venerdì 16 dicembre 2022

Le impiccagioni in Iran non si fermano


Protestare sembra un diritto scontato, naturale. Per molte persone, però, anche solo scendere in piazza o scrivere un post critico nei confronti del governo significa perdere la vita.

È quello che sta succedendo in Iran, dove le autorità, dopo una feroce repressione nelle strade, hanno iniziato a usare la pena di morte per reprimere ogni forma di dissenso.

In pochi giorni, sono state impiccate già due persone.

I loro nomi erano Mohsen Shekari e Majidreza Rahnavard, due ragazzi di 23 anni. Due ragazzi che avevano partecipato alle proteste dopo la morte di Mahsa Amini. Due ragazzi che volevano solo vivere in un paese più aperto.

A seguito di processi farsa, le persone condannate a morte aumentano ogni giorno, tutto questo solo per aver protestato.

Non c’è più tempo.

VAI SUBITO SUL SITO DI " AMNESTY INTERNATIONAL "e firma l’appello per chiedere la fine di queste esecuzioni disumane.

FIRMA ORA
La popolazione iraniana ha bisogno del sostegno di tutti e tutte. In questo clima di repressione e violenza, il tuo sostegno ora conta come non mai.

Ogni giorno lavoriamo per difendere i diritti umani in Iran e nel mondo. Per farlo abbiamo bisogno di te.

giovedì 17 novembre 2022

PACE ... " IL SILENZIO E LA VOCE DEI MORTI "

Al gridare delle barbarie della guerra e della violenza si oppone il silenzio dei morti, la pace di un cimitero. La pace è la scoperta della pietà. In una straordinaria poesia Ungaretti esprime la pace invitando i vivi a cessare la violenza anche nelle parole, perché le loro parole arrivano a soffocare la voce dei morti, il loro sacrificio e la loro serenità. La pace è una preghiera rivolta agli uomini, affinché salvino l'umanità, riscoprendo il valore della pietà. Sebbene i vivi possano ancora uccidere i morti con le proprie grida barbariche, Ungaretti mostra un messaggio di pace e lo affida proprio alla debole voce dei morti che possono restituire agli uomini la propria dignità.


Non gridate più di Ungaretti

Cessate d’uccidere i morti,

Non gridate più, non gridate

Se li volete ancora udire,

Se sperate di non perire.

Hanno l’impercettibile sussurro,

Non fanno più rumore

Del crescere dell’erba,

Lieta dove non passa l’uomo.


martedì 15 novembre 2022

PACE ... "I COLORI DELLA PACE"

 La pace è sicuramente il contrario della guerra. La pace nasce e si sviluppa sul binario opposto della guerra. Se c'è la pace, non può esistere la guerra. La guerra ha un suono forte, cupo e nefasto. La pace ha i suoni e i colori dell'arte, della poesia, della cultura. Significativa fu la poesia scritta da Talil Sorek, all’epoca giovane poetessa israeliana non ancora maggiorenne. Poesia scritta durante la guerra dello Yom Kippur, un conflitto armato combattuto dal 6 al 25 ottobre 1973 in cui furono coinvolti Egitto, Siria e Israele. Attraverso i colori “molto freddi” evidenzia lo strazio provocato dalla guerra, mentre con i “colori brillanti, decisi e vivi” esprime il desiderio di una tregua che consenta la speranza di un sereno futuro.


Ho dipinto la pace di Talil Sorek

Avevo una scatola di colori,

brillanti, decisi e vivi.

Avevo una scatola di colori,

alcuni caldi, altri molto freddi.

Non avevo il rosso per il sangue dei feriti,

non avevo il nero per il pianto degli orfani,

non avevo il bianco per il volto dei morti,

non avevo il giallo per le sabbie ardenti.

Ma avevo l’arancio per la gioia della vita,

e il verde per i germogli e i nidi,

e il celeste per i chiari cieli splendenti,

e il rosa per il sogno e il riposo.

Mi sono seduta,

e ho dipinto la pace.

mercoledì 9 novembre 2022

PACE ... "NASCERANNO DA NOI UOMINI MIGLIORI"

Nazim Hikmet, nato a Salonicco nel 1901 e morto in Russia nel 1963, era vissuto in un tempo di guerre –aveva assistito a entrambi i conflitti mondiali- e aveva molta fiducia nel futuro: sperava che dagli sbagli avvenuti durante le due guerre le persone imparassero. Sperava nella nascita di una generazione “migliore”. La pace è anche questo. Una nuova generazione che ama la vita, che si apre agli altri, che si prende per mano e si inserisce fino in fondo nel ciclo della natura.


Nasceranno da noi uomini migliori di NAZIM HIKMET

Nasceranno da noi

uomini migliori.

La generazione

che dovrà venire

sarà migliore

di chi è nato

dalla terra,

dal ferro e dal fuoco.

Senza paura

e senza troppo riflettere

i nostri nipoti

si daranno la mano

e rimirando

le stelle del cielo

diranno:

“Com’è bella la vita!”

Intoneranno

una canzone nuovissima,

profonda come gli occhi dell’uomo

fresca come un grappolo d’uva,

una canzone libera e gioiosa.

Nessun albero

ha mai dato

frutti più belli.

E nemmeno

la più bella

delle notti di primavera

ha mai conosciuto

questi suoni

questi colori.

Nasceranno da noi

uomini migliori.

La generazione

che dovrà venire

sarà migliore

di chi è nato

dalla terra,

dal ferro e dal fuoco.



lunedì 7 novembre 2022

PACE ... "IL DISCORSO SULLA PACE"

Parlare della pace non è sempre facile. A volte non servono neppure belle immagini. La pace vuole essere anche sferzante, irriverente e piena di messaggi di dissenso. Così è una poesia di Prévert che al contrario del titolo che lui le diede, parla di quest'uomo immerso in un grande e bel discorso di pace ma che ad un certo punto "incespica" ed in esso vi cade, perché in fondo che cosa sono i bei discorsi se poi non si trasformano in azioni solide e concrete? E poi perché è più facile trovare guerra e non pace? Perché il mondo è pieno di denaro, speculazioni, interessi di qualcuno che guadagna sulla pelle degli innocenti!

Il discorso sulla pace di Jacques Prévert

Sul finire di un discorso di grande importanza

l’insigne statista esitando

su una bella frase assolutamente vuota

ci cade dentro

e impacciato la bocca spalancata

affannato

mostra i denti

e la carie dentaria dei suoi paciosi ragionamenti

scopre il nervo della guerra

il cruciale problema del denaro.


domenica 6 novembre 2022

PACE ... "PRENDI UN SORRISO"

Stiamo vivendo un momento assurdo. La minaccia della guerra globale tutti i giorni si manifesta e appare dietro l’angolo. Sembra che i potenti del mondo non abbiano nessun timore delle conseguenze. Tutti si sono dimenticati della pace. Vogliamo la pace. Il conflitto Ucraina/Russia deve fermarsi e ogni uomo deve tornare a vivere libero e con la dignità che tutti meritano, nessuno escluso. E l'assurdità investe anche il dibattito sulla pace che sembra diventare tema di conflitto. Ma la pace non è una sola? E deve sempre mettere al centro il rispetto della dignità umana? Una pace reclamata solo da qualcuno o nel nome del dominio, non può essere considerata la vera pace. Troverebbe solo strascichi di odio e una durata breve ed effimera. La pace ha bisogno di trovare un giusto equilibrio, una giusta posizione e una presenza totale  ed eterna. Nella vera pace il più debole ha la stessa dignità del più forte, altrimenti si perde il senso di quel rispetto che sta alla base della cessazione di ogni conflitto. Quindi, non serve alcun tipo di speculazione, di qualsiasi tipo, né politica né sociale né religiosa né di genere o di razza, perché si rischia di offendere la stessa parola Pace. Un ambito speciale è la poesia che nel tempo ha sempre ben interpretato sentimenti, emozioni e speranze umane. Ad essa vorrei affidarmi e raccogliere alcuni dei versi più famosi e indicativi sul tema della pace.

Prendi un sorriso di Mahatma Gandhi

Prendi un sorriso

regalalo a chi non l’ha mai avuto

Prendi un raggio di sole

fallo volare là dove regna la notte

Scopri una sorgente

fa bagnare chi vive nel fango

Prendi una lacrima

posala sul volto di chi non ha mai pianto

Prendi il coraggio

mettilo nell’animo di chi non sa lottare

Scopri la vita

raccontala a chi non sa capirla

Prendi la speranza

e vivi nella sua luce

Prendi la bontà

e donala a chi non sa donare

Scopri l’amore

e fallo conoscere al mondo

venerdì 21 ottobre 2022

AFORISMA

 Se c'è sulla terra e fra tutti i nulla qualcosa da adorare, se esiste qualcosa di santo, di puro, di sublime, qualcosa che assecondi questo smisurato desiderio dell'infinito e del vago che chiamano anima, questa è l'arte.

giovedì 30 giugno 2022

RIPARTE LO SCONTRO CHIESA-POLITICA ... ATTENZIONE ALLE PAROLE!

Alla fine il vescovo uscente ha voluto averla vinta, e nel modo più facile. Mons. Giuseppe Zenti, alla guida della diocesi di Verona dal 2007, già dimissionario dal marzo scorso per raggiunti limiti di età, ha silurato il teologo e insegnante di religione Marco Campedelli, che la settimana scorsa, alla vigilia del secondo turno delle elezioni per il sindaco della città, aveva risposto con franchezza e “parresia” alle indicazioni di voto per i preti diocesani espresse dallo stesso Zenti in un messaggio a loro rivolto con il pretesto di ricordare la scomparsa di p. Flavio Carraro, suo predecessore alla guida della diocesi.

Alla vigilia del ballottaggio fra i due candidati sindaco – Damiano Tommasi per il centro sinistra e Federico Sboarina sostenuto dalla destra –, il vescovo era infatti intervenuto per suggerire ai preti un “modus votandi”  da trasmettere a loro volta ai fedeli, riproponendo così l’idea di una Chiesa clericale che, tramite i pastori, guiderebbe, in questo caso verso i pascoli di “destra”, il “gregge” dei fedeli laici, non ritenuti evidentemente capaci di pensiero autonomo. Una abitudine inveterata, questa di Zenti, che già nel 2015 aveva sostenuto esplicitamente con nome e cognome, in una lettera ai professori di religione, Monica Lavarini, candidata nella lista civica vicina al presidente uscente Luca Zaia per le elezioni regionali in Veneto e iscritta alla Lega Nord di Matteo Salvini.

Qualche giorno dopo la diffusione della lettera di Zenti, Marco Campedelli rispondeva al vescovo con una lettera aperta e rapidamente diventata virale, che faceva riferimento al libero pensiero e intendeva provocare un dialogo, un confronto, un «intelligente e responsabile dissenso», con tante domande poste al vescovo uscente: «Oggi nel 2022, c’è bisogno che il prete dica ancora alla gente che cosa votare? Siamo sicuri che i laici e le laiche circa la vita, con la sua concretezza, siano meno esperti dei preti (che circa la vita in realtà sono sempre un po’ in ritardo)? Perché il vescovo Zenti su certi temi nella lettera è cosi preciso e dettagliato: parla di “gender” “suola cattolica” e su altri è cosi generico come “accoglienza dello straniero”. Perché allora in questo caso non parlare di “ius soli” o di "ius culturae”? Perché il vescovo Zenti ha messo cosi tanto zelo nel voler ostacolare e chiudere esperienze in città e in provincia particolarmente attente al dialogo con le diversità?». Il riferimento è a San Nicolò all’Arena  - dove Campedelli è stato per 18 anni  - e Marcellise.  «Si dice che la Chiesa non sia una democrazia. E questo sarebbe un motivo sufficiente per non esprimere il proprio dissenso? Per cercare di aprire nuovi cammini? I preti devono sempre obbedire? E cosa significa obbedire?». Campedelli accennava anche al caso degli abusi sessuali perpetrati da membri del clero nell'Istituto per sordomuti Provolo, che «ha fatto il giro del mondo. Come è stato trattato a Verona? Come lo ha trattato il vescovo Zenti?». Una presa di posizione franca, laica, trasparente, critica, una rivendicazione dell'adultità e dell'autonomia di pensiero del popolo cattolico, che ha intercettato e interpretato un disagio dei giovani e della gente in generale rispetto a una Chiesa che esprime potere, di contro al vangelo inteso come "bene comune" non escludente, come "bellezza morale" di pasoliniana memoria, nella convinzione che la teologia possa esercitare una istanza critica anche nei confronti dell’autorità costituita.

Alla fine il ballottaggio l'ha vinto Tommasi. La città di Romeo e Giulietta avrà un sindaco cattolico, ma di centrosinistra. E il vescovo, in procinto di lasciare la diocesi – pare che il suo successore stia per essere nominato nei prossimi giorni – ha deciso di sferrare la sua zampata con un atto che ha tutto il sapore amaro della ripicca da parte di un superiore il cui potere istituzionale è in fase crepuscolare: licenziare Marco Campedelli dal suo incarico di insegnante di religione presso il liceo Scipione Maffei della città. Un incarico che portava avanti da ben 22 anni, fulcro della sua vita professionale, e al quale teneva molto, sotto il profilo umano e pedagogico; un lavoro portato avanti sotto la stella polare di don Milani, improntato alla formazione di una coscienza critica in nome della "responsabilità culturale dello studente", come la definì il teologo, di origine veronese, Romano Guardini. Una misura che evidenzia una delle disfunzioni nel rapporto Chiesa-Stato nel nostro Paese, ossia la possibilità per un vescovo di togliere il lavoro - un lavoro che è un servizio allo Stato -  in maniera del tutto discrezionale. Sembra di essere ripiombati negli anni '70, al tempo delle censure ecclesiastiche su dom Giovanni Franzoni che difendeva la libertà di coscienza e di voto politico.

Ludovia Eugenio

mercoledì 15 giugno 2022

OGNI VITA E' IMPORTANTE!

Nei giorni scorsi i telegiornali hanno mostrato il video di Fabio Ridolfi che ha scelto di porre fine alle sue sofferenze tramite la sedazione profonda e continua prevista dalla legge sul fine vita. Poi è arrivata la notizia che la sedazione profonda era stata avviata e in seguito è arrivata la notizia della sua morte.

Il 46enne marchigiano immobilizzato a letto da 18 anni a causa di una tetraparesi aveva scritto: «Da due mesi la mia sofferenza è stata riconosciuta come insopportabile. Ho tutte le condizioni per essere aiutato a morire. Ma lo Stato mi ignora. A questo punto scelgo la sedazione profonda e continua anche se prolunga lo strazio per chi mi vuole bene». Parole che suonano prima di tutto come un drammatico atto di accusa per una società che non è stata in grado di prendersi cura di lui, di tanti altri malati lungodegenti per cui ogni giorno rischia di diventare un peso intollerabile e la morte l’unica via d’uscita e di quanti spendono la loro vita quotidiana a fianco di queste "persone".

Molto toccante la riflessione dell’arcivescovo di Pesaro, Sandro Salvucci, sulla vicenda di Fabio Ridolfi: «Perché dietro ad ogni richiesta di suicidio o di eutanasia, non vi è la conquista di diritti civili, ma la sconfitta di una società che non riesce più a cercare quel “bene che ci accomuna”, divenendo così sempre più incapace a star vicino alle persone e a trasmettere un senso anche in una situazione di difficoltà come quella di un malato che non può muoversi. Ogni vita umana ha un senso. Tuttavia, se manca questo rapporto intimo, di compassione, di amicizia inevitabilmente la vita è difficile da comprendere e le persone possono arrivare a voler morire. Si tratta di continuare a sussurrare al suo cuore: “Tu sei per me importante: la tua vita vale!”».

sabato 11 giugno 2022

Presidente Pax Christi: la Chiesa condanna le armi, che non portano pace ma morte e povertà

«La corsa agli armamenti anche quando è dettata da una preoccupazione di legittima difesa… costituisce in realtà un furto, perché i capitali astronomici destinati alla fabbricazione e alle scorte delle armi costituiscono una vera distorsione dei fondi da parte dei gerenti delle grandi nazioni o dei blocchi meglio favoriti. La contraddizione manifesta tra lo spreco della sovrapproduzione delle attrezzature militari e la somma dei bisogni vitali non soddisfatti (Paesi in via di sviluppo, emarginati e poveri delle società abbienti) costituisce già un’aggressione verso quelli che ne sono vittime. Aggressione che si fa crimine: gli armamenti, anche se non messi in opera, con il loro alto costo uccidono i poveri, facendoli morire di fame».

Ho voluto iniziare questa mia riflessione citando un documento del 3 giugno 1976: La Santa Sede e il disarmo generale. Sono passati 46 anni, ma è ancora un testo di grande attualità. Per tutti. Per i credenti, a cominciare da noi pastori, e per tutte le donne e gli uomini che vogliono la pace. Sono parole nette, chiare e taglienti: aggressione che si fa crimine. Condanna che si riallaccia a tutta la tradizione del Magistero della Chiesa. Penso a papa Benedetto XV che nel 1917 definì la guerra che era in corso una «inutile strage». E penso anche ai numerosissimi interventi di papa Francesco, ad esempio il 24 marzo scorso: «Io mi sono vergognato quando ho letto che non so, un gruppo di Stati si sono compromessi a spendere il due per cento, credo, o il due per mille del Pil nell’acquisto di armi, come risposta a questo che sta adesso… la pazzia, eh? La vera risposta, come ho detto, non sono altre armi, altre sanzioni, altre alleanze politico-militari, ma un’altra impostazione, un modo diverso di governare il mondo, non facendo vedere i denti, come adesso, no?, un mondo ormai globalizzato, un modo diverso di impostare le relazioni internazionali». E quante volte parlando della guerra Francesco ha usato parole come: ripugnante, disumana, barbara, sacrilega. La corsa agli armamenti e le spese militari portano alla strage folle della guerra.

Secondo dati autorevoli del Sipri, nel 2021 la spesa militare nel mondo ha raggiunto la cifra di 2.113 miliardi di dollari. Non ci sono parole! È davvero una follia! E qui in Italia il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza, solo 19 contrari, un ordine del giorno che impegna il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2% del Pil. Che vuol dire passare dagli attuali 68 milioni di euro al giorno a circa 104 milioni di euro al giorno: 36 miliardi annui! E tutto sullo scenario orrendo della guerra in Ucraina, che diventa quasi occasione di stimolo a investire ancor di più in armi. Altro che pace! E, infatti, sentiamo risuonare sempre di più, per bocca di politici e commentatori vari, la tetra e sanguinosa frase degli antichi «Si vis pacem, para bellum». Sì, davvero stiamo preparando nuove guerre. Forse vogliamo andare verso la Terza guerra mondiale? Anche con le bombe atomiche, presenti sul territorio italiano a Ghedi e Aviano?

E non ci vuole grande intelligenza per capire che tutti questi soldi investiti per le armi vengono inevitabilmente sottratti ad altre esigenze fondamentali per la comunità: sanità, scuola, lavoro, ambiente ecc. Ora addirittura abbiamo sentito la proposta di togliere l’Iva alle armi. Siamo travolti sia a livello nazionale che a livello mondiale da un’economia sempre più armata. Dove i poveri diventano sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Ce lo ricordava già Paolo VI nella Populorum progressio del 1967 al n. 53: «Quando tanti popoli hanno fame ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi».

Purtroppo i politici sanno “girare bene la frittata” e arrivano anche a dire – come il Sottosegretario alla Difesa Giorgio Mulè (un anno fa circa, a proposito degli aerei caccia F-35 dal costo di circa 150 milioni di euro l’uno): «Gli F-35 possono anche essere sistemi di difesa e utilizzati a scopi civili». Come si può dire questo? Giustificare una spesa così folle mascherata con improbabili e impossibili usi civili? Certo siamo chiamati a testimoniare la speranza, e la pace è più forte della guerra. Penso, ad esempio, anche con l’adesione alla campagna banchearmate.org, che invita a scrivere alla propria banca, chiedendo se è coinvolta nel traffico di armi. E, in caso affermativo, arrivare anche a chiudere il proprio conto presso quell’Istituto bancario.

Sono giorni di dolore e di pianto. Un pianto che ci chiede di denunciare i grandi interessi… come affermava papa Francesco a Redipuglia il 13 settembre 2014: «Anche oggi le vittime sono tante Come è possibile questo? È possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante!». Siamo invitati a non tacere, a «obbedire a Dio invece che agli uomini» (At 5).

Credo sia un imperativo morale per tutta la Chiesa: rendere ragione della speranza che è in noi. Come ci ricordava don Tonino Bello, ora venerabile, già presidente di Pax Christi, all’Arena di Verona il 30 aprile 1989: «Se non abbiamo la forza di dire che le armi non solo non si devono vendere ma neppure costruire, che la nonviolenza attiva è criterio di prassi cristiana, che certe forme di obiezione sono segno di un amore più grande per la città terrena se non abbiamo la forza di dire tutto questo, rimarremo lucignoli fumiganti invece che essere ceri pasquali».

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Pubblicato su Vita Pastorale di giugno: Giovanni Ricchiuti (Pax Christi)

martedì 24 maggio 2022

AFORISMA

 <<Non c'è niente di più di una guerra per raccontare il dolore e la crudeltà del genere umano. Nella guerra succede davvero di tutto, tutta la natura umana si rivela. Buona o cattiva che sia.>>

1 dicembre 2015

Ettore Mo      [Da un'intervista di Luigi Baldelli, Il Reportage, n. 24]

mercoledì 18 maggio 2022

NEGOZIATO !!!!

<<Occorre "fare" la pace, a qualsiasi prezzo. Certo, c'è aggressore e aggredito, e "fare" la pace non significa mettere tutti sullo stesso piano. La Russia ha perso tutte le ragioni avviando un conflitto che papa Francesco per primo ha svelato per ciò che effettivamente è: non si tratta «solo di un'operazione militare speciale, ma di guerra, che semina morte, distruzione e miseria». La posizione è quindi chiara: condanna della guerra in atto e di chi l'ha iniziata. Ma quello che serve ora, insieme al diritto a difendersi, è lavorare con determinazione per «porre le basi di un dialogo sempre più allargato», imponendo il negoziato.>>           (Enzo Bianchi)

domenica 3 aprile 2022

AFORISMA

"Se resti neutrale in una situazione di ingiustizia, hai scelto la parte dell'oppressore."

[If you are neutral in situations of injustice, you have chosen the side of the oppressor.]

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(Desmond Tutu)

IL METODO NON VIOLENTO FUNZIONA. LO DICE LA STORIA.

 «Tra uccidere e morire c’è una terza via: vivere». Sta tutto qui, in questa frase della scrittrice Christa Wolf, il senso profondo della ricerca e della proposta nonviolenta come alternativa alla guerra.


Sul piatto tragico della storia c’è la questione della “difesa”, l’urgenza di salvare quante più vite possibili insieme alla necessità di fermare l’esercito invasore. Gli aggrediti non possono fare altro che usare gli strumenti che hanno a disposizione (armati o non armati), ma noi dobbiamo perseguire le vie efficaci del “cessate il fuoco”, sapendo che i mezzi che si usano prefigurano il fine che si raggiungerà. È Gandhi a parlare chiaro: «Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto». La necessità, anzi il dovere della difesa di un popolo aggredito è fuori discussione. Ma come attuare una difesa efficace e che salvi la vita oltre che i valori di libertà, democrazia, e le infrastrutture stesse di un paese, è la risposta che cerchiamo.

Il dilemma del Novecento si è consumato tra “Mai più Hiroshima” (fermare le armi) e “mai più Auschwitz” (fermare i carnefici). La nonviolenza ha la forza, la capacità, gli strumenti per fermare armi e carnefici? Da almeno un secolo ci sta provando, immergendosi nella storia e sperimentando il metodo nonviolento per la risoluzione dei conflitti. Lo stesso Gandhi nel pieno della seconda guerra mondiale dice che «la causa della libertà diventa una beffa se il prezzo che si deve pagare per la sua vittoria è la completa distruzione di coloro che devono godere della libertà. Voi volete eliminare il nazismo, ma non riuscirete mai ad eliminarlo con i suoi stessi metodi» e nel 1938 propone alle nazioni occupate da Hitler di ottenere la vittoria con la resistenza nonviolenta: «L’Europa eviterebbe lo spargimento di fiumi di sangue innocente e l’orgia di odio a cui oggi assistiamo».

Alle fallimentari esperienze storiche dei blocchi militari contrapposti sono stati concessi decenni di “prova”, mentre alla nonviolenza si chiedono risultati immediati e la si boccia se non offre soluzioni miracolose. Ma basterebbe un minimo di conoscenza storica per sapere vedere nelle pieghe del secolo i successi del metodo nonviolento là dove applicato con rigore su piccola o larga scala. Oltre ai classici lavori dei teorici della nonviolenza Gene Sharp o di Jacques Sémelin, lo studio di scienze politiche della Columbia University condotto sulle resistenze civili e armate dal 1900 al 2000 nel mondo ha dimostrato che sono state le prime ad avere più successi, rispettivamente il 59% contro il 27% nelle lotte interne anti-regime, il 41% contro il 10% in quelle contro l’occupazione di un paese o per l’autodeterminazione, e ancora il metodo nonviolento detiene il monopolio dei successi nell’affermazione delle lotte contro l’apartheid e per i diritti civili (mentre nelle campagne per la secessione di un territorio la scelta nonviolenta conta zero vittorie e quella violenta l’esile percentuale del 10%). Dunque, la nonviolenza, quando applicata seriamente, e per fini di democrazia, giustizia e libertà, funziona.

Alexander Langer, il profeta/politico della nonviolenza europea aveva un programma preciso: «I movimenti per la pace devono sforzarsi di essere sempre meno costretti ad improvvisare per reagire a singole emergenze, ed attrezzarsi invece a sviluppare idee e proposte forti, capaci di aiutare anche la prevenzione, non solo la cura di crisi e conflitti», con tanto realismo politico che lo portava a riconoscere che anche la nonviolenza può fallire e nessuno si dovrebbe vergognare ad ammetterlo: «Un fallimento di un’azione di pace lascia però meno macerie di un riuscito intervento militare».

_____________________________________________________________________________           * Mao Valpiana, Presidente del Movimento Nonviolento e membro dell'esecutivo della Rete italiana Pace e Disarmo

lunedì 28 marzo 2022

UN'OPINIONE PER LA PACE CONTRO L'INGIUSTIZIA

La tragedia è loro, non nostra. Ma qualcosa possiamo fare anche da qui. Innanzitutto uscire dalle contrapposizioni interne, come quella, fasulla, tra pacifisti e guerrafondai. Non è pacifista chi si dice a favore della pace, ma chi fa qualcosa di concreto per produrre pace. Non è guerrafondaio chi sostiene che gli ucraini hanno il diritto di difendersi dall’aggressore anche con le armi, ma chi pensa che le armi siano l’unico modo per reagire all’aggressione russa. Anche chi si ritiene nonviolento non è un’anima bella che immagina un mondo ideale privo di conflitti. Il nonviolento vede con chiarezza la dinamica dei conflitti, prende una posizione ferma contro l’ingiustizia, contro l’aggressore e dalla parte dell’aggredito, ma cerca tutti i mezzi possibili per scongiurare un’inutile escalation del conflitto, esplorando le possibili soluzioni alternative.

Di fronte a un’aggressione plateale e ingiustificata come quella russa nei confronti dell’Ucraina è necessario prendere una posizione chiara ed esplicita. Questo, da fuori, può essere fatto in tre modi, tra loro compatibili e non mutuamente escludentisi: a) inviando armi a chi ritiene di dover combattere contro la prepotenza dell’esercito russo, costringendolo a trattare da una posizione di non totale asservimento e dunque di debolezza; b) aiutando la popolazione civile con supporto materiale e morale, come fanno le ONG e le organizzazioni di cooperazione impegnate nella risposta all’emergenza umanitaria (anche con il nostro personale sostegno), ma anche come ha fatto l’Unione Europea imponendo sanzioni e sequestrando patrimoni di sostenitori del regime russo, e boicottando attivamente le istituzioni dell’aggressore, come fa Anonymous; c) aiutando tutte le persone sfollate a trovare una nuova casa a casa nostra. Non fare nulla, tanto più in nome di un vago e generico pacifismo, che finisce inevitabilmente per assomigliare all’indifferenza morale, e senza pagare di persona, non è un’opzione. Non serve a nulla, e gratifica solo i nostri ideologici solipsismi. Le tre modalità di azione evidenziate hanno il merito di uscire da questa trappola, coinvolgendoci direttamente, attraverso il prezzo che paghiamo.

a) Chi combatte come partigiano lo fa costruendo la resistenza armata, e chi vuole sostenere la resistenza armata senza combattere in prima persona, anche per non allargare il conflitto ad altri fronti, lo fa inviando armi e collaborando logisticamente a questa impresa, ciò che implica dei costi, economici e politici. b) Chi combatte usando l’arma economica e la moral suasion, lo fa con le risoluzioni dell’ONU, sanzioni che producono un costo anche su chi le dichiara, l’isolamento internazionale dell’aggressore, il supporto al dissenso interno, la promozione di tavoli di trattativa che manifestino un sostegno attivo all’aggredito, aprendo tuttavia a soluzioni praticabili per terminare il conflitto prima possibile, riducendo le sofferenze della popolazione civile e cercando di limitare quelle dei soldati di ambo le parti. c) Chi aiuta i profughi a trovare una sistemazione, manifestando così concretamente la propria solidarietà, combatte per così dire su un fronte interno al proprio paese, condividendo con altri, bisognosi di aiuto, le proprie risorse.

Un’ulteriore battaglia che si può combattere, forse, è quella per un’informazione corretta. Immedesimarsi (anche nelle ragioni dell’altro, ma senza farle proprie), prendere parte, assumere posizioni pubbliche, aiutare gli altri a farsi un’idea e sollecitare all’impegno. Collaborando con chi fa. Sostenendo le scelte fatte dai propri governi, anche se implicano un costo pure per sé. Impegnandosi attivamente per promuovere discussione e consapevolezza, senza abdicare mai al dovere di sostenere le ragioni dell’aggredito contro l’aggressore: in maniera equilibrata, ma non equidistante. Non arrendersi all’inutilità dello spettatore, e alla vacuità della discussione da talk show: interessata spesso a esibire narcisisticamente le proprie opinioni, e non veramente a contribuire a risolvere i problemi. Che deve essere la priorità, se crediamo davvero a quello in cui diciamo di credere.

Stefano Allievi-Ucraina, che fare da qui, in “Corriere della sera – Corriere del Veneto”, 27 marzo 2022, editoriale, p.1

lunedì 21 marzo 2022

PREGHIERA PER LA PACE

“Perdonaci la guerra, Signore” è il titolo della preghiera di don Mimmo Battaglia, Arcivescovo di Napoli, che Papa Francesco ha letto all’Udienza generale del 16 marzo 2022 per la pace in Ucraina, nella sala Nervi del Vaticano. Si tratta di una preghiera semplice e profonda, intensa e sublime assieme, che rappresenta un grido di dolore per quanto sta succedendo in Ucraina, ma che invita a riflettere sul ruolo di ognuno di noi e sulle comuni responsabilità ogni volta che non vediamo il dolore che procuriamo all’altro fratello e per ogni volta che giustifichiamo la crudeltà, i gesti efferati, le mani armate “all’ombra della croce”.

“Perdonaci la guerra, Signore”

Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi misericordia di noi peccatori!

Signore Gesù, nato sotto le bombe di Kiev, abbi pietà di noi!

Signore Gesù, morto in braccio alla mamma in un bunker di Kharkiv, abbi pietà di noi!

Signore Gesù, mandato ventenne al fronte, abbia pietà di noi!

Signore Gesù, che vedi ancora le mani armate all’ombra della tua croce, abbi pietà di noi!

Perdonaci Signore, se non contenti dei chiodi con i quali trafiggemmo la tua mano, continuiamo ad abbeverarci al sangue dei morti dilaniati dalle armi.

Perdonaci, se queste mani che avevi creato per custodire, si sono trasformate in strumenti di morte.

Perdonaci, Signore, se continuiamo ad uccidere nostro fratello, se continuiamo come Caino a togliere le pietre dal nostro campo per uccidere Abele.

Perdonaci, se continuiamo a giustificare con la nostra fatica la crudeltà, se con il nostro dolore legittimiamo l’efferatezza dei nostri gesti.

Perdonaci la guerra, Signore.

Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, ti imploriamo! Ferma la mano di Caino!

Illumina la nostra coscienza,

non sia fatta la nostra volontà,

non abbandonarci al nostro agire! Fermaci, Signore, fermaci!

E quando avrai fermato la mano di Caino, abbi cura anche di lui. È nostro fratello.

O Signore, poni un freno alla violenza! Fermaci, Signore!

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† Don Mimmo

mercoledì 16 marzo 2022

Mao Valpiana, presidente del Movimento Nonviolento, si rivolge ai tanti, troppi giudizi affrettati sul conflitto russo in Ucraina

A tutti quelli che la definiscono "novecentesca" per rassicurarsi e dire che rimarrà nei confini di una guerra territoriale, ricordo che la guerra novecentesca del 1945 si è conclusa con due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. E che nella storia se è già successo, può riaccadere.

A tutti quelli che dicono che i pacifisti se ne fregano delle vittime, ricordo che le nostre organizzazioni sono nate proprio per soccorrere le vittime delle guerre e ricostruire la pace, e che con gli interventi civili di pace siamo sempre stati (e abbiamo sempre finanziato) il soccorso alle vittime nei teatri di guerra (da Afghanistan a Iraq, da Siria a Yemen) nel mentre lavoravamo per diminuire il peso della violenza e delle armi.

A tutti quelli che ci dicono che bisogna sostenere l'esercito ucraino con nuove armi sempre più letali, ricordo che l'arma più forte di tutte le resistenze è l'unità, il coraggio e la partecipazione di quella popolazione civile che rimane a difendere con la propria presenza i propri valori (dopo aver messo in salvo con la fuga donne, bambini, anziani), e che i nostri amici pacifisti e nonviolenti, obiettori di coscienza e disertori dall'esercito di Kiev sono rimasti in città ad aiutare le vittime e a resistere senza armi, e ci chiedono aiuto e sostegno internazionale per il cessate il fuoco e le proposte di pace da mettere sul tavolo delle trattative. Noi aiutiamo (anche finanziariamente) questa resistenza civile, che salva l'onore e le vite.

A tutti quelli che ci dicono che il nostro è un pacifismo da divano, ricordo che dal 1948 come obiettori di coscienza siamo andati in carcere con Pietro Pinna e che da allora in poi non abbiamo perso un giorno di lavoro per il disarmo, per la riduzione delle spese militari, per la smilitarizzazione della Nato, per la smilitarizzazione prima dell'Unione Sovietica (siamo andati anche lì a manifestare e farci arrestare) e poi della Russia chiedendo che l'Italia non gli vendesse le armi, e abbiamo lavorato quotidianamente per far crescere il movimento dei resistenti alla guerra. E in tutto questo siamo stati isolati e ignorati dalla gran parte delle forze politiche e dei giornali che oggi si scoprono bellicisti e voglio più armi e più fondi per aumentare ancora i bilanci militari di tutti i paesi d'Europa, felici di correre verso il baratro.

A tutti questi bellicisti da divano, chiedo: dove eravate fino a ieri? Scoprite adesso che il tema della guerra e del militarismo era la prima questione cui dedicare attenzione da almeno 50 anni? E adesso pensate che la soluzione sia proseguire sulla strada folle della preparazione (e attuazione) della guerra? E dunque sareste voi quelli che hanno la vera pietà per le vittime? E noi nonviolenti saremmo i ponzio pilato? Ma non vi vergognate almeno un po'?

A tutti quelli che chiedono a noi "e adesso cosa fareste se foste in Ucraina?" rispondo che questa risposta spetta a chi è oggi in Ucraina, io sono qui, sono nonviolento, sono italiano, sono europeo e a me spetta di fare la mia parte, che sto facendo da almeno 50 anni: lavorare per la pace e il disarmo, soccorrere le vittime della guerra. In questo sto con Papa Francesco, l'unica voce di verità in questa babele di parolai. E voi?


sabato 12 marzo 2022

AFORISMA

"Per i governanti del nostro tempo diventa sempre più difficile passare alla storia. Non si possono conquistare imperi; non si può andare in battaglia per la salvezza del proprio Dio; non si possono liberare gli schiavi; non si possono scoprire nuovi mondi."

Ida Magli su Il Giornale, 17 agosto 2000

mercoledì 9 marzo 2022

IL CALCIO STA DALLA PARTE DELLA PACE!

 


All'esterno della sede dell'Atalanta a Bergamo è comparso un drappo raffigurante un disegno con i due gioielli della squadra bergamasca: Ruslan Malinovskyi e Aleksey Miranchuk insieme. C'è un solo significato, un solo messaggio straordinario: il giocatore ucraino e quello russo che si stringono la mano, sullo sfondo dei rispettivi colori nazionali, l’azzurro e il giallo vicino al bianco, blu e rosso, per dire di no alla guerra.

lunedì 28 febbraio 2022

“La luna di Kiev” di Gianni Rodari


Chissà se la luna

di Kiev
è bella
come la luna di Roma,
chissà se è la stessa
o soltanto sua sorella…

“Ma son sempre quella!
– la luna protesta –
non sono mica
un berretto da notte
sulla tua testa!

Viaggiando quassù
faccio lume a tutti quanti,
dall’India al Perù,
dal Tevere al Mar Morto,
e i miei raggi viaggiano
senza passaporto”.

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Una filastrocca per bambini senza alcun riferimento a guerra e violenza, ma sicuramente con un deciso e importante appello all'unità e alla condivisione : la luna è sempre la stessa, da qualunque punto di vista la si guardi, e brilla sulle tragedie dell’umanità come un simbolo incondizionato di pace!

venerdì 25 febbraio 2022

" LA GUERRA CHE VERRA' " di Bertolt Brecht

 La guerra che verrà

non è la prima. Prima

ci sono state altre guerre.

Alla fine dell’ultima

c’erano vincitori e vinti.

Fra i vinti la povera gente

faceva la fame. Fra i vincitori

faceva la fame la povera gente egualmente.

lunedì 14 febbraio 2022

" ATTESA " di Raymond Carver

Esci dalla statale a sinistra e scendi giù dal colle.

Arrivato in fondo, gira ancora a sinistra.

Continua sempre a sinistra. La strada arriva a un bivio.

Ancora a sinistra.

C’è un torrente, sulla sinistra. Prosegui.

Poco prima della fine della strada incroci un’altra strada.

Prendi quella e nessun’altra.

Altrimenti ti rovinerai la vita per sempre.

C’è una casa di tronchi con il tetto di tavole, a sinistra.

Non è quella che cerchi. È quella appresso, subito dopo una salita.

La casa dove gli alberi sono carichi di frutta. Dove flox, forsizia e calendula

crescono rigogliose. È quella la casa dove, in piedi sulla soglia,

c’è una donna con il sole nei capelli. Quella

che è rimasta in attesa fino ad ora.

La donna che ti ama.

L’unica che può dirti: “Come mai ci hai messo tanto?”

giovedì 27 gennaio 2022

GIORNATA DELLA MEMORIA

"La banalità del male", libro scritto da Hannah Arendt in occasione del processo a Gerusalemme al criminale nazista Eichmann, ha svelato al mondo intero il peggior crimine dell'umanità contro se stessa: la pianificazione dell'assassinio di massa di un popolo, solo perché tale. Alla fine ne furono assassinati 6 milioni.  Uccisi in modo attivo, scientifico e pragmatico, e non semplicemente passati a miglior vita.

Estremamente significative sono le "Pietre d'Inciampo": qualcosa di fisico, di impossibile da evitare, di impossibile da non vedere, che rendono così presente quasi al tatto un pezzo di storia italiana che molti, quasi tutti ormai, considerano storia antica, da archiviare. Date, luoghi, nomi, ricordi che per natura sono qualcosa di impalpabile, insieme alla fisicità del marciapiede in cui sono incastonate. La memoria incastonata, appunto. Non dovrebbe servire niente altro, solo una camminata silenziosa a leggere ciascuna delle pietre, testi brevissimi che finiscono quasi sempre con l’unica parola che davvero importi: assassinati.


Proprio in questi giorni anche la Senatrice Liliana Segre è tornata a parlare della necessità della memoria, del ricordo, perché oggi è l'unico vaccino che ci rimane per non ricadere nella "banalità del male".

Banalità che in questi giorni antecedenti alla Giornata della Memoria si è manifestata in episodi di ferocia e di ignoranza inaudita come ad esempio il recente funerale a Roma con una bara avvolta nella bandiera nazista o come l'aggressione a Livorno di due ragazzine quindicenni ad un ragazzo di dodici anni solo perché "ebreo". Schegge impazzite o tentativi di cancellare una memoria?

"Coltivare la memoria è un dovere di ogni società che voglia dirsi civile. Curare il senso della storia, situare il proprio essere in una prospettiva di lungo periodo che permetta di muoversi meglio nel presente, di vedere meglio i pericoli sulla scorta appunto dell'esperienza". La Shoah non è un incidente della storia, ha ricordato la Senatrice Segre, "certo si tratta della pagina più buia nella storia dell'umanità. Del tentativo inedito di pianificare e mettere in atto l'eliminazione di un'intera parte del genere umano, colpevole solo di esistere e di avere una sua specifica identità. E' possibile che questo spaventi, terrorizzi, che si preferisca minimizzare, nascondere, dimenticare. Ma proprio questo ci chiama al dovere di denunciare e ricordare".


sabato 22 gennaio 2022

LA FELICITA' E' NELLE NOSTRE SCELTE !

Quante volte ci siamo detti di voler cambiare vita e abitudini e quante altre non l’abbiamo fatto? Spesso la nostra, è solo voglia di sognare e non un reale desiderio di cambiamento. Ci nascondiamo dietro a frasi fatte come: ci penso domani, ora non è il momento, ma io non ce la faccio.

Tutte frasi che descrivono il nostro stato d’essere: qualcosa non va forse in amore, nel lavoro, in famiglia eppure non siamo disposti a uscire dalla nostra 'confort zone', quel luogo che pur non essendo idilliaco, non ci fa provare paura e ci dà stabilità.

Perché non uscire dalla nostra 'confort zone'? Perché non affrontare una nuova esperienza di vita? Anche a costo di qualche fallimento. E' come se ci mancasse  una stampella? O abbiamo paura di non farcela?

Navigando in internet ho trovato una piccola fiaba buddista che di seguito riporto : anche tu potresti essere quel falco, fermo e immobile, in attesa di qualcuno che ci spezzi il ramo, o possiamo spiccarlo da soli il volo decisivo, il volo della vita?

Un re ricevette in dono due piccioni di falco e li consegnò al maestro di falconeria per l’addestramento.

Dopo alcuni mesi, l’istruttore disse al re che uno dei falchi era istruito ma non sapeva cosa stava succedendo all’altro. Da quando era arrivato al palazzo, non si era mosso dal ramo, a tal punto che il cibo doveva essere portato.
Il re inviò guaritori e guaritori, ma nessuno poteva far volare l’uccello. Quindi pubblicò un editto tra i suoi soggetti e, la mattina dopo, vide il falco volare nei suoi giardini.
– Portami l’autore di questo miracolo – chiese.
Un contadino apparve davanti al re. Il re gli chiese:
– Come hai fatto a far volare il falco? Sei un mago?
Non è stato difficile – spiegò l’uomo. – Ho appena tagliato il ramo. Quindi l’uccello si rese conto di avere le ali e volò via.


giovedì 20 gennaio 2022

Il Trattato per la messa al bando delle armi nucleari compie un anno

Fra pochi giorni si celebra il primo anno dall’entrata in vigore del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW), il primo strumento internazionale che dichiara illegali le armi nucleari, discusso e votato all’ONU nel luglio 2017 ed entrato in vigore il 22 gennaio 2021. Si tratta di un giorno fondamentale per le campagne internazionali impegnate per il disarmo nucleare e dunque anche per Senzatomica e Rete Italiana Pace e Disarmo, promotrici nel nostro Paese della mobilitazione “Italia, ripensaci”.

«Il Tpnw sancisce l’illegalità delle armi nucleari e ne vieta l’uso, lo sviluppo, i test, la produzione, la fabbricazione, l’acquisizione, il possesso, l’immagazzinamento, il trasferimento, la ricezione, la minaccia di usare, lo stazionamento, l’installazione o il dispiegamento», ricorda il comunicato. Dei 59 Paesi che hanno ratificato il Trattato, ben 9 ne sono entrati a far parte nel corso del 2021, il che «dimostra la dinamica positiva di rafforzamento del Trattato». Mancano purtroppo all’appello tutti gli Stati detentori di armi nucleari e i loro alleati. Tra questi, appunto, l’Italia. La campagna “Italia Ripensaci” chiede appunto che «Governo e Parlamento decidano di compiere passi concreti verso la costruzione di un mondo libero da armi nucleari, dando degno seguito all’impegno sottoscritto con il Trattato di Non Proliferazione (Npt)», entrato in vigore il 5 marzo 1970.







La Campagna invoca «una sicurezza basata sul rispetto della dignità della vita di tutti», minacciata dal nucleare, e il Tpnw segna un passo fondamentale in questa direzione.

Grazie al sostegno e all’iniziativa di associazioni ed enti locali su tutto il territorio nazionale le giornate di venerdì 21 e sabato 22 gennaio saranno ricche di momenti per approfondire e celebrare il primo anniversario dell’entrata in vigore del TPNW.  

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venerdì 7 gennaio 2022

BUON ANNO : SIATE GENTILI E SARETE FELICI!

Il mio augurio per il nuovo anno che abbiamo appena iniziato nasconde un piccolo ma importantissimo impegno : una dozzina di minuti di gesti amorevoli nei confronti del prossimo, et voilà, il mondo sarà per tutti più roseo, l’umore sarà decisamente migliore e anche l’ansia sarà sparita!

I ricercatori americani dell’Iowa State University di Ames in un vero e proprio esperimento sociale pubblicato sulla rivista Journal of Happiness Studies hanno chiarito che per risollevare il morale sarebbe molto efficace semplicemente cercare di far stare bene le altre persone.

Gli studiosi hanno chiesto a un campione di studenti universitari di camminare all’interno di un edificio per 12 minuti e di mettere in pratica precise strategie, come:

  • “amore e rispetto”: guardare gli individui che si incontrano lungo il percorso e desiderare che siano felici
  • “interconnessione”: osservare le persone e pensare a come sono collegate l’una con l’altra, ossia alle speranze e ai sentimenti che potrebbero condividere con gli altri
  • “confronto sociale verso il basso”: pensare a come si potrebbe essere migliori di ogni individuo incontrato.
Lo studio ha previsto anche un gruppo di controllo in cui agli studenti veniva indicato di guardare le persone e concentrarsi su ciò che vedevano all’esterno, come i loro vestiti, la combinazione di colori, il trucco e gli accessori.

Nel confronto i ricercatori hanno trovato che coloro che praticavano la gentilezza amorevole (“amore e rispetto”) o desideravano che gli altri si sentissero più felici erano più connessi, premurosi ed empatici, oltre che meno ansiosi. Mentre il confronto sociale verso il basso non ha mostrato alcun beneficio ed è stato significativamente peggiore della tecnica della gentilezza amorevole, perché la mentalità competitiva si collega  stress, ansia e depressione.

“Questa semplice pratica - ha rilevato lo studio - è valida indipendentemente dal tipo di personalità. Estendere la gentilezza amorevole agli altri ha funzionato ugualmente bene per ridurre l’ansia, aumentare la felicità, l’empatia e i sentimenti di connessione sociale”.


Il beneficio di questo studio è assai utile in un mondo social. “È quasi impossibile non fare paragoni sui social media – afferma Douglas Gentile, che ha diretto l’indagine, Il nostro studio non ha provato questo, ma spesso proviamo invidia, gelosia, rabbia o delusione in risposta a ciò che vediamo sui social media, e quelle emozioni disturbano il nostro senso di benessere”.

“Il confronto funziona bene quando stiamo imparando qualcosa o facendo una scelta. Ad esempio, quando siamo bambini impariamo guardando gli altri e confrontando i loro risultati con i nostri. Tuttavia, quando si tratta di benessere, il paragone non è efficace quanto la gentilezza amorevole, che migliora costantemente la felicità”.

Cosa fare allora? Spegnere per un po’ i social e andarsene in giro a comportarsi in modo gentile con gli altri. Sembrerete dei folli? Può anche essere, ma è il modo migliore per ridurre l’ansia e aumentare il proprio senso di felicità e di connessione sociale. È una strategia semplice che non richiede molto tempo. Provateci e ... BUON 2022 !!


domenica 2 gennaio 2022

«[Maria] diede alla luce il suo figlio primogenito, lo fasciò, e lo coricò in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo» (Luca 2,7)

La storia di Gesù inizia con una impossibilità, con un rifiuto ed un respingimento. Egli nasce proprio lì dove è rifiutato. Molti lasciano i propri paesi per cercare una luce e per trovare senso alla propria vita compiendo spesso viaggi terribili tra deserti, prigioni e il Mediterraneo. Spesso non c’è posto per loro! Così nascono in luoghi poco adatti, vengono abbandonati nei luoghi che noi non vogliamo abitare. Gesù è nato come un rifiutato e presto sarà un migrante per motivi politici fuggendo in Egitto. Gesù nasce ed è già una minaccia per i potenti. Eppure egli era la luce, egli era ed è la speranza per il mondo intero.

Abbiamo reso la nascita di Gesù un evento innocuo. In realtà quella culla è piena del dolore del mondo. Lì vengono ospitati tutti coloro che ovunque cercano un riparo. In questa mangiatoia c’è Dio, c’è l’Evangelo della grazia, c’è la luce della riconciliazione e tutto questo è motivo di festa, di lode, di vita nuova soprattutto per tutti coloro che si sono persi nel mondo, per terra e per mare.

Gesù è la possibilità di ritrovare la strada e di sperimentare l’amore di Dio. Ma questo Gesù è anche un giudizio da parte di Dio. Il Gesù che nasce come un rifiuto e uno scarto è il giudizio di Dio verso i nuovi albergatori del nostro benessere. Quando entreremo nel Natale accadrà che cambieremo completamente la nostra mente e il nostro cuore. Beati voi quando aprirete la porta affinché nessuno più debba nascere in una stalla o morire nel mare. Amen
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 Susi De Angelis su chiesavaldese.org

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