venerdì 16 novembre 2018

CI STIAMO DIMENTICANDO DI NOI?


di Ascanio Celestini in “il manifesto” del 14 novembre 2018
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Quanto stiamo diventando cattivi? Come quelli che prendevano il caffè alla stazione quando partivano i treni pieni di ebrei e zingari? Come quelli che erano contenti dell’impero? ...

Più ci penso e più credo che non serve molto parlare di immigrati, di stranieri. Dobbiamo parlare di noi. Dell’umanità che ci stiamo perdendo per strada.

Con lo sgombero dei poveri cristi del Baobab – una ferita per la città perché era una risorsa vera per i disperati di Roma – s’è toccato un fondo che non era facile toccare. Solo con questi personaggi disumani potevamo toccarlo.

Con questi che si circondano di mostri per essere sempre più mostruosi. Quanti like mi mettono se porto un mazzo di fiori per una sedicenne stuprata? E se ce ne aveva tredici?

Viviamo in una città nella quale bisognerebbe riparare le strade piene di buche, dare un alloggio a chi non lo ha, migliorare il trasposto pubblico e le scuole, la sanità, eccetera. Ma si
prendono voti con questi argomenti? No, cari elettori.

Allora arrivano i blindati «l’avevamo promesso, lo stiamo facendo. E non è finita qui. Dalle parole ai fatti» dice il mostro di Riace, quello che ha trattato come un malfattore il sindaco Mimmo Lucano che ha dato una casa ai migranti e un paese ai suoi paesani.

Il ministro che sta facendo a pezzi le nostre barricate di civiltà.

E noi?

venerdì 9 novembre 2018

QUAL E' IL DIRITTO E QUAL E' IL ROVESCIO?

L'anno scorso un papà single di Napoli aveva avuto in affido una bimba Down, abbandonata in ospedale dalla madre subito dopo il parto e rifiutata da ben sette famiglie in attesa di adozione. All'epoca era una neonata di pochi giorni, oggi ha 18 mesi e Luca Trapanese l'ha adottata al compimento del primo anno. Il tribunale aveva scelto proprio lui, che già da tempo aveva inoltrato la richiesta proprio per accudire un bimbo disabile "senza porre alcuna condizione", creando un caso di risonanza nazionale.
Trapanese ha fondato a Napoli l'associazione "A ruota libera", che si occupa dei ragazzi Down, e "La casa di Matteo", per bambini gravemente malati, e si occupa anche di altre attività per l'inserimento dei disabili nella vita lavorativa in piena autonomia.
Intorno ad Alba non c'è solo Luca, anche se è con lui che dimostra l'attaccamento maggiore:  c'è una famiglia fatta di amici, parenti, cugini, zii e ben due nonne. "Qualche tempo fa sono stato legalmente adottato da una signora che ha un figlio disabile, che ora è mio fratello. Lei ci teneva che me ne occupassi io quando sarà solo e quindi ho due mamme".
Come sarà la vita di Alba? «Spero bellissima. Potrebbe lavorare come me nel sociale, ma, chissà, fare mille altre cose. Già da ora le piace cantare e ballare. Andrà a scuola, avrà amici e io la sosterrò». E un nuovo partner per il papà? Non sarà più difficile trovarlo con una figlia disabile a carico? «Se lo troverò sarà quello giusto, perché prenderà tutto il pacchetto». E il pacchetto è senz’altro di grande valore.
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«Da bambino, da sempre, i vecchi mi fanno schifo. E tutti i ragazzi down mi danno fastidio». E' giallo su un vecchio video che ha come protagonista Rocco Casalino, pubblicato su Youtube da ArcadeTv7, in cui l'ex gieffino oggi portavoce del Premier pronuncia frasi davvero pesanti contro anziani e persone affette da sindrome di down.
Nel filmato che risale al periodo di Casalino post Grande Fratello, Rocco è seduto su una cattedra e parla ad alcuni ragazzi: «I vecchi, i ragazzi down, non ho nessuna voglia di relazionarmi a loro, non ho nessuna voglia di aiutarli, poveretti che gli è capitata `sta cosa». E a chi gli contesta la parola «schifo» spiega: «È come a te fa schifo il ragno, a me è così. Mi danno proprio fastidio. Mi dà imbarazzo. Non mi va di stare dietro ai vecchietti, ai bambini, ai down».
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lunedì 5 novembre 2018

COMMEMORARE LA FINE DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE:SI PASSI DALL'IDEA DI VITTORIA A QUELLA DI PACE

L’invito del vescovo Ivo Muser a rinominare una delle più controverse piazze di Bolzano sostituendo la parola “vittoria” con la parola “pace”, arriva quanto mai opportuno.
La sua lettera pastorale ci riporta ai primi di novembre del 1918 quando calava il sipario sulla tragedia cui Papa Benedetto XV diede il titolo di “Inutile strage”. Qualcuno applaudì, molti stettero in silenzio. Per milioni fu il silenzio della morte. Se a cent’anni di distanza volessimo ancora parlare di “vittoria” vorrebbe dire che il “secolo breve” (con le sue lunghe appendici) sarebbe trascorso invano.
Il novembre 1918 segnò la fine di un’epoca? Piuttosto ne rappresenta il compimento. Si pensi alla lunga stagione dei nazionalismi, cominciata nell’Ottocento e ahimè – lo constatiamo ogni giorno in Europa e non solo – non ancora conclusa.
La proposta del pastore di Bolzano-Bressanone – chiamiamola “piazza della Pace” - non vuole solo chiudere definitivamente un capitolo storico, ma soprattutto per dare un messaggio chiaro al presente e per offrire una prospettiva futura.
Innanzitutto il cambio di nome dice l’importanza delle parole. Il nostro linguaggio – oggi più che mai – rivela la sostanza e la ricchezza (o la miseria) del nostro pensiero. “Vittoria” o “pace” diventano delle scelte. Come muro o ponte, accoglienza o chiusura, violenza o dialogo, vita o morte.
Il cambio di nome dice la necessità di avere una prospettiva storica. Di non essere appiattiti sul presente e di non incatenare il presente a un passato che non tornerà. Il “pensiero breve”, padre di ogni slogan, si nutre dell’ignoranza, a volte una “ignoranza colta” (come quella di cui la retorica della vittoria, della patria, della nazione, del sangue è espressione). Ignora soprattutto la complessità.
E' straordinario che possano risuonare parole come “beati i costruttori di pace”. Rappresentano un pensiero esigente che mette insieme realtà complesse come la felicità, la azioni costruttive, le relazioni positive tra le persone. Sono parole antiche e sempreverdi, adatte a chi non si vuole arrendere e sa guardare lontano.
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Estratto da www.vitatrentina.it, n°43

sabato 3 novembre 2018

DOSSIER IMMIGRAZIONE 2018

Sono stati presentati i dati relativi al Dossier Immigrazione 2018 realizzato dal Centro studi e ricerche IDOS, in partenariato con il Centro studi Confronti e la collaborazione dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali (UNAR), cofinanziato dal fondo 8 per mille dell’Unione delle chiese metodiste e valdesi.
 “L’Italia non è né il paese con il numero più alto di immigrati né quello che ospita più rifugiati e richiedenti asilo. Con circa 5 milioni di residenti stranieri (5.144.000 a fine 2017, secondo l’Istat), viene dopo la Germania, che ne conta 9,2 milioni, e il Regno Unito, con 6,1 milioni, mentre supera di poco la Francia (4,6 milioni) e la Spagna (4,4). Anche l’incidenza sulla popolazione complessiva, pari all’8,5% (dato Istat), risulta più bassa di quella di Germania (11,2%), Regno Unito (9,2%) e diversi altri paesi più piccoli dell’Unione, dove i valori superano anche in maniera consistente il 10% (Cipro 16,4%, Austria 15,2%, Belgio 11,9% e Irlanda 11,8%). L’incidenza più alta si registra nel Lussemburgo, dove gli stranieri sono quasi la metà di tutti i residenti (47,6%)”.

Un’invasione dunque, sovente evocata, che in realtà non esiste: il numero degli stranieri residenti in Italia, infatti, è pressoché stabile dal 2013 e si attesta intorno ai 5 milioni. La loro incidenza sul totale della cittadinanza, nell’ordine dell’8% dal 2013, aumenta di pochissimi decimali l’anno, e le cause di questo quasi impercettibile aumento si devono a una popolazione italiana sempre “più anziana (gli ultra65enni sono 1 ogni 4, mentre tra gli stranieri 1 ogni 25), meno feconda (1,27 figli per donna fertile, contro 1,97 tra le straniere) e tornata a emigrare verso l’estero, quasi 115.000 espatriati ufficiali nel corso del 2017: un dato sottodimensionato se si considera che molti, nel trasferirsi all’estero, trascurano di effettuare la cancellazione anagrafica, non essendo obbligatoria”.
Il Dossier non si limita a riportare dati generali ma scatta anche una fotografia degli stranieri residenti sul nostro territorio: “Circa due su tre (2.390.000) hanno un permesso di soggiorno di durata illimitata, che attesta un grado di radicamento e stabilità ormai consolidato. I restanti 1.325.000 (35% del totale) hanno un permesso a termine, in maggioranza per famiglia (35,7% del totale) o per lavoro (35,2%). Meno di 1 su 5 (239.000) è titolare di un permesso inerente alla richiesta di asilo o alla protezione internazionale o umanitaria”.

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