Domenica 12 gennaio,in occasione della Festa del Battesimo di Gesù,Papa Francesco ha conferito il Battesimo a 32 neonati:«Ringrazio con voi il Signore per queste creature e per ogni nuova vita - ha detto il Pontefice - Ogni bambino che nasce è un dono di gioia e di speranza, e ogni bambino che viene battezzato è un prodigio della fede e una festa per la famiglia di Dio».
Fra di essi c'era anche Giulia,figlia di una coppia non sposata religiosamente:è la prima volta che un Papa amministra il sacramento del Battesimo a un bambino i cui genitori non sono uniti da rito sacro.
Naturalmente sono scattati i commenti a questo fatto e molti hanno sottolineato che tale scelta da una parte riveli una presa di posizione da parte del Papa in merito alle situazioni cosiddette "irregolari",dall'altra possa avere l'effetto di svilire l'importanza del sacramento del Matrimonio. Ma...
...ma non mi sembra che questo sia il problema,che,come altre volte,rivela il solito bigottismo dei 'cristiani dei primi posti',quanto una riaffermazione del magistero papale sulla gratuità assoluta della fede e sull'importanza della figura dei genitori quali primi educatori di fede.
Nella mia lontana esperienza pastorale ricordo la crisi del mio parroco di fronte a genitori mai visti in parrocchia che chiedevano il battesimo per i propri figli:<<Che ne sarà di questi bambini?>>,come se il problema fosse dato dal fatto che le colpe dei padri si ripercuotono negativamente sui figli!
I Sacramenti sono doni gratuiti che si espandono al punto da diventare una grande grazia per la famiglia intera:non sono e non possono essere un punto d'arrivo e un premio per i più bravi e più buoni!..Sono sicuramente un punto di partenza e di coinvolgimento!
Nel maggio scorso, infatti, il Pontefice aveva detto che la Chiesa non deve essere una 'dogana', un luogo dove chi cerca Gesù viene allontanato, come purtroppo avviene talvolta a qualche ragazza madre che chiede il battesimo per il figlio e viene respinta perché non sposata. "Questa ragazza che ha avuto il coraggio di portare avanti la sua gravidanza e non rinviare il suo figlio al mittente, cosa trova? Una porta chiusa! Questo - aveva affermato Francesco in una delle omelie pronunciate alla Domus Santa Marta - non è zelo! Allontana dal Signore!".
I presbiteri sono i veicoli attraverso i quali i sacramenti,segni della presenza divina,entrano nella vita degli uomini:non un potere decisionale ma un dono gratuito,un seme da far crescere.
In fondo lo diciamo chiaramente, da molti secoli, con la prassi del Battesimo ai bambini: il sacramento è un inizio, l'ingresso in un cammino che potrà condurre o meno alla consapevole adesione personale a Cristo, ma che viene offerto comunque, nella fede della Chiesa. Perché è quella ecclesiale la prospettiva che dobbiamo riguadagnare. Chiusi nell'individualismo contemporaneo,dimentichiamo che ciascun cristiano è parte della Chiesa, del popolo santo di Dio, unito in Cristo,con la responsabilità di testimoniare, annunciare, rendere ragione, così da consentire a Cristo di raggiungere, sostenere, consolare anche coloro nei quali la fede è uno stoppino dalla fiamma smorta (Is 42,3). I sacramenti sono la porta appena dischiusa al soffio dello Spirito, che con la Sua forza può spalancarla e aprire nuove vie all'incontro con Cristo Signore, ma di questa azione silenziosa e potente proprio noi, noi che ci diciamo cristiani, noi che siamo Chiesa, siamo i primi collaboratori.
"Questi bimbi sono anello di una catena, voi genitori avete un bambino o una bambina per battezzare, ma dopo alcuni anni saranno loro che avranno un bambino o una bambina da battezzare e poi un nipotino, questo è la catena, voi siete trasmissori della fede, avete il dovere di trasmettere la fede a questi bambini, è la più bella eredità che gli lascerete, la fede, soltanto questo. Oggi - ha concluso Papa Francesco - portate a casa questo pensiero: dobbiamo essere tramissori di fede e pensare a come possiamo essere ogni giorno trasmissori della fede".
A.B.
mercoledì 29 gennaio 2014
martedì 28 gennaio 2014
Rieti, la suora e il suo bambino
Quando succedono cose del genere il cristiano è preso da un senso di conflitto. Da un lato, d'istinto, si vorrebbe lasciar cadere la questione. Siamo tutti peccatori e non abbiamo certo bisogno di "amplificarne" la voce. Dall'altro è un'occasione da non lasciar cadere per poter parlare di alcune cose belle.
Senza dubbio il punto di partenza è di avere un'informazione più ampia e reale sulla suora di Rieti che è diventata mamma,e così si scopre che il parroco della parrocchia Regina Pacis di Rieti, don Fabrizio Borrello, nel commentare l'episodio dice tra le altre cose: «Il bimbo che ha dato alla luce è una creatura di Dio, e ci vuole rispetto per la vita umana. Il Papa per primo ci ricorda che, al di là degli errori, la dignità delle persone va rispettata». Ovviamente, nessun accenno a questo si trova sui siti di grande divulgazione e sui giornali più diffusi (mentre è riportato dal Fatto Quotidiano).
Credo che per un cristiano dovrebbe essere molto più rilevante questa attenzione al bimbo che è nato, che non alla suora che lo ha partorito. Perché la sottolineatura del bene, per noi, dovrebbe avere sempre uno spazio maggiore di quella del male. E si spera, allora, che una parte della reazione della madre superiora, comprensibile sul lato umano, possa diventare diversa: «Ci ha mentito e qui non tornerà». Ok, non tornerà come suora. Ma come donna di fede che appartiene a quella Chiesa? Come madre che chiederà il battesimo per suo figlio? È davvero cristiano mettere distanza rispetto ad un pubblico peccatore che mostra di voler ri-continuare sulla strada della fede? Eppure in questi giorni la reazione più diffusa da parte di molte persone di fede, soprattutto se con qualche livello di responsabilità nella Chiesa, è sempre improntata alla presa di distanza etica da questa suora. Ma davvero la prima preoccupazione dovrebbe essere questa?
Secondo dettaglio. Il vescovo di Rieti, mons. Delio Lucarelli, dopo lo stupore e, ovviamente, la precisazione sul lato etico e giuridico (!) della vicenda aggiunge: «La diocesi si prenderà cura della donna, almeno per i primi tempi». Auguriamoci però che si possano aggiungere anche i secondi tempi, ma sicuramente è già una bella promessa!. Perché troppo spesso capita di vedere preti che hanno "abbandonato" per debolezze umane, dimenticati completamente dalla loro diocesi e che spesso hanno fatto davvero fatica a ritrovarsi anche e soprattutto come uomini.
Ma non ci viene chiesto di distinguere sempre tra peccato e peccatore? E non era forse Gesù che - a differenza dei detentori del potere religioso ebraico - aveva un rapporto tutto speciale coi peccatori?
Questa suora e donna, avrebbe infatti un'opportunità straordinaria di ricomprendere sé stessa e di solidificare il fondamento della sua fede e della sua vocazione, se qualcuno la aiutasse in questo cammino. Perciò, oltre al senso economico dell'aiuto promesso dalla diocesi, speriamo davvero ci sia anche il senso umano e spirituale.
Ecco appunto. Proprio in nome di questo binomio, umano e spirituale, che non può mai essere spezzato in un serio percorso di fede,un terzo dettaglio. La madre superiora e alcune consorelle dichiarano: «Non ci siamo mai accorte di nulla. Come potevamo pensare ad una cosa del genere?». Ora, pur con tutte le attenuanti del caso (l'abito che copre molto, una comunicazione comunitaria fatta soprattutto su un livello mentale e spirituale, il "non essere del mondo" del convento), in tutta onestà si fa fatica a comprendere questo commento se non con una profonda e tragica "svista sull'umano" di questa suora, da parte della sua comunità.
E allora però come si fa a non chiedersi qualcosa su come sono strutturati i percorsi di formazione vocazionali, soprattutto in rapporto alla dimensione umana di chi li percorre? Ma crediamo sia davvero possibile far crescere una vocazione di speciale consacrazione in una persona, senza un'attenzione al suo mondo emozionale ed affettivo, alla cura del proprio corpo come dono Dio? Sarebbe uno scandalo incontrare una consacrata in abiti sportivi che corre in un parco nel rispetto di una sua esigenza tipicamente umana?
A.B.
Senza dubbio il punto di partenza è di avere un'informazione più ampia e reale sulla suora di Rieti che è diventata mamma,e così si scopre che il parroco della parrocchia Regina Pacis di Rieti, don Fabrizio Borrello, nel commentare l'episodio dice tra le altre cose: «Il bimbo che ha dato alla luce è una creatura di Dio, e ci vuole rispetto per la vita umana. Il Papa per primo ci ricorda che, al di là degli errori, la dignità delle persone va rispettata». Ovviamente, nessun accenno a questo si trova sui siti di grande divulgazione e sui giornali più diffusi (mentre è riportato dal Fatto Quotidiano).
Credo che per un cristiano dovrebbe essere molto più rilevante questa attenzione al bimbo che è nato, che non alla suora che lo ha partorito. Perché la sottolineatura del bene, per noi, dovrebbe avere sempre uno spazio maggiore di quella del male. E si spera, allora, che una parte della reazione della madre superiora, comprensibile sul lato umano, possa diventare diversa: «Ci ha mentito e qui non tornerà». Ok, non tornerà come suora. Ma come donna di fede che appartiene a quella Chiesa? Come madre che chiederà il battesimo per suo figlio? È davvero cristiano mettere distanza rispetto ad un pubblico peccatore che mostra di voler ri-continuare sulla strada della fede? Eppure in questi giorni la reazione più diffusa da parte di molte persone di fede, soprattutto se con qualche livello di responsabilità nella Chiesa, è sempre improntata alla presa di distanza etica da questa suora. Ma davvero la prima preoccupazione dovrebbe essere questa?
Secondo dettaglio. Il vescovo di Rieti, mons. Delio Lucarelli, dopo lo stupore e, ovviamente, la precisazione sul lato etico e giuridico (!) della vicenda aggiunge: «La diocesi si prenderà cura della donna, almeno per i primi tempi». Auguriamoci però che si possano aggiungere anche i secondi tempi, ma sicuramente è già una bella promessa!. Perché troppo spesso capita di vedere preti che hanno "abbandonato" per debolezze umane, dimenticati completamente dalla loro diocesi e che spesso hanno fatto davvero fatica a ritrovarsi anche e soprattutto come uomini.
Ma non ci viene chiesto di distinguere sempre tra peccato e peccatore? E non era forse Gesù che - a differenza dei detentori del potere religioso ebraico - aveva un rapporto tutto speciale coi peccatori?
Questa suora e donna, avrebbe infatti un'opportunità straordinaria di ricomprendere sé stessa e di solidificare il fondamento della sua fede e della sua vocazione, se qualcuno la aiutasse in questo cammino. Perciò, oltre al senso economico dell'aiuto promesso dalla diocesi, speriamo davvero ci sia anche il senso umano e spirituale.
Ecco appunto. Proprio in nome di questo binomio, umano e spirituale, che non può mai essere spezzato in un serio percorso di fede,un terzo dettaglio. La madre superiora e alcune consorelle dichiarano: «Non ci siamo mai accorte di nulla. Come potevamo pensare ad una cosa del genere?». Ora, pur con tutte le attenuanti del caso (l'abito che copre molto, una comunicazione comunitaria fatta soprattutto su un livello mentale e spirituale, il "non essere del mondo" del convento), in tutta onestà si fa fatica a comprendere questo commento se non con una profonda e tragica "svista sull'umano" di questa suora, da parte della sua comunità.
E allora però come si fa a non chiedersi qualcosa su come sono strutturati i percorsi di formazione vocazionali, soprattutto in rapporto alla dimensione umana di chi li percorre? Ma crediamo sia davvero possibile far crescere una vocazione di speciale consacrazione in una persona, senza un'attenzione al suo mondo emozionale ed affettivo, alla cura del proprio corpo come dono Dio? Sarebbe uno scandalo incontrare una consacrata in abiti sportivi che corre in un parco nel rispetto di una sua esigenza tipicamente umana?
A.B.
lunedì 27 gennaio 2014
UNA CROCE CHIAMATA AUSCHWITZ
Non so se è utile ancora celebrare una giornata della memoria,ma di sicuro so,che,potremmo anche cancellare la giornata,ma la memoria non morrà mai!
Diceva il Cardinale Martini:<<La Shoa,concepita dai capi della Germania nazista come annientamento sistematico e totale degli ebrei,fu attuata in Europa tra il 1939 e il 1945:questo crimine orrendo fu perpetrato tra le Nazioni che si ritenevano le più civili dell'umanità,per storia,cultura,tradizioni religiose,progresso scientifico.Nonostante i tentativi ricorrenti di deprecabili revisionismi,oggi ci sembra ovvio indicare tra i luoghi del genocidio quello che pare riassumere tutti gli aspetti di male e di negatività:Auschwitz>>.
Auschwitz è un luogo,un monumento,un territorio,una terra,un museo che raccoglie e testimonia la crudeltà nazista e il dolore di un'umanità colpita al cuore dei suoi diritti.
Auschwitz non può però diventare solo una visita cimiteriale che si nutre solo di ricordi,di lacrime e di memoria.
Auschwitz è "la cenere fertile e calda" che trasmette la vita,che fa assaporare una nuova esperienza di Dio,come colui che vigila come sentinella sul suo popolo e ricorda al mondo che la resurrezione è comprensibile solo attraverso il fallimento e l'incomprensione della Croce!
Solo allora Auschwitz,simbolo di un'immane sofferenza umana,non sarà il semplice prodotto di uno di quei regimi demoniaci infestanti la nostra civiltà,ma la visione,attraverso uno sguardo nuovo,di una positività costruttiva.
Così scrivevano i Padri conciliari nel documento Nostra Aetate:<<La Chiesa inoltre, che esecra tutte le persecuzioni contro qualsiasi uomo, memore del patrimonio che essa ha in comune con gli Ebrei, e spinta non da motivi politici, ma da religiosa carità evangelica, deplora gli odi, le persecuzioni e tutte le manifestazioni dell'antisemitismo dirette contro gli Ebrei in ogni tempo e da chiunque. In realtà il Cristo, come la Chiesa ha sempre sostenuto e sostiene, in virtù del suo immenso amore, si è volontariamente sottomesso alla sua passione e morte a causa dei peccati di tutti gli uomini e affinché tutti gli uomini conseguano la salvezza. Il dovere della Chiesa, nella sua predicazione, è dunque di annunciare la croce di Cristo come segno dell'amore universale di Dio e come fonte di ogni grazia>>.
A.B.
martedì 21 gennaio 2014
UNIONI CIVILI? NO GRAZIE!
Le cronache di questi giorni riportano la posizione del Vicariato di Roma che senza indugio boccia la Giunta del Campidoglio sulle unioni civili definendole " una forzatura giuridica,frutto di miopia politica". Così scrive il settimanale cattolico 'Roma Sette',che per bocca del suo direttore,Angelo Zema,annota che con <<il pretesto di evitare ogni forma di discriminazione,..si trattano in modo eguale situazioni differenti>>.
Ovvia è stata la reazione della Giunta perchè non si tratta <<di contrapporre modelli di famiglia,ma di riconoscere realtà di tante forme diverse di convivenze attuali....Quanto noi proponiamo è una questione sentita anche da gran parte della comunità cristiana.....Su cui noi chiamiamo la Chiesa a fare un passo in avanti....L'Italia deve andar avanti nella strada dell'equiparazione e del riconoscimento dei diritti di tutte le coppie>>.
In proposito la Cei era già stata molto chiara sull'argomento:<< prima di pensare alle unioni civili occorre avere più attenzione per la famiglia che non riceve gli aiuti necessari, malgrado il ruolo sociale di "ammortizzatore">>.
Nell’omelia per la festa della Sacra Famiglia l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra ha ricordato: «Dio ci guardi dall’aver paura dai decreti o leggi emanate a seconda del trend della moda». Infatti, «il matrimonio avviene fra un uomo con una donna, inoltre il bambino ha diritto ad un uomo ed ad una donna che siano suo padre e sua madre quindi non possono essere sostituiti da due adulti dello stesso sesso che non sono, ma “fanno” da padre e da madre». Secondo Caffarra oggi la famiglia «si trova ad essere il terreno di scontro fra il potere di questo mondo e la voce di Dio», mentre «potenti lobbies in possesso non raramente dei mezzi della produzione del consenso cercano di distogliere gli uomini e le donne dall’ascoltare la voce di Dio che parla nella loro coscienza». Uno stop espresso ufficializzato appunto dal responsabile Cei della Famiglia: «Parlare di famiglia significa avere una relazione uomo-donna che si palesa, si ratifica davanti alla società».
Eppure c'è qualche tentativo di apertura.
"La legge non può ignorare centinaia di migliaia di conviventi: senza creare omologazioni tra coppie di fatto e famiglie, è giusto che anche in Italia vengano riconosciute le unioni di fatto". E' quanto afferma il canonista e vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, ex sottosegretario della Cei, la Conferenza Episcopale italiana e commissario per le migrazioni, intervistato dalla 'Stampa' sulla proposta lanciata in proposito dal segretario del Partito democratico Matteo Renzi.
Per Mogavero, "lo Stato può e deve tutelare il patto che due conviventi hanno stretto fra loro. Contrasta con la misericordia cristiana e con i diritti universali - osserva - il fatto che i conviventi per la legge non esistano. Oggi, se uno dei due viene ricoverato in ospedale, all'altro viene negato persino di prestare assistenza o di ricevere informazioni mediche, come se si trattasse di una persona estranea".
Conclude il vescovo: "Mi pare legittimo riconoscere diritti come la reversibilità della pensione o il subentro nell'affitto, in virtù della centralità della persona. E' insostenibile - sottolinea Mogavero - che per la legge il convivente sia un signor Nessuno". E per la Chiesa, sul cui tema è stata già invitata a riflettere da papa Francesco, in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia, "senza equipararle alle coppie sposate, non ci sono ostacoli alle unioni civili".
Possibile che in questo Paese non si riesca a fare un passo avanti su iniziative che assegnino qualche straccio di diritto ai conviventi?
La nostra Costituzione si basa sul concetto di Stato laico, e questa continua ingerenza da parte del Vaticano, questa crociata contro le famiglie di fatto, è quanto mai anacronistica.
Se ne fa principalmente una questione ideologica mentre,probabilmente,è solo una questione di diritto e di rispetto di una scelta.
A.B.
Ovvia è stata la reazione della Giunta perchè non si tratta <<di contrapporre modelli di famiglia,ma di riconoscere realtà di tante forme diverse di convivenze attuali....Quanto noi proponiamo è una questione sentita anche da gran parte della comunità cristiana.....Su cui noi chiamiamo la Chiesa a fare un passo in avanti....L'Italia deve andar avanti nella strada dell'equiparazione e del riconoscimento dei diritti di tutte le coppie>>.
In proposito la Cei era già stata molto chiara sull'argomento:<< prima di pensare alle unioni civili occorre avere più attenzione per la famiglia che non riceve gli aiuti necessari, malgrado il ruolo sociale di "ammortizzatore">>.
Nell’omelia per la festa della Sacra Famiglia l’arcivescovo di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra ha ricordato: «Dio ci guardi dall’aver paura dai decreti o leggi emanate a seconda del trend della moda». Infatti, «il matrimonio avviene fra un uomo con una donna, inoltre il bambino ha diritto ad un uomo ed ad una donna che siano suo padre e sua madre quindi non possono essere sostituiti da due adulti dello stesso sesso che non sono, ma “fanno” da padre e da madre». Secondo Caffarra oggi la famiglia «si trova ad essere il terreno di scontro fra il potere di questo mondo e la voce di Dio», mentre «potenti lobbies in possesso non raramente dei mezzi della produzione del consenso cercano di distogliere gli uomini e le donne dall’ascoltare la voce di Dio che parla nella loro coscienza». Uno stop espresso ufficializzato appunto dal responsabile Cei della Famiglia: «Parlare di famiglia significa avere una relazione uomo-donna che si palesa, si ratifica davanti alla società».
Eppure c'è qualche tentativo di apertura.
"La legge non può ignorare centinaia di migliaia di conviventi: senza creare omologazioni tra coppie di fatto e famiglie, è giusto che anche in Italia vengano riconosciute le unioni di fatto". E' quanto afferma il canonista e vescovo di Mazara del Vallo, monsignor Domenico Mogavero, ex sottosegretario della Cei, la Conferenza Episcopale italiana e commissario per le migrazioni, intervistato dalla 'Stampa' sulla proposta lanciata in proposito dal segretario del Partito democratico Matteo Renzi.
Per Mogavero, "lo Stato può e deve tutelare il patto che due conviventi hanno stretto fra loro. Contrasta con la misericordia cristiana e con i diritti universali - osserva - il fatto che i conviventi per la legge non esistano. Oggi, se uno dei due viene ricoverato in ospedale, all'altro viene negato persino di prestare assistenza o di ricevere informazioni mediche, come se si trattasse di una persona estranea".
Conclude il vescovo: "Mi pare legittimo riconoscere diritti come la reversibilità della pensione o il subentro nell'affitto, in virtù della centralità della persona. E' insostenibile - sottolinea Mogavero - che per la legge il convivente sia un signor Nessuno". E per la Chiesa, sul cui tema è stata già invitata a riflettere da papa Francesco, in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia, "senza equipararle alle coppie sposate, non ci sono ostacoli alle unioni civili".
Possibile che in questo Paese non si riesca a fare un passo avanti su iniziative che assegnino qualche straccio di diritto ai conviventi?
La nostra Costituzione si basa sul concetto di Stato laico, e questa continua ingerenza da parte del Vaticano, questa crociata contro le famiglie di fatto, è quanto mai anacronistica.
Se ne fa principalmente una questione ideologica mentre,probabilmente,è solo una questione di diritto e di rispetto di una scelta.
A.B.
domenica 19 gennaio 2014
ANCH'IO HO RISPOSTO AL QUESTIONARIO DI PAPA FRANCESCO IN PREPARAZIONE AL SINODO SULLA FAMIGLIA - PARTE SECONDA
5 - Sulle unioni di persone della stesso
sesso
a) Esiste nel vostro paese una legge
civile di riconoscimento delle unioni di persone dello
stesso sesso equiparate in qualche modo
al matrimonio?
b) Quale è l’atteggiamento delle Chiese
particolari e locali sia di fronte allo Stato civile
promotore di unioni civili tra persone
dello stesso sesso, sia di fronte alle persone
coinvolte in questo tipo di unione?
c) Quale attenzione pastorale è
possibile avere nei confronti delle persone che hanno scelto
di vivere secondo questo tipo di unioni?
In Italia non esiste alcuna legge
civile di riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso,anzi
aumentati sono gli atti di violenza contro omosessuali e lesbiche:Chiesa e
Stato sono imbevuti di mentalità omofoba!
Il cammino,che non è ancora iniziato,è
molto lungo,e non bastano i principi “missionari” di redenzione da parte della
Chiesa,né una legge da parte dello Stato contro l’omofobia.
Bisogna creare all’interno di Chiesa e
Stato un consenso tale da rendere possibili queste unioni,fino ad arrivare ad
una benedizione da parte della Comunità Cristiana che trova un ulteriore gesto
nella firma davanti all’Ufficiale Pubblico.
Anche tutto ciò va inserito in un
cammino di fede molto più vasto,visto che la richiesta di un riconoscimento
della Chiesa è sicuramente voluto da chi ha scelto Cristo come compagno di
viaggio della propria vita.
d) Nel caso di unioni di persone dello
stesso sesso che abbiano adottato bambini come
comportarsi pastoralmente in vista della
trasmissione della fede?
La richiesta arriva sicuramente da una
coppia di credenti,per cui non vedo nulla in contrario. E poi l’annuncio di
fede non è un dono gratuito per ogni uomo di buona volontà?
6 - Sull’educazione dei figli in seno
alle situazioni di matrimoni irregolari
a) Qual è in questi casi la proporzione
stimata di bambini e adolescenti in relazione ai
bambini nati e cresciuti in famiglie
regolarmente costituite?
Non saprei,ma ci sono fior fiore di
statistiche che possono rispondere adeguatamente.
b) Con quale atteggiamento i genitori si
rivolgono alla Chiesa? Che cosa chiedono? Solo i
sacramenti o anche la catechesi e
l’insegnamento in generale della religione?
c) Come le Chiese particolari vanno
incontro alla necessità dei genitori di questi bambini di
offrire un’educazione cristiana ai propri
figli?
d) Come si svolge la pratica
sacramentale in questi casi: la preparazione, l’amministrazione
del sacramento e l’accompagnamento?
L’aumento delle situazioni che la
Chiesa Cattolica ritiene irregolari non è sempre direttamente proporzionale al rifiuto
di far partecipare ai sacramenti dell’iniziazione cristiana i propri figli.
Nella mia esperienza personale,pur rimanendo personalmente ai margini,a causa
delle mie scelte di vita contrarie all’impostazione dogmatica della Chiesa
Cattolica, ma sempre impegnato nella crescita della mia fede in Cristo,ho fatto
in modo che le mie figlie potessero accogliere la Buona Novella fin dall’inizio
della loro vita perché crescessero secondo l’originale e autentica tradizione
europea,imbevuta e maturata nell’area della scelta cristiana.
7 - Sull’apertura degli sposi alla vita
a) Qual è la reale conoscenza che i
cristiani hanno della dottrina della Humanae vitae sulla
paternità responsabile? Quale coscienza
si ha della valutazione morale dei differenti
metodi di regolazione delle nascite?
Quali approfondimenti potrebbero essere suggeriti in
materia dal punto di vista pastorale?
I cristiani si ricordano del Humanae
Vitae solo per il fatto che in essa si nega la possibilità di avere rapporti
sessuali che non siano tesi alla procreazione e per la bocciatura dell’uso
della contraccezione artificiale. Si ha sicuramente coscienza di incorrere
nella peccaminosità dell’uso di pillola e preservativi,e lo si confessa
anche,ma senza trovare alternativa utile.
b) È accettata tale dottrina morale?
Quali sono gli aspetti più problematici che rendono
difficoltosa l’accettazione nella grande
maggioranza delle coppie?
La maggioranza dei cattolici non
accetta tale dottrina morale e soprattutto non accetta che l’indicazione
provenga da un mondo di celibi,di persone che non sanno e non capiscono che
cosa voglia dire vivere una vita di coppia. Credo che di tutte le indicazione
della Chiesa Cattolica,questa,sia la più contrastata e inascoltata, soprattutto
per l’idea che non si vogliono interferenze nell’intimità del rapporto tra i
coniugi. Inoltre si ritengono i metodi anticoncezionali un aiuto per
l’intimità,per la conoscenza reciproca e per la libertà coniugale. Infine c’è
una campagna sociale per l’utilizzo del preservativo quale unico,al
momento,mezzo di non trasmissione di malattie sessuali.
c) Quali metodi naturali vengono
promossi da parte delle Chiese particolari per aiutare i
coniugi a mettere in pratica la dottrina
dell’Humanae vitae?
d) Qual è l’esperienza riguardo a questo
tema nella prassi del sacramento della penitenza e
nella partecipazione all’eucaristia?
Ma la Chiesa Cattolica è ancora
convinta che si debba battere la strada degli insegnamenti dell’ Humanae
Vitae,riducendo tutta la bellezza e la vastità del rapporto sessuale tra i
coniugi ad un problema di procreazione e di anticoncezionali?
e) Quali contrasti si evidenziano tra la
dottrina della Chiesa e l’educazione civile al riguardo?
Se la Dottrina della Chiesa Cattolica è
rimasta ferma ai principi della Humanae Vitae,non così è stato per la società
civile che ha dovuto far fronte a tutta una serie di nuove problematiche legate
all’accresciuta presenza femminile,alla nuova visione della sessualità,alla
necessità di dover difendere una serie di categorie umane emarginate da
mentalità sessuofobica e maschilista,iniziando perciò a parlare di una nuova
educazione sessuale,del controllo delle nascite,dell’accoglienza di coppie gay.
f) Come promuovere una mentalità
maggiormente aperta alla natalità? Come favorire la
crescita delle nascite?
In una società secolare come quella
odierna,credo che sia impossibile proporre un principio del genere a causa dell’incremento
della popolazione,della scarsità delle risorse naturali,della possibilità di
una realizzazione diversa dalla maternità per la donna e non da ultimo l’enorme
crisi economica globale che preclude le speranze future dei giovani.
8 - Sul rapporto tra la famiglia e
persona
a) Gesù Cristo rivela il mistero e la
vocazione dell’uomo: la famiglia è un luogo privilegiato
perché questo avvenga?
La Famiglia è certamente un luogo
privilegiato dove Cristo si rivela e dove rivela all’uomo la sua vocazione,ma
non dimentichiamo la risposta di Gesù ai suoi genitori quando,smarritosi durante
la salita al Tempio in occasione della Pasqua e ritrovato in mezzo ai maestri
della Legge,disse:<<Perché cercarmi tanto? Non sapevate che io devo
essere nella Casa del Padre Mio?>>(Lc2,49/Traduz.Interconfessionale).
b) Quali situazioni critiche della
famiglia nel mondo odierno possono diventare un ostacolo
all’incontro della persona con Cristo?
Sicuramente il non sentirsi amati,
l'essere abbandonati ed esclusi, il subire violenza nella famiglia o nella
società. In particolare oggi la mancanza di lavoro, di cure mediche adeguate,
di sostegno materiale e psicologico in situazioni di invecchiamento, disagio
mentale, dipendenza, corrodono le relazioni familiari.
c) In quale misura le crisi di fede che
le persone possono attraversare incidono nella vita
familiare?
Se la fede fa parte del substrato
personale e famigliare degli individui,ogni problematica di vita famigliare
inclina anche la vita della fede. Fondamentale sarà la solidità dell’amore
umano che è trasfigurazione di quello divino che fa crescere la fede e aiuta ad
incontrare l’altro da sé.
9 - Altre sfide e proposte
Ci sono altre sfide e proposte riguardo
ai temi trattati in questo questionario, avvertite come
urgenti o utili da parte dei
destinatari?
Nel questionario non si è accennato ai preti
o suore che lasciano il ministero e formano una famiglia. Anch’essi sono
credenti che spessissimo sono emarginati dalla vita ecclesiale. Non sono
neppure coinvolti non dico per la pastorale, ma per le competenze che – dovendo
ricostruirsi una vita – hanno acquisito in campi diversi.
Vorrei sfruttare questa opportunità per
segnalare che molti sono disponibili ad un dialogo con i Pastori per trovare
risposte anche a questo problema ecclesiale. Dialogo che più volte hanno
cercato, ma che è sempre stato rifiutato.
GRAZIE PER L’ATTENZIONE.
Agostino Bonassi con Daniela.
sabato 18 gennaio 2014
ANCH'IO HO RISPOSTO AL QUESTIONARIO DI PAPA FRANCESCO IN PREPARAZIONE AL SINODO SULLA FAMIGLIA-PARTE PRIMA
Alla cortese
attenzione di
Mons. Lorenzo BALDISSERI
segretario generale del sinodo dei vescovi
c/o Segreteria del sinodo dei vescovi
via della conciliazione 34 -
00120 Città del Vaticano
PREMESSA
Quando ho trovato in internet questo documento di preparazione al
Sinodo sulla Famiglia,senza troppo impegno,ho incominciato a pensare che poteva
essere un’occasione per esprimere la mia fede in Cristo,che mai si è
affievolita ma ha continuato a sorreggermi nelle esperienze del mio quotidiano.
Non so se ho sprecato del tempo,ma di sicuro è stata l’occasione per
ribadire il mio Credo,certamente affievolito nei confronti della Chiesa
Cattolica,ma sempre determinante nella mia visione della vita.
1 - Sulla diffusione della Sacra
Scrittura e del Magistero della Chiesa riguardante la famiglia
a) Qual è la reale conoscenza degli
insegnamenti della Bibbia, della “Gaudium et spes”, della
“Familiaris consortio” e di altri
documenti del Magistero postconcilare sul valore della
famiglia secondo la Chiesa Cattolica?
Come i nostri fedeli vengono formati alla vita
familiare secondo l’insegnamento della
Chiesa?
C’è una conoscenza dei “massimi sistemi”,cioè di
quei problemi che attraversano la vita delle famiglie e che sono stati
conosciuti perché di essi molto si è parlato a livello giornalistico e
televisivo,e sono diventati delle battaglie per il mondo cattolico : mi
riferisco al divorzio, all’aborto,alla pillola anticoncezionale,alla
procreazione assistita,al matrimonio come unione esclusiva tra un uomo e una
donna,..con una chiara percezione di quale sia la posizione della Chiesa
Cattolica,ma nello stesso tempo con una presa di posizione spesso
individualista e personale. Il cristiano sa bene qual è l’insegnamento della
Chiesa Cattolica su questi problemi della famiglia,ma sa ancor meglio che quando
si troverà a vivere queste situazioni famigliari,la scelta è assolutamente e
imprescindibilmente sua!
b) Dove l’insegnamento della Chiesa è
conosciuto, è integralmente accettato? Si verificano
difficoltà nel metterlo in pratica?
Quali?
Il cristiano,che in questi ultimi decenni ha perso
un po’ della sua identità cristiana in seno alla società civile a scapito di
una singolare e troppo spesso egoistica posizione sociale,vive una forma di
secolarismo cristiano dove le problematiche cattoliche entrano a seconda del
rumore che fanno o dei rapporti che riesce ad intavolare con la locale
comunità. Si è anche formato un fossato,sempre più largo, tra la propria
visione della vita e quella trasmessa dalla dottrina ufficiale,con un’accusa da
parte del cristiano nei confronti della Chiesa Cattolica di non essere al passo
con i tempi,di essere inadeguatamente presenti nella storia dell’uomo. E così
il cristiano applaude una Chiesa che parla di spogliarsi del superfluo per
ridare senso a rapporti profondi e maturi,dove il Cristo povero dona il suo
Corpo e il suo Sangue per i più piccoli,i diversi,gli abbandonati e gli
ultimi,ma non capisce perché i cristiani divorziati siano cacciati dalla Chiesa
o perché l’unione di due persone dello stesso sesso non sia considerato amore.
c) Come l’insegnamento della Chiesa
viene diffuso nel contesto dei programmi pastorali a
livello nazionale, diocesano e
parrocchiale? Quale catechesi si fa sulla famiglia?
Non mi sembra di aver mai visto
un’attenzione particolare da parte della Chiesa Cattolica ai problemi della
famiglia se non per riaffermare il principio del con noi o contro di noi. E
così ecco proclamare dal pulpito domenicale,il più delle volte per
obbligo,richiami imposti dalle varie conferenze episcopali,che vorrei sapere
chi ha ascoltato…..Non esistono progetti o programmi pastorali sulla famiglia
perché c’è una preparazione immatura dei presbiteri ai problemi della coppia e
perché manca una presenza esperienziale fondamentale di coppie sposate:quanta
ragione aveva quel sacerdote che durante la celebrazione di un
matrimonio,scandalizzando i presenti,al momento dell’omelia,lasciò la parola
alle coppie sposate presenti perché attraverso la loro esperienza di vita
aiutassero i giovani sposi ad entrare nel mondo dell’amore coniugale!
d) In quale misura – e in particolari su
quali aspetti – tale insegnamento è realmente
conosciuto, accettato, rifiutato e/o
criticato in ambienti extra ecclesiali? Quali sono i
fattori culturali che ostacolano la
piena ricezione dell’insegnamento della Chiesa sulla
famiglia?
Il punto di partenza e anche di arrivo
delle varie realtà extra ecclesiali è il ritenere la Chiesa Cattolica un mondo
a se stante dove un confronto è impossibile perché nulla può oltrepassare lo
scudo dogmatico e antimoderno che essa innalza:è lontana dai veri problemi
della vita perché ha paura di dover modificare e di adeguare se stessa al punto
da poter perdere il proprio potere sacramentale per immergersi troppo nell’umano.
2 - Sul matrimonio secondo la legge
naturale
a) Quale posto occupa il concetto di
legge naturale nella cultura civile, sia a livello
istituzionale, educativo e accademico,
sia a livello popolare? Quali visioni
dell’antropologia sono sottese a questo
dibattito sul fondamento naturale della famiglia?
E’ da molto tempo che non sentivo più
parlare di legge naturale e , sinceramente,pensavo che fosse passata nel
dimenticatoio,usata solo in quei reconditi e medioevali linguaggi tipici di
quelle catechesi domenicali che alcuni preti svolgono ancora urlando dai
pulpiti delle loro Chiese a quegli sparuti e poveri anziani…
Questo per dire che è stata sicuramente
dimenticata dalla società laica e moderna: non c’è più posto per lei,spesso
sostituita da leggi economiche, finanziarie, monetarie, eco-ambientali,…e chi
più ne ha,più ne metta…
Inoltre mi sembra che la visione
antropologica sia stata scavalcata da una visione soggettivistica,secondo la
quale l’amore tra i due sposi termina perché ci si è accorti che in esso non
c’è posto per l’individuo oppure perché l’individuo non riesce più a far posto
all’altro.
b) Il concetto di legge naturale in
relazione all’unione tra l’uomo e la donna è comunemente
accettato in quanto tale da parte dei
battezzati in generale?
c) Come viene contestata nella prassi e
nella teoria la legge naturale sull’unione tra l’uomo e
la donna in vista della formazione di
una famiglia? Come viene proposta e approfondita
negli organismi civili ed ecclesiali?
Credo che non si possa nemmeno più
accettare un concetto del genere,perché la natura come la famiglia sono in
continua evoluzione. E così,se la scienza riconosce l’omosessualità tra gli
animali o l’importanza del valore del piacere nel rapporto sessuale,dall’altra
ecco la famiglia passare da una struttura patriarcale classica(molto rimpianta
dalla Chiesa stessa!!) a famiglie allargate,nuovi matrimoni,coppie
omosessuali,…
d) Se richiedono la celebrazione del
matrimonio battezzati non praticanti o che si dichiarino
non credenti, come affrontare le sfide
pastorali che ne conseguono?
A partire dalla mia trascorsa
esperienza presbiterale,penso che se si potesse abolire il Concordato
Stato-Chiesa,il matrimonio cristiano acquisterebbe una valenza di fede
sicuramente più decisiva:per la maggioranza dei cristiani che lo vivono non ha
nulla a che fare con il proprio cammino di maturità cristiana! L’incontro
sacramentale con Gesù deve incominciare ad essere
libero,gratuito,autentico,partecipato e continuo nel tempo e nello spazio.
3 - La pastorale della famiglia nel
contesto dell’evangelizzazione
a) Quali sono le esperienze nate negli
ultimi decenni in ordine alla preparazione al
matrimonio? Come si è cercato di
stimolare il compito di evangelizzazione degli sposi e
della famiglia? Come promuovere la
coscienza della famiglia come “Chiesa domestica”?
Nella Chiesa Cattolica,da sempre,i
sacramenti,segni della gratuita presenza del Dio Risorto nelle fasi
determinanti della vita dell’uomo,sono stati segnati da un cammino di
preparazione obbligatorio. Così è stato per il sacramento del matrimonio,dove
due giovani in età maggiore(?),sanno che per sposarsi devono frequentare il
corso pre-matrimoniale,dove si sono sentiti elencare ciò che si deve fare o non
fare. Ottimi,ma troppo pochi quei percorsi dove il loro matrimonio è una fase
straordinaria della loro crescita di fede,prima e dopo.
b) Si è riusciti a proporre stili di
preghiera in famiglia che riescano a resistere alla
complessità della vita e della cultura
attuale?
Non sono a coscienza di situazioni
particolari. Credo che qualcosa sia stato fatto nei movimenti ecclesiali,ma
troppo spesso per un circuito elitario.
c) Nell’attuale situazione di crisi tra
le generazioni, come le famiglie cristiane hanno saputo
realizzare la propria vocazione di
trasmissione della fede?
E’ molto esigua,ma rimane viva,dove è
possibile,nelle esperienze personali di rapporto diretto.
d) In che modo le Chiese locali e i
movimenti di spiritualità familiare hanno saputo creare
percorsi esemplari?
e) Qual è l’apporto specifico che coppie
e famiglie sono riuscite a dare in ordine alla
diffusione di una visione integrale
della coppia e della famiglia cristiana credibile oggi?
E’ molto difficile nell’attuale società
riuscire a distinguere la famiglia cristiana da una non cristiana. Anche la
partecipazione delle stesse alla vita della Chiesa è molto limitata al cammino
dell’iniziazione cristiana dei figli oppure dal rapporto che si instaura con la
figura,carismatica o “affascinante”,del sacerdote. Purtroppo rimangono troppo
spesso chiuse nel loro perbenismo condito ben bene da un ripiegamento esclusivo
sui propri bisogni da soddisfare in una chiusura dogmatica alla diversità.
f) Quale attenzione pastorale la Chiesa
ha mostrato per sostenere il cammino delle coppie in
formazione e delle coppie in crisi?
Come ho già accennato in
precedenza,ritengo scarsi e limitati i vari corsi per fidanzati in preparazione
al Matrimonio perché non inseriti in un valido cammino di vita e fede
cristiana. In essi manca anche una presenza fisica dei veri problemi che si pongono
nel tempo alle coppie sposate:basta teologi,biblisti e psicologi! Bisogna far
raccontare la vita matrimoniale a coppie sposate,a coppie divorziate e
risposate,a preti e suore che vivono il Vangelo per la strada,a chi ha perso il
lavoro e non sa come sfamare i propri figli,a chi a visto il proprio coniuge
consumato fino alla morte da malattie degeneranti,…!
4 - Sulla pastorale per far fronte ad
alcune situazioni matrimoniali difficili
a) La convivenza ad experimentum è
una realtà pastorale rilevante nella Chiesa particolare?
In quale percentuale si potrebbe stimare
numericamente?
b) Esistono unioni libere di fatto,
senza riconoscimento né religioso né civile? Vi sono dati
statistici affidabili?
La Chiesa Cattolica deve smetterla di
nascondere la testa come fanno gli struzzi:i dati statistici parlano
chiaramente di unioni libere di fatto in aumento continuo! Se riteniamo non
affidabili tutti questi studi statistici,a che serve questo questionario,e di
conseguenza il Sinodo?
c) I separati e i divorziati risposati
sono una realtà pastorale rilevante nella Chiesa
particolare? In quale percentuale si
potrebbe stimare numericamente? Come si fa fronte a
questa realtà attraverso programmi
pastorali adatti?
Credo che rappresentino ormai una
realtà vera! Il primo passo è sicuramente quello di farli sentire come
“persone”,come uomini e donne che con il Battesimo hanno scelto Cristo e la sua
Chiesa! Il primo programma è il rispetto della loro situazione nella sofferenza
di una tale scelta!
d) In tutti questi casi: come vivono i
battezzati la loro irregolarità? Ne sono consapevoli?
Manifestano semplicemente indifferenza?
Si sentono emarginati e vivono con sofferenza
l’impossibilità di ricevere i
sacramenti?
e) Quali sono le richieste che le
persone divorziate e risposate rivolgono alla Chiesa a
proposito dei sacramenti dell’Eucaristia
e della Riconciliazione? Tra le persone che si
trovano in queste situazioni, quante
chiedono questi sacramenti?
Purtroppo devo annotare l’emarginazione
e l’isolamento dei cristiani che vivono il dramma della separazione e del
divorzio che aumenta in caso di nuove nozze o di convivenza civile proprio da
parte di quei cristiani che occupano i primi posti. Una diversa considerazione
c’è nei sacerdoti che,grazie al Sacramento della Penitenza, sanno anche
accogliere e comprendere,ma la paura del giudizio dei cristiani dei primi posti
e di eventuali abbandoni da parte di costoro,limita il loro ministero e li
rinchiude nella “canonica”.
f) Lo snellimento della prassi canonica
in ordine al riconoscimento della dichiarazione di
nullità del vincolo matrimoniale
potrebbe offrire un reale contributo positivo alla
soluzione delle problematiche delle
persone coinvolte? Se sì, in quali forme?
Potrebbe essere una via risolutiva ma
lascio ad esperti lo studio del problema. Il problema non è soltanto
giuridico,ma sicuramente va ripensato in un cammino di fede più ampio.
g) Esiste una pastorale per venire
incontro a questi casi? Come si svolge tale attività
pastorale? Esistono programmi al
riguardo a livello nazionale e diocesano? Come viene
annunciata a separati e divorziati
risposati la misericordia di Dio e come viene messo in
atto il sostegno della Chiesa al loro
cammino di fede?
Nella mia Diocesi di Lodi esiste un
gruppo definito di spazio di incontro nella fede rivolto a persone
separate,divorziate o che vivono nuove unioni(“Oltre”),a cui sono stato
invitato a partecipare ma che non ho mai frequentato perché,come ho già
accennato,è la comunità cristiana che deve accogliere,comprendere,aiutare e
dare spazio all’alterità! Basta con i recinti che nascondono le diversità e con
gli inutili percorsi di redenzione:solo la Croce di Cristo redime e purifica il
peccato dell’uomo!
---------------------------------------------------------------------------------
PRIMA PARTE
PRIMA PARTE
martedì 14 gennaio 2014
VESCOVO DI BASILEA: RIPENSARE IL CELIBATO OBBLIGATORIO DEI PRETI
da Adista del 30.11.2013
Basilea-Adista. "Personalmente posso immaginare una donna sull'altare, ma vedo difficoltà nel cambiamento": lo ha affermato, in un'intervista all'edizione di Basilea del settimanale Schweiz am Sonntag il vescovo mons. Felix Gmur, spiegando che un processo di questo tipo sarebbe per la Chiesa un momento di grande prova, che potrebbe portare a gravi divisioni interne. Nonostante il necessario realismo, mons. Gmur è tuttavia aperto a soluzioni alternative, dal momento che, osserva, prima di parlare di sacerdozio femminile bisogna occuparsi della questione del celibato: forse meno complessa da risolvere, dal momento che si tratta di una materia disciplinare e non dottrinale. Nel caso dell'ordinazione femminile, infatti, si ha a che fare con una questione che investe la fede, spiega Gmur sul settimanale svizzero, e la visione ecclesiale, fondata biblicamente, sulla differenza tra uomo e donna. Diversa è la riflessione che si può fare riguardo ai sacerdoti, cui non necessariamente si deve chiedere il celibato.
Le dichiarazioni di mons. Gmur arrivano in concomitanza con alcune iniziative lanciate a Basilea riguardo alla parità di diritti nella Chiesa. I promotori chiedono che nel loro territorio venga abolito il celibato obbligatorio e che sia approvata la possibilità per le donne di accedere al sacerdozio. Nel corso delle ultime settimane, il vescovo aveva invitato i responsabili dei Consigli ecclesiali e dei Sinodi locali ad un confronto.
Mons. Gmur è vescovo di Basilea, la più grande delle sei diocesi svizzere, dal 2010. Ha sempre posto l'accento sull'importanza del dialogo: già nel 2012, di fronte al diffondersi "dell'iniziativa dei parroci" cui aderirono centinaia tra laici, preti, religiosi e religiose - e che chiedeva, tra le altre cose, la condivisione dell'Eucarestia con i fratelli riformati, la comunione ai divorziati risposati, con benedizione della loro nuova unione, pari diritti e doveri per i credenti a prescindere dal loro orientamento sessuale, e per i laici, uomini e donne - lamentò la mancanza di un dialogo con la controparte, affermando che la pastorale può essere vissuta esclusivamente in unione con i vescovi e con la Chiesa universale.
(Ludovica Eugenio)
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