mercoledì 26 dicembre 2012

VOGLIA DI AUTENTICITA' NELLA CHIESA

Care amiche e cari amici, ancora una volta, in prossimità del Natale, desideriamo ritessere il dialogo con voi, per condividere tristezze e angosce, gioie e speranze, più che mai convinti che “nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel cuore dei discepoli di Cristo(Gaudium et spes, 1). Questa decima lettera, quindi, per continuare a riflettere con voi sul senso della nostra esperienza di fede, chiamata a tradursi in testimonianza d’amore. Dieci appuntamenti a cui siamo stati fedeli nel corso degli anni. Per noi è stata l’occasione di parlare del nostro amore alla Chiesa, popolo di Dio, voluta dal Maestro di Nazaret. Per chi ci ha letto e ci leggerà, l’opportunità di riflettere su pensieri e idee che attraversano le nostre e le vostre menti per scendere poi nei cuori e farne una vera e propria passione. Siamo un piccolo gruppo di preti. Impegnati in parrocchia, in carcere, sulla strada, nell’accoglienza dei poveri e degli stranieri, per la giustizia e la pace, nell’ascolto di fratelli e sorelle. Non presunzione ma passione, quindi, ci ha stimolato a continuare anche quando il dubbio, la perplessità e la fatica ci avrebbero sconsigliato di scrivere e di comunicare. L’idea di incontrare il pensiero di molti, approvazione e dissenso, per poi dibattere e persistere nel cercare la verità, ci hanno fatto immaginare anno dopo anno la lettera di Natale ….
 Un tempo doloroso e complesso
Condividiamo con tutti voi la complessità della situazione storica presente. La crisi economica, causata da una finanza autoreferenziale e senza etica, provoca ricadute drammatiche sulla vita delle persone e delle famiglie.Decine di migliaia sono i licenziamenti dal lavoro e manca ogni prospettiva per il futuro dei giovani in particolare. La crisi coinvolge tutta l’umanità, a partire dagli impoveriti e affamati che da sempre vivono questa condizione. La causa è strutturale ed esige un’altra visione del mondo, un’economia di giustizia e di uguaglianza reali, una nuova regola di vita.Ventitré paesi d’Europa hanno aderito, uniti, e in modo significativo, alle manifestazioni di mercoledì 14 novembre nella quale sono stati evidenziati i costi perversi del mondo della finanza dichiarati come accessori per far parte della “civiltà mondiale”: il superamento e lo svuotamento delle forme di democrazia come le abbiamo fino ad ora sperimentate; l’irrisione del significato sociale del lavoro; l’impoverimento radicale di popoli e individui in nome del primato del mercato. Ci uniamo a queste proteste, considerando anche come i tagli operati nel nostro Paese non abbiano riguardato denaro e immobili dei ricchi né i cacciabombardieri F35, ma scuola, sanità e welfare, fasce di popolazione già deboli e in difficoltà.
L’attuale crisi viene da lontano e si intensifica: spaesamento rispetto a dimensioni etiche condivise; diffuse forme di individualismo e di materialismo esasperati; minore appartenenza e partecipazione alla casa comune; illegalità e corruzione: ogni anno 60 miliardi di euro di corruzione e 120 di evasione fiscale, quindi 180 miliardi di euro sottratti al bene comune; crisi della politica; chiusura autoreferenziale delle religioni in nicchie sacrali separate dalla storia, compresa la Chiesa a cui con convinzione e consapevolezza critica apparteniamo come preti. Esprimiamo la nostra convinta partecipazione al movimento che si estende in tutta Europa per una riforma urgente e significativa della Chiesa. Ci sentiamo uniti a quanti, sacerdoti e laici, donne e uomini dell’Austria e della Svizzera tedesca, movimenti ugualmente presenti in Germania, Belgio, Olanda, Francia e Italia, operano per una Chiesa dal volto evangelicamente più umano e con insistenza chiedono un dialogo aperto e sincero su alcune questioni fondamentali anche a partire dal Concilio ecumenico Vaticano II: una Chiesa capace di dialogare con le religioni, le culture, soprattutto con i drammi di questa nostra umanità, disponibile a condividere l’Eucarestia con tutti i battezzati e i fratelli riformati, impegnata a ritrovare una comunione reale con i divorziati e risposati, attenta a valutare presenza e partecipazione nella comunità ecclesiale di omossessuali, eterosessuali, transsessuali, capace di interrogarsi responsabilmente sul sacerdozio alle donne, sul celibato dei preti, sull’ordinazione di uomini sposati.
 Una nuova umanità
Quotidianamente condividiamo con tante persone un interrogativo alla cui risposta siamo chiamati non in modo teorico, bensì relazionale e con scelte di vita: qual è il nostro progetto di umanità? Un’umanità nella quale sia affermata e rispettata la dignità di ogni persona, qualsiasi sia la sua condizione e situazione; nella quale sia dichiarata e praticata la giustizia; uguale per tutti; la libertà e la verità siano ricercate e attuate; la pace sia vissuta ed esigita, reclamando con forza la progressiva e riscontrabile riduzione delle armi e delle guerre; nella quale l’accoglienza di ogni altro, con attenzione a chi fa fatica, all’immigrato, al carcerato, al sofferente psichico, a tante situazioni nascoste, diventi vissuto quotidiano; la solidarietà non copra l’ingiustizia e l’emarginazione; la gratuità diventi l’anima dell’agire oltre il dare e il ricevere; la spiritualità sia dimensione della profondità dell’animo per attraversare ogni situazione della storia. Avvertiamo oggi la necessità e l’urgenza di ridare verità a queste parole, proprio perché spesso vengono rubate, manipolate, inquinate quando la giustizia viene pronunciata con solennità da chi spesso la calpesta; le dichiarazioni di pace coprono azioni di guerra; la libertà e la verità troppo spesso diventano individualismo, omertà, impunità, menzogna; l’accoglienza è selezionata, emarginata e reclusa; la solidarietà diventa gesto occasionale e assistenziale; la gratuità è avvertita come idealismo ingenuo e perdita di efficienza; la spiritualità come spiritualismo che fugge dalla responsabilità della storia. Desideriamo condividere con tutti, uomini e donne, la pretesa di attribuire a queste straordinarie parole la verità della vita e della storia delle persone; di smascherare e denunciare il loro uso strumentale e inaccettabile. Sono le scelte e la coerenza della vita a riempire di significato autentico le parole.
 Fragilità e grandezza del nostro essere donne e uomini
Nella nostra vita di preti, ma anche dall’incontro con le storie di tante donne e tanti uomini, sperimentiamo l’ambivalenza dell’essere umano. E’ certamente importante riflettere sul rapporto fra persona e ambiente familiare, sociale, culturale, politico, religioso; sugli insegnamenti e sui condizionamenti, in relazione alla libertà personale. Costruire un’umanità più umana, significa assumere tutta l’umanità nei suoi diversi aspetti, senza fideismi e senza parentesi, senza sconti e omissioni, senza la presunzione di essere gli unici a praticare la carità (come, in forma gravemente antievangelica, afferma uno spot televisivo: “Se non noi chi?… nessuno”). A questo proposito, così ci insegna il Concilio Vaticano II: “Tuttavia la Chiesa non pone la sua speranza nei privilegi offertigli dall’autorità civile anzi essa rinunzierà all’esercizio di certi diritti legittimamente acquisiti, ove constatasse che il loro uso potesse far dubitare della sincerità della sua testimonianza o nuove circostanze esigessero altre disposizioni”(Gaudium et Spes 76).
 La crisi della politica
Che la politica sia indispensabile lo si avverte maggiormente proprio ora. Una delle situazioni più preoccupanti, però, è la crisi della politica che riguarda i contenuti, la rappresentatività, i metodi. Noi continuiamo a credere con don Lorenzo Milani che la politica “è l’arte di uscire insieme dai problemi, perché tutto il resto è egoismo” e con papa Paolo VI che “la politica è la più alta espressione della carità”. La crisi è culturale ed etica e si concretizza in un apparato di privilegi separato dalla società; in modalità, linguaggio e comportamenti troppo spesso offensivi della dignità, del lavoro, delle fatiche, dell’onestà dei cittadini. Siamo a conoscenza di tante donne e di tanti uomini impegnati in politica in modo cosciente e disponibile, vero servizio ai cittadini. Il più delle volte la loro esemplarità viene oscurata da corruzione e illegalità che senza indugi e attenuazioni, andrebbero sempre e prontamente denunciate. Stiamo entrando in un periodo di elezioni a livello nazionale e regionale. Siamo convinti dell’urgenza di un profondo rinnovamento della politica, a cominciare da una legge elettorale che esprima e non mortifichi la democrazia e la libertà di scelta; che concentri nel programma elettorale le questioni decisive per la vita delle persone: istruzione, scuola, formazione, ricerca, cultura; salute; lavoro; attenzione alle persone più deboli, più fragili; attenzione del tutto particolare ai giovani, al loro presente e al loro futuro. Per quanto riguarda i candidati pensiamo a persone, donne e uomini appassionate, esperte o comunque disponibili ad impegnarsi per imparare; in rapporto con le storie delle persone e delle comunità; disinteressate, oneste, trasparenti, motivate dal servizio al bene comune. Dove si collocano i cattolici in politica, proprio a partire dall’insegnamento del Concilio Vaticano II a cinquant’anni dal suo inizio? Siamo convinti che non ci possono essere confessionalismi né di centro destra, né di centro sinistra: la laicità della politica è dimensione sempre da salvaguardare. Chi si ispira al Vangelo e partecipa alla comunità cristiana porterà nella politica tale ricchezza interiore, senza farla diventare partito e schieramento, trasferendola come patrimonio nella intelligente e alta mediazione legislativa, mentre assume come criterio sempre e comunque i poveri, i sofferenti, gli emarginati. Ci pare doveroso evidenziare la pretesa impropria di una parte politica che afferma di rappresentare e di difendere i valori cattolici (ad esempio, i cosiddetti valori non negoziabili) con l’approvazione della gerarchia della Chiesa, mentre manifesta convinzioni, atteggiamenti, comportamenti riguardo al neoliberismo, ai privilegi, alla guerra, all’immigrazione contrastanti il messaggio del Vangelo con evidenze di corruzione e immoralità.
 Le vere ricchezze della Chiesa
Viviamo nella Chiesa come parte del popolo di Dio in cammino nella storia, come preti e ne avvertiamo ricchezze e tribolazioni, coerenze, fragilità e paure. A cinquant’anni dall’inizio del Concilio Vaticano II rileviamo la presenza di persone e comunità che vivono con autenticità il riferimento al Vangelo di Gesù e il tentativo di attuarlo in modo coerente nella vita e nella storia. Constatiamo anche un diffuso conformismo religioso; una gerarchia timorosa che ripete esortazioni senza incarnarsi e assumere la storia; che riafferma in modo automatico che solo la fede può portare salvezza ad una umanità ammalata, senza approfondire quale fede, in quale Dio, in quale Gesù; senza chiedersi come si pre- senti la Chiesa nell’annunciare il Vangelo dell’Uomo di Nazaret.Anche il recente Sinodo mondiale dei vescovi ha rivelato una scarsa incisività dei contenuti. Pure nelle nostre diocesi si avverte distanza fra i vissuti di tante donne e di tanti uomini, giovani e anziani, impegnati nelle comunità parrocchiali, e i momenti istituzionali della Chiesa.Ancora una volta desideriamo condividere la fede umile che, credendo, continua a ricercare profondità e autenticità nel Dio umanissimo di Gesù di Nazaret che, sentiamo, può essere riferimento per tante donne e uomini del nostro tempo, proprio perché ci insegna a vivere e amare, soffrire e morire nel modo più umano possibile. Desideriamo condividere con voi l’esperienza della Chiesa dell’accoglienza di ogni persona; che non consideri nessun valore “non negoziabile”, proprio perché reputa fondamentale ascoltare, e quindi dialogare con le persone sulle loro storie di vita; l’esperienza di una Chiesa povera e abitata dai poveri, liberata dall’abbraccio mortale con il potere economico, politico, militare, mediatico. Di una simile Chiesa c’è bisogno in ogni momento della storia.
 Guardando avanti
Condividiamo una speranza che si nutra della Parola profetica del Vangelo; della testimonianza coerente di tante donne e di tanti uomini nella società, nelle istituzioni, nelle religioni a livello locale e su tutto il Pianeta; del patrimonio dei profeti e dei martiri. Senza attenuare la complessità e la crisi attuali, riteniamo fondamentale nutrire il progetto di un’umanità veramente umana e trovare il senso stesso della vita nella dedizione e nell’impegno per attuarlo nella storia. Libertà, responsabilità, bene comune sono dimensioni costitutive e imprescindibili insieme alla fedeltà, alla coerenza e alla perseveranza. La povertà è espressione di un affidamento radicale a Dio e si manifesta come sobrietà, essenzialità, condivisione, è atteggiamento interiore e pratica da riscoprire e da vivere nelle scelte personali e familiari, comunitarie e sociali, politiche ed ecclesiali.Ci pare di scorgere in noi preti firmatari e in tante persone l’esigenza profonda, irrinunciabile di un risveglio culturale ed etico, politico e spirituale per una nuova visione del mondo. Anche nella complessità e nella crisi individuiamo i segni che ci incoraggiano. Non arrendiamoci dunque, ma disponiamoci a rendere ragione con la vita della speranza che è in noi per un mondo nuovo e una Chiesa del Vangelo.
 Condividere questa speranza è sentirsi parte dello stesso progetto e del medesimo cammino.
 Pierluigi Di Piazza, Franco Saccavini (Udine); Mario Vatta (Trieste); Giacomo Tolot, Renzo De Ros, Piergiorgio Rigolo (Pordenone); Luigi Fontanot, Alberto De Nadai, Andrea Bellavite (Gorizia); Antonio Santini (Vicenza); Albino Bizzotto (Padova)

lunedì 24 dicembre 2012

IL LINGUAGGIO DEI REGALI

Arriva il Natale, che sembra essere rimasto nel cuore della gente solo per luci e regali. Che poi oggi sono in fase calante visto l’aria che tira e scendono come investimento al 75% rispetto al 2011. Ma nonostante noi pensiamo che il Natale sia altro che le spese rituali, guardiamoli da vicino i regali perché il regalo comunque “significa” qualcosa: svela l’idea che abbiamo sull’elemento ormai rimasto centrale nel Natale, i bambini.

Infatti esistono varie categorie di regali:

La prima sono i “regali-istruttore”, che implicano il seguente messaggio: “Ecco il tuo modello, quello che noi ci aspettiamo da te”. In questa categoria vediamo i regali che modulano il bambino secondo le nostre aspettative sociali e familiari. Non avete notato infatti che ad esempio oggi cagnolini di peluche e gattini hanno sostituito i bambolotti umani negli scaffali dei regali? Non c’è più Cicciobello, ma Fuffi, come a dire ai bambini: “Ci aspettiamo da voi che ci chiediate un criceto e non un fratellino!”. Oppure abbiamo tutta la serie di bambole-fotomodelle dalle misure fisiche impossibili (hanno la pancia dello stesso diametro delle vertebre) come a dire “ecco cosa ci aspettiamo che diventiate”.  Il bello è che queste aspettative genitoriali non sono esplicite ma sono nondimeno normali: quanti si augurano di avere la figlia velina e quanti sperano che l’esperienza di avere un figlio non si ripeta? E attenzione: queste aspettative sono in buona parte non originarie di quello che la gente davvero vuole, ma mutuate dal clima utilitaristico e mercantile dilagante.
A fianco, infatti, di questi due cliché c’è il “regalo intelligente” che sarebbe quello che “insegna divertendo”; ora non si capisce che bisogno abbiano i bambini di essere indottrinati a loro insaputa, facendogli credere che li facciamo giocare e invece li facciamo studiare, quasi che scopo dell’infanzia sia prepararsi ad essere bravi ingranaggi del mondo adulto secondo le esigenze del mercato.

La seconda categoria sono “regali-techno”, regali elettronici, davvero belli e attraenti e anche divertenti, con l’unico problema che sono così belli e attraenti che non ci si stacca più. Anche l’American Academy of Pediatrics ha dovuto dare delle linee-guida per arginare lo strapotere dei videogiochi e del web sulla mente infantile.

La terza categoria sono i “regali-architetto”: elementi creativi come le costruzioni, che però oggi stanno assumendo le caratteristiche del prefabbricato: un tempo con le costruzioni potevi costruire le forme che volevi, anche quelle apparentemente senza senso per tutto il resto del mondo; oggi tanti hanno già un progetto ed elementi così ben definiti e riconoscibili che non sono più duttili e addomesticabili o deformabili a piacere.

Abbiamo poi i “regali-desiderio”, di solito abiti o accessori di marca e “regali-mordi-e-fuggi”, di solito il denaro.

Perché ci interessa parlare di regali? Perché ci dicono che sguardo abbiamo sui bambini, e spesso questo sguardo è poco elastico, poco colmo di fantasia e troppo preordinato utilitaristicamente. La cultura utilitarista passa attraverso piccoli gesti, inconsci, semplici, abitudinari, innocenti.

Bisogna riflettere come genitori e come adulti su una semplice domanda: “Cosa è un figlio?” “Che destino ha?”. Questa domanda è la base della pedagogia e la pedagogia che scegliamo (anche se crediamo di non aver scelto qualcuno lo ha già fatto per noi) influisce su come trattiamo i figli e la dice lunga anche su come giudichiamo noi stessi. Abbiamo così tanta paura di sentirci inutili se non produciamo, che non riusciamo a concepire neanche il gioco dei nostri figli come “non utile”; invece il gioco ha una dimensione inutile e per questo bella, una dimensione costruttiva ma non per questo incasellabile nelle future esigenze del mercato.

Il gioco è proprietà dei bambini che riescono a farlo col minimo indispensabile e gli stiamo sottraendo questo diritto obbligandoli a giocare con quello che vorremmo noi, o a giocare con cose “che già si sa come vanno a finire”, o che li “tengono buoni” e noi possiamo rilassarci in un’altra stanza. Invece il gioco richiederebbe un solo essenziale ed indispensabile ingrediente: gli altri; mentre oggi i giochi e i regali hanno l’illusione di farli sentire soddisfatti lasciandoli invece soli.

Facciamoli allora, i regali; ma riflettiamo un attimo. Riflettiamo su cosa sia il Natale, su cosa sia un regalo e cosa sia un figlio.

Ecco perché ci siamo dilungati a parlare dei regali: perché le grandi ideologie si riflettono nelle piccole cose; l’utilitarismo (l’ideologia nemica della solidarietà), e la religione dell’autonomia (altro modo di chiamare la solitudine) iniziano a entrare nelle menti umane quando hanno ancora solo 5 anni, anche passando attraverso quello che viene regalato ai bambini – e magari su come viene regalato -: è un linguaggio non parlato ma molto esplicito, che passa attraverso i messaggi impliciti che li avvertono su cosa i “grandi” si aspettano da loro e su cosa (e attraverso i “grandi”, i mercati) pretendano, ohimè, dai piccoli, futuri obbedienti consumatori.
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CARLO BELLIENI su "LA NUOVA BUSSOLA QUOTIDIANA".

domenica 16 dicembre 2012

VERITA' PER EMANUELA ORLANDI

Ciao a tutti,
sono Pietro Orlandi.
In primo luogo volevo ringraziarvi per il vostro sostegno e per aver aderito
in tantissimi alla petizione, lanciata lo scorso anno, a Papa Benedetto XVI
(più di 85 mila firme) per la Verità su mia sorella Emanuela, che ci ha
permesso di fare dei passi avanti , fino a poco tempo fa ritenuti
impossibili, come l’apertura della tomba di De Pedis.
Quando la voce di una persona non riesce a farsi sentire, quella di migliaia
arriva alle orecchie di chi troppo spesso non vuole ascoltare.
Per questo sono qui ancora a chiedere il vostro aiuto. Un mese fa ho
lanciato una nuova petizione, alla quale alcuni di voi hanno già aderito,
per ribadire la nostra volontà a non arrenderci .Questa volta il destinatario è
il segretario  di Stato di Papa Benedetto XVI , cardinal Tarcisio Bertone,
perché nonostante siano passati 29 anni, la Santa Sede continua nella sua
opera omertosa, come imporre di togliere la foto di Emanuela dalla
scrivania di mia moglie in ufficio, perché ritenuta un simbolo e può dare
fastidio. Che fastidio può dare? E a chi? La foto di una bambina la cui
unica colpa è quella di essere stata rapita e alla quale è stata negata la
possibilità di scegliere della propria vita fa dunque paura?
Per aderire a questa nuova petizione (SOLO SE NON LO SI E' GIA' FATTO) basta
andare sul sito
                       http://www.emanuelaorlandi.it
dove troverete il testo e la possibilità di aderire
direttamente. C’è anche un numeratore, così in qualunque momento potrete
vedere l’aumento delle adesioni e naturalmente potranno vederlo anche i
destinatari della petizione stessa.
E’ un piccolo gesto che può aiutarci a cambiare le cose, per Emanuela, per
la dignità di questo paese e per la credibilità di questa Chiesa. Ma è molto
importante che siamo in tanti, tantissimi: il mio sogno è arrivare a mezzo
milione, o magari a UN MILIONE di aderenti alla petizione. Per questo vi
chiedo di far girare il più possibile questa lettera a tutti i vostri
contatti e sul web.
Considerate che, seguendo le istruzioni sul sito, si può votare anche PER
CONTO di altri (familiari o amici), a condizione di fornire i dati richiesti.
Se ognuno di voi convincerà a firmare almeno 30 persone, quell'obiettivo che
ora pare irraggiungibile si avvicinerà!

Un forte abbraccio,
Pietro
Per contatti, informazioni o eventuali novità vi lascio la mia mail
personale:
pietro_1959@libero.it

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