martedì 28 gennaio 2020

IL RAZZISMO E' SEGNO DI CHIUSURA MA ... ANCHE DI SCARSA INTELLIGENZA!

Per questa notizia forse non era il caso di scomodare la scienza ma lo psicologo Gordon Hodson, dell’Università canadese Brock in Ontario, ha condotto delle ricerche per capire se esiste una relazione tra un basso quoziente intellettivo e l’inclinazione al pregiudizio, ad atteggiamenti conservatori, razzisti o omofobi.
Lo studio, durato più di venti anni, ha coinvolto più di 15 mila persone. I soggetti selezionati, bambini di età compresa tra i 10 e gli 11 anni, sono stati sottoposti a diversi test di misurazione, nei quali si analizzava l’intelligenza verbale e non verbale.Gli stessi soggetti sono poi stati sottoposti, in un’età compresa tra i 30 e i 33 anni, ad un secondo ciclo di test, che metteva alla prova su temi riguardanti donne lavoratrici e la famiglia, ambiente di lavoro multirazziale e educazione al rispetto delle autorità costituite.
Dai dati è emerso che le persone con capacità cognitive meno sviluppate tendano ad avere meno rapporti con persone di altre razze e che le persone con una minor capacità di ragionamento astratto abbiano tendenze più conservatrici e omofobe. Il che significa che le persone con un quoziente intellettivo più basso sono più resistenti ai cambiamenti, sono più ostili verso ciò che reputano diverso e hanno un’avversione verso il nuovo: sono quindi meno in grado di gestire le emozioni che hanno a che fare con la paura e con la scoperta dell’ignoto.
Che la scienza arrivi ad affermare ciò non ci permette di farne una norma generale, nel senso che non tutte le persone con tendenze conservatrici hanno un quoziente d’intelligenza basso e non tutti i liberali sono più aperti, accoglienti e cerebralmente dotati dei conservatori. “Tuttavia – precisa lo psicologo – una minor capacità di ragionamento può favorire una visione del mondo più limitata, una visione in cui il diverso o il cambiamento costituiscono un pericolo”.

lunedì 27 gennaio 2020

CONOSCERE LA STORIA PER VINCERE L'ANTISEMITISMO

Dall'intervista a Anna Foa in “la Repubblica” del 26 gennaio 2020
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«Razzismo e antisemitismo sono sempre esistiti nel nostro paese. In parte sono stati messi tra parentesi nell'immediato dopoguerra, ma hanno continuato a scorrere negli strati profondi della società italiana. Non sono sicura che l’antisemitismo sia cresciuto in questi anni: è aumentata invece la possibilità di esprimerlo, soprattutto grazie ai “social media”. Tutti possono dire quello che vogliono, protetti dall'anonimato».
«Si è creata una miscela esplosiva che mette insieme frustrazione, ignoranza e comunicazione irresponsabile. Bisogna trovare a tutti i costi un capro espiatorio a cui dare la colpa del disagio. In questo senso razzismo e antisemitismo vanno di pari passo, anche se qualcuno vorrebbe distinguere».
«Ci sono stati errori nel processo di elaborazione della memoria, ma non si è trattato di percorso facile. Ci siamo trovati davanti a una frattura della storia così forte che qualche inciampo è stato inevitabile».
«Un errore è stato mettere da parte la storia. La memoria da sola non basta: rischia di diventare puro esercizio retorico, che non aiuta a comprendere i meccanismi fondamentali della deportazione. Ed essendo la scuola il luogo principale della formazione occorrerebbe organizzare corsi di aggiornamento per i professori, che in larga parte continuano a ignorare la storia d’Europa tra le due guerre».
«Spesso prevalgono memorie locali che sono preziose ma il rischio è di smarrire gli elementi fondamentali. La memoria della deportazione è una grande costruzione politica e culturale europea che dice: noi siamo contro Hitler, noi vogliamo un continente diverso, democratico, tollerante, aperto. Chi spiega agli studenti questo valore etico-politico? I ragazzi devono saperlo, anche per capire cosa significa la scritta “Juden Hier” sulla porta di una deportata».

domenica 26 gennaio 2020

ANTIFA HIER !


Ecco ciò che dobbiamo scrivere sulle porte delle nostre case: qui noi abitiamo! IO SEGUO L'ESEMPIO DEL SINDACO DI MILANO, GIUSEPPE SALA!

27 GENNAIO : UNA DATA DI STORIE E DELLA STORIA

Da vent’anni il ‘Giorno della Memoria’ aiuta scuole e istituzioni a riflettere sulla Shoah. Una data nazionale – poi riconosciuta anche a livello europeo – che ha imposto la Shoah alla riflessione collettiva. È data di un calendario civile: non basta la pietà e la commozione, sono necessari lo studio e le scelte agite nel presente. Un calendario riflette la condivisione di valori su cui articolare l’idea stessa di cittadinanza e di diritti umani. Implica l’assunzione di date – che siano il 27 gennaio, o il 25 aprile – che sono paradigmi su cui articolare i musei e i programmi scolastici, le gite di istruzione e le manifestazioni. Ma non basta una singola data espunta dal calendario: il 27 gennaio in Italia non è successo nulla, sono i sovietici ad essere arrivati ad Auschwitz. Date assurte a simbolo vanno quindi tenute nel calendario per essere paradossalmente poi spogliate proprio del loro significato simbolico e ancorate alla storia che raccontano. A rendere fertili, le date è il loro susseguirsi: il 27 gennaio‘vale’ se posto accanto al 16 ottobre – la data della razzia degli ebrei di Roma nel 1943; al 28 ottobre del 1922 – la marcia su Roma delle colonne fasciste; accanto al 10 giugno del 1924 quando è stato ammazzato Matteotti; e poi al 24 dicembre del 1924 quando una delle leggi ‘fascistissime’ modificava le attribuzioni e le prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri che diveniva Capo del Governo, Primo Ministro, Segretario di Stato.
FARNE UN CALENDARIO significa analizzare somiglianze e differenze. La memoria solo apparentemente riguarda il passato, è invece un impegno costante di osservazione del presente, di riflessioni sulle simmetrie e le differenze delle storie e della Storia.
Finché numerosi erano i testimoni, più facile era ricordare. Adesso gli ex deportati sono rimasti in pochi, adesso si contano sulle dita di due mani.  Sentiremo la mancanza del loro parlare limpido. Adesso restano le loro interviste, il loro libri, i documentari. Adesso è finito il tempo del ricordo ed inizia quello della responsabilità. È tempo di scegliere la centralità di questa vicenda nella storia d’Europa. È tempo di collocarla nel tempo e nello spazio. Ha mostrato cosa l’uomo è capace di fare a sé stesso. E il fatto che sia accaduto è tutt’altro che rassicurante: significa che l’uomo può farlo… e rifarlo.

sabato 25 gennaio 2020

I VIZI DELLA DESTRA E ... DELLA CHIESA!

In Polonia ci sono delle zone dove essere omofobo si può, anzi si deve. Sembra roba venuta fuori da un libro degli orrori nazisti, ma accade oggi, nell'Europa patria dei diritti civili. Si chiamano Strefa wolna od lgbt, che letteralmente significa zone libere da lgbt. Ad istituirle è stata la Polonia che, su impulso del maggiore partito polacco di destra Prawo i Sprawiedliwość (Pis), istituisce delle vere e proprie zone franche: in esse non si può professare quella che il Pis definisce "ideologia Lgbt". 
La Polonia sta vivendo un periodo difficile sul fronte dei diritti civili, con leggi autoritarie, nonostante le sanzioni di Bruxelles che mirano a riportare il Paese guidato da Andrzej Duda sulla via del rispetto dei diritti. In Polonia, 86 enti locali di vario livello hanno istituito le "zone franche" libere da Lgbt, adottando 91 provvedimenti, dove l'omotransfobia è permessa e azioni violente contro la diversità sono tollerate. 
I provvedimenti stabiliscono l'estromissione delle ong o associazioni Lgbt "dai progetti e dai bandi di concorso, e si impedisce che possano affittare spazi per formazioni, conferenze, eventi". Quello che promana dalle convinzioni del Pis è che le idee progressiste europee niente hanno a che vedere con quelle della Polonia, e così i consensi elettorali per queste formazioni politiche nelle zone rurali del Sud-Est hanno raggiunto cifre oltre il 50 per cento.
Non è roba da poco, anche perché a fomentare l'equazione gay-pedofilia, utilizzata dalla propaganda dei partiti al governo, contribuisce anche la Chiesa.  Marek Jędraszewski (arcivescovo cattolico polacco, ndr) ha usato per la prima volta il termine ‘piaga arcobaleno‘ che è stato immediatamente ripreso dall’ultradestra. Lo scorso settembre l'alto prelato ha addirittura organizzato una messa - con tanto di evento su Facebook - "per le famiglie e per la conversione dei peccatori pubblici".

venerdì 24 gennaio 2020

AUSCHWITZ E' IL SIMBOLO DEL MALE

Sono ormai passati 75 anni, spazio di tre generazioni, da quando le truppe dell’Armata rossa, sulla via di Berlino, aprirono i cancelli del lager di Auschwitz, per trovare poche migliaia di superstiti, più moribondi che vivi (decine di migliaia furono avviati dai tedeschi in fuga nella marcia della morte in direzione di altri lager).
Nel frattempo la storia è andata avanti e anche la memoria di quel luogo dello sterminio, a metà strada fra Cracovia e Katowice, ha subito un’ulteriore evoluzione. Il numero dei visitatori dell’ex lager nazista è in crescita costante, l’anno scorso due milioni e 300 mila persone hanno voluto toccare con mano l’orrore, provare l’emozione che assale il cuore di chiunque si affaccia su quel terreno marcato dalle ceneri di almeno un milione e 100mila uomini e donne, uccisi nelle camere a gas e i cui cadaveri, dopo aver subito l’asportazione dei denti d’oro, furono bruciati a ritmo industriale in enormi forni crematori, costruiti appositamente dalle industrie tedesche. Il museo di Auschwitz-Birkenau è una meta sempre più frequentata: segno che quella memoria è portatrice di un messaggio universale. 
Ma poi, resta la domanda: cosa è Auschwitz? Ha tentato di dare una risposta Wlodek Goldkorn, giornalista di origini polacche,che ha vissuto la sua infanzia a poca distanza da quei campi dove sono stati sterminati molti dei suoi parenti e da dove ha dovuto fuggire con i genitori per potersi rifare una vita in risposta all'antisemitismo del regime polacco nel dopoguerra contro i sopravvissuti dell'Olocausto nazista.
<<Il lager nasce in primavera del 1940, il primo comandante è Rudolf Höss (verrà impiccato non lontano dal suo ufficio, nell’aprile 1947), i primi detenuti sono prigionieri politici polacchi. Poi, con la costruzione di Auschwitz II a Birkenau, nel 1941, il luogo diventa teatro dello sterminio degli ebrei. Stando ai dati dello storico polacco Dariusz Libionka: 439 mila ebrei ungheresi, 300mila polacchi, 70mila francesi, oltre 7.500 italiani. La maggior parte di loro non viene neanche registrata.
Dai vagoni, in arrivo dai ghetti e dai campi di transito, fra cui Fossoli, gli ebrei sono avviati direttamente alle camere a gas: gli uomini marciano a sinistra, le donne a destra, i bambini sono con le donne, i neonati sono spesso strappati dalle braccia delle mamme alla discesa dai convogli, e assassinati dalle Ss con le loro mani.
Quando si parla di Auschwitz come di una “fabbrica della morte” non va dimenticato il lato puramente sadico della prassi dello sterminio: i carnefici godevano per le sofferenze delle vittime. E la morte non era indolore. L’attuale museo viene istituito nel 1947. E anche la forma che è stata data alla memoria è cambiata nel corso degli anni. Fra i primi a voler commemorare i morti c’erano ovviamente gli ebrei. Era un moto quasi spontaneo di artisti, intellettuali, attivisti politici, rimasti in Polonia. Poi tutto venne istituzionalizzato e prevalse una memoria che non aveva affatto al centro il destino degli ebrei, ma seguiva l’idea staliniana della “fratellanza dei popoli vittime del nazismo” e  anzi vedeva nel discorso sulla Shoah, una manifestazione di un “nazionalismo di stampo sionista”.
La Shoah come paradigma della memoria occidentale e come esempio del nichilismo radicale, dell’epifania del Male, del rovesciamento della Rivelazione del Sinai con i suoi dieci comandamenti, per cui i carnefici erano convinti che uccidere fosse bene, è una costruzione culturale relativamente recente e sicuramente necessaria. Un teologo ebreo André Neher parlava del silenzio di Dio. Papa Francesco in quel luogo, visitato nel 2016, volle restare silente. Le parole le ha trovate dopo, per domandare: «Dove era Dio». Primo Levi sosteneva che «se c’è Auschwitz non c’è Dio». Ma forse l’insegnamento più attuale e laico è sempre quello di Levi: «So che gli assassini sono esistiti e che confonderli con le loro vittime è una malattia morale, un prezioso servigio reso (volutamente o no) ai negatori della verità».>>

giovedì 23 gennaio 2020

LA MIGLIOR SOCIETA'

"La politica che investe nell'odio è sempre una medaglia a due facce che incendia anche gli animi di chi vive con rabbia e disperazione il disagio dovuto alla crisi e questo è pericoloso. A me hanno insegnato che chi salva una vita salva il mondo intero, l'accoglienza rende più saggia e umana la nostra società."
LILIANA SEGRE[settembre 2019]

martedì 21 gennaio 2020

LA LIBERTÀ E' IL MIO PENSIERO!

Duemila studenti in piedi ad applaudire la senatrice a vita Liliana Segre a Milano, invitata al Teatro degli Arcimboldi in occasione delle celebrazioni della Giornata della Memoria. Ai ragazzi ha raccontato il suo calvario: l’esclusione da scuola in seconda elementare nel 1938 in seguito alle leggi razziali, la fuga in Svizzera, il carcere a San Vittore con il padre torturato dalla Gestapo, la deportazione, l’internamento ad Auschwitz-Birkenau. L’ultima volta che vide il padre aveva solo 13 anni. E ancora le «marce della morte» sotto la minaccia dei soldati tedeschi.Infine la liberazione.
Per gli studenti una raccomandazione: «Siate persone libere, dovete pensare con la vostra testa, non con quella di chi grida più forte. I bulli bisogna compiangerli, vanno curati. La vittima è più forte: deve essere coraggiosa e denunciare. Non siate indifferenti nel guardare i gesti del bullo: i nazisti erano i bulli di allora. Erano odiatori, ma non quelli da tastiera di oggi, bensì quelli educati all’odio. A Birkenau c’erano i veri professionisti dell’odio. Hitler non era un pazzo, era un uomo molto intelligente e chissà cosa avrebbe potuto fare se non avesse perso la guerra. Nei campi, tra le file della Gestapo, delle guardie naziste, dei kapò non c’erano pazzi: erano uomini normali che si ritenevano superiori, erano grandi odiatori verso coloro che ritenevano inferiori. Così sono i bulli». Per essere liberi bisogna scegliere da che parte stare, bisogna scegliere la libertà, battersi per poterla scegliere, ha spiegato Segre: «La prima libertà è quella di pensiero: al campo, il mio corpo era prigioniero ma la mia mente no. Ho sempre pensato con la mia testa e così dovete essere anche voi. È la libertà di pensiero che dovete difendere contro l’indifferenza che invece regnò durante la Shoah». Cosa ha significato rinunciare al pensiero critico, nascondersi dietro gli ordini, porre la ragione di stato prima dei diritti, lo ha raccontato Segre: «Non ci fu nemmeno un ferroviere a domandarsi come mai quei treni partivano pieni e tornavano vuoti. Anche gli Alleati non bombardarono le ferrovie, le fabbriche e men che meno i campi di concentramento. Nessuno si occupò di noi e nessuno accettò di sapere la verità di quei campi. Nemmeno quando qualcuno riuscì a scappare e a parlare col primo ministro inglese Churchill per raccontare che cosa stava avvenendo in Europa». Infine ha ammonito: «Non restate indifferenti come gli adulti. Con noi ebrei tutti erano indifferenti, solo i carcerati di San Vittore ci mostrarono pietà».

giovedì 16 gennaio 2020

Papa Francesco, che “delusione”!

Sono delusi molti dei cardinali, che pure lo hanno eletto. Era l’uomo ideale, senza scheletri negli armadi, dottrinalmente sicuro, tradizionalista ma con accettabili aperture verso il nuovo. Avrebbe potuto garantire un periodo di tranquillità alla Chiesa terremotata da scandali e divisioni. Mai avrebbero pensato che Bergoglio avrebbe avuto intenzione di riformare nientemeno che la Curia romana, eliminare privilegi e fustigare le vanità del clero. La sua sola presenza, sobria e spontanea, è un costante atto d’accusa ai pomposi prelati, anacronistici faraoni pieni di sé.Sono delusi i vescovi in carriera, quelli per i quali una nomina in una città era solo il piedistallo per un incarico di maggiore prestigio. Erano pronti a clonarsi con il pontefice di turno, a imitarlo in tutto e per tutto, dall’abbigliamento alla dottrina, pur di entrare nel suo gradimento e ottenerne i favori. Ora questo papa invita gli ambiziosi e vanesi vescovi ad avere l’odore delle pecore… che orrore!
È deluso gran parte del clero. Si sente spiazzato. Cresciuto nel rispetto rigido della dottrina, indifferente al bene delle persone, ora non sa come comportarsi. Deve recuperare un’umanità che l’osservanza delle norme ecclesiali ha come atrofizzato. Credevano di essere, in quanto sacerdoti, al di sopra delle persone, e ora questo papa li invita a scendere e mettersi a servizio degli ultimi.
Delusi anche i laici impegnati nel rinnovamento della Chiesa e i super tradizionalisti attaccati tenacemente al passato. Per questi ultimi il papa è un traditore che sta portando la Chiesa alla rovina. Per i primi, papa Bergoglio non fa abbastanza, non cambia norme e legislazioni non più in sintonia con i tempi, non legifera, non usa la sua autorità di comandante in campo.
Sono entusiasti di lui i poveri, gli emarginati, gli invisibili, e anche tutti quelli, cardinali, vescovi e preti e laici, che da decenni sono stati emarginati a causa della loro fedeltà al vangelo, visti con sospetto e perseguitati per questa loro mania della Sacra Scrittura a discapito della tradizione. Quel che avevano soltanto sperato, immaginato o sognato, ora è divenuto realtà con Francesco, il papa che ha fatto riscoprire al mondo il profumo del vange
lo.
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Di Alberto Maggi, frate dell’Ordine dei Servi di Maria, ha studiato nelle Pontificie Facoltà Teologiche Marianum e Gregoriana di Roma e all’École Biblique et Archéologique française di Gerusalemme. Fondatore del Centro Studi Biblici «G. Vannucci» (www.studibiblici.it) a Montefano

mercoledì 15 gennaio 2020

LA SOLITA MINESTRA

Cerco di sorridere di fronte al clamore esploso dal libro scritto dal cardinale ultraconservatore Robert Sarah. E' un sorriso amaro perché vi ritrovo il solito atteggiamento della Chiesa Cattolica, che di fronte ai timidi venti progressisti che spirano al suo interno, risponde con un'alzata di scudi che richiamano l'essenziale della fede e il "si è sempre fatto così!". E non venitemi a raccontare che il povero Ratzinger non immaginava quale polverone avrebbe sollevato! Sembra di tornare indietro nel tempo quando esistevano il Papa di Roma e l'Antipapa dei grandi poteri, con alle spalle una Chiesa divisa e in lotta al suo interno su profondi e fondamentali argomenti teologici:gli angeli hanno sesso? Oggi per la verità il tema che divide, la possibilità di ordinare preti sposati, non è di facile soluzione, ma non sembra tale da poter provocare un'eresia o una frattura come ai tempi di Lutero. Certo è che mentre a Roma si litiga, ci si divide, ci si calunnia, nel resto del mondo i cristiani vorrebbero continuare ad assaporare la pace e la forza della presenza evangelica ed eucaristica del Cristo Risorto! 

mercoledì 8 gennaio 2020

Comunicato stampa di Pax Christi Italia

Mai più la guerra!

  “La guerra è un male assoluto e va ‘ripudiata’, come recita la nostra Costituzione all’Art. 11: essa non deve più essere considerata una scelta possibile da parte della politica e della diplomazia”.
     Così scrivevamo in un comunicato del 24 maggio 2019, (http://www.paxchristi.it/?p=15462denunciando le manovre per una prossima guerra all’Iran. 
     Ora gli ultimi tragici avvenimenti rischiano di travolgere non solo il Medio Oriente ma il mondo intero in una nuova “avventura senza ritorno”. Il rischio di una guerra di cui è difficile prevedere sviluppi e conseguenze è tragicamente reale. 
     Pax Christi Italia si unisce alla voce di Pax Christi USA “La decisione dell’amministrazione Trump di assassinare il generale iraniano Soleimani in territorio iracheno, per mezzo dell’attacco di un drone, ha sortito l’unico effetto di causare una escalation della tensione in Medio Oriente e di mettere in pericolo la vita di uomini, donne e bambini innocenti che pagheranno per le ritorsioni che avverranno tra Stati Uniti e Iran”. (https://paxchristiusa.org/2020/01/03/media-statement-from-johnny-zokovitch-pax-christi-usa-executive-director-on-the-us-assassination-of-irans-general-soleimani/)
     Assistiamo allo sgretolamento delle fondamenta della convivenza internazionale, ONU, diritto internazionale… Sembra prevalere la logica del più forte, del più armato. Non possiamo accettare questo! Anche oggi, come scrivevamo a maggio, ci chiediamo: Quale altra infernale situazione potrebbe generarsi dalla incombente guerra all’Iran? La guerra in Libia, ad esempio, non ha proprio insegnato nulla? Si vuole dunque accendere una nuova fornace dove bruciare umanità e speranze di pace e coesistenza pacifica?”.
     Non possiamo stare inermi a guardare. Dobbiamo gridare il nostro no alla guerra e alla sua preparazione, tanto più preoccupante con il potenziale degli armamenti anche nucleari, oggi a disposizione dei potenti del mondo. E sappiamo che anche in Italia ci sono basi, come Sigonella o Aviano, che possono essere direttamente coinvolte in una prossima guerra.
Per questo vorremo che si unissero le voci di tutte le persone che credono nella pace, per chiedere scelte concrete di pace.
     Lo abbiamo ribadito qualche giorno fa a Cagliari in occasione del convegno e della Marcia nazionale per la Pace, invocando il disarmo e denunciando la presenza delle bombe atomiche sul territorio italiano e le nuove in arrivo B61-12.
Chiediamo:
– alla Chiesa e alle Comunità cristiane non solo di pregare per la pace, cosa indispensabile, ma anche di denunciare in modo forte e chiaro la follia della guerra e di unire le proprie voci a Papa Francesco: l’uso dell’energia atomica per fini di guerra è, oggi più che mai, un crimine, non solo contro l’uomo e la sua dignità, ma contro ogni possibilità di futuro nella nostra casa comune. L’uso dell’energia atomica per fini di guerra è immorale, come allo stesso modo è immorale il possesso delle armi atomiche…”.
– al Parlamento e al Governo Italiano scelte politiche concrete e immediate di pace, per non essere coinvolti nella guerra ed esserne complici: 
 di non dare la disponibilità delle Basi Usa in Italia;
– di bloccare l’acquisto degli F35;
– di ritirare i nostri soldati dall’Iraq e dall’Afghanistan;
– di dare più potere all’Onu e non alla Nato;
–  di consultarsi con l’Onu sulla sicurezza del contingente italiano e internazionale in Libano;
– di aderire immediatamente al Trattato per la messa al bando delle armi nucleari.
Non possiamo accettare che a parole si dica di volere la pace e nei fatti invece si prepari la guerra, che come sempre è pagata soprattutto dai più deboli e dagli innocenti.
Rifiutiamo la guerra, gridiamo la speranza!
Firenze, 8 gennaio 2020                                                                                                       Pax Christi Italia

sabato 4 gennaio 2020

UNA BELLA NOTIZIA:IL SILENZIO AIUTA LA SALUTE!

Ritagliarsi dei momenti di silenzio durante la giornata è di vitale importanza e se a dirlo è la scienza, c’è da crederci! Diversi studi condotti nel corso del tempo hanno infatti ribadito che il rumore ha un impatto negativo sulla nostra salute fisica e mentale perché, fra le altre cose, aumenta i livelli di ormoni dello stress.
Mentre il silenzio, al contrario, ci rende più sereni, calmi e rilassati. E secondo la scienza è addirittura alla base della creatività e dell’elasticità mentale, in grado com’è di rigenerare il cervello e il corpo, e di farci recuperare abilità cognitive.
Che dire invece del rumore? L’Organizzazione mondiale per la Salute ha constatato che nel 2001 mezzo miliardo di persone soffrivano di problemi all’udito, e stando alle previsioni, nel 2030 saranno 1 miliardo. Spesso i disturbi dipendono proprio dai rumori troppo forti a cui i soggetti sono sottoposti quotidianamente. D’altra parte l’European Environment Agency, esaminando i danni del rumore sui cittadini europei, ha dimostrato che quelli ambientali sono associati a 16.600 casi di morti premature ogni anno.
Colpa sia dell’inquinamento acustico dovuto a una molteplicità di fattori, sia ad altri suoni più insospettabili, come quelli che raggiungono il cervello sotto forma di segnali elettrici mentre dormiamo, andando ad attivare l’amigdala e la produzione di ormoni dello stress.
Anche internet è nemico del silenzio, perlomeno di quello mentale, perché essendo costantemente connessi, ci costringe a mantenere alta l’attenzione a discapito della corteccia prefrontale, che ha bisogno di tranquillità per aiutarci a prendere decisioni e risolvere problemi, le sue principali funzioni. Fra l’altro il rumore, oltre a provocare stress, causa pressione alta, malattie cardiache, insonnia. E ancora peggiora la concentrazione, ci fa perdere motivazione, ha un impatto negativo sulla capacità cognitiva.
Allora meglio star zitti, darsi il tempo e lo spazio interiore di elaborare i propri vissuti e trasformarli, provare ad ascoltare in modo nuovo se stessi e gli altri: per dare voce a parole nuove. Meglio non dire nulla:spazio possibile per trovare nuove parole, altri stati d’animo, “impeccabili”, e così una diversa potenza creativa... che aiuta pure la salute!
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Estratto da www.greenme.it

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