mercoledì 30 luglio 2014

TRA IL BENE E IL MALE

"Non è l'uso della forza che mi sembra condannabile,ma la sua mistica;la religione della forza messa al servizio dello Stato totalitario,della dittatura della Salute Pubblica,considerata non come un mezzo,ma come un fine.
Il terrore mi sembra inseparabile dal disordine rivoluzionario perché,tra tutte le forze distruttive,è il terrore che cammina più di tutti,che penetra maggiormente,raggiungendo la radice dell'anima.":
G.Bernanos,I grandi cimiteri sotto la luna,Il Saggiatore,Milano.
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"Il bene,quindi,è quel movimento per cui ci mettiamo in disparte come individui,ossia come animali, per affermarci come uomini,partecipi cioè di Dio. Ma il bene è possibile solo se pensiamo Dio,che è l'umanità,ossia lo spirito dell'uomo,presente in ciascuna delle nostre vittorie e all'opera in noi... Attraverso la presenza continua dello Spirito in noi,ognuno dei nostri gesti è cerimoniale; è questo che rende bello il giusto. Finché agiamo,cioè,siamo liberi ed uguali a Dio,e il bello e il bene sono una cosa sola.":
S.Weil, Le Beau et le Bien.
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COME RISOLVERÀ PAPA FRANCESCO IL PROBLEMA DEL CELIBATO DEI PRETI?

Il punto di vista di un sacerdote sposato:padre Dwight Longenecker.
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Sono un sacerdote cattolico sposato. Ex ministro anglicano, sono stato ordinato sacerdote
cattolico in base a una particolare disposizione stabilita da San Giovanni Paolo II che permette
agli ex ministri protestanti sposati di ricevere una dispensa dal voto del celibato per poter essere
ordinati sacerdoti cattolici.
Molti pensano che i sacerdoti sposati risolveranno la crisi delle vocazioni al sacerdozio. Può
essere d'aiuto, ma non sarà necessariamente la bacchetta magica. Basta dire che permettere agli
uomini sposati di essere ordinati porterà nuovi problemi tanto numerosi quanti quelli vecchi che
risolverà. Al di là di tutto il resto, la Chiesa dovrà considerare se possiamo permetterci sacerdoti
sposati con una famiglia...
Di recente è stato affermato che papa Francesco ha promesso di “risolvere il problema del
celibato”: la dichiarazione stessa solleva una serie di questioni. In primo luogo, cos'è “il problema
del celibato”? Il celibato è un problema in sé? Visto che la maggior parte dei sacerdoti cattolici
per migliaia di anni ha fatto voto di celibato e lo vive, non sembrerebbe un grande problema che
necessiti una soluzione immediata. Sicuramente ci sono delle persone critiche nei confronti del
celibato...
La prima domanda che bisogna porre è quindi “Qual è il problema del celibato?”. Nella nostra
società altamente “sessualizzata” ci sono sicuramente difficoltà maggiori circa la disciplina del
celibato. L'accesso al e l'accettazione del “sesso libero” fanno sembrare strano il celibato e
possono gravarlo di ulteriori pesi. Allo stesso modo, con il calo delle vocazioni al sacerdozio più
sacerdoti vivono da soli, e il peso della solitudine diventa più duro da tollerare. Con l'aumento
dell'aspettativa di vita, il voto del celibato diventa una difficoltà maggiore. Se il celibato in sé può
non essere un problema urgente, è sicuramente vero che la sua osservanza è spesso una grande
sfida.
Come potrebbe allora papa Francesco “risolvere il problema del celibato”? Quello attuale
potrebbe non essere il momento adatto per permettere ai sacerdoti di sposarsi come pensano
molti. Un modo per risolvere il problema del celibato è trovare nuove vie per alleviare alcune
delle sfide di osservare il celibato stesso. Quando ci sono pochi sacerdoti, anziché vivere da soli
nelle proprie rettorie, le diocesi potrebbero unire le parrocchie a gruppi e chiedere ai sacerdoti
di vivere insieme in comunità in un posto centrale. Si potrebbero istituire nuovi ordini religiosi di
sacerdoti per aiutare a risolvere i problemi del celibato e le fraternità di presbiteri esistenti
potrebbero essere incoraggiate e rafforzate.
Chi ha studiato la questione concorda sul fatto che dove il celibato viene scelto liberamente può
essere il meraviglioso complemento del ministero sacerdotale che dovrebbe essere.
Un'accettazione forzata del celibato può invece essere un peso per il ministero. Si potrebbero
quindi intraprendere altri passi che valorizzino e rafforzino la disciplina liberamente scelta del
celibato anziché abolirlo solo perché è difficile. Ci si potrebbe chiedere se debba essere fatto un
voto perenne di celibato nel momento in cui si viene ordinati. Il voto del celibato potrebbe essere
separato dal processo di ordinazione? Negli ordini monastici un uomo o una donna passa attraverso un lungo processo prima di fare un voto perenne... Forse si potrebbe concepire un processo di questo tipo per il voto di celibato. Un uomo potrebbe assumere questo voto per cinque anni, ma sotto la guida di un superiore essere dispensato da quel voto, e in questo periodo potrebbe avere un rapporto casto che potrebbe portare al matrimonio.
Se ci sarà un cambiamento, è più probabile che la Chiesa latina adotti la disciplina ortodossa
orientale in cui i sacerdoti non possono sposarsi ma gli uomini sposati possono essere ordinati. In
altre parole, i sacerdoti celibi rimangono tali, ma gli uomini che hanno già contratto matrimonio
possono essere presi in considerazione per l'ordinazione. Ciò sembrerebbe conforme al Nuovo
Testamento laddove San Paolo raccomanda che i suoi discepoli restino com'è lui (celibe) ma
permette che gli uomini sposati vengano ordinati.
In base a questo, il papa potrebbe decidere di permettere agli uomini sposati più anziani di essere
ordinati. Il problema a questo proposito è che potrebbe poi verificarsi una carenza di sacerdoti più giovani. Gli uomini capirebbero presto che possono sposarsi e farsi una famiglia rimandando al futuro l'ordinazione.
Il papa potrebbe anche aprire la discussione sul fatto che questa disciplina venga decisa dai
vescovi locali. Permettere agli uomini sposati più anziani di essere ordinati potrebbe essere
prudente in alcune parti del mondo e non in altre. Permettendo alle conferenze episcopali locali
di decidere, il pontefice darebbe alle Chiese locali il potere di agire per amministrare i sacramenti
al popolo di Dio.
Padre Dwight Longenecker è l'autore di The Romance of Religion: Fighting for Goodness, Truth,
and Beauty.

sabato 12 luglio 2014

Dal vangelo secondo Matteo ( Mt 13,1-23)
[ Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca; si pose a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. 
Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava, una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda». ]
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». 
Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: "Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani". Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono! 
Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l'uomo che ascolta la parola e subito l'accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l'inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta».
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“Uscì di casa e si sedette in riva al mare”. La Parola di Dio -perché Gesù è la Parola vivente di Dio- entra nei luoghi della quotidianità: la casa e il luogo del lavoro; la casa e il mare, dove si lavora, per i pescatori. La Parola entra nei luoghi della casa e all'aperto. Gesù parlava alla vita!
E racconta. E racconta attraverso una parabola. E perché la parabola? Perché privilegiare la parabola? E perché la chiesa oggi raramente parla con le parabole?  Ci fu un vescovo, ora morto, Tonino Bello, che incantava con quel suo parlare in parabole. È raro! Purtroppo.
Purtroppo perché la parabola è il modo privilegiato di raccontare di Dio e della vita.
E qualcuno potrebbe pensare: certo, perché la parabola è come un esempio, che chiarisce, così tutto è chiaro.
E invece no. Quando uno parla in parabole, non definisce, non dice tutto: non dice “è”, è così e basta. Ma dice semplicemente: è “come”: è come un seminatore, il regno di Dio è come il grano di senapa, è come una perla, è come una rete gettata in mare.
Quasi dicesse: è così, ma è anche altro... altro che ancora rimane velato.
Pensate la diversità tra una chiesa, una chiesa categorica, che dice “è”, “è così”, e una chiesa delle parabole, che dice: “è come...”.
C’è un abisso, l’abisso tra il definire gelido e il raccontare appassionato.

La differenza tra il dire: “Dio è, Dio è l’essere perfettissimo” e il dire: “Dio è come un padre che aveva due figli...”.
Diceva il Cardinal Martini:<<Vi confesso che, quando sono un po’ più lucido e un po’ più appassionato, mi capita di pensare che è proprio una strana pretesa la nostra, di noi che abbiamo un Dio che parla in parabole, per accenni; dice: -”e come se”- e da parte nostra abbiamo la pretesa di dire “è, è così”, la pretesa di parlare per definizioni.
Come ci farebbe bene -a tutti i livelli- pensare che le nostre certezze -anche quelle del Catechismo- sono “come la lampada che brilla in un luogo oscuro finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei nostri cuori” (2 Pt. 1,19)>>.
Nelle parole di Gesù leggo anche qualche incertezza.Non è nemmeno da escludere che questo “sedersi in riva al mare” sia stata una pausa voluta e ricercata per fare il punto con la gente e i discepoli. Una pausa anche inquieta, attraversata da una constatazione molto realistica: c’è una sproporzione tra il seme sparso e il risultato ottenuto.
Probabilmente Gesù, così attento alla realtà, è attraversato da un brivido, da uno sconcerto, da un momento di scoramento, soprattutto da una domanda inquietante: “ma vale la pena tutto questo mio impegno nel seminare?”.
Ma la parabola, con un realismo davvero liberante, lascia trapelare sia la crisi di Gesù, sia la sua soluzione alla luce della fiducia in Dio.
Ci sarà il seme che si perde, ma c’è un’altra parte che “darà frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta” ( v. 8).

I suoi discepoli e le sue discepole devono saperlo: la loro vocazione di seminatori è un’avventura, una scommessa, una impresa per nulla prevedibile. Bisogna attrezzarsi per questa realtà fragile, con le sue mille incertezze. Bisogna resistere alla voglia di avere sempre e subito raccolti abbondanti.
Questo mi fa dire che forse nella Chiesa c'è più bisogno di seminatori,di uomini e donne che distribuiscono a piene mani parole di speranza e gesti di solidarietà. Bisognerebbe passare dall'assillo del raccolto alla pazienza della semina e dell'attesa:non è questione di conquiste,di potere,di risultati e di imposizioni dogmatiche,ma di spazio perché l'opera di Dio dopo essere stata annunciata possa crescere e manifestarsi nel cuore di ogni uomo di buona volontà.

martedì 8 luglio 2014

CATTOLICI USA DI RITO ORIENTALE: SI RIAPRA LA QUESTIONE DEI PRETI SPOSATI


                                                                    È destinata certamente ad avere ripercussioni sul
dibattito  riguardante  il  celibato  opzionale  del  clero  l’86a  edizione  della  Consultazione
Teologica Ortodosso­Cattolica del Nordamerica (organismo creato nel 1965 i cui membri
sono  nominati  dalle  Conferenze  episcopali  di  Stati  Uniti  e  Canada),  presieduta  dal
metropolita  Metodio  della  Chiesa  greco­ortodossa  di  Boston  e  dall’arcivescovo  di
Indianapolis, mons. Joseph Tobin, e svoltasi nel New Hampshire dal 2 al 4 giugno. Nel
corso dell’evento, infatti, è stato approvato un documento, diffuso il 6, in cui si chiede di
«eliminare  le  restrizioni  sull’ordinazione  di  uomini  sposati  al  sacerdozio  nelle  Chiese
cattoliche  di  rito  orientale  del  Nordamerica».  L’occasione  è  stata  fornita  dall’85°
anniversario  della  promulgazione  del  decreto  vaticano  del  1929  Cum  data  fuerit,
concepito  nel  contesto  del  consistente  fenomeno  migratorio,  a  cavallo  tra  XIX  e  XX
secolo, di cattolici di rito orientale, dell’Est Europa e del Medio Oriente (oggi sono circa
500mila,  750  i  preti),  che  avevano  portato  con  sé  negli  Stati  Uniti  la  tradizione  del
matrimonio uxorato, e intendeva porre un freno alla sua diffusione, limitando il sacerdozio
agli  uomini  celibi.  Il  provvedimento  causò  già  all’epoca  gravi  divisioni  all’interno  delle
numerose  comunità  cattoliche  orientali:  caldee,  maronite,  melkite  e  siro­malabaresi,
armene, bizantine, romene, siriache e ucraine.
Il  recupero  della  figura  del  prete  sposato,  si  legge  nella  dichiarazione,  grazie  alla
cancellazione del decreto del 1929, «affermerebbe l’antica e legittima tradizione cristiana
orientale,  e  costituirebbe  una  garanzia  per  la  Chiesa  ortodossa  sul  fatto  che,  nel  caso  di
restaurazione della piena comunione tra le due Chiese, le tradizioni della Chiesa ortodossa
non  verrebbero  messe  in  discussione».  «Siamo  convinti  –  prosegue  il  documento  –  che
un’azione del genere ravviverebbe la vita spirituale dei cattolici orientali e incoraggerebbe
la restaurazione dell’unità tra cristiani ortodossi e cattolici». Nella dichiarazione approvata
vengono citati due decreti del Concilio Vaticano II che chiedevano per i cattolici orientali
il ritorno alle proprie tradizioni ancestrali (Orientalium ecclesiarum) ed esortavano coloro
che  avevano  ricevuto  sia  il  sacramento  dell’ordinazione  che  quello  del  matrimonio  «a
perseverare nella loro sacra vocazione» (Presbyterorum ordinis). Ciononostante, si legge
nel  documento  della  Consultazione,  «fino  ad  ora  pochissimi  cattolici  di  rito  orientale
sposati  sono  stati  ordinati  sacerdoti  in  Nordamerica».  Quest’anno,  infatti,  l’unica
ordinazione  ha  riguardato  un  maronita  sposato  di  St.  Louis,  che  ha  ottenuto  la  dispensa
dal decreto del 1929 da papa Francesco. (da Adista)

mercoledì 2 luglio 2014

C'E' BISOGNO DI MISTICI CHE CI FACCIANO TOCCARE DIO!



Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
Nella speranza che qualche 'buona notizia' arrivi  presto su padre Paolo Dall'Oglio, rapito in Siria il 29 luglio 2013, accostiamoci ad un testo di uno di suoi libri. Qui un brano tratto da Mar Musa. Un monastero, un uomo, un deserto (a cura di G. Montjou, Paoline 2008). 
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Il brulichio delle credenze esprime l’amore polisemico, polimorfo e plurale di Dio per gli uomini. Si dà il caso che io porti il mistero di Gesù di Nazareth, personalmente e collettivamente (quando celebro l’Eucaristia), e cerco di obbedire allo Spirito di Gesù che parla in me. Questo mi incoraggia naturalmente ad amare, a valorizzare e a riconoscere la profezia che anima le culture che io incontro.

Io ovviamente annuncerò, fino al martirio, se necessario, la Buona Novella dell’amore di Gesù! Ma so che, di fronte a me, un musulmano annuncerà con la stessa intensità la Profezia coranica. L’unico mezzo per donare la propria vita per Gesù consiste nell’aiutare ognuno a essere un pellegrino di verità, non limitarlo all’interno del suo contesto, valorizzare la sua esperienza di Dio.

Sente il bacio d’amore di Dio sulla fronte, sull’occhio, sulla bocca? Allora abbraccerà il mondo in un amore senza limiti. Non propongo un’educazione informativa, ma un’educazione performativa. Il mondo non aspetta che vengano distribuiti dei fogli che ordinano a ognuno di alzarsi, di sedersi, di entrare, di uscire... Il mondo ha bisogno di persone iniziate all’esperienza mistica.

In modo collettivo e individuale, bisogna che ognuno senta nel proprio corpo e nel proprio cuore, grazie a maestri esperti (cioè che hanno fatto in prima persona questa esperienza), il tocco, il contatto di Dio. Credo che la bella esperienza delle Giornate mondiali della Gioventù non basti a rendere solida e forte la fede dei giovani. Per consolidarla, bisogna salire sulla montagna insieme a Gesù.

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