esportare né con le armi né con i ricatti o sfruttamenti economici.

sabato 21 ottobre 2023

Preghiera sulla pace di Madre Teresa di Calcutta

O Signore,

c’è una guerra

e io non possiedo parole.

Tutto quello che posso fare

è usare le parole

di Francesco d’Assisi.

E mentre prego

questa antica preghiera

io so che, ancora una volta,

tu trasformerai la guerra in pace

e l’odio in amore.

Dacci la pace,

o Signore,

e fa’ che le armi siano inutili

in questo mondo meraviglioso.

Amen.

lunedì 9 ottobre 2023

“Davvero ancora verranno giorni” di Lea Goldberg

 Quando la violenza imperversa, l'odio prendo d'assalto l'animo umano e la guerra spezza l'umano di questa nostra terra, è difficile trovare parole adatte alla situazione ed alle persone. Mi è ormai impossibile capire chi è nel giusto e chi nel torto. Ogni guerra si è rivelata l'incarnazione e l'espressione più elevata del male. In questi momenti la parola che può salvare l'umano - pace - viene cancellata, ma qualcuno l'ha soltanto accantonata e riposta nel profondo del suo cuore perché risorga appena possibile.

A lenire questa drammatica escalation di violenza e di terrore ho trovato le parole di una poetessa, Lea Goldberg, scritta nel 1943, mentre in Europa imperversava la Seconda guerra mondiale e si inaspriva la folle persecuzione contro gli ebrei. Davvero verranno giorni ci assicura la poetessa, immaginando una rinascita dopo la catastrofe.  Poiché l’umanità è dove c’è amore. Ed è questo il miracolo della vita che in queste parole la poetessa israeliana ci fa sentire palpitante e vitale, più forte delle bombe e della morte, la vita è là dove “è permesso, permesso amare”.

Davvero verranno ancora giorni di perdono e di grazia
e camminerai nel campo come l’ingenuo viandante

La pianta dei tuoi piedi nudi accarezzerà i fili d’erba,
e le sommità delle spighe ti pungeranno, e la loro puntura sarà dolce,
oppure la pioggia ti sorprenderà, con la massa battente delle sue gocce
sulle spalle, sul petto, sul collo e ti rinfrescherà il capo.

Davvero camminerai ancora nei campi e la quiete si diffonderà in te,
respirerai il profumo del solco trovando pace a ogni respiro
vedrai il sole nello specchio della pozza dorata
le cose e la vita saranno semplici e sarà permesso toccarle
e sarà permesso, permesso, permesso amare

Camminerai nei campi da sola,
non ti brucerai nella vampa degli incendi,
in strade indurite dal terrore e dal sangue.
E con cuore sincero sarai di nuovo umile e docile
come un filo d’erba, come un essere umano,
cui è permesso, permesso amare.

lunedì 2 ottobre 2023

CANCELLIAMO DAL VOCABOLARIO LA PAROLA "RAZZA"

Non so se anche a voi sia capitato di ascoltare frasi o discorsi dove il tema principale è cosa fare di tutti questi immigrati che invadono la nostra terra, a rischio e pericolo che si possa smarrire la nostra identità di popolo italiano: ”imbastardiscono la nostra razza!”. No, non è una frase volgare e non rivela alcuna parolaccia, ma “razza” è peggio di una parolaccia, è un errata interpretazione dell’umanità che ha prevalso per più di un secolo portando infinite ingiustizie, sopraffazioni, morti, fino all’idea di razza ariana fatta propria dai nazisti e allo sterminio nei campi della ‘razza’ ebraica. ‘Razza’ non è una parolaccia, ma è un termine che dovrebbe essere cancellato dal nostro dizionario. E se provassimo a togliere questo termine dal nostro dizionario?
Se bastasse cancellare una parola, per cancellare il reale!
Di razza non si dovrebbe più parlare, perché facendolo, si argomenta, si ammette che esistano le razze, e quindi si alimenta la possibilità di distinguere fra razza e razza, e di decretare la superiorità di una razza sull’altra.
Dunque, se cancellando la parola ‘razza’ mi illudo di por fine al razzismo, allora cancellando la parola ‘morte’ cancello la morte, e cancellando la parola ‘odio’ impedisco alla gente di odiare, e cancellando la parola ‘genere’ impedisco a chiunque di fare distinzioni e discriminazioni fra i generi. Purtroppo, e non occorre essere esperti o professori del linguaggio per saperlo, non è il linguaggio che crea la realtà (a parte nella fantascienza), ma è l’inverso: è la realtà che, alla ricerca di definizione, produce il linguaggio. Esistono le parole perché esistono i concetti che si vogliono esprimere, ed esistono i concetti perché esiste l’oggetto, il referente reale o pensato.
Quindi, il fatto che esista un significante (razza) che esprime un significato (il concetto che esistano razze diverse) non determina affatto l’esistenza in sé delle razze (vera o falsa che sia). La parola è solo una conseguenza del reale, non ne è la causa. Il linguaggio è sempre innocente. I colpevoli siamo noi che lo usiamo e lo manipoliamo e lo strumentalizziamo. 
Il problema non è nel termine ma dunque nell'idea che l'uomo ha costruito, maturato e quindi sedimentato nella sua mente. È la mente umana che avrebbe bisogno di una ripulita, non la costituzione italiana o il vocabolario della lingua italiana. Se anche si abolisse l’uso della parola ‘razza’, ci sarebbe sempre un modo di sostituirla con un altro termine affine, visto che rimarrebbero le differenze fra il bianco e il nero, il giallo e il mulatto, lo zingaro e l’ebreo, il cristiano e il musulmano, l’eterosessuale e l’omosessuale. È al pregiudizio sulle diversità che si dovrebbe porre fine, se volessimo ritenerci degni dell’umanità cui apparteniamo.
Prima di cambiare il linguaggio, dunque, dobbiamo preoccuparci di come va cambiata la realtà, magari con l’educazione al rispetto dell’altro, con la lotta convinta alle bugie dei social che deformano l’immagine del prossimo per diffamarlo, con la censura e la condanna di quei personaggi che sulle differenze e sull’odio costruiscono la propria fortuna.

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