domenica 25 novembre 2012

L'EREDITA' DI CARLO MARIA MARTINI

DAL BLOG DI DANIELE BIACCHESSI.
Ci sono morti soffici come piume e morti che lasciano vuoti enormi.
La morte di Carlo Maria Martini è una di quelle.
Perchè Martini non è stato solo un punto di vista per la storia della Chiesa e del Novecento italiano.
Martini è stato soprattutto uomo di pace e di dialogo che ha sempre affermato in pubblico e in privato i valori di giustizia ed equità sociale.
Ma è stato anche un uomo capace di smuovere le coscienze della società civile negli anni della “Milano da bere”, del pericoloso rapporto tra politica e affari emerso con Tangentopoli.
Diciamo che Martini è stato l’uomo del cambiamento, spesso poco ascoltato e criticato, perchè voleva andare verso il mondo per comprendere i problemi della società moderna.
Non per rinnegare la propria fede, ma per calarsi fino al centro dell’uomo.
La sua militanza durò tutta la vita, interpretando il comando evangelico “essere nel mondo senza essere del mondo” come “essere nel sistema senza essere del sistema”.
Proprio come il suo amico Padre Davide Maria Turoldo, di cui quest’anno ricorre il ventesimo anniversario della morte.
Oggi non c’è un erede spirituale di Carlo Maria Martini.
Vedo il suo spirito critico esprimersi nelle azioni quotidiane di certi umili preti di frontiera.
E osservo invece comportamenti e buone pratiche che proseguono il cammino da lui indicato: l’idea di un cristianesimo vissuto dal basso, dalla parte dei più poveri, gli umili del mondo.

domenica 4 novembre 2012

LA COMUNIONE AI DIVORZIATI?

Parole nuove sembravano emerse dai vescovi che hanno appena terminato il Sinodo a Roma sulla 'Nuova evangelizzazione”. Ma la dura lex rimane inflessibile: “I divorziati risposati civilmente non possono accedere alla comunione eucaristica...non possono esercitare certe responsabilità ecclesiali...non può essere loro accordata l'assoluzione se non si sono pentiti e impegnati a vivere in una completa astinenza” così il Catechismo al n.2384. A nulla valgono altre parole che cercano di stemperare questa dura proposizione: “Ai divorziati risposati – aveva detto il papa al meeting sulla famiglia di Milano - dobbiamo dire che la Chiesa li ama, devono vederlo e sentire che realmente facciamo il possibile per aiutarli'. Martini aveva ricordato l'anno scorso il pericolo di spezzare attraverso questa 'proibizione' il tenue filo che lega ancora i figli di genitori cattolici alla chiesa. L'impressione che abbiamo è che la gerarchia, non riesce a recepire i cambiamenti moderni.
Ma la rigidità delle regole permette situazioni di questo tipo: in un paese della collina modenese ogni domenica il parroco aggredisce i parrocchiani: “Per fare la comunione dovete confessarvi, se no fate sacrilegio. Chi non va a Messa fa peccato mortale e merita l'inferno...” Un altro minaccia, catechismo di Pio X alla mano: “I divorziati non sono ammessi alla comunione e chi interrompe una gravidanza è un assassino ecc...Ma poi nonostante questi inqualificabili interventi terroristici, la domenica tutti tranquillamente fanno la comunione e...non si sono confessati. Sembra dunque che i cristiani ormai, scelgono i loro comportamenti indipendentemente dalle parole dei preti e dei vescovi. Non sono dei disobbedienti, ma dei cristiani adulti.
Oggi ci sono giovani che vanno a convivere, coppie di omosessuali, donne e uomini divisi e risposati, famiglie allargate: molte coppie di fatto insomma. Solo pochi credenti più sensibili, cercano di seguire con angoscia le parole della gerarchia. Dagli interventi dei vescovi in verità si avverte la difficoltà di sposare la 'legge' ai sentimenti evangelici di misericordia e accoglienza. Anche nella nostra città se sei divorziato, e vuoi un'assoluzione e il “permesso” di fare la comunione ci sono preti intelligenti e sensibili che ti ascoltano e assolvano, magari ti consigliano di fare la comunione in un'altra chiesa. Infatti nelle parrocchie la gente si conosce. Il berlusconi di turno diviso, ma non divorziato ufficialmente non convivente, può fare la comunione. Il rossi qualsiasi che ha sposato una donna abbandonata dal marito e ne ha allevato il figlio con amore e dedizione, no. E poi evasori eclatanti, strozzini conosciuti, ladri, mafiosi occulti, inquinatori universali, bugiardi, mentitori, donne non più virtuose...che ne facciamo di tutti questi? Solo ai divorziati neghiamo la comunione?
Io se fossi vescovo.
So che chi si divide dal proprio coniuge fa una cosa non buona per se e specialmente per i figli. Ma alle volte il progetto del matrimonio è fallito. A stare insieme ci si fa solo del male. So che le persone soffrono e sanguinano nel fare certe scelte. E lo fanno responsabilmente. Cercherei umanamente di aiutarli a ricostruire il vincolo spezzato. Ma poi se non c'è più niente da fare, se hai trovato un compagno o una compagna e vuoi essere credente, dopo un congruo tempo di riflessione, ti riammetterei alla comunione chiedendoti come sola (!) condizione di perdonarvi l'un l'altro e di non mantenere sentimenti di astio. Senza sottostare all'umiliante richiesta di 'annullamento' da parte del tribunale ecclesiastico. Poi spenderei una parola per invitare i credenti risposati a mantenere fede alla loro seconda unione: la nuova promessa è valida anche davanti a Dio.
Oppure. Ricevere il pane consacrato non è un premio per i perfetti ma una partecipazione completa all'eucarestia e agli amici che ti sono intorno. Poi ci sono ben altri peccati che meriterebbero un tipo di scomunica e implicherebbero l'auto allontanamento dalla comunità.
Ma in fondo, non sta a me vescovo o parroco o ai parrocchiani moralisti giudicare chi è buono o peccatore.
Beppe Manni ( Pubblicato sulla Gazzetta di Modena il 1 Novembre 2012)

giovedì 1 novembre 2012

L’APPELLO ALLA DISOBBEDIENZA DILAGA: IN SVIZZERA,400 TRA PRETI E SUORE CHIEDONO RIFORME ALLA CHIESA

BERNA-ADISTA. Si allarga sempre di più, in Europa, il fronte della protesta e della richiesta di riforme nella Chiesa. Dopo l’“appello alla disobbedienza” promosso in Austria nel 2011 da circa 300 sacerdoti, che ha raccolto l’adesione di altri gruppi in diversi Paesi (v. Adista Notizie n. 9/12), ora un’analoga iniziativa è stata lanciata nella Svizzera tedesca, sotto il nome di “Iniziativa delle parrocchie”. I firmatari dell’appello, arrivati al momento a quota 400 tra preti, religiosi, religiose e responsabili pastorali laici – ma altri 300 sono i simpatizzanti, secondo quanto si deduce dal sito dell’iniziativa, www.pfarrei-initiative.ch – formulano il loro appello articolandolo in dieci punti; tra i più rilevanti, la possibilità per tutti i battezzati di condividere il “pane della vita”; la condivisione dell’eucaristia con i fratelli riformati; la comunione ai divorziati risposati, ai quali va accordata una benedizione della loro nuova unione; pari diritti e doveri per i credenti a prescindere dal loro orientamento sessuale, e a laici, uomini e donne, il diritto di pronunciare l’omelia, dopo aver ricevuto una formazione e un incarico formale in tal senso, come pure la possibilità di pronunciare parti della preghiera eucaristica.
L’iniziativa, lanciata lo scorso settembre, ha suscitato una reazione di sorpresa tra i vescovi. In un comunicato comune, pubblicato il 20 settembre, mons. Markus Büchel di San Gallo, mons. Vitus Huonder di Coira e mons. Felix Gmür di Basilea esprimono il loro stupore per il fatto che gli operatori pastorali non abbiano cercato un dialogo prima di lanciare pubblicamente la loro petizione. Le soluzioni individuate nell’appello, continuano i vescovi, non costituiscono una strada percorribile per garantire la responsabilità pastorale, poiché la pastorale può essere vissuta esclusivamente in unione con i vescovi e con la Chiesa universale. (ludovica eugenio)

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