domenica 29 luglio 2012

A PROPOSITO DELLE SCELTE DI MILANO SULLE COPPIE DI FATTO...

 Il portavoce di “Noi Siamo Chiesa” Vittorio Bellavite ha rilasciato la seguente dichiarazione:
             “La famiglia, luogo di affetti, di solidarietà e di  educazione dei figli, sancita giuridicamente in chiesa o col rito civile, è il fondamento principale della struttura e della stabilità della società. Il movimento “Noi Siamo Chiesa” è contro ogni forma ed ogni pratica di quelle culture che, implicitamente o esplicitamente,  sono indifferenti a questa prospettiva  o che si muovono addirittura in senso contrario.
           Ciò premesso, altre forme di famiglia (o di convivenza, le si chiami come si vuole) sono ora presenti nel nostro paese. Esse possono essere, quanto quelle tradizionali, positive, stabili, eticamente fondate. Le istituzioni, tra queste il Parlamento in primis,  devono prendere atto di ciò per estendere ad esse, nelle forme più opportune, diritti e doveri  reciproci ed un giusto ruolo sociale. In questa direzione va la delibera in discussione da oggi nel consiglio comunale di Milano. Essa era nel programma della coalizione che appoggiò Pisapia. La nuova amministrazione è stata esplicitamente sponsorizzata, come è ben noto,  da una vasta area di credenti rappresentativa di tante realtà del mondo cattolico milanese.
            La “campagna” contro questa delibera, iniziata dal card. Scola nell’intervista a “Famiglia Cristiana” del 27 marzo, è ora ripresa e la Curia sta perdendo l’occasione per stare zitta  e rinunciare a un antico clericalismo. Massimo Cacciari ha detto (su “La Repubblica” di domenica 22) che una tale “posizione implicitamente contraddice l’annuncio cristiano”. Noi ciò diciamo da tempo. I “valori” da prendere in considerazione e da proporre  non sono solo quelli “tradizionali”delle forme e del catechismo ma anche quelli, pure presenti da sempre nella Chiesa, della comprensione, dell’accoglienza a tutto campo, dell’attenzione  agli affetti veri, ben aldilà delle forme, secondo l’insegnamento di Gesù.
             I problemi veri della famiglia (e delle famiglie) di cui occuparsi a fondo, nascono da una molto carente politica fiscale, sociale, del lavoro, dell’immigrazione ecc…Chiediamo a chi nel mondo cattolico, e in primis al nostro arcivescovo, organizza “campagne” su queste questioni e dice di avere a cura la famiglia, se abbia mai riflettuto sul fatto che dei cattolici sono alla guida del nostro paese dal dicembre del 1945. Non esistono forse responsabilità da accertare per le politiche che mancano? Esse non dovrebbero  essere denunciate?”
Milano 23 luglio 2012

ANCHE A MILANO LE COPPIE DI FATTO HANNO UN FUTURO!

Nella notte il Consiglio comunale di Milano ha approvato il registro delle unioni civili che riconosce le coppie di fatto etero e gay.

Secondo l'Associazione Radicale Certi Diritti si tratta di una misura che «rende la città più accogliente, laica ed europea». Dopo un estenuante dibattito consiliare si è istituito un autonomo registro delle unioni civili riferito però all'articolo 4 del Dpr 223 del 1989 che parla di famiglia anagrafica.

«A parte la scelta eccessivamente burocratica» - continua l'Associazione - «rimane integro il cuore del provvedimento che impegna il Comune a garantire "condizioni non discriminatorie'' di accesso ai suoi servizi e nelle materie di propria competenza. L'Associazione Radicale Certi Diritti, insieme ad altre realtà milanesi, aveva quasi completato una raccolta firme su una delibera basata sul modello torinese, che ha certamente contribuito ad accelerare i tempi dell'approvazione del registro».
«Da Milano rilanciamo ora la battaglia per il matrimonio egualitario che consenta a tutti i cittadini, a prescindere dal loro orientamento sessuale, il pieno accesso all'istituto del matrimonio civile e che permetta così di sanare la più odiosa delle discriminazioni contenute nel nostro ordinamento giuridico».

Il primo commento del sindaco di Milano Giuliano Pisapia subito dopo l'approvazione del Consiglio comunale che ha visto una lunga trattativa è stato: «Da oggi a Milano ci sono più diritti'».

domenica 22 luglio 2012

CHE SPAZIO HA IL DISSENSO NELL'ESPERIENZA CRISTIANA?

SCRIVE CHRISTIAN ALBINI:
Una caratteristica della stagione ecclesiale in corso è l'emergere, a livello internazionale, di nuovi fronti del dissenso, un fenomeno che sembrava estinto, o comunque di atteggiamenti di critica e di tensione nei confronti di alcune posizioni attualmente prevalenti tra la gerarchia e di alcuni comportamenti.
Alcuni esempi: l'appello dei teologi tedeschi dello scorso anno, l'iniziativa dei preti austriaci, la Conference des baptsisés in Francia, il caso delle suore statunitensi... In Italia, abbiamo, tra gli altri, gli incontri de "Il Vangelo che abbiamo ricevuto", o le analisi contenuti nei testi di Giorgio Campanini e Saverio Xeres, di Vinicio Albanesi e altri... Non entro nel merito dei singoli casi; mi interessa piuttosto riflettere sul fenomeno nella sua globalità. Tenendo presente che la categoria del dissenso - e c'è chi parla piuttosto di "disagio", con buone ragioni - è una denominazione comoda da usare, ma può trarre in inganno, perché rinvia troppo facilmente alle dinamiche delle stagioni della contestazione politica.
Bisogna, allora, precisare che con dissenso non intendo la contestazione di principio della fede o della Chiesa. Mi riferisco piuttosto a quella parola - maturata nella coscienza e nella preghiera assidua - che, dentro la Chiesa cattolica, pone un'obiezione a comportamenti o posizioni dell'autorità ecclesiale, in nome della fedeltà al Vangelo e all'amore per la Chiesa. C'è fatica ad accettare questo dissenso come parte di una sana vita cristiana. Anzi, lo si considera un esempio di relativismo da condannare, soprattutto da parte di chi pensa che tutto ciò che viene dai pastori sia autenticamente vero e indiscutibile.
Non così per Gesù. È, infatti, lui il modello di questo dissenso. Nei vangeli, quando si indigna e va in collera, non lo fa contro i peccatori, i pagani o gli eretici, verso cui dimostra una sorprendente benevolenza. Sono invece gli uomini della religione, le autorità, che attirano la sua ira. Soprattutto nell'invettiva di Matteo 23 contro gli scribi e i farisei, da lui definiti ipocriti, guide cieche, sepolcri imbiancati pieni di ossa di morti e di marciume, assassini di profeti...
E non si dica che gli strali di Gesù riguardano altri, la religione ebraica, perché un attento lettore della Bibbia come san Girolamo ha messo in chiaro che le colpe di scribi e farisei sono le nostre. Quel che Gesù denuncia avviene tra i cristiani e tra i pastori. Neppure si può addurre, a sostegno dell'insindacabilità di questi ultimi, il v. 3 (Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono), perché non va disgiunto dal v. 23:
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sull'anéto, sulla menta e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare, senza tralasciare quelle.
Si può essere perfettamente ortodossi e osservati, eppure essere senza giustizia, misericordia e fedeltà. Gli esempi non mancano. C'è un essenziale che va salvaguardato e soprattutto vissuto. Gesù ha trovato spesso più fede nella sua persona da parte di eretici e pagani. Per la Bibbia, infatti, la fede è anzitutto amare la giustizia, praticare la misericordia e camminare con Dio (cfr. Mi 6,8), che sta a dire un rapporto intimo, una familiarità con Lui. Si potrebbe andare avanti sul compiacersi dei posti d'onore, sul farsi chiamare "maestri", "padri" e "guide", sul chiudere il regno dei cieli davanti alla gente, sull'uso del denaro...
Due notazioni su vocaboli che hanno un ruolo importante nel testo..
Uno è l'hypokrités con cui vengono ripetutamente definiti gli scribi e i farisei. La traduzione CEI lo rende con "ipocriti", ma può essere più accuratamente reso con "simulatori"; era infatti il vocabolo che indicava coloro che recitano una parte, gli attori. Gli hypokrités, infatti, erano già stati introdotti da Matteo nel discorso della montagna e corrispondevano a coloro che praticano la propria giustizia davanti agli uomini per essere ammirati (6,1). Questa definizione richiama la parabola del fariseo e del pubblicano (Lc 18,9-14), detta per coloro che avevano l'intima presunzione di essere giusti e disprezzavano gli altri. Il fariseo, l'uomo della religione, si gloriava delle proprie osservanze, mentre l'altro confessava in umiltà i propri peccati. Ed era il secondo a essere giustificato. Ma farisei e pubblicani non sono persone diverse, bensì atteggiamenti interiori a ciascuno di noi.
Il "guai", inoltre, che in Mt 23 ricorre sette volte (cfr. vv. 13-33) appartiene al genere letterario profetico (cfr. Am 5,18ss.; Is 5,8-24), dove «è denuncia del peccato e minaccia di un giudizio che può essere ancora evitato con la conversione» (Alberto Mello).
Tutto ciò ci dice che non esiste una categoria di "puri", di nuovi scribi che giudicano i vecchi. Non c'è che un unico maestro, un unico Padre e un'unica guida, Gesù Cristo (Mt 23,8-10), davanti ai quali siamo tutti fratelli. Il dissenso, allora, non è il grido di rivolta dei puri che, spada in pugno, vogliono costruire una nuova chiesa. Il dissenso cristiano appartiene piuttosto allo spazio della "correzione fraterna".
Gerarchia e popolo di Dio siamo assieme nella chiesa. Siamo dentro un'unica storia. Siamo tutti battezzati, portatori dello Spirito, sacerdoti, re e profeti. E tutti siamo anche esposti al fallimento, all'errore, alla tentazione e al peccato nella stessa misura. Non ci sono categorie di credenti che, solo per il proprio ruolo, godono di un grado superiore di scienza o di eticità. Il che non significa che non ci siano diversità di ministeri, che tutto sia relativo o indifferente, che chi contesta abbia sempre ragione... Significa, però, che nella chiesa ci devono essere una comunicazione reale e un ascolto sincero in tutte le direzioni. I pastori non possono esercitare il loro servizio senza tenere sinceramente conto della parola e anche della critica del gregge, senza porsi il problema di riconoscervi il seme di verità che racchiudono.

domenica 8 luglio 2012

ESISTONO ANCORA I PROFETI?

Vangelo: Mc 6, 1-6
Dal Vangelo secondo Marco
In quel tempo, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui.
Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.

Diceva don Milani:<<E allora il maestro deve essere per quanto può profeta, scrutare i «segni dei tempi», indovinare negli occhi dei ragazzi le cose belle che essi vedranno chiare domani e che noi vediamo solo in confuso>>.
Non c'è alcun dubbio che don Lorenzo lo fosse,ma la cosa più bella fu che riusci a indicarli ai suoi ragazzi,invitandoli a scrutare lo sguardo di ogni uomo e ad accogliere il divino che si nasconde nel cuore di ciascuno!
...E tutto ciò subendo processi e rifiuti,proprio a partire da quella Chiesa che tanto amò.
Mi sembra allora che il profeta equivalga al santo.
Certamente non ho bisogno del manifesto steso in Piazza S.Pietro,ma vorrei ascoltare "maestri" che mi aiutino a leggere i segni dei tempi e che non dimenticano che i segni cambiano perchè i tempi sono cambiati!!

domenica 1 luglio 2012

QUEL PREZIOSO SILENZIO CHE CI METTE IN COMUNICAZIONE CON IL NOSTRO DIO.

Se vuoi ascoltare Dio stai molto attento, perché a Dio piace
parlare a bassa voce.
(Vladimir Ghika)


L'inizio del nostro amore per Dio consiste nell'ascoltare la sua
parola.
(Dietrich Bonhoeffer, Vita comune)


Facciamoci silenziose per ascoltare Colui che tanto ha da dirci.
(Elisabetta della Trinità, Scritti spirituali)


Dio non smette di parlare; ma fuori il rumore delle creature e
dentro di noi quello delle passioni ci stordiscono e ci
impediscono di sentirlo.
(Fenelon, Sulla perfezione)


Facciamo in modo che la memoria taccia e resti muta e che solo
l'orecchio della mente sia rivolto a Dio, dicendo come il Profeta:
parla, o Signore, perché il tuo servo ti ascolta!
(Giovanni della Croce, Salita al Carmelo)

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