domenica 31 marzo 2013

PAPA FRANCESCO:TRE QUESTIONI PER IL FUTURO

di Gilberto Squizzato, da blog.gabriellieditori.it
Quanti anni abbiamo dovuto aspettare per avere un papa che si presentasse al popolo come il vescovo di Roma; che rinunciasse alla croce d’oro per un’austera croce di ferro da pochi soldi; che chiedesse ai fedeli di pregare per lui piuttosto che esibire trionfalmente il suo potere sacrale; che si lasciasse abbracciare da uomini e donne invece di pretendere la genuflessione e il bacio dell’anello pontificale; che rivolgendosi ai giornalisti per rispetto di atei e non credenti rinunciasse a un’esplicita benedizione preferendo il silenzio della preghiera? Sì, è stato un gran dono per la chiesa di Roma essere affidata a un vescovo umile e semplice come Bergoglio, innamorato della povertà del santo di Assisi, e per l’intera Chiesa poter disporre di un pastore che vuole essere primus inter pares senza imporre agli altri vescovi un’anacronistica supremazia che li relegherebbe in una avvilente subalternità.
Non possiamo che rallegrarci di questa prodigiosa novità leggendovi i segni di un autentico “miracolo”: cioè di un evento stupefacente e imprevisto che potrebbe inaugurare una conversione profondamente evangelica del magistero e della gerarchia ai suoi gradi più alti. Al tempo stesso però non possiamo dimenticare quanta sofferenza questa conversione del papato è costata a tanti profeti, a tante comunità, a tante esperienze ecclesiali di base che questa povertà fatta propria da papa Francesco hanno chiesto, invocato, esigito per anni e anni, patendo dolorose emarginazioni, severi provvedimenti disciplinari, ingiuste condanne dottrinali, espulsioni crudeli dalla comunità ecclesiale. E’ proprio vero che se il seme non muore non può dare frutto: ma quanto dolore in quelle esperienze così amare che hanno schiantato intere esistenze!................Prendo dunque sul serio quest’annuncio di conversione e guardo avanti, sapendo quanto coraggio servirà a papa Bergoglio per indurre la chiesa intera a mettersi sulla via della povertà.....Tre mi sembrano davvero decisive e molto più importanti che una pura e semplice riforma della curia vaticana o la trasparenza nei conti dello IOR.
La prima è quella dell’autentica povertà che se vuole essere davvero scelta preferenziale per i poveri non può esprimersi solo come compassione ma deve diventare testimonianza e azione per la giustizia. Amore e povertà senza giustizia non colmano la misura di grazia promessa dal Vangelo. Il vero giubileo e il riscatto dei deboli, la liberazione degli oppressi, la giustizia nelle relazioni sociali. E la giustizia è qualcosa che si realizza con la politica e con una conversione dell’economia globale. A che servirebbe una chiesa magari più austera ma che non impegnasse i suoi membri a lavorare giorno per giorno, nella concretezza delle situazioni, per restituire ai poveri ( e ancor più ai miseri e ai dannati della terra) la loro dignità –anche economica- di cittadini del mondo e la loro libertà di determinare il proprio futuro? No, non c’è solo da bonificare lo IOR: c’è da mettere in gioco la testimonianza evangelica dei credenti dentro le battaglie per la giustizia sociale. Leggiamo sui giornali che il prete – poi vescovo e cardinale- Bergoglio non si schierò con i fautori della “teologia della liberazione”: ma di liberazione non hanno forse bisogno – oggi ancor più di ieri- miliardi di uomini e di donne, le masse dei diseredati e degli emarginati che abitano le troppe periferie del mondo, quella vastissima minoranza di uomini e donne che anche nei paesi del nord ricco del mondo non hanno di che vivere e sono deprivati della possibilità di partecipare da protagonisti alla vita sociale? Io sogno che il vescovo di Roma, ben consapevole delle tante miserie dell’Urbe e dell’Orbe, convochi il sinodo dei vescovi (se non addirittura un nuovo Concilio) per ispirare un nuovo coraggio anche politico ai cristiani capace di impegni decisamente la chiesa non “per” ma “con” i poveri di tutto il mondo.
Vedo anche una seconda questione altrettanto decisiva, per il vescovo di Roma che a buon diritto, io credo, dovrebbe presiedere la Conferenza Episcopale Italiana: è la questione del Concordato e dell’anacronistica forma statuale del Vaticano. La povertà, per esser tale e mostrarsi credibile, non può essere solo quella personale dei pastori e dei fedeli (a cominciare dal papa) ma deve diventare unilaterale rinuncia ad ogni forma di privilegio. L’elenco sarebbe lunghissimo, per farmi intendere cito solo le scandalose esenzioni dell’IMU con cui Monti ha gratificato le casse delle diocesi e delle parrocchie. Ma ad essere coerenti con la povertà del Cristo non dovremmo anche chiederci che senso evangelico possa mai avere la nomina di un “segretario di stato” (la dizione è esattamente la stessa che si usa nel linguaggio statuale!) o la galassia dei “diplomatici vaticani” che in tuto il mondo vengono accolti con i riguardi e gli onori degli ambasciatori degli stati? Che bisogno ha la Chiesa di voler restare uno stato fra gli stati?
E poi c’è la dolente, irrisolta questione del “relativismo”. Venerdi 22 marzo, durante il suo discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, papa Francesco non ha mancato di segnalare con apprensione “la povertà spirituale dei nostri giorni, che riguarda gravemente anche i Paesi considerati più ricchi”,...... Non vi è vera pace senza verità! Non vi può essere pace vera se ciascuno è la misura di se stesso”. E la misura allora dove sta? Chi possiede il metro giusto per valutare idee, visioni del mondo, scelte etiche e politiche? Non dovrebbe esserci bisogno di ricordare che fu proprio il relativismo a por fine alle guerre di religione in Europa e che senza relativismo non c’è democrazia. La questione è davvero epocale per la Chiesa (le tante chiese!) di Cristo perché anche tralasciando la discussione storico-filosofica-etica sul relativismo basta prendere alla lettera l’affermazione di Francesco e chiedere alla Chiesa di metterla in pratica. Se è vero infatti che nessuno può assumere la propria verità e le proprie convinzioni come misura di se stesso (e delle relazioni con gli altri), questo deve valere anche per la Chiesa. E anche questa è una povertà alla quale i cristiani (a cominciare dal papa) si debbono convertire: rinunciare a farsi misura assoluta di ciò che è bene e di ciò che è male (nelle relazioni personali, matrimoniali, sociali, nel rapporto fra il singolo e la propria malattia e anche la propria morte, ecc.).
Imparare ad accettare che tutto può essere messo in discussione, a cominciare dalla nostre certezze morali, dalle nostre dottrine sull’uomo e sulla società, dalle nostre consuetudini: non per diventare diversi da ciò che siamo è ma per non obbligare gli altri a diventare identici a noi. E’ la questione dei “principi non negoziabili”: che tali possono anche essere, in una certa misura e con moderazione, dentro la comunità cristiana, ma che non possono e non devono essere imposti a tutta la comunità civile con gli strumenti dell’interferenza politica, del ricatto morale, dell’egemonia culturale sui più deboli. Imparerà la Chiesa (anzitutto in Italia) a non pretendere che la “sua” verità sia imposta come verità a tutti (se serve anche facendo fallire un referendum, come riuscì a Ruini obbligando i credenti a far mancare il quorum dei votanti a quello sulla procreazione assistita)? Non vogliamo chiamarlo “relativismo” perché la parola ci spaventa? Ma almeno impariamo a chiamarlo “relatività” delle diverse opzioni culturali ed etiche, rinunciando ad ogni forma, pur garbata, di assolutismo religioso, dogmatico e anche etico perché sono proprio gli assolutismi a minare alla base la pace fra gli uomini (di buona volontà) di tutti gli orientamenti.
Sono questioni decisive per una Chiesa autenticamente povera che si impongono come urgentissime alla coscienza di tutti i credenti e alle quali occorre dare risposte altrettanto immediate ascoltando tutte le voci che stanno dentro la Chiesa, accogliendo come un dono quella parresìa, quella libertà di parola che nei primi secoli era sentita e vissuta come un dono dello Spirito al servizio di tutti.
(28 marzo 2013)

mercoledì 27 marzo 2013

LETTERA A FACEBOOK

Sul sito dell'Ufficio nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale italiana compare un testo, inviato da Patrizio Righero, del Centro giovani della diocesi di Pinerolo. Può essere una buona bussola per non perdere la “rotta” giusta tra i flutti virtuali della navigazione on line. Eccolo!

«In questo angolo del mondo digitale, Signore, ci sono centinaia di nomi, appiccicati alle pareti di una casa che esiste solo sullo schermo e nella mia fantasia. Li chiamo “amici”, ma molti di loro li conosco poco, altri solo di vista, altri ancora sono poco più che volti (a volte nemmeno quelli!). Qualcuno non l'ho incontrato, qualcun’altro vive dall'altra parte del mondo; con qualcuno condivido molto, con altri poco o nulla. Alcuni li ho scelti. Altri hanno scelto me».

«E ora sono qui, sulla mia home, come sorelle e fratelli, posti sulla mia rotta virtuale. Te li affido, Signore, uno per uno. Ti affido le loro speranze, le loro paure, i loro progetti di felicità. Rendimi, per loro, immagine - sia pur sbiadita! - del tuo amore paziente e misericordioso. Rendimi amico vero, pronto ad ascoltare, a condividere, a esserci. Rendimi apostolo, capace di annunciare, anche sul Web, il tuo Vangelo di salvezza».

«Ti ringrazio, Signore, per questo spazio immenso, per questa vita a colori, per questi incontri, che forse non sono così casuali. Tuttavia, Signore, di chiedo di non lasciarmi affogare in questo mare di finta compagnia: risveglia in me il desiderio di uscire là fuori, di ascoltare voci reali, di abbracciare persone autentiche e stringere amicizie vere. Amen».

È un modo costruttivo e proficuo per vivere la dimensione “fantasy” del social network: non mi stanco mai, in verità, di ripeterlo ogni giorno ai miei studenti! Daniela Villa

CIAO GRANDE PIETRO!

IN UN MONDO DOVE SPESSO TUTTO E' DOVUTO...
IN UN MONDO DOVE L'IMPORTANTE E' APPARIRE...
IN UN MONDO DOVE CONTA CHI URLA...
IN UN MONDO DOVE LA VITA CONTA SEMPRE MENO...
....

mercoledì 20 marzo 2013

19 MARZO : S.GIUSEPPE-FESTA DEL PAPA'

SPERO DI ESSERE ANCORA IN TEMPO: AUGURI A TUTTI I PAPA'....E NON DIMENTICATE CHE....

Un padre è meglio di cento insegnanti.

lunedì 18 marzo 2013

“I sassolini di H.”

H. è una ragazza di tredici anni, tunisina, nata in Italia e frequenta la seconda classe della Scuola Secondariadi Primo Grado in una località del Lodigiano. Il suo inserimento nel gruppo classe, fin dal primo anno, si è dimostrato apparentemente agevole e senza significativi problemi di carattere relazionale, sia nei rapporti tra pari come in quelli con il mondo degli adulti.
La classe prima I, nell’anno scolastico 2011-2012, sembra avere tutti i “requisiti” per un “cammino in cordata”, dove il passo e gli sforzi di ognuno possono compensare le eventuali difficoltà dell’altro e, nello stesso tempo, spronarlo a raggiungere comunque la meta!
Ma, già, dopo la prima settimana di scuola, i “conti” non tornano … All’alunna A., nel corso della caotica quanto laboriosa lezione di Arte, vengono a mancare due album da disegno “nuovi di zecca”. Come se non bastasse, anche l’iniziativa benefica di una raccolta spontanea, per un’adozione a distanza, contiene una lieve nota stonata: qualcuno ha pensato bene di “rifilare” le vecchie cinquecento lire al posto dell’euro, senza alcuna smentita di un possibile errore. Passano i giorni e vengono a mancare verifiche, quaderni, una scatola di pastelli, un MP3, in un crescendo continuo volto a prendere di mira alcune “vittime” in particolare… In classe si respira, sempre più, un clima di sospetto e di diffidenza della serie: «Speriamo che ora non capiti a me!»
La ripetitività dei “colpi messi a segno”, con la bravura di una mano lesta e di velluto, diventa argomento di discussione e di confronto tra noi docenti del consiglio di classe e coinvolge anche le famiglie dei nostri alunni. Ai genitori, quindi, si chiede collaborazione per far luce sul caso! I suggerimenti e i riscontri non tardano ad arrivare … Da alcuni racconti di esperienze di furto, effettuati con la medesima modalità negli anni della Scuola Primaria, emerge una manifesta sinossi con le presenti situazioni, che condurrebbero ad una sola persona: l’insospettabile alunna H. La mamma dell’alunna S., alla quale sono mancati i pastelli, suggerisce di far circolare voce che la zia biologa ha voluto sperimentare come antifurto, verniciando proprio quella scatola di pastelli, un ritrovato di laboratorio, che procurerebbe una potente allergia a chiunque si fosse azzardato a rubarli e quindi a toccarli. Essendo io la Coordinatrice della classe, tocca a me impastocchiare la storiella, a metà tra “Voyager” e “X-Files”, consapevole che i miei ragazzi sprovveduti non sono! Vuoi però, per le mie arti istrioniche (conduco da anni un Laboratorio teatrale all’interno della mia Scuola) e per la ferma determinazione a conservare con i miei alunni un rapporto trasparente, cerco di offrire una versione credibile e noto che le mie parole colpiscono nel segno: H. si guarda le mani e se le mette prontamente in tasca. Nei giorni successivi, però, mi accorgo che mi evita e nasconde in continuazione proprio le mani … Allora, esco io allo scoperto e le chiedo semplicemente di restituire il “maltolto”, assicurandole il mio aiuto per rimediare agli errori commessi. H. comprende e si impegna affinché tutto ritorni ai legittimi proprietari, tutto, eccetto quella scatola di pastelli, ormai consumati, che costa troppo per le sue possibilità … Di comune accordo col Dirigente scolastico, anche quest’ultimo bottino, tramite tacito aiuto del fondo d’Istituto, viene restituito da H, come se fosse una sua iniziativa, alla compagna, in una caotica quanto laboriosa lezione di Arte, nel corrente anno scolastico …
In ogni furto, c’è un “sassolino” di H.: un “segnale lampeggiante”, che mi sta rivelando sfumature, a volte inquietanti, legate alle sue origini e alla sua quotidianità di ragazza “araba” in una famiglia “araba”. Al presente, la mia scelta e quella dei miei colleghi, come docenti ed educatori, è quella di rinnovare in lei la fiducia, nonostante i precedenti, e questo nostro atteggiamento, ne sono convinta, può diventare, per H., almeno è quanto mi auguro, un’opportunità di riscatto personale.
Ho riportato questa storia ordinaria di vita scolastica per dimostrare come spesso alcuni comportamenti o determinati silenzi, da parte dei nostri adolescenti, possano celare la retrospettiva di tutto un mondo familiare, sociale, culturale, economico … A noi adulti, il compito di saperlo leggere ed interpretare, facendo talvolta anche da “specchio”!
Dal Diario di Scuola di Daniela Villa

domenica 17 marzo 2013

CHI BEN COMINCIA....

FIUMI D'INCHIOSTRO SI SONO VERSATI A COMMENTO DELL'ELEZIONE DEL NUOVO PONTEFICE "FRANCESCO" E ALTRETTANTI FIUMI DI SPERANZA HANNO ATTRAVERSATO IL CUORE DEGLI UOMINI DI BUONA VOLONTA' NELL'ASCOLTARE LE PRIME PAROLE DI QUESTO PAPA "VENUTO DAI CONFINI DELLA TERRA".
NON MI RITENGO PERSONALMENTE IN GRADO DI POTER COMMENTARE QUESTO EVENTO,PER CUI MI FACCIO AIUTARE DA UN BRANO DEL VANGELO PRIMA,E DALLE PAROLE DI PAPA FRANCESCO POI DURANTE IL SUO INCONTRO CON I RAPPRESENTANTI DEI MEDIA INTERNAZIONALI.

VANGELO DI MARCO,CAP.14,VERSETTI DAL 3 AL 7.
"Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso.Mentre stava a mensa,giunse una donna con un vasetto di alabastro,pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore;ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo.Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro:<<Perchè tutto questo spreco di olio profumato?Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trenta denari e darli ai poveri!>>.Ed erano infuriati contro di lei.
Allora Gesù disse:<<Lasciatela stare;perchè le date fastidio?Ella ha compiuto verso di me un'opera buona;i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete,me invece non mi avete sempre...>>.

PAPA FRANCESCO AI RAPPRESENTANTI DEI MEDIA INTERNAZIONALI,SABATO 16 MARZO 2013,AULA PAOLO VI.
<<Alcuni non sapevano perché il Vescovo
di Roma ha voluto chiamarsi
Francesco. Alcuni pensavano a
Francesco Saverio, a Francesco di
Sales, anche a Francesco d’Assisi. Io
vi racconterò la storia. Nell’elezione,
io avevo accanto a me l’a rc i v e s c o v o
emerito di San Paolo e anche prefetto
emerito della Congregazione per
il Clero, il cardinale Cláudio Hummes:
un grande amico, un grande
amico! Quando la cosa diveniva un
p o’ pericolosa, lui mi confortava. E
quando i voti sono saliti a due terzi,
viene l’applauso consueto, perché è
stato eletto il Papa. E lui mi abbracciò,
mi baciò e mi disse: «Non dimenticarti
dei poveri!». E quella parola
è entrata qui: i poveri, i poveri.
Poi, subito, in relazione ai poveri ho
pensato a Francesco d’Assisi. Poi,
ho pensato alle guerre, mentre lo
scrutinio proseguiva, fino a tutti i
voti. E Francesco è l’uomo della pace.
E così, è venuto il nome, nel mio
cuore: Francesco d’Assisi. È per me
l’uomo della povertà, l’uomo della
pace, l’uomo che ama e custodisce il
creato; in questo momento anche
noi abbiamo con il creato una relazione
non tanto buona, no? È l’uomo
che ci dà questo spirito di pace,
l’uomo povero... Ah, come vorrei
una Chiesa povera e per i poveri!
Dopo, alcuni hanno fatto diverse
battute. «Ma, tu dovresti chiamarti
Adriano, perché Adriano VI è stato
il riformatore, bisogna riformare...».
E un altro mi ha detto: «No, no: il
tuo nome dovrebbe essere Clemente
». «Ma perché?». «Clemente XV:
così ti vendichi di Clemente XIV che
ha soppresso la Compagnia di Gesù!
». Sono battute... Vi voglio tanto
bene, vi ringrazio per tutto quello
che avete fatto. E penso al vostro lavoro:
vi auguro di lavorare con serenità
e con frutto, e di conoscere
sempre meglio il Vangelo di Gesù
Cristo e la realtà della Chiesa... Grazie
.>>

I DUE TESTI SI COMMENTANO DA SE:E' ORA DI USCIRE DA QUELLA PRESUNTA E PRESUNTUOSA CONTEMPLAZIONE DIVINA PER RITROVARE IL SENSO DEL MESSAGGIO CRISTIANO,PERCHE' IL POVERO,SEMPRE PIU' POVERO E NUMEROSO,BUSSA ALLA PORTA E CHIEDE UN POSTO ANCHE PER SE'.
AGOSTINO.

AMORE E RISPETTO

mercoledì 13 marzo 2013

ANCORA SULLA LETTERA A PAPA BENEDETTO...

Gentile Direttore,
 grazie, innanzitutto, per il rilievo inaspettato concesso alla mia lettera indirizzata a Papa Benedetto! Francamente, non mi aspettavo di destare così tanto “clamore” e, comunque, mi ha piacevolmente colpito la Sua intenzione di cogliere, in questo mio scritto, sentimenti puri di autentico Amore … Sono convinta, oggi più che mai, considerato il pressante bombardamento di stimoli sensoriali, visivi, acustici, accompagnati spesso da discorsi vuoti e pieni di cose da fare, dell’importanza di fermarsi, di ascoltare, di ”attraversare” e di dare un significato ai richiami (sentimenti, sensazioni, desideri, emozioni) del nostro cuore e del cuore dell’altro … Di Papa Benedetto, ho voluto quindi sottolineare unicamente la “portata umana” della sua scelta, che spinge a identificare, in quel gesto, sorprendente e scandaloso, pregresse esperienze, situazioni di vita e, perché no, anche persone care, colpite dalla medesima “debolezza”, che può chiamarsi infermità fisica, psicologica o spirituale … Nella dolcezza di quell’ultimo sguardo, ho ritrovato mio Padre, che, con coraggio di spirito e prontezza di mente, ha vissuto gli ultimi tre anni della sua vita attaccato a un ventilatore polmonare, mantenendosi, a dispetto di tutto e di tutti, lucido e attaccato alle sue passioni vitali … In quello sguardo, rivedo mia Madre, ormai persa nelle nebbie del passato, perché il presente, con le sue dolorose assenze, è troppo duro da accettare … Evviva, allora, Papa Benedetto! Evviva, allora, il cardinale Martini, che hanno, con il loro controcorrente: «No! Grazie» (l’uno al mestiere di successore di Pietro e l’altro al nutrimento in limine vitae), smentito ogni dogma di infallibilità, facendo della loro umanità una “bandiera” …
Da credente, contestatrice fuori serie, sono ben lieta di alzare la mia voce nel blog di Agostino, sposo a tempo indeterminato nella mia vita, mi sento di rivolgere allo Spirito Santo l’invito a “soffiare” forte e potente sui Cardinali in “Cum clave”.
Mi auguro, per il bene della Chiesa e del popolo di Dio, che lo Spirito Santo, senza esitazione e in maniera più energica, possa vincere la concorrenza di tutte quelle lobbies mirate all’elezione del nuovo Pontefice: Opusdeiani, Focolarini, Sant’Egidiani e Legionari vari … Daniela Villa

A PROPOSITO DELLA LETTERA A PAPA BENEDETTO...

RICEVO E PUBBLICO,CON MOLTO PIACERE,DA GIOVANNI SABURRI,DIRETTORE DEL PERIODICO "IL DIALOGO".
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...è sicuramente una lettera d'amore. E' scritta da una donna. Ci sono toni lirici, immagini struggenti, sentimenti profondi. Sembra di leggere un testo del periodo romantico del 1800. Non c'è dubbio, dal cuore di questa donna che scrive esce amore, amore puro, lontano mille miglia da un volgare amore carnale, come quelli a cui le TV ci hanno oggi abituati, del tipo una botta e via. Un tipo di amore difficile da capire e spiegare al giorno d'oggi ma che però esiste e questa lettera ne è testimonianza. E questo anche per la particolarità dell'oggetto dell'amore di questa donna che non è rivolto ad un uomo qualsiasi, uno dei tanti destinati ad innamorarsi e poi magari a sposarsi e a fare figli e figlie, no! Uno per il quale, come scrisse Dante, si possa dire:
Amor, ch'a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m'abbandona.
Uno cioè che potrebbe in qualche modo ricambiare l'amore ricevuto, perché l'amore, quando è vero e sincero, è cieco, muto, sordo a qualsiasi richiamo e a qualsiasi incombente pericolo e che, quindi, non può che essere ricambiato, e a volte portare alla perdizione.
L'oggetto dell'amore di questa donna è una persona che è stata educata in anni e anni di studio, in ambienti esclusivamente maschili, a non dover mai provare alcun tipo di sentimento, seppur svincolato da qualsiasi sensualità, per una qualsiasi donna di questa terra. Donne tutte subliminate in Maria madre di Gesù e madre di Dio. Anzi l'educazione ricevuta è stata basata spesso su una ferrea misoginia. E man mano che egli saliva nella scala gerarchica della chiesa di cui fa parte, è stato via via abituato a sublimare qualsiasi pensiero che potesse in qualche modo apparire come un sentimento. Potrà sembrare strano ma l'oggetto dell'amore di questa donna è l'oramai ex Papa Benedetto XVI.
Questa lettera ci è stata inviata da un ex prete, ora sposato, che l'ha inserita sul suo blog e che dobbiamo ringraziare perché abbiamo scoperto che egli ha fra i propri link amici quello del nostro sito. E su quel blog abbiamo potuto leggere alcuni commenti di lettori che, parlando di Benedetto XVI, dichiaravano il loro amore a prima vista per lui, fin dall'Habemus Papam e forse prima ancora che si conoscesse il suo nome profano, cardinale Joseph Ratzinger. E perciò esprimevano ampi consensi al contenuto di questa lettera, che richiamava in loro quei primi sentimenti scaturiti subito dopo quell'annuncio, urbi et orbi, gridato dal loggione centrale della Basilica di San Pietro a Roma.
Potenza dei simboli e dei ruoli, che spesso fanno apparire le persone molto diversamente da quello che sono, o forse le trasformano. Il prete non è più un uomo, il vescovo ancora di più, il Papa è al massimo dell'annullamento dei suoi sentimenti umani, perché tutti dedicati esclusivamente al servizio di Dio, a fare da ponte tra Dio e gli uomini, con le loro angosce e frustrazioni e desiderio di salvezza. Del resto il mistero più misterioso e impenetrabile della teologia cattolica non è forse quello della transustanziazione? Direbbe Antoine-Laurent de Lavoisier (1743 – 1794), chimico francese, “Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma”.
Probabilmente non basterebbe un intero battaglione di psichiatri per mettere in luce gli aspetti profondi dell'animo umano che sono coinvolti nella interpretazione dei simboli religiosi o dei ruoli ricoperti da persone in carne ed ossa come tutti, ma marchiati, Ab aeterno, dal fuoco dello Spirito Santo, attraverso l'imposizione delle mani, da un altro uomo che ha sua volta ha ricevuto la stessa imposizione da un altro uomo. Non basterebbe un battaglione di psichiatri per comprendere come e perché simboli e ruoli abbiano la capacità di suscitare sentimenti come quelli che questa lettera esprime. Qualcuno potrebbe parlare di “sindrome di Stoccolma”, con le vittime che finiscono per amare il proprio carnefice. E così si può finire per amare anche la Curia romana, quell'enorme buco nero che sembra l'anticamera dell'inferno piuttosto che la porta del paradiso, e rimanere impotenti e smarriti di fronte ad essa. Oppure sarà il bisogno di avere un oggetto sacro da adorare, un oggetto in carne ed ossa, che sia visibile e di cui magari poter baciare la mano o l'anello, e che magari sia luccicante e splendente o vestito con colori smaglianti, quasi come se gli uomini e le donne di oggi fossero simili, nella loro ingenuità, ai primi indigeni trovati da Colombo nelle Americhe, attirati dagli specchietti che gli furono regalati e che pagarono amaramente la loro curiosità e profonda ingenuità. Ed in effetti i vestiti, che sono abituati ad usare i Papi, hanno tutte queste caratteristiche, pieni di oro e di pietre preziose luccicanti, con il colore rosso predominante, dalle scarpette alla mantellina o ai copricapi, tutti fatti amorevolmente a mano e con i migliori materiali, quelli che Benedetto XVI ha usato in abbondanza, attingendo ai molto forniti armadi Vaticani, a differenza degli ultimi suoi predecessori. Questi simboli emanano qualcosa di profondo che può trasformarsi in amore e amore a prima vista e amore che dura.
Abbiamo così deciso, come redazione, di pubblicare questa lettera anche per dimostrare che il nostro sito non è fatto solo di mangiapreti o mangia papi che dir si voglia, ma anche di persone che sanno commuoversi di fronte ad un amore vero e viscerale come quello che qui viene rappresentato. Anche perché a noi interessa poter rappresentare la realtà per quello che è, per quanto strana e anacronistica essa possa sembrarci.
(Giovanni Sarubbi)

sabato 9 marzo 2013

ALFRED FIRMIN LOISY

LETTERA APERTA AL NUOVO PAPA

Nostro "fratello maggiore" in Cristo,
noi, membri del movimento ecclesiale "VOCATIO", abbiamo molto apprezzato, nella vicenda delle dimissioni di Benedetto XVI, la distinzione fatta, per il ministero papale, fra ruolo e persona che lo ri-copre.
Il "carico" sulle spalle di un papa è troppo pesante se deve anche gestire in-torno a sé scenari talvolta "oscuri".
Auspichiamo, perciò, maggiore trasparenza nella curia romana e nella sua gestione decisionale ed economica. Questo ci sembra un punto nodale che do-vrai affrontare per una vera crescita della chiesa.
Molte sarebbero le speranze da esprimere all’inizio di questo tuo nuovo pa-pato.
Scegliamo di sottolinearne solo alcune.
Noi speriamo:
che vengano rivalutati i messaggi del Concilio Vaticano II, cogliendone gli aspetti innovativi ed esprimendoli con un linguaggio più vicino a quello del popolo di Dio;
che venga ripresa operativamente la collegialità dei vescovi;
che le chiese locali e le conferenze episcopali abbiano maggiore autono-mia;
che si trovi il modo di consultare le comunità cristiane nella designazione dei loro "pastori" (vescovi e parroci);
che trovino più spazio, anche a livello decisionale, ministeriale, liturgico e pastorale, le donne e tutti i membri del laicato;
che sia dato spazio, nella chiesa di Gesù, agli emarginati ritenuti "pecca-tori": ai divorziati risposati, alle coppie di fatto, agli omosessuali, …;
che sia studiata nuovamente la possibilità di affiancare nel ministero pre-sbiterale a preti celibi anche preti sposati. Mentre si discute e si decide in merito, speriamo di essere considerati validi interlocutori nelle comunità locali e nella chiesa tutta;
che … Le richieste, le speranze (o i sogni?) sarebbero tante!
Preghiamo insieme lo Spirito che spinga noi tutti, discepoli diversi, ma riuniti da Gesù in un’unica chiesa, verso un insieme di comunità testimoni di amore, apertura e disponibilità.
Cordialmente
Il presidente di "VOCATIO"
(Giovanni Monteasi)
Napoli, li 7 Marzo 2013

venerdì 8 marzo 2013

FERMARE LA NOMINA DI VON FREYBERG

FIRENZE-ADISTA. Non solo le riviste cattoliche missionarie e pacifiste animatrici della campagna di pressione alle banche armate – Nigrizia, Missione Oggi e Pax Christi – si schierano contro la nomina del nuovo presidente dello Ior (v. notizia precedente), ma anche la comunità di base delle Piagge di Firenze, che, dopo aver listato a lutto la bandiera della pace che avvolge l’altare della celebrazione eucaristica, lancia un appello aperto alla firma di tutti (può essere sottoscritto inviando una e-mail alla redazione della nostra rivista: info@adista.it).
«Noi non ci stiamo, questa nomina alla presidenza dello Ior, la banca vaticana, è inaccettabile», si legge nel testo redatto da don Alessandro Santoro e dalla Comunità delle Piagge. «Oggi 24 febbraio, nella celebrazione domenicale di Quaresima della Comunità delle Piagge, il drappo della pace che tutte le domeniche riveste l'altare dove insieme si fa memoria dell'amore sine modo di Gesù è listato a lutto. Questo per l'annuncio della nomina alla direzione dello Ior (Istituto Opere Religiose), la banca del Vaticano, del sig. Ernst Von Freyberg, che tra le altre cose è presidente onorario della Blohm+ Voss, società di Amburgo attiva nella cantieristica navale civile e militare, che in questo momento sta costruendo fregate militari per la marina tedesca.
Questa nomina stride in maniera inequivocabile con il Vangelo della pace di Gesù e con il suo messaggio di nonviolenza e stride con la memoria dei 50 anni dell'enciclica “conciliare” Pacem in Terris di Giovanni XXIII dove si afferma “giustizia, saggezza e umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti” e dove si considera la guerra “aliena a ratione”.
Nel comunicato vaticano si legge che questa nomina “è il risultato di profonde valutazioni e di diverse interviste della commissione cardinalizia... che hanno permesso di valutare numerosi profili di alto livello professionale e morale”. Come è possibile che sia stato scelto un uomo coinvolto con l'industria bellica per dirigere la  banca vaticana? Consideriamo questa scelta inopportuna e inaccettabile come quella di mantenere il legame con la Deutsche Bank, che gestiva il sistema di bancomat interno del Vaticano, e che ha l'amaro primato di banca più armata d'Italia.
Io come cristiano e come prete e noi come comunità cristiana non ci stiamo e dalle Piagge facciamo un invito a tutte le comunità cristiane e ai singoli credenti di unirsi a questo nostro appello pubblico ai nostri vescovi di chiedere alla Commissione cardinalizia di vigilanza presieduta dal card. Bertone di rivedere questa nomina e di far chiarezza e ripulitura, se mai sarà possibile, della finanza vaticana da tutte le incongruenze e le zone grigie che la abitano da tanto tempo e restituire alla Chiesa la purezza e l'autenticità del messaggio di amore e di giustizia del Vangelo».

giovedì 7 marzo 2013

DOLCISSIMO E MERAVIGLIOSO PAPA BENEDETTO!

Dolcissimo e meraviglioso Papa Benedetto!
Grazie infinite per la tua splendida e toccante testimonianza umana, un autentico “dono” che ci rende partecipi e pronti a condividere quell’ultimo tratto del tuo cammino da pellegrino su questa terra, forse quello più difficile, perché sguarnito dell’antico vigore nel corpo e soprattutto nello spirito!
L’apostolo Paolo affermava: «Quando sono debole è allora che sono forte …» ed è per questo che il coraggio della tua scelta di “lasciare”, ma comunque di “restare” ai piedi di quella Croce, scandalo e delizia dell’Umanità, ti svela quale Tu sei veramente, come espressione unica e irripetibile della tua essenza semplicemente e straordinariamente umana: un anziano saggio Papa che merita, da parte del suo Popolo, un rapporto fatto di fiducia, Amore, rispetto e riverenza, per la tenera e delicata essenza che Ti contraddistingue.
Permettici di dirti quanto Ti sentiamo, oggi più che mai, vicino a quella schiera di uomini e donne di buona Volontà, desiderosi di amare, perché, con sofferenza, fatica e sacrificio, hanno guadagnato innanzitutto l’Amore di se stessi, la propria autostima, che prima o poi, sicuramente, se è già scritto da sempre nel libro della vita, ha trovato e troverà il suo valore di “senso” nell’Unione con Dio e con i Fratelli, i nostri “compagni di viaggio” per eccellenza, con i quali ricercare, in piena comunione d’intenti, il significato dell’esistenza della Chiesa, senza però annullarsi, senza diventare altro da noi, senza vivere drammaticamente in dipendenza dei nostri “cambiamenti” fisici, psichici, spirituali, che inevitabilmente l’età comporta!!!
Caro Papa, Tu ami la Chiesa e i tuoi sentimenti restano immutati, anzi, risultano migliorati e affinati dal “crogiuolo della prova”, accettata con serenità.
E quanto, ora, dalla tua assenza/presenza potrebbe scaturire di valido, di costruttivo e di positivo per tutti noi, poveri Cristiani in cammino, è intanto la riscoperta di aspetti e di qualità della Tua personalità e della Tua anima grande: in piena coscienza, caro Papa Benedetto, apprezziamo di Te, più che mai, ancora la guida e l’assunzione responsabile di gioie e dolori, che derivano dalla tua paternità, perché tappa irrinunciabile del tuo cammino vocazionale di Vicario di Cristo sulla terra, per sempre …
Del resto, caro Papa Benedetto, fin dall’inizio di quella sorprendente “avventura” sul soglio di Pietro, iniziata otto anni fa or sono, avventura che si chiama Amore, hai scelto di amare Dio e il suo Gregge in un’accettazione consapevole, che si basa sul rispetto della realtà, ossia di luci e di ombre, di verità aperte e nascoste, di fatti e di situazioni non sempre facili e risolvibili, proprio perché spesso negate, non adeguatamente affrontate e considerate irrazionalmente “non fatti”, non esistenti come tali, a incominciare dalle ferite vergognose della pedofilia, dello strapotere vaticano, del dialogo sofferto tra le diverse confessioni religiose … E altro, altro, altro ancora …
Caro Papa Benedetto, anche Tu ne hai pagato lo scotto altissimo! Forse, pure con il rischio di una totale confusione di ruoli, affetti e legami: è tristissimo chiamarti “Papa emerito” ed è ancora più infelice domandarsi o almeno avere semplicemente il dubbio sull’effettiva presenza di un autentico spirito collegiale accanto a Te! Dove erano tutti gli Eminenti Cardinali nell’ora del Getsemani? Forse dormivano!
Ci hai comunque insegnato, ancora una volta, da sapiente esegeta e biblista quale sei, che il sapersi tirare indietro nel momento opportuno, potrebbe essere quello il giusto e corretto atteggiamento per sperimentare che cosa significhi acquisire il senso vero della vita, di una particolare condizione di vita, e dei rapporti, che nel suo corso si intrecciano secondo un «ordine discreto» dei sentimenti del cuore, come sostiene il profano cantautore De André!
Eppure, caro Papa Benedetto, come ci piace immaginarti tranquillo e sereno nel riposo delle mura domestiche di Castel Gandolfo, magari mentre sorseggi una birra bavarese o suoni il tuo amato pianoforte o ti dedichi alle tue letture predilette …
Papa carissimo, ripuliti da ogni forma di burocratismo clericale, ci piacerebbe ancora vederti, stringerti la mano, salutarti e non pensarti nascosto agli occhi indiscreti del mondo, al di là del muro!
Di Te, ci rimarranno, comunque e sempre, i tuoi preziosi scritti, i sentimenti di Amore e di Amicizia che ancora nutriamo per Te: quelle sono le “perle” preziose, il vero “balsamo” dello spirito, che renderanno, per il momento e il più a lungo possibile, la tua persona viva e presente tra di noi!
Grazie Caro Padre! Ti auguriamo di essere sempre fiducioso e aperto a tutte le belle novità che ogni giorno può offrirti. Apprezza, più di ogni altro bene, la salute fisica e la tua serenità di spirito! Ti Vogliamo un Mondo di Bene!!! Grazie! Grazie! Grazie!
Ai Signori Cardinali, come li chiami Tu, auguriamo: «Buon Conclave!»
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DANIELA VILLA da Montanaso Lombardo.

sabato 2 marzo 2013

IL PAPA E LA CHIESA CHE VORREI.

HO LETTO SU "ADISTA".
Cambiare sì, cambiare no
...alcuni ecclesiastici si sono espressi più chiaramente... l’arcivescovo di Vienna, il card. Christoph Schönborn. In un’intervista al settimanale Profil (17/2) sostiene che qualcosa «è possibile cambiare», distinguendo fra ciò che è «Tradizione» - ovvero «insegnamenti di Gesù» e «trasmissione della fede» - e ciò che è tradizionale. Immagina poi un «potenziale miglioramento» nella «collaborazione dei vertici della curia», perché la «guida della Chiesa mondiale» è «una responsabilità indivisibile» del suo «più alto pastore» e tale è ogni vescovo nella propria diocesi. Allora, secondo l’arcivescovo viennese la domanda è: «chi deve decidere cosa: il singolo vescovo, la comunità di tutti i vescovi o il papa?». Qui qualcosa è da «risistemare».
L’arcivescovo di Lisbona, il card. José Policarpo (Ecclesia, 12/2), pensa che «noi cardinali dovremmo eleggere un uomo più nuovo». «Il nostro sforzo deve essere quello di identificare la persona» che, indipendentemente dalla nazionalità, sia capace di dirigere la Chiesa. «Questo periodo è importante» per discutere il futuro della Chiesa. «È bene che la gente - aggiunge riferendosi agli uomini del futuro conclave, che definisce una «riunione formale» - conversi, si conosca, si ascolti». Policarpo ha già le idee chiare: «Ho alcune persone nella mia testa: la personalità segna molto la funzione».
«Innanzitutto credo che debba continuare quello che ha fatto Benedetto XVI: insegnare il contenuto della fede», dice a Vatican Insider (19/2) il card. Jean-Louis Tauran (in quanto “cardinale protodiacono” annuncerà il nome del nuovo pontefice), ma aggiunge «ci vorrà anche un papa molto aperto al dialogo con le culture e le religioni, che possa effettuare una riforma della Curia verso un maggiore coordinamento nella vita e nelle decisione della Chiesa universale».
Piuttosto precisi i contorni disegnati per il prossimo papa in un’intervista al Corriere della Sera (20/2) dal card. Walter Kasper, già presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani: il nuovo pontefice dovrà vedersela con questioni quali il “primato di Pietro” («questione centrale, nodale nei rapporti ecumenici con gli altri cristiani e in particolare con le chiese ortodosse: non solo "sì" o "no", ma "come" il Papa governa concretamente la Chiesa universale») e la riforma della Curia romana («è fondamentale che sia organizzata in modo più adatto ad affrontare le sfide del nostro tempo. Ci vuole un migliore coordinamento tra i dicasteri, più collegialità e comunicazione»; «e poi bisogna riflettere anche sul ruolo dei sinodi» - che, ricordiamo, sono solo consultivi -, «molti vescovi sono delusi per come vanno» e i temi sono «troppo generici»).
L’agenzia Ecclesia (12/2) ha raccolto anche l’opinione del portoghese card. José Saraiva Martins, già prefetto della Congregazione per la causa dei santi: il prossimo papa deve continuare «il magistero di Benedetto XVI» che è stato «molto chiaro e molto fermo»; deve poi essere «vigoroso», «tra i 60 e i 70 anni», cioè «non vecchio».
Per il card. Antonio Cañizares, prefetto della Congregazione per Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, intervistato dal quotidiano conservatore spagnolo ABC (18/2), è bene che il futuro papa sia «uomo di fede, di preghiera e adorazione, un amico forte di Dio», che «valorizzi moltissimo la liturgia», «promuova e approfondisca il rinnovamento chiesto dal Concilio Vaticano II», che «segua le orme dei suoi predecessori e dia un deciso impulso alla nuova evangelizzazione».
L’indicazione del card. Oswald Gracias, arcivescovo di Mumbai e presidente della Conferenza episcopale indiana, è quella di «continuare l'eredità di Benedetto XVI, a partire dalla nuova evangelizzazione», egli ha lasciato «un chiaro programma», «l'unico modo per affrontare le sfide specifiche di questa epoca: il fanatismo, il materialismo, e anche il relativismo». «Posso ipotizzare – aggiunge – che il prossimo papa sarà più giovane di Benedetto XVI, ma in questo momento la cosa più importante è che sia una persona unica, dalla salda e profonda guida spirituale. E che proclami il Vangelo al mondo senza paura» (AsiaNews, 13/2).
L’arcivescovo di Parigi, card. André Vingt-Trois, ritiene che il prossimo pontefice dovrà avere «soprattutto la capacità di accogliere e comprendere le differenti culture», perché, spiega parlando con Vatican Insider (18/2), «viviamo un paradosso: la globalizzazione si sviluppa, ma proprio per questo rilancia i particolarismi locali. Ci vuole qualcuno di grande apertura di spirito per gestire questa contraddizione».
Secondo il card. Severino Poletto di Torino, la rinuncia di Benedetto XVI segnerà anche i prossimi papati: «Obbligherà i papi del futuro – ha detto a Vatican Insider (18/2) - a coraggiosi esami di coscienza se dovessero invecchiare molto». A parte questo, «la vera sfida urgente che non solo il papa ma tutta la Chiesa deve affrontare – ha sostenuto – è l’affievolirsi della fede nel nostro mondo occidentale. Quando io dico fede non intendo soltanto “credere che Dio c’è”, o “andare a Messa la domenica”, ma conformare al Vangelo, ai comandamenti, alla legge naturale, alla legge positiva divina e alla legge della Chiesa tutti gli aspetti della nostra vita di cristiani».
L’attuale presidente della Conferenza episcopale brasiliana, card. Raymundo Damasceno, si esprime sulla “rosa dei papabili” con la previsione: «esiste la possibilità che il prossimo papa sia brasiliano». Al di là della nazionalità, «credo – ha detto in un’intervista telefonica all’Ansa (12/2) – che l’America Latina sia matura per avere un papa. Siamo una chiesa forte, dinamica».
Intanto, nel dibattito pre-conclave, si sentono affermazioni tipo “il prossimo papa non potrà essere ancora di lingua tedesca”, “non potrà essere di nuovo europeo”, “è il momento di un cardinale del sud del mondo”, “dopo due papi stranieri, sarà il caso di tornare ad un italiano”, e via congetturando. Stoppano questo toto-papa alcuni ecclesiastici, fra cui mons. Juan Antonio Martínez-Camino, segretario della Conferenza Episcopale spagnola, che, sentito dall’agenzia AciPrensa (17/2), si dice convinto che il conclave eleggerà «il migliore» per succedere a papa Ratzinger, senza tener conto di «ragioni circostanziali», ovvero continenti, razza e lingua; e l’arcivescovo di Lima, card. Juan Luis Cipriani (Perù 21, 16/2), secondo il quale «bisogna trovare una persona con l’aiuto di Dio» al di là di «considerazioni geografiche o politiche», ché «stanno fuori del Conclave».
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...SICURAMENTE,AL DI LA DEL FRONTE CHE ELEGGERA' IL NUOVO PAPA,SI TROVERA' DI FRONTE AD UNA MAREA DI PROBLEMI. IO PENSO CHE SARA' IMPORTANTE CHE INNANZITUTTO FACCIA EMERGERE IL SUO PERSONALE "CARISMA" CHE DOVRA' CAMMINARE A BRACCETTO CON LA PRESENZA "COLLEGIALE" DI VESCOVI E CARDINALI,MA SOPRATTUTTO CON L'ASCOLTO DELLA PAROLA DI DIO CHE MAI ZITTISCE ATTRAVERSO LA PRESENZA COSTANTE E FRATERNA DEL "POPOLO DI DIO"!!...E CHE LO SPIRITO NON S'ADDORMENTI AL MOMENTO OPPORTUNO!!
AGOSTINO.

ATTENZIONE:SANGUE E GESSO,PERCHE'....


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