mercoledì 29 agosto 2018

LETTERA DI DON GINO RIGOLDI AL DIRETTORE DEL CORRIERE DELL SERA

Caro Direttore, leggo su un giornale milanese che l’85% dei cattolici sarebbe d’accordo con Matteo
Salvini e con i suoi interventi per evitare l’approdo in Italia dei migranti. Certi dati non sono da
prendere come Vangelo, ma, se fossero veri anche in maniera approssimativa, il Vangelo c’entrerebbe eccome.
Mi preme affermare che non si devono mai identificare e giudicare le persone per le loro opinioni.
Certe paure, alcune esperienze brutte possono orientare giudizi e atteggiamenti poco giustificati. Un
potente e, secondo me, disonesto promotore di rifiuti e di odio sono stati alcuni programmi televisivi che sottolineavano, con testimonianze in qualche modo interessate, i privilegi, le ingiustizie, le spese a favore degli immigrati a fronte di grandi povertà degli italiani. Queste pessime trasmissioni sono venute ben prima di Salvini, ma hanno preparato, in un pubblico poco informato, un clima di rifiuto qualche volta anche violento. Il messaggio (ai cristiani) è stato: «Non sono tuoi fratelli o sorelle, sono i tuoi nemici». Esattamente il contrario del Vangelo. Una ricerca realizzata da Ipsos nel marzo di quest’anno, riguardante mille cittadini milanesi ultra-diciottenni, ha evidenziato che l’85% degli intervistati concordava con l’affermazione: «Non si è mai troppo prudenti nel trattare con la gente».
Oggetto del dubbio e della paura sono adesso tutti i «fuori dalla mia piccola cerchia familiare e amicale», stranieri ma anche italiani, vicini di casa e arrivati col barcone, musulmani e cristiani.
Sotto il profilo sociale, relativamente alla unità e coerenza di concetti come città e nazione, questo è un disastro, se poi si considera la coerenza con il Vangelo e si ricorda il Grande Comandamento che ordina, comanda di amare il prossimo e di amare anche i nemici, siamo molto lontani e, direi, contro la fede.
Per i cristiani la parola di Gesù viene molto prima delle esternazioni di un ministro o della politica di un governo. Sotto il profilo evangelico il «prima i nostri e poi gli altri» è la tomba della generosità e della solidarietà e perciò della fede, che è sempre scelta concreta. Giusto, anche evangelicamente, fare i conti con le nostre possibilità, con la richiesta di corresponsabilità dell’Europa. Sempre un grave peccato la mancanza di rispetto per la dignità delle persone, più che mai se sono poveri e fuggitivi.

venerdì 10 agosto 2018

MANIFESTO PER L'ACCOGLIENZA

Questa è una chiesa che accoglie
 «In quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l'avete fatto a me» (Matteo 25,40)
Dio si avvicina a noi come straniero: respingendo chi chiede il nostro aiuto chiudiamo la porta a Gesù che ci cerca e tende la sua mano.
 «Fui straniero e mi accoglieste» (Matteo 25,35)
Annunciamo che la fede in Cristo ci impegna all’accoglienza nei confronti del prossimo che bussa alla nostra porta in cerca di aiuto, protezione e cure.
 «Nel giorno che Dio creò l'uomo, lo fece a somiglianza di Dio» (Genesi 5,1)
Affermiamo che ogni uomo, ogni donna, ogni bambino e ogni bambina sono creature di Dio, a sua
immagine e somiglianza, e che pertanto non si possa discriminare nessuno a causa della sua pelle, della sua religione, della sua identità di genere. Ogni forma di razzismo è per noi un’eresia teologica.
 «Maledetto chi calpesta il diritto dello straniero» (Deuteronomio 27,19)
Siamo chiamati a difendere la vita, la dignità e i diritti di migranti, richiedenti asilo, rom, minoranze
etniche e religiose e di quanti sono perseguitati ed emarginati.
 «Non c'è qui né Giudeo né Greco… perché voi tutti siete uno in Cristo Gesù» (Galati 3,28)
L’Evangelo di Cristo abbatte le differenze etniche e ci chiama a essere una Chiesa aperta all’incontro e allo scambio, in cui italiani e immigrati vivono insieme la fede cristiana.
 «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico, e s'imbatté nei briganti che lo spogliarono, lo ferirono e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto… un Samaritano… vedendolo, ne ebbe pietà; avvicinatosi, fasciò le sue piaghe versandovi sopra olio e vino, poi lo mise sulla propria cavalcatura, lo condusse a una locanda e si prese cura di lui» (Luca 10,30.33-34)
Apprezziamo e sosteniamo chi salva le vite dei migranti vittime dei traffici illegali e garantisce il
soccorso umanitario nel Mediterraneo come sui passi alpini.
e per questo:
 Respingiamo la falsa contrapposizione tra accoglienza degli immigrati e bisogni degli italiani, perché un paese tra i più ricchi al mondo ha le risorse per garantire l’una e gli altri e perché sappiamo che, col tempo, anche i nuovi immigrati costituiscono una risorsa per un paese come l’Italia ad alto declino demografico.
 Siamo impegnati a garantire corridoi umanitari a favore dei richiedenti asilo in modo che possano
arrivare in Europa in sicurezza e legalmente. Lo facciamo ecumenicamente e nel rispetto delle
normative europee.
 Crediamo nella necessità dell’integrazione degli immigrati in una società accogliente, capace di
promuovere l’incontro e lo scambio interculturale nel quadro dei principi della Costituzione.
 Ci opponiamo alle politiche italiane ed europee di chiusura delle frontiere, di respingimento e di
riduzione delle garanzie di protezione internazionale dei richiedenti asilo, tanto più quando fonti
istituzionali delle Nazioni Unite attestano sistematiche violazioni dei diritti umani nei paesi di partenza e di transito.
 A tutti - ma ancor di più a chi ha responsabilità istituzionali - chiediamo di adottare un linguaggio
rispettoso della dignità dei migranti e di contrastare con gesti e azioni concrete atteggiamenti xenofobi e razzisti.
 Denunciamo e critichiamo la campagna politica contro gli immigrati e i richiedenti asilo che, a fronte di arrivi in diminuzione e perfettamente sostenibili in un quadro di solidarietà europea, esaspera e drammatizza il dibattito pubblico.
 Ci appelliamo alle chiese sorelle dell’Europa perché accolgano quote di richiedenti asilo e spingano i loro governi a promuovere politiche di condivisione dei flussi migratori in un quadro di solidarietà e responsabilità condivise.
 Ricordando la Parola dell’apostolo «Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi amore, sarei un rame risonante o uno squillante cembalo» (I Corinzi 13,1), affermiamo che l’amore di Dio per l’umanità è più forte dei nostri egoismi di individui e di nazioni e che noi siamo chiamati a testimoniarlo ogni giorno con gioia, speranza e fiducia.
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Questo «Manifesto per l’accoglienza» è stato approvato l’8 agosto 2018 dal Consiglio della Federazione delle Chiese
Evangeliche in Italia (FCEI) 

sabato 4 agosto 2018

SE IL SINGOLARE SOFFOCA IL PLURALE

Non molto tempo fa mi trovavo in un negozio per fare degli acquisti. Al momento del pagamento, al
titolare che, tra l’altro, era anche un mio amico, dico: «Senti, tieniti basso con il prezzo perché non
pago con i soldi miei ma con quelli della parrocchia!». Vicino a me c’era una signora, anch’essa una
mia conoscente, che mi guarda stupita e mi dice: «Don Aldo! Che fai? Ragioni al contrario? È
quando i soldi sono tuoi che devi fare più attenzione!».
Ed io, di rimando: «No, signora cara! Io, con i soldi altrui sono più esigente che con i miei! E
ritengo le cose della Comunità più importanti di quelle mie personali! E ritengo la strada più
rispettabile del cortile di casa mia!».
Lascio il negozio tra il sorriso intrigante dell’amico negoziante e lo stupore stralunato della signora
interdetta.
Lascio il negozio ma non la riflessione, che per strada mi continua ad investire con domande
impertinenti, ma anche con incontri imprevisti e sorprendenti.
Incontro, camminando, don Milani che mi dice: «Certe cose, caro Aldo, non sono spontanee, ma si
imparano assumendo delle responsabilità. I miei ragazzi di Barbiana, per esempio, imparavano
insegnando. Se vai a leggere la loro Lettera ad una Professoressa, sin dall’inizio vi troverai scritto
che ‘il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è la politica. Sortirne da soli è
l’avarizia’».
In effetti il grande male delle società moderne, massificate e parcellizzate, è che l’individuo non si
percepisce più come appartenente ad un gruppo. Il virus individualista ha derubato la coscienza
moderna di una certezza elementare, e cioè che si sta tutti sulla stessa barca...
Il soggetto, ridotto a individuo, non si percepisce più come «nodo di relazioni», così come lo intendeva Raimon Panikkar, ma vive la sua individualità come fosse una monade apolide e considera la relazione interumana del tutto estranea all’identità soggettiva. Un processo di sradicamento e delocalizzazione delle persone che vivono le particolarità di un luogo senza sentirsene parte...
Sempre cammin facendo incontro un altro grande sacerdote, don Tonino Bello, che con il suo magro e solare sorriso mi dice: «Altro che ‘relazioni’. L’acidità ci inquina. Stiamo diventando corazze. Più che luoghi d’incontro, siamo spesso piccoli centri di scomunica reciproca. Tendiamo a chiuderci. La trincea ci affascina più del crocicchio. L’isola sperduta, più dell’arcipelago. Il ripiegamento nel guscio, più della esposizione al sole della comunione e al vento della solidarietà. Sperimentiamo la persona più come solitario auto-possesso, che come momento di apertura al prossimo. E l’altro, lo vediamo più come limite del nostro essere, che come soglia dove cominciamo a esistere veramente». (Uno per uno fa sempre uno. Verso la Pasqua, casa della Trinità).
Questa la tragedia dentro la quale oggi ci tocca vivere.
Rientro in casa come se entrassi nel mondo: i libri, i giornali e le riviste che invadono il mio studio formano un coro che si unisce alla voce della mia coscienza e che anche in questa denuncia mi dice che non sono solo.
Vedo il volto austero e cupo del filosofo Friedrich Wilhelm Nietzsche, che nel 1887, un anno prima di scendere nel buio della sua follia, annunciava profeticamente l’«avvento dell’Individuo sovrano», uguale soltanto a se stesso, riscattato dall’eticità dei costumi, miope divoratore di diritti propri senza coscienza di doveri.
Ascolto il giornalista Ezio Mauro che scrive ad alta voce: «Quando il cittadino si rinchiude nell’esercizio privato dei suoi diritti e li coniuga soltanto al singolare, non mette nulla in movimento, e diventa per questo irrilevante, numero ma non soggetto» (La Repubblica del 22 Febbraio 2018).
Leggo il teologo Vito Mancuso che scrive: «L’incipit giovanneo ‘in principio erat verbum’  potremmo tradurlo anche: ‘in principio la relazione’. Perché linguaggio di Dio è la relazione che crea armonia, non il dictatus che crea sottomissione!».
È una sinfonia che il chiasso sguaiato delle solitudini in conflitto non ascolta.
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di Aldo Antonelli in “Rocca” n. 15/16 del 15 agosto 2018

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