venerdì 29 novembre 2013

"LA VITA E' UN DONO CHE DEVE ESSERE OFFERTO"

Martiri di quale verità? di Timothy Radcliffe
Qualche sera fa padre Timothy Radcliffe - già maestro generale dei domenicani - ha tenuto nell'Abbazia di Westminnster una conferenza sul tema «Una verità che disturba: la Chiesa, i poveri e Oscar Romero». Di quest'intervento - tradotto in italiano dal sito www.finesettimana.org - proponiamo oggi la parte conclusiva (rimandando a questo link per la lettura del testo integrale).


«Martire» è la parola greca per «testimone». Circa 100.000 cristiani sono ancora uccisi per la loro fede ogni anno. Ci sono stati più martiri nel XX secolo che in tutti i precedenti secoli della storia cristiana. È passato molto tempo da quando dei cristiani sono morti per la loro fede nel nostro paese. È forse perché la Gran Bretagna è così tollerante o perché siamo così innocui? Forse un po' entrambe le cose. (Abbiamo tabelle con i turni per la sistemazione dei fiori e la pulizia della chiesa. Ma non ci possiamo immaginare una tabella per essere uccisi: «Abbiamo ancora un posto vuoto nella tabella del martirio per venerdì. Qualcuno è libero?»).

Ho predicato sul martirio in una delle nostre grandi cattedrali quest'estate. Ci sono andato pesante come una palla di piombo. Forse, se diventiamo insistenti, caparbi testimoni della violenza sofferta dai poveri nel nostro paese, anche noi potremmo diventare impopolari. Ad esempio, se dovessimo mostrare come la nostra prosperità sia talvolta il frutto della sofferenza delle persone in varie parti del globo, che muoiono prematuramente a causa dell'inquinamento, dello sfruttamento nelle fabbriche, oberati di lavoro e sottoalimentati. William Cavanaugh ha fatto notare quanto il suo Paese, l'America, fosse notevolmente coinvolto nella morte di Romero: «La pallottola che esplose nel petto di Oscar Romero era prodotta negli USA, così come il fucile da cui fu sparata. Entrambi furono pagati con i dollari delle nostre tasse; abbiamo pagato anche per trasportare due dei tre ufficiali responsabili per l'assassinio alla Scuola dell'esercito USA a Fort Benning, in Georgia. Quando guardo il film Romero, vorrei disperatamente che Romero e i poveri salvadoregni fossero "noi". Invece, la verità è che io sono "loro" tanto quanto sono "noi"».

Che cos'è la verità che i martiri testimoniano? La vita di Romero era radicata nella Parola di Dio, una parola di amicizia. Invita ad aprirci, per essere liberati dall'ossessione di sé. Ci chiama a crescere e a trovare la felicità in un amore che non conosce confini. Il cristianesimo non è una spiritualità inoffensiva... Non è accendere una candela... Non è un accessorio stile di vita o un po' di legame sociale. È la pazza follia di essere raggiunti da un amore che è infinito. Se no, non è niente.

...normalmente la nostra testimonianza non è né drammatica né sensazionale. Passa inosservata. Possono essere genitori che faticosamente nella notte lasciano il letto caldo per nutrire un bambino urlante, o che si prendono cura di una persona che ha dimenticato chi ha intorno, persa nella malattia di Alzheimer. Può essere un insegnante che rimane alzato fino a tardi per preparare le lezioni per il giorno dopo, o anche solo qualcuno che si preoccupa di sorridere a chi è spossato, sfinito. Può trattarsi di dire sinceramente ciò che si pensa, anche se questo potrebbe rovinare la carriera o far perdere il lavoro.

Pierre Claverie era un domenicano, era il vescovo di Orano, in Algeria. Fu martirizzato nel 1996, poco tempo dopo i monaci trappisti del film Uomini di Dio. Sapeva che sarebbero arrivati anche a lui. Ma poco tempo prima di morire, disse che ciò che veramente importava era quello che chiamava «martirio bianco»: «Il martirio bianco è ciò che uno cerca di vivere ogni giorno, il dono della propria vita goccia a goccia, in uno sguardo d'amore, nell'essere insieme a qualcuno, in un sorriso, nel prendersi cura di qualcuno, in un lavoro, in tutte quelle cose che fanno sì che un po' della nostra vita è condivisa, donata, offerta. Non ci si può aggrappare alla propria vita».

La vita è un dono che deve essere offerto. "Questo è il mio corpo offerto per voi". Così, forse, questa è l'ultima parola di Romero per noi. Non aggrappiamoci alle nostre vite. Se lo faremo ci inaridiremo. Non dobbiamo aver paura di offrirle mentre ancora possiamo farlo. Gesù ha detto: "Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure nemmeno uno di essi cadrà a terra senza il volere del Padre vostro. Perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non abbiate dunque paura: voi valete più di molti passeri!" (Mt 10, 29-31).

mercoledì 27 novembre 2013

PILLOLE DI STORICA SAGGEZZA

La superbia è de' vizii il più frequentemente punito, e il più difficilmente sanabile.
Nicolò Tommaseo

Il vero castigo di chi compra le lodi è ch'egli finisce col credere alle lodi pagate.
Ugo Bernasconi

Non vi pentirete mai di aver aspettato, potreste pentirvi cento volte di aver fatto troppo presto.
Paolo Mantegazza

lunedì 25 novembre 2013

Bettazzi: «Il Concilio, un già e non ancora»

Per i suoi primi novant’anni, che compie martedì prossimo, non ha previsto niente di particola­re. «La festa l’abbiamo fatta, per i cin­quant’anni di episcopato, lo scorso 4 ottobre a Bologna e il 6 ottobre ad I­vrea ». Monsignor Luigi Bettazzi, ve­scovo emerito di Ivrea, storico presi­dente di Pax Christi (il suo impegno di «costruttore di pace» è al centro del re­cente volume di Alberto Vitali, Luigi Bettazzi, Paoline, 158 pagine, 15 euro), ha una vitalità invidiabile. «Dal set­tembre 2012, ho già tenuto 189 confe­renze sul Concilio. La centonovante­sima prossimamente in Lombardia». Ha viaggiato in Italia, ma anche in Al­bania, Georgia, Germania e Tanzania. «Se mi chiamano – spiega – è per sen­tire una parola d’incoraggiamento al­l’accoglienza del Concilio».


Don Luigi, in famiglia eravate sette fratelli, cosa impensabile oggi. Quan­to ha inciso in lei il fatto di vivere in una famiglia numerosa?«Eravamo in tanti, ma quella di avere tanti figli fu una delle grazie che mia madre chiese prima di sposarsi. Io? Forse ho imparato a essere sottomes­so ». Sottomesso lei? Sta scherzando… «No, ho sempre chiesto il permesso prima di fare qualche cosa. Anche per la famosa assemblea sul Vietnam, nel 1973. E quando con altri volevamo proporci come ostaggi alla Br in cam­bio di Aldo Moro, ci fu proibito, e non facemmo nulla».
Intanto a 40 anni era già vescovo. Dif­ficile che accada oggi, quando un qua­rantenne viene guardato come fosse ancora un “bambino”.
«Vescovo ausiliare a Bologna. Sotto­messo, sia pure con un uomo mite e timido come il cardinale Lercaro...».
E giovanissimo partecipò al Concilio.Siamo rimasti in molti pochi in Italia (gli altri sono i cardinali Angelini e Ca­nestri, i vescovi Leonardo e Nicolosi più l’allora abate di San Paolo Fuori le Mura, Franzoni) e 32 in tutto il mon­do, i dati sono aggiornati a fine mar­zo. Ne muoiono una ventina all’anno, di “reduci”…».
Che cosa è stato sicuramente realiz­zato, del Concilio, e che cosa invece resta da fare?«Il Concilio è un “già e non ancora”. Ad esempio, la Parola di Dio si legge di più, ma non è ancora fondamentale nella vita di tanti cristiani. La liturgia è più partecipata ma tutt’altro che compiuta. La collegialità è cresciuta ma non abbastanza, e i fedeli laici con­tano ancora pochissimo. Certo, è un segnale positivo il gruppo di otto car­dinali che papa Francesco ha voluto accanto a sé».
Lei è uno dei tanti mancini costretto a scrivere e a stare a tavola usando la destra. C’è qualcos’altro che fu “co­stretto” a fare di malavoglia?«Il vescovo! Quando Lercaro me lo chiese, obiettai che avevo scarsa e­sperienza pastorale, ero un insegnan­te, solo per poco tempo parroco. “Pos­so rifiutare?”, domandai. “Solo in due casi potresti – replicò Lercaro – se hai ammazzato qualcuno o hai dei figli”. E io: “Quanto tempo mi dà?”. Finii con l’accettare».
Nella Chiesa lei è stato protagonista di confronti molto franchi, a volte per­fino aspri. Ne ricorda uno tutto som­mato finito bene, tra fratelli, di idee diverse ma che si stimano?«Da presidente di Pax Christi assume­vo posizioni “insolite”. Sul Vietnam. O sull’obiezione di coscienza: era il 1971 e mi guardavano come un marziano. Adesso è data per scontata. Sulla Let­tera a Berlinguer , il patriarca Luciani scrisse cose severe. Ci “chiarimmo” quasi casualmente, incrociandoci al­la stazione di Terontola alla volta di As­sisi. Accettò di fare il viaggio con me in seconda classe, e mi chiese di “non tur­bare la fede della gente”».
Lei è uno dei firmatari della “Lettera dei 500 padri”, pochi giorni prima del­la chiusura del Concilio, in cui assu­mevate impegni molto rigorosi, tutti nel segno della povertà. Papa France­sco sta facendo molte cose simili…«Fa quello che faceva a Buenos Aires. Spero vivamente che il suo stile si diffonda. D’altronde l’ha detto: quel che deve fare lo farà in fretta, subito. E quando sentirà le forze venir meno, sono convinto che anche lui lascerà il posto a un altro».
Di che cosa la Chiesa cattolica do­vrebbe liberarsi?«Dovrebbe modificare la sua struttu­ra, e mi sembra che proprio questo ab­bia chiesto Francesco. Ad esempio, se il presidente della Cei non è scelto dai vescovi ma dal Papa, è solo al Papa che dovrà rispondere, e a quel punto il dia­logo e il confronto potrebbero anche diventare difficili. Non è colpa di nes­suno, sia chiaro. È lo statuto da modi­ficare. Poi c’è ancora troppo clericali­smo. E se lo scrive perfino Sviderco­schi nel suo recente Il ritorno dei cle­rici… Infine i movimenti: molto effi­caci, dovrebbero insieme sforzarsi di aprirsi».
E dove la Chiesa dovrebbe indirizza­re innanzitutto le proprie energie?«In questo momento, contro la corru­zione! Lo hanno ricordato anche il Pa­pa e Bagnasco. Peggio d’ogni peccato, essa rovina l’anima e il tessuto socia­le. Se non la estirpi, sarà impossibile costruire la solidarietà, che per me è il vero principio non negoziabile, sul quale si fondano la tutela della vita e la promozione della famiglia e del la­voro ».
Giochiamo con la fantasia. Quale pro­posta voterebbe con entusiasmo a un’assemblea della Cei?«Qualsiasi proposta contribuisse a da­re più spazio e rilievo alla collabora­zione dei laici, a ogni livello, compre­si i giovani. Non basta dir loro che co­sa devono fare, occorre saper cogliere le spinte di rinnovamento che sorgo­no dal popolo di Dio. Noi pastori ab­biamo l’ultima parola; ma sarà l’ulti­ma se ce ne saranno state altre prima».
C’è qualcosa che non rifarebbe?«Ho sempre rimpianto di non essere partito missionario. E poi avrei voluto potermi impegnare di più in parroc­chia ».
E qualcosa di cui invece va partico­larmente orgoglioso?«Fui così ingenuo da accettare la no­mina a presidente di Pax Christi. Pri­ma di me avevano rifiutato in cinque. Ma ciò che più mi ha riempito il cuo­re sono le parole degli alcuni che mi hanno detto: “La ringrazio perché se sono ancora nella Chiesa è per lei”».
Per che cosa le piacerebbe essere ri­cordato?«Per la fede nel Signore, l’amore alla Chiesa e la fiducia negli uomini di buo­na volontà».
​Umberto Folena su Avvenire.

martedì 19 novembre 2013

Vaticano, lettera ai vescovi tedeschi: “No comunione ai divorziati risposati”
Monsignor Gerhard Ludwig Müller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha bocciato l’apertura della diocesi di Friburgo. Una mossa concordata con Bergoglio, che su un tema così delicato non vuole nessuna "fuga in avanti"
di Francesco Antonio Grana (il Fatto quotidiano, 12 novembre 2013)


Questa comunione non s’ha da dare, né domani, né mai. È questo in sintesi il pensiero del “custode della fede” di Santa Romana Chiesa, monsignor Gerhard Ludwig Müller, parafrasando i “Promessi sposi” di Alessandro Manzoni, uno dei pochi libri che Papa Francesco tiene gelosamente sulla sua scrivania nella suite 201 di Casa Santa Marta. Il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede - e curatore dell’opera omnia di Joseph Ratzinger - ha bocciato senza appello l’apertura ai divorziati risposati espressa da un ufficio della diocesi di Friburgo. Müller che, secondo le indiscrezioni è al secondo posto dietro il Segretario di Stato Pietro Parolin nella lista dei cardinali che Papa Francesco creerà nel suo primo concistoro del 22 febbraio 2014, ha inviato una lettera durissima a tutti i vescovi della Germania. Una mossa concordata con Bergoglio che su un tema così delicato non vuole nessuna “fuga in avanti”, espressione adoperata dal portavoce vaticano padre Federico Lombardi, delle chiese particolari a dispetto del dibattito sinodale che coinvolgerà per due anni i rappresentati dell’episcopato mondiale.
Una discussione che, proprio per volontà del Papa, sarà preceduta dalla più ampia consultazione di fedeli mai avvenuta nella storia della Chiesa di Roma su temi così delicati come i matrimoni gay e “l’utero in affitto”. Nella sua lettera, Müller sottolinea che nel documento della diocesi di Friburgo viene utilizzata una “terminologia non chiara” e in alcuni punti esso si allontana dal magistero della Chiesa, in particolare quando affronta la possibilità che una coppia di divorziati risposati arrivi responsabilmente, attraverso una decisione di coscienza, ad accostarsi alla comunione. In questo caso, secondo gli autori del documento, il parroco e la comunità devono rispettare tale decisione. Müller, invece, ribadisce che i divorziati risposati devono essere invitati a partecipare alla vita della Chiesa, ma non possono essere assolutamente ammessi alla comunione. Il farlo, secondo il “custode della fede”, creerebbe uno smarrimento dei fedeli relativamente al magistero della Chiesa sulla indissolubilità delle nozze.
Un’altra critica riguarda la preghiera e la benedizione delle coppie di divorziati risposati. “Cerimonie di questo tipo - scrive Müller - sono state espressamente vietate da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Pertanto, a causa delle citate divergenze il progetto di linee-guida deve essere ritirato e rielaborato in modo che non vengano avallate vie pastorali contrarie al magistero della Chiesa”.
La dura bocciatura del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede ha suscitato subito la reazione del cardinale di Monaco e Frisinga, sede episcopale che fu di Ratzinger, Reinhard Marx, uno degli otto “saggi” scelti da Papa Francesco per aiutarlo nel governo della Chiesa ed elaborare la riforma della Curia romana. Il porporato ha bollato la lettera di Müller come “un’eruzione di dottrina” e un “recinto” posto attorno all’ospedale da campo della misericordia, immagine che aveva utilizzato Bergoglio per definire la Chiesa nella sua intervista alla Civiltà cattolica.
“Il prefetto della Congregazione per la dottrina della fede non può chiudere la discussione”, ha ribattuto duramente Marx. Da cardinale di Buenos Aires, Bergoglio precisava che “oggi nella dottrina cattolica si rammenta ai fedeli divorziati e sposati in seconde nozze che non sono scomunicati, sebbene vivano una condizione al margine di quanto esige l’indissolubilità matrimoniale e il sacramento stesso del matrimonio, e si chiede loro di integrarsi comunque nella vita parrocchiale. Le Chiese ortodosse - aggiungeva il futuro Papa - hanno un’apertura anche più grande in merito al divorzio”. Non a caso Francesco vuole invitare proprio i “fratelli ortodossi” ai due sinodi che si occuperanno della famiglia, nel 2014 e nel 2015, e che dovranno decidere se dare o no la comunione ai divorziati risposati.

OMAGGIO

È dai falliti e dagli sconfitti di una civiltà che se ne possono meglio giudicare le debolezze.
Doris Lessing
Vista dal basso
di Aldo Maria Valli | 15 novembre 2013
In un libro una mappa ragionata di esperienze ecclesiali di frontiera, gruppi di base non allineati. Sono davvero ancora etichettabili come «i cattolici del dissenso»?
«Vista dal basso, è tutta un'altra Chiesa». Lo sostengono Valerio Gigante e Luca Kocci, note firme dell'agenzia Adista, nel libro La Chiesa di tutti (Altra economia, 192 pagine, 14 euro), ed è difficile dar loro torto. Il libro è una mappa ragionata di esperienze ecclesiali di frontiera, gruppi di base, movimenti, comunità, preti e laici non allineati, un arcipelago composito e ricco, all'interno del quale il Vangelo è vissuto con passione, spesso con radicalità, attraverso scelte e testimonianze che fanno avvertire come lontanissimo il mondo della Chiesa gerarchica.
La Chiesa italiana è plurale e multiforme, e questo è il primo dato con il quale occorre confrontarsi. Un dato che però quasi sempre resta nascosto, perché la Chiesa istituzionale, diciamo ufficiale, tende ad attrarre su di sé i riflettori della comunicazione e ad emarginare tutte le esperienze segnate dall'autonomia dei percorsi.
Questa "Chiesa dal basso", nascosta ma viva e vegeta, è una Chiesa che sta decisamente dalla parte degli ultimi dei più poveri. È una Chiesa che vive con i malati, i disabili, i rifiutati, i discriminati di ogni tipo. Una Chiesa che gira scalza e non scende a compromessi con il potere.
Gigante e Kocci hanno quindi deciso di ribaltare la piramide con la quale di solito è raffigurata la Chiesa: anziché partire dai vertici, sovraesposti dal punto di vista mediatico e politico, sono partiti dalla base, ricostruendo radici, storie e volti di un mondo molto più vasto di quanto si possa immaginare, un mondo che, nel suo peregrinare, avverte tutto lo scarto creatosi nel tempo tra il Vangelo vissuto per le strade e dentro le case e il magistero ufficiale di una Chiesa istituzionale che invece è troppo spesso rinchiusa nei suoi palazzi o troppo contigua ai palazzi della politica.
Democrazia nella Chiesa, patrimoni e privilegi ecclesiastici, morale sessuale, rapporti Chiesa-finanza-politica: ecco i temi con i quali gli autori si misurano senza reticenze, soffermandosi in particolare su due questioni calde come i patrimoni della Chiesa e i cosiddetti "principi non negoziabili".
Segue la mappa dei cattolici che un tempo erano definiti "del dissenso", ma che oggi potremmo definire "della coerenza evangelica". Anonimi cattolici che si spendono per la pace, stanno dalla parte dei lavoratori e dei loro diritti, accolgono profughi, esuli ed emigrati, si dimostrano dialoganti e misericordiosi verso gli omosessuali. Cattolici conciliari, perché continuano a prendere sul serio lo spirito del Concilio Vaticano II e a credere che la creatività e la coerenza del piccolo gregge non sono barattabili con alcun tipo di privilegio e di garanzia, e che il cristiano è chiamato a essere sempre segno di contraddizione, mai segno di acquiescenza verso i poteri e di moderatismo politico.
I padri di questa Chiesa sono tanti: da don Mazzolari a don Milani, da don Zeno Saltini a padre David Maria Turoldo, da Gustavo Gutierrez a Leonardo Boff, da Ignacio Ellacuría a Jon Sobrino. Se ne potrebbero citare molti altri. Nomi che ci riportano a stagioni che possono sembrare tramontate e che invece continuano a vivere e ora, con il pontificato di Francesco, vedono forse finalmente la possibilità di un riscatto, dopo tante ingiustizie subite.
Perché quando il papa arrivato dal Sudamerica mette al primo posto il messaggio della misericordia rispetto all'obbligazione morale, quando raccomanda ai vescovi e ai preti di essere pastori accoglienti e non doganieri pastorali, quando raccomanda alla Chiesa di aprirsi e di non tenere Gesù prigioniero in sacrestia, quando sospira di desiderare una Chiesa povera e dei poveri, sembra proprio parlare lo stesso linguaggio della Chiesa di base.
Che cosa succederà ora? La domanda non è al centro del libro di Gigante e Kocci, ma quando don Paolo Farinella, nella prefazione, parla di Francesco come di un "meteorite extraterrestre", piombato a sconvolgere lo stagno, fa capire quali e quante siano le attese.
Intanto, a prescindere dalle analisi dei pontificati di Wojtyla e Ratzinger, che non si possono esaurire in poche battute, è certo che ora, con papa Bergoglio, quando diciamo Chiesa non pensiamo più, in prima istanza, a un'istituzione gerarchica, ma incomincia a venire spontaneo pensare al popolo di Dio, all'ekklesia così come era stata pensata alle origini e ripensata nel Concilio: comunità e assemblea, all'interno della quale (Francesco sul punto è stato molto chiaro) c'è uguaglianza, c'è rispetto per i carismi di tutti e c'è spazio per i laici credenti e per la donna.
Ce la farà papa Francesco? La domanda, ripetiamo, aleggia sull'intero libro. Ma il fatto stesso che oggi sia possibile porre il quesito autorizza la speranza e dà coraggio a tutte le espressioni in cui si articola la ricchezza della "Chiesa dal basso".

venerdì 15 novembre 2013

Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.
Adriano Olivetti

Vi sono momenti in cui ci si trova nella necessità di scegliere fra il vivere la propria vita piena, intera, completa, o trascinare una falsa, vergognosa, degradante esistenza quale il mondo, nella sua grande ipocrisia.
Oscar Wilde

Sii servo del sapere se vuoi essere veramente libero.
Lucio Anneo Seneca
Chi si ostina a voler capire più di quel che c'è da capire capisce meno di tutti.
Nicolás Gómez Dávila

giovedì 14 novembre 2013

DONNE E CHIESA:intervista a Maria Voce,Presidente del Movimento dei Focolari

Alle donne nella Chiesa serve molto di più del titolo di cardinale (ipotesi peraltro già seccamente smentita dal portavoce della Sala Stampa della Santa Sede padre Federico Lombardi). L’emancipazione femminile che riprende gli spazi all’uomo non sarebbe una soluzione, anzi, consisterebbe in “un disastro per le donne”. E la strada giusta non è neanche quella delle “quote rosa”. Dove invece occorrerebbe una presenza femminile più determinante sarebbe nell'"assise in cui si prepara l'elezione del papa". Maria Voce, presidente del Movimento dei Focolari, in un’ampia intervista sul numero di Città Nuova – a cura di Paolo Lòriga - in uscita questa settimana, riflette e avanza proposte sulla presenza femminile all’interno della Chiesa.
L’avvicinarsi del primo concistoro di papa Francesco, fissato per il 24 febbraio, ha suscitato particolari attese, partendo dal presupposto che il primo Pontefice sudamericano e gesuita ha abituato a significative novità – e a volte sorprese - in vari ambiti. Sebbene queste attese siano diventate prive di fondamento dopo la smentita ufficiale comunicata dal Vaticano, sono prodighi di commenti, previsioni e interventi a sostegno della creazione di una donna cardinale anche quotidiani come l’inglese Sunday Times, lo spagnolo El Pais, lo statunitense Washington Post, che esprimono pure nomi.
La presidente dei Focolari, considerata una delle donne più influenti della Chiesa, ritiene invece che in realtà “c’è bisogno che tutta la compagine ecclesiale sia disposta ad accogliere l’autorevolezza di persone di sesso femminile anche laddove si prendono le decisioni più importanti della Chiesa”.
“La donna deve essere riconosciuta prima di tutto come donna, non come sacerdote o vescovo, perché non è quello che ci interessa”: la constatazione di Voce è che “la donna è scarsamente considerata nel suo contributo di pensiero”.
Partendo dallo stile del Papa, ritenuto dalla Voce frutto di “contatti profondi e autentici con le donne”, la figura che nel 2008 ha raccolto l’eredità di Chiara Lubich auspica che Francesco “si affidi a quelli, oggi, per tirare fuori il meglio dalle donne nella Chiesa”.
“E’ poco considerata nel suo contributo di pensiero – analizza Voce - anche perché ha avuto scarse possibilità di svilupparlo. Solo di recente è stata ammessa nei collegi pontifici, dove si studia la teologia. Certo, è vero che ci sono state donne sapienti e donne che hanno dato un contributo di pensiero, ma qualche volta più per ispirazione diretta dello Spirito Santo – come le grandi donne che sono state fatte dottori della Chiesa – che non per aver sviluppato il loro pensiero attraverso lo studio e il confronto con altri pensatori. La donna ha dovuto sempre ricoprire altri ruoli nella Chiesa e nell’umanità”.
Alla domanda su un’ipotetica iniziativa del Pontefice per dare vita a un comitato permanente, un “F8”, formato da donne con grandi responsabilità nella Chiesa, la presidente risponde: “Reputo che ci sia ancora da aspettare per vedere un corpus solo femminile a disposizione del magistero della Chiesa. Preferisco comunque che la donna stia insieme con gli uomini, non staccata a manifestare la propria differenza. Serve perciò entrare negli organismi di consultazione, di pensiero o di decisione, che piano piano si stanno sviluppando nella Chiesa e far ascoltare la sua voce femminile”. La Presidente focolarina non pensa dunque “a un F8 ma a un 8 di qualche tipo dove siano rappresentati uomini e donne, perché ognuno ha la sua peculiarità, ed è quella peculiarità che serve alla Chiesa. Un organismo del genere – dice - mi entusiasmerebbe”.
Ecco poi il tema Conclave e la relativa possibilità auspicata da molti in queste settimane di una presenza di superiori e superiore generali di ordini religiosi e di presidenti di aggregazioni ecclesiali internazionali alla scelta ed elezione del pontefice: “Vorrei distinguere il Conclave come assise in cui si prepara l’elezione del papa e il Conclave come momento di votazione per l’elezione del papa. Mi sembrerebbe particolarmente utile se nella prima fase ci fosse la presenza anche di persone che svolgono un ruolo nella Chiesa e possono apportare il contributo della loro esperienza, sicuramente diverso ma non meno importante di quello dei cardinali”.
Voce sottolinea che “da quello che riferisce papa Bergoglio, le riunioni precedenti l’elezione si sono rivelate determinanti per le sue attuali prese di posizione e per il suo modo di condurre la Chiesa verso determinati traguardi. Allora – argomenta - se quelle analisi fossero maturate in un contesto ecclesiale più vasto di quello limitato ai soli cardinali, sono sicura che sarebbero stati offerti all’attuale Papa contributi più preziosi. Poi, che queste persone siano ammesse a votare per l’elezione del papa, è al momento secondario”.
Ipotizzando un dialogo con Francesco su donna e Chiesa, Voce immagina quali priorità metterebbe in evidenza al Papa: “Proprio a lui che ci ha parlato della sua nonna e di sua mamma, chiederei se questa esperienza con le donne della sua famiglia non lo aiuti a ispirare anche un’apertura alle donne nel magistero della Chiesa”; alla Voce “piacerebbe se si rifacesse a quegli esempi domestici per mettere in luce che le donne possono avere un’influenza pure maggiore di quella di un direttore spirituale o di un professore. Inoltre, nel suo lungo servizio pastorale in Argentina avrà pure conosciuto tante donne, anche responsabili di ordini religiosi. Il suo tratto, infatti, il suo modo di relazionarsi e di comportarsi mi fanno ritenere che abbia avuto contatti profondi e autentici con le donne. Si affidi a quelli oggi – è il suo appello – per tirare fuori il meglio dalle donne nella Chiesa”.

Domenico Agasso jr
Torino

I DEVOTI NEMICI DEL PAPA

di Vito Mancuso, da Repubblica, 11 novembre 2013Fin dalla sua elezione papa Francesco sta producendo una serie di benefici per l’azione della Chiesa che non accennano a diminuire, come è dato riscontrare dall’aumento dei fedeli alle udienze e agli angelus domenicali.
"Il mondo è innamorato di papa Francesco - ha scritto il cardinale di New York - e se io avessi avuto un dollaro per ogni newyorkese, cattolico e non, che mi ha detto quanto ama l’attuale Santo Padre, avrei pagato il conto salato dei restauri della cattedrale di St. Patrick! Lungo i nostri 2000 anni di storia abbiamo avuto ben pochi papi così degni dell’alto officio".
Ci sarebbe quindi da essere molto felici di papa Francesco, ma per non pochi cattolici cosiddetti "doc" e per qualche "ateo devoto" in passato solerte difensore di Ratzinger, le cose non stanno affatto così: anzi hanno iniziato a dar vita ad un’esplicita contestazione, punta dell’iceberg di una campagna conservatrice che vede in Bergoglio il simbolo da colpire. Proprio ciò che per il mondo risulta affascinante, per tali cattolici è causa di scandalo, e giungono a descrivere il Papa come il più dozzinale dei populisti.
Il primato della coscienza personale, l’apertura alla cultura moderna, la scelta di non insistere su valori cosiddetti non negoziabili di vita-scuola-famiglia, il non volere ingerenze nella vita dei singoli (come quando disse "chi sono io per giudicare?" a proposito dei gay), l’istituzione di una consultazione popolare in tutto il mondo sui temi spinosi della morale familiare, la preferenza verso i poveri e il conseguente riaccredito della teologia della liberazione condannata da Wojtyla e Ratzinger, il parlare della Chiesa come di "un ospedale da campo", lo stile conciliare permanente auspicato dal cardinal Martini, l’attacco al clericalismo e alla cortigianeria della curia, la condanna di ogni forma di proselitismo, la simpatia verso i media fino a concedere un’intervista al fondatore di questo giornale, lo stile di vita austero che lo porta a rifiutare l’appartamento papale e la villa di Castelgandolfo e a camminare sulle sue scarpe nere portandosi da sé la borsa di lavoro, la preferenza per le piccole autovetture, il chinarsi a lavare i piedi a una donna e per di più musulmana… ecco alcuni elementi che affascinano molti contemporanei e che invece risultano fonte di disappunto per quei cattolici di solito impegnati nella fedeltà "senza se e senza ma" al papa e al papato. Ma non in questo caso.
Tra essi uno dei più moderati è Vittorio Messori che..sul Corriere criticava quanto definiva "un mito antico e sempre ricorrente", cioè il sogno suscitato in molti dall’azione di papa Francesco "di un ritorno alla Chiesa primitiva, tutta povertà, fraternità, semplicità, assenza di strutture gerarchiche, di leggi canoniche", un sogno che per Messori non è altro che un mito privo di fondamento biblico e storico. La posta in gioco nell’azione di papa Francesco però è, a mio avviso, molto più semplice di tale mito e consiste nel diritto di tutti i battezzati di avere una Chiesa semplicemente normale, di cui ci si possa fidare, una Chiesa dove i vescovi non abbiano residenze lussuosissime e costose auto blu, dove la banca vaticana sia per lo meno al livello etico di un’ordinaria banca italiana, dove il carrierismo e la sporcizia (termini utilizzati da Benedetto XVI) non siano così plateali da condizionare il governo papale, dove le nomine dei vescovi avvengano per effettive qualità umane e pastorali e non per servilismi che promuovono incolori yes-men, dove gli scandali di pedofilia non siano insabbiati e i colpevoli protetti, dove nella curia non volino corvi fino alla scrivania papale a testimonianza di velenose lotte intestine al cui confronto un qualsiasi condominio con tutte le sue beghe diviene un’immagine della concordia paradisiaca, una Chiesa dove gli ordini religiosi non siano guidati da personaggi colpevoli di pedofilia come nei Legionari di Cristo oppure di sequestro di persona e truffa come nei Camilliani, eccetera, eccetera.
Questa è la posta in gioco dell’azione papale: non il mito della Chiesa primitiva, ma la realtà della Chiesa attuale, perché possa tornare a essere una Chiesa normale, pulita, affidabile, degna della fiducia dei genitori di mandare all’oratorio i loro figli e di tutti i credenti di affidare le loro risorse per soccorrere i bisognosi. Ne viene che il Papa che oggi governa la Chiesa è, come dice il Vangelo, "un segno di contraddizione", nel senso che è destinato a manifestare la vera natura di chi si dice credente, se cioè è tale per amore della Chiesa oppure per amore del mondo.
Nel primo caso la religione è una delle tante ideologie tese alla conquista del potere, nel secondo è il segnale di un modo nuovo e rivoluzionario di stare al mondo e trasmette l’aria fresca del Vangelo.


mercoledì 13 novembre 2013

LA DONNA NELLA CHIESA SECONDO CARLO MARIA MARTINI

DOCUMENTO DI CARLO MARIA MARTINI CHE, INTERVENENDO AD UN CONVEGNO NEL 1981, ESPRESSE IN MODO STRAORDINARIAMENTE EFFICACE IL SENSO CHE DEVE AVERE IL TARDIVO RICONOSCIMENTO DELLA POSIZIONE DELLE DONNE NELLA CHIESA.

Perché, si chiede ad esempio la donna, identificare l'immagine di Dio con quella trasmessaci da una cultura maschilista? Quale l'annuncio kerigmatico per lei, non rinchiuso in una visione moralistica? Quali indicazioni per un cammino spirituale e di santità che la stimolino adeguatamente? Quali indicazioni per una rinnovata prassi pastorale, per un cammino vocazionale per il matrimonio, per la consacrazione religiosa, la famiglia, in considerazione della nuova coscienza di sé che la donna ha acquisito? Quali indicazioni per un linguaggio globale, anche liturgico, che non faccia sentire esclusa, nella sua elaborazione, la donna?
Perché così poche e inadeguate risposte alla valorizzazione del proprio corpo, dell'amore fisico, dei problemi della maternità responsabile?
Perché la pur grande presenza delle donne nella Chiesa non ha inciso nelle sue strutture? E nella prassi pastorale perché attribuire alla donna solo quei compiti che lo schema ideologico e culturale della società le attribuiva, e perché non esplicitare i suoi carismi "opera dello Spirito Santo"?
I ruoli ecclesiali affidati alle donne sono allora secondo i carismi di una Chiesa condotta dallo Spirito oppure ancora frutto di una mentalità maschile?
Le donne si chiedono tutto questo. Non sempre lo esprimono. Sentono ancora timore a infrangere una “iconografia” della donna cristiana, dentro la quale peraltro stentano a riconoscersi e non riescono più ad adattarsi.
La Chiesa deve porsi in ascolto. Deve lasciarle esprimere da protagoniste. Il loro modo di leggere, interpretare la vita ha una rilevanza che deve segnare un cammino pastorale che non può vedere le donne perennemente soggette o brave e fedeli esecutrici, quasi vergognose o timide di fronte alla forza che potrebbero esprimere in novità.
I ministeri, carismi, servizi, sono doni per la comunità ed esigono una profonda e attenta rilettura che apra nuove vie alla comprensione del ruolo delle donne nella Chiesa.
La filosofia e la teologia nelle loro varie branche, l'esegesi biblica, la pastorale hanno un compito urgente da svolgere con gli strumenti che a loro sono propri.
Le scienze umane aprono loro ampi spazi di documentazione e di fondazione. Ma anche la vita delle donne, anzi, dalla loro vita parte un richiamo fortissimo di novità. Le più mature non esprimono vane rivendicazioni di false parità: chiedono di costruire in pienezza e con coraggio, mettendo in discussione se stesse, la società e la Chiesa.

LETTERA A PAPA FRANCESCO SULLA POSIZIONE DELLE DONNE NELLA CHIESA,DI GIANCARLA CODRIGNANI

RENDO PUBBLICA LA LETTERA INVIATA A PAPA FRANCESCO: SONO STATA SOLLECITATA DALL' INTERESSE CHE DIMOSTRA PER RIFORMARE LA POSIZIONE DELLE DONNE NELLA CHIESA. ALCUNI INDIZI (divieto al sacerdozio femminile, intervento ai convegno dei ginecologi, scomunica di un prete americano favorevole all'ordinazione delle donne) E DALLA NOTIZIA, FORNITA DA "EL PAIS" E RIPRESA DA "FAMIGLIA CRISTIANA", CHE ANTICIPA L'IPOTESI DELL'INSERIMENTO DI UNA DONNA NEL COLLEGIO CARDINALIZIO. SE FOSSE VERO, PAPA FRANCESCO OTTERREBBE UN GRANDE SUCCESSO MEDIATICO, MA NON INCONTREREBBE IL FAVORE DELLE DONNE, CHE NON CHIEDONO UN POSTO NELLA GERARCHIA CHE LE OMOLOGHI AL MODELLO MASCHILE ANCHE NELLA CHIESA, MA IL RICONOSCIMENTO DELLA LORO SOGGETTIVITA' AUTONOMA.

Bologna, 9 ottobre 2013
Caro Papa Francesco,
come non provare sentimenti di amicizia e di fraternità nei suoi confronti e non solidarizzare con i segnali che viene lanciando attraverso l'infittirsi di relazioni con persone più o meno note della società italiana? Non intendo accrescere il numero dei corrispondenti che incomincia, forse, a farsi molesto; ma sono indotta a interpellarla dopo la notizia del suo intento di pronunciarsi sullo spazio da assegnare alle donne nella Chiesa. Presumo sia anche per lei un dato di realtà che non i disegni di Dio, bensì i ruoli gerarchicamente diversi che uomini e donne hanno storicamente assunto comportano differenze che non vanno sottovalutate, soprattutto se si ricercano nuovi equilibri.
Essendo anche lei un uomo come gli altri, sa bene che difficilmente agli uomini capita di dire parole adeguate quando parlano con noi, soprattutto se pensano di parlare "per" noi. Anche la Chiesa ci conosce solo attraverso una convenzione che non corrisponde alla nostra ermeneutica, di credenti e di non credenti: senza una donna non ci sarebbe stata nascita, senza un'altra donna non ci sarebbe stato annuncio (sarebbero mai arrivati al sepolcro vuoto gli apostoli senza Maria di Magdala?). Come "genere" siamo meno sensibili alle ambizioni di potere che sono incoerenti, almeno nella Chiesa, anche per un uomo. Tuttavia non siamo così stolte da non esser state sempre consapevoli che, anche se in dottrina non si ritrovano giustificazioni alla discriminazione, la Chiesa è rimasta maschile fin da quando la tradizione dei primi secoli ha trasmesso gli scritti dei "padri" della Chiesa e non delle madri, menzionate solo in quanto viri dimidiati. Carlo Maria Martini fin dal 1981 ha posto l'urgenza di un nuovo riconoscimento della presenza femminile nella Chiesa, ma non ne sono seguite innovazioni. Anzi l'attribuzione al nostro genere di uno speciale "genio femminile" è rimasto nel tradizionalismo e non sono sembrate amicali le misure adottate dal suo predecessore per accertare l'ortodossia della Federazione delle suore americane (LCWR). Per questo sono certa della sua informazione previa sull'ormai imponente letteratura specifica di teologhe e filosofe e dell' opinione femminil-femminista (uso l'aggettivo, anche se riprovato da rappresentanti della gerarchia poco attenti alle dinamiche sociali) del popolo di DIo e anche della condivisione delle idee con donne religiose e laiche cattoliche (ma non solo). Tuttavia oso esprimerle la mia preoccupazione: in tempi in cui la Chiesa soffre abbandoni "di genere", le donne si aspettano di ottenere non rappresentanza, ma riconoscimento di soggettività. Non le deluda.
Perdoni la confidenza nella sua disponibilità. La ricordo con sentimenti di fiducia e affetto
G.C.
Per sapere se un pensiero è nuovo non c'è che un mezzo: esprimerlo con la massima semplicità.
Luc de Clapiers de Vauvenargues
La misura dell'amore è amare senza misura.
Sant'Agostino
Pensa a tutta la bellezza ancora intorno a te e sii felice.
Anna Frank

sabato 9 novembre 2013

Chi ha la testa riflette, chi non ce l'ha chiacchiera.

Oreste Del Buono

venerdì 8 novembre 2013

COMUNIONE AI DIVORZIATI RISPOSATI?
di Antonella Mariani
Accoglienza ai divorziati risposati, nella chiarezza. Se si potesse ridurre a uno slogan l'articolato intervento di monsignor Gerard Ludwig Mueller, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, pubblicato dall'Osservatore Romano, sarebbe proprio questo.
La domanda esplicita da cui parte l'articolo dal titolo "Indissolubilità del matrimonio e dibattito sui divorziati risposati e i sacramenti", è quella che ha fatto e fa discutere maggiormente: "Non può la Chiesa consentire, a determinate condizioni, l'accesso ai sacramenti per i fedeli divorziati risposati? Rispetto a tale questione la Chiesa ha le mani legate per sempre?". L'obiettivo sembra essere proprio quello di attenuare il rumore sollevato nelle ultime settimane intorno alla questione delle coppie ricostituite, richiamando i testi fondamentali del magistero, a partire dai Vangeli di Marco, Matteo e Luca (dai quali si comprende che il patto tra un uomo e una donna è posto da Dio stesso), fino, in epoca recente, alle esortazioni apostoliche Familiaris Consortio e "Sacramentum Caritatis", rispettivamente del 1981 (Giovanni Paolo II) e del 2007 (Benedetto XVI), arrivando a citare il discorso di Papa Ratzinger a Milano all'Incontro mondiale delle famiglie nel 2012 e il messaggio finale del Sinodo dei vescovi sulla Nuova evangelizzazione dell'ottobre 2012.
In questi e altri documenti, osserva monsignor Mueller, si ribadisce un pensiero che è in sostanza costante nel tempo: ai fedeli divorziati risposati si debbono rivolgere ancora più gli sforzi pastorali, ma per l'intima natura dei sacramenti l'ammissione a essi non è possibile. "Il matrimonio dei battezzati ha un carattere sacramentale e rappresenta, quindi, una realtà soprannaturale", in contrasto con la mentalità corrente, che ha contagiato molti credenti, che giudica il matrimonio "esclusivamente secondo criteri mondani e pragmatici".
Nelle situazioni in cui la convivenza matrimoniale risulta impossibile per gravi motivi, come la violenza fisica o psichica, i coniugi possono vivere separati, ma il vincolo coniugale "rimane stabile davanti a Dio" e le due parti "non sono libere di contrarre nuovo matrimonio finché l'altro coniuge è in vita".
Quanto alla comunione eucaristica, monsignor Mueller vuole fugare i dubbi aperti con il documento apparso il 7 ottobre sul sito della diocesi di Friburgo, a cura dell'Ufficio della pastorale familiare, in cui si presentavano dei percorsi di accompagnamento spirituale per i separati, i divorziati e i divorziati risposati che prevedevano, alla fine, una sorta di "riconciliazione"
con la Chiesa fino ad arrivare all'eucaristia. Il documento fu poi descritto dal portavoce vaticano come "fuga in avanti" senza il carattere di ufficialità.
"Sempre più spesso - scrive Mueller a tal proposito - viene suggerito che la decisione di accostarsi alla comunione eucaristica dovrebbe essere lasciata alla coscienza personale dei divorziati risposati. Questo argomento, che si basa su un concetto problematico di 'coscienza', è già stato respinto nelle lettera della Congregazione del 1994". Se i divorziati risposati infatti pensano che in coscienza che il precedente matrimoni non era valido, "ciò deve essere oggettivamente dimostrato dalla competente autorità giudiziaria in materia matrimoniale".
Nemmeno l'argomento della misericordia è decisivo, perché al "mistero di Dio, oltre alla misericordia, appartengono anche la santità e la giustizia"; occorre inoltre prendere sul serio "la realtà del peccato".
L'articolo si conclude con il richiamo alla cura pastorale : "Il percorso indicato dalla Chiesa per le persone direttamente interessate non è semplice, ma queste devono sapere e sentire che la Chiesa accompagna il loro cammino come una comunità di guarigione e di salvezza". La cura pastorale però non si riduce alla questione dell'Eucaristia: "Ci sono altri modi di entrare in comunione con Dio": nella fede, nella speranza e nella carità.

giovedì 7 novembre 2013

Se la libertà significa qualcosa, allora significa il diritto di dire alla gente cose che non vogliono sentire.
George Orwell

GLI AMERICANI ANCHE IN VATICANO!

Gli americani vigilano sui soldi d'Oltretevere. Il Promontory financial group, della cui filiale italiana fu presidente l'ex ministro Tommaso Padoa Schioppa, ha ricevuto l'incarico per la due diligence sull'attività economica e finanziaria delle due sezioni dell'Amministrazione del patrimonio della sede apostolica (Apsa), un nuovo e delicato compito che si aggiunge a quello ricevuto a luglio per l'esame sullo Ior.
Gli esperti Usa sono guidati da Raffaele Cosimo, ex top manager di Bnl, ed Elizabeth McCaul, partner-in-charge del New York office e amministratore delegato di Promontory europe, con alle spalle una lunga esperienza nel settore bancario statunitense, tra cui spicca un decennio in Goldman Sachs.
Le prime mosse dei consulenti riguardano la piena collaborazione con gli inquirenti romani e la trasparenza sui bilanci, puntando alla distensione nei rapporti tra l'Istituto e la magistratura e a prendere le distanze con la gestione passata. Le polemiche sui compensi si sono placate, meno quelle sulla lesa sovranità vaticana: non si può gestire lo Stato papale come un'azienda, dicono Oltretevere, e bisogna considerare ruoli e posizioni. Come quella dei potenti Cavalieri di Colombo, guidati da Carl Anderson, membro del board dello Ior e indicato come uno dei registi del brusco allontanamento di Ettore Gotti Tedeschi.
Incontrando l'influente associazione l'11 ottobre, il pontefice ha usato toni accorati: "Vi affido in modo speciale all'intercessione di san Giuseppe, custode della santa famiglia di Nazareth, ammirevole modello di quelle virtù virili di stabile fortezza, integrità e fedeltà, che i Cavalieri di Colombo si impegnano a preservare, coltivare e trasmettere alle future generazioni di uomini cattolici". A quanto pare le "virtù virili" di Anderson e soci accompagnano anche Promontory financial group e gli americani stanno riuscendo ad allontanare dai sacri palazzi l'ombra di del connazionale Paul Marcinkus.
Dal Blog "CADO IN PIEDI".

PERCHE' NON OSARE DI PIU'?

La Chiesa italiana ha cominciato la marcia di avvicinamento verso il Convegno
ecclesiale ... l'appuntamento che dal 9 al 13 novembre 2015 vedrà la Chiesa italiana riunita per il suo Convegno che - nel decennio dell'educare - verterà sul tema "In Gesù Cristo il nuovo umanesimo". Meno enunciazioni di principio o partite al Risiko-ecclesiale ("Come schierare al meglio le nostre forze? Su quali ambiti andare in avanscoperta?"...). E più storie, più volti, più celebrazione di quella quotidianità dell'umano di cui grondano i Vangeli.
Non che non si veda la voglia di tutto questo nel testo diffuso l'altro giorno, che chiede a diocesi, organismi ecclesiali, associazioni e movimenti di preparare un loro contributo per il Convegno di Firenze. Mi sembra - ad esempio - che emerga abbastanza chiaramente la voglia di andare un po' oltre una certa ritualità di questo tipo di eventi. Come pure mi pare interessante che la prima cosa richiesta a chi invierà il proprio contributo sia quella di indicare un'esperienza positiva vissuta nel proprio contesto: siamo tutti stanchi di un pessimismo ecclesiale che porta solo a chiuderci su noi stessi.
Eppure - proprio per questo motivo - io mi chiedo se non varrebbe la pena di osare un po' di più. Intanto sul linguaggio: non c'è niente di più lontano dall'umanesimo dell'ecclesialese. Proporrei agli uffici Cei di adottare un metodo drastico: almeno per tutto ciò che avrà a che fare con l'appuntamento di Firenze ciascuno scelga come consulenti un paio di ragazzi tra quelli che sono andati alla Gmg di Rio - quelli che abbiamo detto che rappresentano la speranza e il futuro della nostra Chiesa. Chiediamo loro un piccolo servizio: facciamogli leggere in anteprima i documenti prima di diffonderli. Se non arrivano in fondo, però, poi li riscriviamo insieme a loro. Perché o cominciamo sul serio a fare così, oppure a chi è che rivolgiamo i nostri inviti?
Osiamo di più sulle forme. Proviamo ad esempio a ragionare su un Convegno che vada al di là del pensatoio, dello schema relazioni-lavori di gruppo-sintesi. Immaginiamo un percorso in cui si vive anche qualche esperienza forte insieme e in questo modo si celebra l'umano. Inoltre in vista di Firenze vedo che non si è voluto dare uno strumento di lavoro pre-confezionato ma invitare piuttosto a un percorso di partecipazione in cui ciascuno da qui a maggio 2014 porta liberamente il suo contributo sul tema dei percorsi per far incontrare Cristo. Questo è molto bello. Però, allora, se mettiamo in circolo tutta questa ricchezza bisogna mettere in conto anche che il Convegno ecclesiale non può esaurirsi nei cinque giorni in cui i delegati sono tutti fisicamente a Firenze. Perché non immaginare fin da subito uno sbocco che non sia solo l'ennesimo documento? Perché non prevedere una serie di percorsi da costruire a partire dalle esperienze positive messe in comune, che rendano in qualche modo permanente l'idea che si cammina insieme sostenendosi a vicenda? Alla fine non è stato questo ciò di cui più si è sentita la mancanza dopo il Convegno di Verona?
Sono idee forse un po' impertinenti... Ma nascono dalla convinzione che il Convegno di Firenze sia una grande opportunità per la Chiesa italiana. Provochiamoci a vicenda per farlo diventare realmente qualcosa che tutti nelle nostre comunità possano ricordare.
GIORGIO BERNARDELLI su "VINO NUOVO".

martedì 5 novembre 2013

INTERVISTATI E FILMATI DALLE TV INGLESE E AMERICANA

di Ernesto Miragoli.

Sono particolari momenti di Grazia quelli che sta vivendo la chiesa cattolica: papa Francesco sembra sconvolgere schemi e sistemi vaticani che provocano allergia a molti credenti e stimolare tutti verso la ricerca di una chiesa cattolica più povera, più umile, più attenta alle grandi attese di un popolo di Dio che avvertiva da troppo tempo una forte dicotomia fra gli uomini del sacro e del potere (che allungavano sempre più non solo le loro filatterie, ma anche le loro mani su tesori materiali, donne e bambini) e i credenti nel Dio di un Cristo che "è in mezzo agli uomini come colui che serve".
Dal marzo scorso l'attenzione dei media si è fatta più viva verso questa "nuova" chiesa cattolica, alimentando speranze che sembravano sopite ed attese spesso conculcate.
In questo contesto, oltreoceano, nell'America degli States dove una chiesa cattolica ha sofferto (e soffre) più che altrove esperienze umilianti (non si dimentichi che parecchie diocesi hanno dovuto dare fondo alle proprie sostanze per risarcire enormi cifre alle vittime della pedofilia clericale) è nata l'idea di realizzare un film documentario su possibili prospettive che la chiesa cattolica può cominciare a vivere da quando alla sua guida è papa Francesco.
Il film documentario ha il carattere del reportage ed è nato dalla joint venture fra la BBC americana e la CBS inglese.
Gli autori hanno pensato di raccogliere testimonianze su temi scottanti che coinvolgono la chiesa cattolica quali la pedofilia, il sacerdozio obbligatoriamente celibatario del clero cattolico, le difficoltà di dialogo con non credenti e realizzare così un filmato che è previsto della durata di due ore negli U.S.A e di un'ora nel Regno Unito. Non si parla, per ora, della diffusione del film documentario in lingua italiana e, quindi, anche in Italia.
Ma dell'Italia si parla, eccome.
I corrispondenti italiani dei network americani ed inglesi, Sabina Castelfranco e Giulia Paravicini, hanno contattato preti sposati italiani che da anni cercano di sensibilizzare i Pastori sul tema del sacerdozio uxorato e, dopo vari incontri con il regista, si sono realizzate le riprese a Milano e Roma.
...il film documentario (di cui è prevista l'uscita sugli schermi americani ed inglesi nei primi mesi del prossimo anno) sembra profondamente sentito dagli autori i quali non intendono realizzare un prodotto pruriginoso (si sa: il sesso fa sempre notizia, soprattutto se a praticarlo sono i tabuisti per eccellenza del sesso stesso) e colpevolmente denunciatario, ma documentare disagi e sofferenze che il popolo di Dio vive per colpa della pedofilia clericale (troppo spesso colpevolmente sopita dalla gerarchie ecclesiastiche) e dell'obbligatorietà della legge sul celibato che costringe ipocriti rapporti clandestini fra preti e donne, è spesso argomento di cronache scandalistiche, sottrae al ministero della Parola e del Pane di Vita risorse che sono inibite all'esercizio del ministero sacerdotale attivo solo perché hanno una colpa, quella di amare.

CHISSA' SE NEI CORRIDOI DELLE SEDI DEL PD QUALCUNO CONOSCE QUESTA FRASE...SAREBBE DA INCORNICIARE E DA APPORRE NELLE SEGRETERIE ORGANIZZATIVE DEI CANDIDATI ALLE PRIMARIE....

"Ci si salva e si va avanti se si agisce insieme e non solo uno per uno."
Enrico Berlinguer

QUALE FAMIGLIA?...VERIFICHE PRE-SINODALI.

DA "L'ECO DI BERGAAMO".
Il Vaticano ha inviato ai vescovi di tutto il mondo 38 domande che serviranno come preparazione per il Sinodo straordinario sulla Famiglia che avrà luogo nell'ottobre 2014. I vescovi hanno a disposizione fino alla fine di gennaio per rispondere al questionario, come ha chiesto il segretario del Sinodo, monsignor Lorenzo Baldisseri. Con tutte le risposte verrà elaborato un documento preparatorio sulla situazione nella società e nella Chiesa, con cui il Sinodo lavorerà per dare le risposte finali.
Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, padre Federico Lombardi, ha spiegato che si tratta solo di un documento inviato alle Conferenze Episcopali di tutto il mondo. È un testo di carattere consultivo e non è nulla di insolito né di innovativo, fa parte della prassi abituale del Sinodo dei vescovi.
Il questionario appare in appendice al documento preparatorio del Sinodo sulla Famiglia convocato per il prossimo ottobre da Papa Francesco. Le 38 domande riguardano i temi più problematici della pastorale familiare, nel quale si chiede ai fedeli di esprimersi su temi come la contraccezione, le coppie di fatto, etero e gay, e la comunione ai divorziati risposati.
L'intento della Segreteria del Sinodo è quello di raccogliere proposte e non solo di fotografare la realtà nella quale la Chiesa è chiamata oggi a proporre il Vangelo di Cristo.
"Le seguenti domande - spiega una nota - permettono alle Chiese particolari di partecipare attivamente alla prearazione del Sinodo Straordinario, che ha lo scopo di annunciare il Vangelo nelle sfide pastorali di oggi circa la famiglia".
-----------------------------------------

DA "AVVENIRE".
Non era mai capitato nella storia della Chiesa che si avvertisse l’esigenza di indire due Sinodi a un anno di distanza l’uno dall’altro sullo stesso argomento. In realtà la doppia convocazione decisa da papa Francesco per il biennio 2014-2015 sul tema della famiglia rientra nello stesso grandioso progetto. Verificare innanzi tutto lo "stato di salute" della famiglia nel mondo, indagare le conseguenze determinate su genitori e figli da una certa cultura del relativismo e del disimpegno, dare voce al malessere espresso da tante famiglie cristiane che vorrebbero trovare nuove strade per testimoniare la fedeltà alla propria vocazione.
Questa amplissima ricognizione sfocerà nel Sinodo straordinario dell’ottobre 2014 che permetterà ai vescovi di ragionare sulla base di un quadro certo di dati e di situazioni. La seconda tappa sarà poi il Sinodo ordinario del 2015, in cui si cercheranno le linee operative per la pastorale. Si darà insomma concretezza di proposte e di decisioni con l’obiettivo di rispondere al male oscuro che minaccia le radici della cellula fondamentale della società e della Chiesa. Prevedere oggi se e come cambierà la teologia del matrimonio e della famiglia, sarebbe fare torto alle capacità di analisi e di riflessione dei pastori e degli esperti che saranno impegnati nel biennio 2014-2015. Per la raccolta delle informazioni sulle condizioni delle famiglie è già stato inviato ai vescovi di tutto il mondo un documento, comprendente anche questionario con 38 domande che dovrà essere compilato entro i primi mesi del prossimo anno.
Per fornire risposte esaurienti e dettagliate, i vescovi sono stati invitati anche a consultare associazioni, movimenti, gruppi che lavorano per e con la famiglia. In ogni comunità, già dalle prossime settimane, sarà quindi avviata una sorta di verifica allargata sulla base della traccia fornita dal documento preparatorio. Il testo si apre con un’analisi dei problemi più urgenti del panorama familiare. Elenca le situazioni di disagio, auspica il rinnovo della pastorale, richiama le famiglie che ricoprono incarichi ecclesiali ad ogni livello a farsi carico delle situazioni più difficili. Non si rinuncia ad elencare tutta una serie di snodi problematici – convivenze tra persone che escludono l’idea stessa del matrimonio, matrimoni misti, madri surrogate, unioni tra persone dello stesso sesso, nuclei monoparentali – ma il tono non è di condanna aprioristica né di esclusione.
L’attenzione verso le famiglie ferite in uno spirito di misericordia e di apertura, secondo le indicazioni più volte espresse in questi mesi da papa Francesco, appare il filo conduttore della riflessione. D’altra parte il vangelo del matrimonio e della famiglia non si fonda su una dottrina artificiosa ma ha radici bibliche ben solide, se è vero che una delle più luminose chiavi di lettura della storia della salvezza individua proprio nel filone nuziale – Cristo sposo della Chiesa sposa – uno percorso privilegiato. Non a caso la seconda parte del documento inviato ai vescovi si apre ripercorrendo i fondamenti biblici del magistero coniugale e familiare. Al termine ecco le domande. Innanzi tutto si chiedono informazioni sulla diffusione e sull’incidenza della pastorale familiare. Ambito che permetterà di mettere in luce gli aspetti positivi dell’esistente.
Molti interrogativi riguardano le situazioni matrimoniali difficili. Si punta innanzi tutto a valutare il grado di consapevolezza delle persone che hanno fatto scelte disarmoniche rispetto alle indicazioni della Chiesa ma, allo stesso tempo si cerca di capire se e come il digiuno eucaristico imposto ai divorziati risposati rappresenti motivo di sofferenza e di disagio. Non mancano neppure domande sulla nullità matrimoniale e sulla possibilità di snellire le procedure canoniche. Importanti infine le domande che puntano a comporre un quadro più dettagliato sugli aspetti della sessualità e della vita di relazione.
Luciano Moia

Lettori fissi

Archivio blog