sabato 25 febbraio 2012

«LA CHIESA RIPENSI SE STESSA».
LETTERA APERTA ALLA CHIESA ITALIANA

Vorremmo una Chiesa che ripensasse la propria struttura gerarchica e i propri rapporti con la società, che rinunciasse a privilegi e potere, che considerasse i credenti non come gregge da guidare ma come Popolo di Dio che partecipa e cammina in autonomia e libertà. Sono alcune delle «inquietudini» e dei desideri manifestati nella Lettera aperta alla Chiesa italiana di 7 preti, religiosi e religiose – don Alessandro Santoro, prete della Comunità delle Piagge (Fi), la teologa domenicana Antonietta Potente, il frate servita Benito Fuscodon Pasquale Gentili, parroco di Sorrivoli (Ce), don Pier Luigi Di Piazza, del Centro Balducci di Zugliano (Ud), don Paolo Tofani, parroco di Agliana (Pt) e don Andrea Bigalli, parroco di S. Andrea in Percussina (Fi) – che già nello scorso gennaio indirizzarono una lettera aperta ai teologi e alle teologhe italiani, invitandoli ad un incontro pubblico alla Comunità delle Piagge per confrontarsi e discutere di come poter riavvicinare la teologia al mondo e alla storia.
Con questa nuova lettera aperta, è la quarta volta in due mesi – oltre alla lettera ai teologi, c’è stata la Lettera di Natale dei preti del Triveneto e la lettera ai delegati che parteciperanno al secondo Convegno ecclesiale delle Chiese del nord-est scritta da alcuni preti e laici di Treviso e Vicenza – che gruppi di cattolici, sia laici che religiosi, prendono la parola per manifestare il loro disagio nei confronti dell’istituzione ecclesiastica e il loro desiderio per una Chiesa altra: povera, collegiale, inclusiva, in una parola, evangelica.
La lettera è stata sottoscritta da oltre 250 fra laici, preti, religiosi e religiose di tutta Italia e che può essere ancora firmata scrivendo a appellochiesa@gmail.com


Lettera aperta alla chiesa italiana
“Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio ” (Ef 2, 19)
Questa lettera nasce dopo l’incontro-invito con alcuni teologi e teologhe che abbiamo avuto nella comunità delle Piagge a Firenze il 20 gennaio scorso e al quale hanno partecipato tante persone credenti e non. Rifacendoci alla tradizione più antica della comunità credente, che per comunicare usava lo stile epistolare, anche noi abbiamo pensato di scrivere una lettera aperta alla chiesa italiana. Vorremmo fare una breve sintesi delle tante inquietudini e dei tanti desideri ed aspettative raccolte in quel contesto. La trama principale delle nostre inquietudini è espressa proprio dal testo della lettera alla chiesa di Efeso: Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio …
 


Abbiamo sempre pensato che questo fosse vero; abbiamo sempre pensato che la nostra condizione di donne e uomini credenti ci rendesse concittadini nella storia di tutti e familiari con il Mistero. Abbiamo sempre pensato che la nostra fede ci facesse responsabili nei confronti della vita di ogni creatura e dei difficili parti storici, sociali, economici, culturali e spirituali che la comunità umana vive da sempre. Abbiamo sempre pensato anche, che proprio perché siamo familiari di Dio, non siamo esenti dal vivere sulla nostra pelle le fatiche che ogni popolo fa per poter essere popolo degno e libero. Ma oramai, da molto tempo, ci sembra che questo non sia tanto vero, e soprattutto, con tristezza diciamo che forse nessuno ci chiede ed esige questa familiarità con il Mistero e questa solidarietà con la storia.
 


La struttura ecclesiale infatti sembra più preoccupata a guidarci che a farci partecipare e soprattutto a farci crescere. Le nostre comunità cristiane appaiono più tese a difendere una tradizione che a vivere una esperienza di fede. Noi sappiamo come diceva Paolo alla sua comunità di Corinto,che abbiamo il diritto di essere alimentati con parole spirituali … e con un nutrimento solido (Cfr. 1Co 3, 1-2), e invece ci sentiamo trattati come persone immature, come se non fossimo responsabili delle nostre comunità, ma solo destinatari chiamati a obbedire a ciò che pochi decidono ed esprimono per noi. E proprio in questo odierno contesto storico di grande fatica ma anche di grande opportunità per tutti i popoli, e dunque anche per la nostra società italiana, sentiamo che la chiesa è lontana da questa fatica quotidiana dell’umanità. E che quando si fa presente, lo fa solo attraverso analisi, sentenze e a volte giudizi, che non ascoltano e non rispettano le ricerche e i tentativi che comunque la società fa per essere più autentica e giusta.
 


Ci sembrano sempre più vere le parole di Gesù nel vangelo Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito (Mt 23, 4). Noi non vorremmo essere collusi e complici di questo stile di vita, perché come credenti concittadini dei santi e familiari di Dio, sappiamo quanto è difficile sospingere la storia verso la pienezza della vita. Sappiamo anche che è difficile essere coerenti, ma lo vorremmo essere perché la coerenza oggi, sarà possibilità di vita per tutti. Perché condividere quello che abbiamo e non il sovrappiù, curarci dalle nostre ferite interiori,separarci da tutti quegli stili di vita che invece di includere escludono e invece di far crescere recidono, non è semplice ma è possibile, soprattutto quando nasce da una ricerca comune, dove ciascuno può suggerire qualcosa, dove ciascuno può condividere la sua visione del mondo e soprattutto la sua esperienza di Dio. Ma noi non ci sentiamo sostenuti nel far questo e l’esempio che abbiamo dalla chiesa ufficiale è, la maggior parte delle volte, quello di pretendere riconoscimenti e i difendere propri interessi, immischiandosi in politica solo per salvaguardare i propri privilegi.
 


Vogliamo essere popolo che cerca davvero di fare esperienza di Gesù, di quel Gesù che ispirava sogni di vita, che ispirava desideri di cambiamento. Quel Gesù che riusciva a far sognare anche chi conosceva solo disprezzo, o chi comunque veniva giudicato peggio di altri ed emarginato Ci domandiamo come mai ci dicono di essere obbedienti al magistero senza chiederci di essere fedeli a questo sogno bellissimo di una umanità composta da ogni lingua, razza, popolo, nazione …. (Cfr. Ap 7,9). Perché ci viene chiesto di essere credenti che devono obbedire e difendere la verità e non ci dicono invece che la Verità è più grande di noi e per questo va ricercata costantemente, ovunque e con tutti? Allora è per questo che vorremmo offrirvi queste nostre riflessioni, vorremmo che la chiesa ripensasse le sue strutture di comunità, e soprattutto la propria struttura gerarchica e i suoi rapporti con la società. Noi vorremmo che si rifiutasse ogni privilegio economico e soprattutto vorremmo che l’economia delle strutture ecclesiali non fosse complice della finanza e delle banche che speculano con il denaro a scapito del sudore e del sangue di individui e intere comunità, praticando un indebito sfruttamento, non solo delle risorse umane, ma anche di quelle naturali.
 


Queste, in breve, sono alcune delle nostre inquietudini che condividiamo con tutti i credenti, perché la Vita si è manifestata e noi l’abbiamo contemplata, vista, udita, toccata con le nostre mani… (Cfr. 1Gv 1,1-4) e di questo vorremmo rendere testimonianza. Partendo da questo primo incontro, ci impegniamo a cominciare un processo di autocritica e critica costante, per aiutarci a vivere e crescere insieme, come comunità credenti ma anche come compagni e compagne di cammino di tutti coloro che – tra evoluzioni, rivoluzioni e rivelazioni- fanno di tutto per rendere la storia più bella, solidale e giusta.

sabato 18 febbraio 2012

Sosteniamo la campagna "Taglia le ali alle armi!"
Ai sostenitori dell'appello di padre Alex Zanotelli

di La Redazione del sito www.ildialogo.org
Caro amico, cara amica che hai sottoscritto l'appello di Alex Zanotelli sulle spese militari (vedi qui). Oggi ti chiediamo di fare un passo in più sostenendo anche la campagna "Taglia le ali alle armi!" promossa da Rete Disarmo, Sbilanciamoci e Tavola della Pace per contrastare l'acquisto del caccia Joint Strike Fighter.
15 miliardi di euro per i cacciabombardieri F-35, prima della riduzione prevista dal Ministro. Ma saranno ancora un sacco di soldi spesi male. 
A cui occorre rispondere con un "terremoto" di indignazione, un coro di proteste. É quello che la società civile è chiamata, ora più che mai, ad esprimere visto che il Governo sembra deciso a non cambiare idea sul "Programma pluriennale relativo all'acquisizione del sistema d'arma Joint Strike Fighter JSF", il faraonico progetto di aereo militare (il più costoso della storia) a cui partecipa anche l'Italia. Forse non compreremo più 131 cacciabombardieri JSF completi di relativi equipaggiamenti, supporto logistico e basi operative come inizialmente previsto. Ma anche 90 sono tanti: sono 90 di troppo. Anche uno solo equivale a 180 asili nido E con l'ovvia crescita del costo per singolo aereo anche questo taglio ci potrebbe fare spendere (solo per la fattura) almeno 12 miliardi.
In un momento di tagli agli stipendi, alla sanità, alla scuola, al supporto per il lavoro….occorre eliminare del tutto le spese per gli armamenti che servono solo a produrre lutti e distruzioni di cui l'umanità non ha più bisogno.
Chiediamo con forza un taglio alle armi sostenendo la petizione alla pagina: (clicca sull'immagine o sul link successivo)
Qui di seguito trovi quanto costa un singolo aereo e cosa ci si potrebbe fare in alternativa con tutti quei soldi
 
Clicca sull'immagine per ingrandirla. 
Se non riesci a visualizzarla clicca qui per scaricarla
 
Grazie
La Redazione del sito www.ildialogo.org

mercoledì 1 febbraio 2012

Il Rev. D. Paul Sullins, sociologo presso l'Università Cattolica, ha intervistato oltre 70 preti sposati per il libro che sta scrivendo
di MARK OPPENHEIMER
6 gennaio 2012
Il primo giorno del nuovo anno il Vaticano ha annunciato la formazione di un ordinariato nazionale, una specie di diocesi senza confini, per i preti episcopaliani e le loro comunità che intendono abbracciare il cattolicesimo romano. Lo notizia bomba non riguarda il fatto che agli episcopaliani viene garantita una via espressa all'interno del cattolicesimo, ma che in America aumenteranno di molto i preti sposati.
E i preti sposati rappresentano una provocazione per la Chiesa Cattolica, che vede le fila del clero assottigliarsi ogni giorno di più.

La gran parte dei cattolici americani non sa che la chiesa accetta i preti sposati. Ma sono sempre esistiti preti sposati di rito non-latino, come accade per il Cattolicesimo Ucraino e Maronita. Queste chiese sono pienamente cattoliche, cioè sottoposte al papa, ma possono ordinare uomini sposati, per quanto non permettono ai preti celiti di sposarsi.
Sono sempre esistiti i preti sposati anche nel Cattolicesimo romano fino a che il Concilio Laterano Primo, nel 1123 non ha posto il veto. E poi sono esistiti i preti sposati cattolici romani nuovamente dal 1980, quando la chiesa ha dichiarato che il clero protestante convertito al cattolicesimo poteva restare sposato.

Attualmente in America ci sono 80 di questi preti, secondo il Rev. D. Paul Sullins, sociologo dell'Università Cattolica di Washington. Ex prete episcopaliano, ora prete cattolico sposato, P. Sullins ha intervistato oltre 70 preti sposati, e molte delle loro mogli, per il libro che sta scrivendo. Una vasta maggioranza di questi sono ex episcopaliani, ma molti provengono da altre denominazioni protestanti.
La presenza di un folto gruppo di preti sposati solleva numerose questioni. Primo, svolgono un ministero positivo come gli altri preti? Se la chiesa ha stabilito che il celibato conferisca un dono ai preti, ne deriva che i preti sposati servano le comunità con minore efficacia? Secondo, i preti celibi non hanno diritto di risentirsi se ad altri colleghi al servizio della chiesa possono anche fare sesso? E terzo, se i preti sposati svolgono un lavoro positivo e non danno scandalo, perché conservare l'obbligatorietà del celibato per i preti in generale?
Per rispondere alla prima questione è importante comprendere le ragioni della disciplina del celibato. ("il celibato riguarda la vita senza matrimonio; "continenza" è l'espressione che definisce una vita senza attività sessuale. Per principio i preti celibi sono anche continenti). La chiesa non ha mai affermato che il celibato sia necessario al presbiterato. Piuttosto la tradizione stabilisce che il prete nell'esercizio delle sue funzioni rappresenta Gesù Cristo, che era celibe. L'idea del prete che agisce in persona Christi, è una delle ragion per cui le donne non possono accedere al presbiterato cattolico.
Inoltre P. Sullins afferma che sussiste l'idea che "se un uomo non è sposato può dedicarsi più pienamente ed esclusivamente alla parrocchia". Ma egli ha verificato che i preti sposati sono spesso supportati e non ostacolati dalle mogli, che in molti casi si dedicano con costanza alla parrocchia. Aggiunge anche che i preti celibi possono al contrario essere meno disponibili degli sposati.
"La verità è che i preti celibi spesso trovano il modo per rendersi indisponibili. Se chiami un prete celibe nel mezzo della notte, probabilmente troverai una segreteria telefonica. Ma se chiami un prete sposato nel cuore della notte, non avendo ragioni per uscire a quell'ora, sarà scosso dalla compagna che gli dirà: 'Ehi svegliati, sei votato a questo lavoro!'"
"Non voglio affermare che ci sia una differenza abissale, ma se una differenza esiste, è certamente a favore dei preti sposati".
Dal 1980 la Chiesa Cattolica Romana ha mostrato una preferenza per il presbiterato celibatario impedendo ai preti sposati di fare i parroci, a meno di circostanze particolari. I preti che entrano a far parte del nuovo ordinariato, di provenienza episcopaliana, rappresenteranno un'eccezione alla regola. A causa anche della carenza di preti negli Stati Uniti, le circostanze hanno portato ad affidare alcune parrocchie ai preti sposati. Di fatto il Rev. James Parker, primo tra i preti ad usufuire di questa Costituzione Pastorale, così come è conosciuta la regola del 1980, ha guidato una parrocchia a Charleston, S.C. e sembra aver fatto un ottimo lavoro.
"Era un fratello tra fratelli", dice P. Jay Scott Newman, pastore di una chiesa a Greenville, S.C. Aggiunge che "il matrimonio di P. Parker non ha mai rappresentato un ostacolo". E' stato in grado di operare positivamente così come qualunque altro uomo sposato che svolga una professione impegnativa.
"I medici che lavorano 80 ore a settimana hanno dei figli. Si può fare. E questi preti hanno fatto lo stesso da Anglicani", la denominazione cristiana generica a cui gli Episcopaliani appartengono.
Il sentito elogio di P. Newman nei confronti del suo collega sposato aiuta a rispondere alla seconda questione, quella dell'invidia. Non ho riscontrato casi in cui il prete celibe provi ranconre verso il collega sposato. Nonostante un ristretto numero di teologi e canonisti abbiano criticato la Costituzione Pastorale del 1980, i preti in ministero non ne hanno risentito.
Anche P. Newman ad esempio, che ritiene che il celibato sia una importante faccenda controculturale e che un prete celibe ha puntato tutto sul fatto che la vita non sia tutta qui mettendo la sua carne in trincea, afferma che la chiesa può prevedere eccezioni. In riferimento ad un altro prete spostato che conosce nel South Carolina, Newman ha dichiarato che: "Una intuizione serpeggiava tra le persone: che questa fosse un'eccezione ad una norma e che nessuna ingiustizia venisse perpetrata ai danni di coloro che hanno accettato da tempo di divenire presbiteri ben sapendo che il celibato è parte della scelta".
La posizione ufficiale della chiesa sul celibato presbiterale, cioè che è preferibile ma non necessario, si indebolisce dal momento in cui alcuni preti sposati si avvicinano all'ideale. Col crescere della penuria di preti, il tema del celibato verrà discusso ancora.
Almeno 25.000 chierici americani hanno lasciato il presbiterato dal 1970, aggiunge P. Sullins. Molti di questi si aspettavano che la norma del celibato sarebbe stata superata, ma quando hanno realizzato che così non era, hanno preferito lasciare e sposarsi. 25.000 ex preti nel paese a fronte dei 40.000 in esercizio. Celibato sì, celibato no, i cattolici possono farsi due conti.

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