lunedì 28 marzo 2022

UN'OPINIONE PER LA PACE CONTRO L'INGIUSTIZIA

La tragedia è loro, non nostra. Ma qualcosa possiamo fare anche da qui. Innanzitutto uscire dalle contrapposizioni interne, come quella, fasulla, tra pacifisti e guerrafondai. Non è pacifista chi si dice a favore della pace, ma chi fa qualcosa di concreto per produrre pace. Non è guerrafondaio chi sostiene che gli ucraini hanno il diritto di difendersi dall’aggressore anche con le armi, ma chi pensa che le armi siano l’unico modo per reagire all’aggressione russa. Anche chi si ritiene nonviolento non è un’anima bella che immagina un mondo ideale privo di conflitti. Il nonviolento vede con chiarezza la dinamica dei conflitti, prende una posizione ferma contro l’ingiustizia, contro l’aggressore e dalla parte dell’aggredito, ma cerca tutti i mezzi possibili per scongiurare un’inutile escalation del conflitto, esplorando le possibili soluzioni alternative.

Di fronte a un’aggressione plateale e ingiustificata come quella russa nei confronti dell’Ucraina è necessario prendere una posizione chiara ed esplicita. Questo, da fuori, può essere fatto in tre modi, tra loro compatibili e non mutuamente escludentisi: a) inviando armi a chi ritiene di dover combattere contro la prepotenza dell’esercito russo, costringendolo a trattare da una posizione di non totale asservimento e dunque di debolezza; b) aiutando la popolazione civile con supporto materiale e morale, come fanno le ONG e le organizzazioni di cooperazione impegnate nella risposta all’emergenza umanitaria (anche con il nostro personale sostegno), ma anche come ha fatto l’Unione Europea imponendo sanzioni e sequestrando patrimoni di sostenitori del regime russo, e boicottando attivamente le istituzioni dell’aggressore, come fa Anonymous; c) aiutando tutte le persone sfollate a trovare una nuova casa a casa nostra. Non fare nulla, tanto più in nome di un vago e generico pacifismo, che finisce inevitabilmente per assomigliare all’indifferenza morale, e senza pagare di persona, non è un’opzione. Non serve a nulla, e gratifica solo i nostri ideologici solipsismi. Le tre modalità di azione evidenziate hanno il merito di uscire da questa trappola, coinvolgendoci direttamente, attraverso il prezzo che paghiamo.

a) Chi combatte come partigiano lo fa costruendo la resistenza armata, e chi vuole sostenere la resistenza armata senza combattere in prima persona, anche per non allargare il conflitto ad altri fronti, lo fa inviando armi e collaborando logisticamente a questa impresa, ciò che implica dei costi, economici e politici. b) Chi combatte usando l’arma economica e la moral suasion, lo fa con le risoluzioni dell’ONU, sanzioni che producono un costo anche su chi le dichiara, l’isolamento internazionale dell’aggressore, il supporto al dissenso interno, la promozione di tavoli di trattativa che manifestino un sostegno attivo all’aggredito, aprendo tuttavia a soluzioni praticabili per terminare il conflitto prima possibile, riducendo le sofferenze della popolazione civile e cercando di limitare quelle dei soldati di ambo le parti. c) Chi aiuta i profughi a trovare una sistemazione, manifestando così concretamente la propria solidarietà, combatte per così dire su un fronte interno al proprio paese, condividendo con altri, bisognosi di aiuto, le proprie risorse.

Un’ulteriore battaglia che si può combattere, forse, è quella per un’informazione corretta. Immedesimarsi (anche nelle ragioni dell’altro, ma senza farle proprie), prendere parte, assumere posizioni pubbliche, aiutare gli altri a farsi un’idea e sollecitare all’impegno. Collaborando con chi fa. Sostenendo le scelte fatte dai propri governi, anche se implicano un costo pure per sé. Impegnandosi attivamente per promuovere discussione e consapevolezza, senza abdicare mai al dovere di sostenere le ragioni dell’aggredito contro l’aggressore: in maniera equilibrata, ma non equidistante. Non arrendersi all’inutilità dello spettatore, e alla vacuità della discussione da talk show: interessata spesso a esibire narcisisticamente le proprie opinioni, e non veramente a contribuire a risolvere i problemi. Che deve essere la priorità, se crediamo davvero a quello in cui diciamo di credere.

Stefano Allievi-Ucraina, che fare da qui, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 27 marzo 2022, editoriale, p.1

lunedì 21 marzo 2022

PREGHIERA PER LA PACE

“Perdonaci la guerra, Signore” è il titolo della preghiera di don Mimmo Battaglia, Arcivescovo di Napoli, che Papa Francesco ha letto all’Udienza generale del 16 marzo 2022 per la pace in Ucraina, nella sala Nervi del Vaticano. Si tratta di una preghiera semplice e profonda, intensa e sublime assieme, che rappresenta un grido di dolore per quanto sta succedendo in Ucraina, ma che invita a riflettere sul ruolo di ognuno di noi e sulle comuni responsabilità ogni volta che non vediamo il dolore che procuriamo all’altro fratello e per ogni volta che giustifichiamo la crudeltà, i gesti efferati, le mani armate “all’ombra della croce”.

“Perdonaci la guerra, Signore”

Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di noi peccatori!

Signore Gesù, nato sotto le bombe di Kiev, abbi pietà di noi!

Signore Gesù, morto in braccio alla mamma in un bunker di Kharkiv, abbi pietà di noi!

Signore Gesù, mandato ventenne al fronte, abbia pietà di noi!

Signore Gesù, che vedi ancora le mani armate all’ombra della tua croce, abbi pietà di noi!

Perdonaci Signore, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi.

Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte.

Perdonaci, Signore, se continuiamo ad uccidere nostro fratello, se continuiamo come Caino a togliere le pietre dal nostro campo per uccidere Abele.

Perdonaci, se continuiamo a giustificare con la nostra fatica la crudeltà, se con il nostro dolore legittimiamo l’efferatezza dei nostri gesti.

Perdonaci la guerra, Signore.

Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, ti imploriamo! Ferma la mano di Caino!

Illumina la nostra coscienza,

non sia fatta la nostra volontà,

non abbandonarci al nostro agire! Fermaci, Signore, fermaci!

E quando avrai fermato la mano di Caino, abbi cura anche di lui. È nostro fratello.

O Signore, poni un freno alla violenza! Fermaci, Signore!

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† Don Mimmo

mercoledì 16 marzo 2022

Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, si rivolge ai tanti, troppi giudizi affrettati sul conflitto russo in Ucraina

A tutti quelli che la definiscono "novecentesca" per rassicurarsi e dire che rimarrà nei confini di una guerra territoriale, ricordo che la guerra novecentesca del 1945 si è conclusa con due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. E che nella storia se è già successo, può riaccadere.

A tutti quelli che dicono che i pacifisti se ne fregano delle vittime, ricordo che le nostre organizzazioni sono nate proprio per soccorrere le vittime delle guerre e ricostruire la pace, e che con gli interventi civili di pace siamo sempre stati (e abbiamo sempre finanziato) il soccorso alle vittime nei teatri di guerra (da Afghanistan a Iraq, da Siria a Yemen) nel mentre lavoravamo per diminuire il peso della violenza e delle armi.

A tutti quelli che ci dicono che bisogna sostenere l'esercito ucraino con nuove armi sempre più letali, ricordo che l'arma più forte di tutte le resistenze è l'unità, il coraggio e la partecipazione di quella popolazione civile che rimane a difendere con la propria presenza i propri valori (dopo aver messo in salvo con la fuga donne, bambini, anziani), e che i nostri amici pacifisti e nonviolenti, obiettori di coscienza e disertori dall'esercito di Kiev sono rimasti in città ad aiutare le vittime e a resistere senza armi, e ci chiedono aiuto e sostegno internazionale per il cessate il fuoco e le proposte di pace da mettere sul tavolo delle trattative. Noi aiutiamo (anche finanziariamente) questa resistenza civile, che salva l'onore e le vite.

A tutti quelli che ci dicono che il nostro è un pacifismo da divano, ricordo che dal 1948 come obiettori di coscienza siamo andati in carcere con Pietro Pinna e che da allora in poi non abbiamo perso un giorno di lavoro per il disarmo, per la riduzione delle spese militari, per la smilitarizzazione della Nato, per la smilitarizzazione prima dell'Unione Sovietica (siamo andati anche lì a manifestare e farci arrestare) e poi della Russia chiedendo che l'Italia non gli vendesse le armi, e abbiamo lavorato quotidianamente per far crescere il movimento dei resistenti alla guerra. E in tutto questo siamo stati isolati e ignorati dalla gran parte delle forze politiche e dei giornali che oggi si scoprono bellicisti e voglio più armi e più fondi per aumentare ancora i bilanci militari di tutti i paesi d'Europa, felici di correre verso il baratro.

A tutti questi bellicisti da divano, chiedo: dove eravate fino a ieri? Scoprite adesso che il tema della guerra e del militarismo era la prima questione cui dedicare attenzione da almeno 50 anni? E adesso pensate che la soluzione sia proseguire sulla strada folle della preparazione (e attuazione) della guerra? E dunque sareste voi quelli che hanno la vera pietà per le vittime? E noi nonviolenti saremmo i ponzio pilato? Ma non vi vergognate almeno un po'?

A tutti quelli che chiedono a noi "e adesso cosa fareste se foste in Ucraina?" rispondo che questa risposta spetta a chi è oggi in Ucraina, io sono qui, sono nonviolento, sono italiano, sono europeo e a me spetta di fare la mia parte, che sto facendo da almeno 50 anni: lavorare per la pace e il disarmo, soccorrere le vittime della guerra. In questo sto con Papa Francesco, l'unica voce di verità in questa babele di parolai. E voi?


sabato 12 marzo 2022

AFORISMA

"Per i governanti del nostro tempo diventa sempre più difficile passare alla storia. Non si possono conquistare imperi; non si può andare in battaglia per la salvezza del proprio Dio; non si possono liberare gli schiavi; non si possono scoprire nuovi mondi."

Ida Magli su Il Giornale, 17 agosto 2000

mercoledì 9 marzo 2022

IL CALCIO STA DALLA PARTE DELLA PACE!

 


All'esterno della sede dell'Atalanta a Bergamo è comparso un drappo raffigurante un disegno con i due gioielli della squadra bergamasca: Ruslan Malinovskyi e Aleksey Miranchuk insieme. C'è un solo significato, un solo messaggio straordinario: il giocatore ucraino e quello russo che si stringono la mano, sullo sfondo dei rispettivi colori nazionali, l’azzurro e il giallo vicino al bianco, blu e rosso, per dire di no alla guerra.

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