mercoledì 10 febbraio 2021

PROPOSTE PER UNA "POTENZA ITALO/EUROPEA DI PACE"

La Rete italiana Pace e Disarmo ha elaborato un documento con 12 progetti come contributo al processo di formazione del programma “Next Generation Italia”: possono sicuramente essere e diventare  un’occasione per realizzare politiche di “pace e disarmo”.  Sono proposte precise, concrete e realizzabili, per superare la visione nazionale, per una politica estera che guardi all'Italia, ma ancor più all’Europa come “potenza di pace”.


PROPOSTA 1 : Una nuova politica estera che definisca come interesse nazionale il co-sviluppo con i popoli del sud e la soluzione negoziata dei conflitti

PROPOSTA 2 : Spostamento consistente dei fondi dalle missioni militari all’estero verso la cooperazione e gli aiuti allo sviluppo.

PROPOSTA 3 : Inserire come obiettivo del PNRR la riconversione dell’industria militare all’industria civile, con fondi per lo sviluppo locale sostenibile.

PROPOSTA 4: Istituire l’Agenzia Nazionale per la riconversione, dotandola di fondi necessari per ricerche e studi. 

PROPOSTA 5 : Nel fondo per le “strategie territoriali” relativo al territorio del Sulcis occorre considerare come azione prioritaria la riconversione della produzione di armamenti.

PROPOSTA 6 : Promuovere la Difesa Civile non armata e Nonviolenta, riattivando il percorso di discussione e di approvazione della proposta di legge di origine popolare: una riforma organica del sistema di difesa del nostro paese, in ottemperanza con gli articoli 11 e 52 della Costituzione.

PROPOSTA 7 : Inserire nelle opportune Missioni del PNRR le politiche della Difesa civile e nonviolenta che comprenderanno i Corpi civili di pace e l’Istituto di ricerche sulla Pace e il Disarmo e avranno forme di interazione e collaborazione con il Dipartimento della Protezione civile, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ed il Dipartimento per le politiche giovanili e il Servizio Civile Universale.

PROPOSTA 8 : Mantenere il Servizio Civile Universale nell’ambito delle azioni di “Infrastrutture sociali, famiglie, comunità e terzo settore” per valorizzare appieno il ruolo chiave che il Terzo Settore svolge nel sistema del SCU e l’impatto dei giovani volontari nelle comunità. 

PROPOSTA 9 : Potenziamento e stabilizzazione del contingente annuo del Servizio Civile Universale: i 250 milioni chiesti all’Europa che si aggiungono ai 400 stanziati per il 2021 e il 2022 dal Governo devono significare contingenti di 80.000 opportunità all’anno per una stabilizzazione vera.

PROPOSTA 10 : Valorizzazione delle competenze acquisite dai giovani nell’anno di servizio civile universale. L’Italia e l’Unione Europea hanno tutto da guadagnare da giovani generazioni che sono consapevoli delle competenze (civiche, trasversali e professionali) di cui sono portatrici.

PROPOSTA 11 : L’educazione alla pace, alla nonviolenza e al rispetto dei diritti umani venga inserita nei programmi scolastici a tutti i livelli – dall’infanzia all’Università.

PROPOSTA 12 : L’educazione alla pace, alla nonviolenza e al rispetto dei diritti umani abbia uno spazio nella programmazione dei canali radio-televisivi pubblici, prevedendo di inserire nel Consiglio di Amministrazione RAI e la Commissione Parlamentare di Vigilanza della RAI una figura competente per la promozione dell’Educazione alla pace.

martedì 9 febbraio 2021

E' "DIVORZIO" FRA ENZO BIANCHI E LA COMUNITA' DI BOSE

Un'altra clamorosa svolta nel caso che da anni contrappone fr. Enzo Bianchi, fondatore ed ex priore della Comunità di Bose, al resto della comunità. Dopo il Decreto "singolare", del 13 maggio 2020, a firma del cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, e approvato in forma specifica da papa Francesco, con il quale, per gravi motivi comunicati in via riservata ai singoli destinatari, si disponeva, tra l’altro, che fr. Enzo Bianchi si ritirasse dalla Comunità Monastica di Bose, ora padre Amedeo Cencini, delegato pontificio ad nutum Sanctae Sedis e già visitatore apostolico della stessa Comunità, ha emanato il 4 gennaio scorso, un nuovo decreto.

Ne dà notizia lui stesso, con un comunicato di ieri, evidentemente preoccupato di dare il maggiore risalto possibile alla decisione pontificia, affinché questa volta non sia disattesa.

La ragione di questo nuovo intervento pontificio risiede infatti proprio nel fatto che Bianchi avrebbe dovuto, "non oltre il termine di dieci giorni dalla data di notifica del medesimo Decreto (avvenuta il 21 maggio 2020)", trasferirsi "per un tempo indeterminato e senza soluzione di continuità" in un monastero o in altro luogo; eppure, "trascorsi ormai più di otto mesi dalla data in cui fr. Enzo Bianchi avrebbe dovuto eseguire quanto disposto dal Decreto, che aveva accettato per iscritto; dopo non pochi tentativi volti a rendere più agevole a fr. Enzo Bianchi l’obbedienza al Decreto, operati dal Delegato Pontificio, in forza del mandato ricevuto dalla Santa Sede, tenendo conto delle esigenze da lui espresse, nel rispetto della giustizia e, soprattutto, della sofferenza di tutte le persone coinvolte", il trasferimento non è ancora avvenuto. 

La decisione pontificia assunta lo scorso 4 gennaio è questa: poiché Maometto non va alla montagna, ossia Bianchi non lascia Bose, sarà la montagna ad andare da Maometto. E quindi Bianchi dovrà trasferirsi in un altro dei monasteri della comunità, che sarà però scorporato e non potrà più essere considerata una struttura della della Comunità di Bose. La struttura individuata si trova a Cellole di San Gimignano, in provincia di Siena (gli altri monasteri, oltre che a Bose, si trovano a Ostuni, Assisi, Civitella San Paolo e Gerusalemme).

Per questo, "il Delegato Pontificio, sentito il Priore di Bose, Fr. Luciano Manicardi, che ha raccolto anche il parere del Discretorio della Comunità, dopo aver consultato S.E. Mons. Alberto Silvani, Vescovo di Volterra, nella cui Diocesi si trova la Fraternità Monastica di Bose a Cellole, e dopo aver ricevuto il benestare del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha emanato un Decreto (notificato l’8 gennaio) nel quale ha richiesto alla Comunità monastica di Bose di: 1) interrompere a tempo indeterminato i legami con la “Fraternità Monastica di Bose a Cellole”, sita in località Cellole di San Gimignano (SI), la quale pertanto è stata chiusa e non può essere considerata come “Fraternità della Comunità Monastica di Bose”, "fino a quando non si deciderà altrimenti".

Il decreto, datato 8 febbraio, dispone ora che la fraternità di Cellole non potrà più chiamarsi “Fraternità Monastica di Bose”, “Monastero di Bose”, o simili, nella pubblicistica, nella cartellonistica, nei siti internet. Bose, inoltre, dovrà "cedere in comodato d’uso gratuito il complesso di immobili di Cellole a Fr. Enzo Bianchi, che vi si trasferirà entro e non oltre martedì 16 febbraio p.v., avendo già dato il suo assenso al riguardo, assieme ad alcuni fratelli e sorelle che hanno manifestato la propria disponibilità ad andare con lui e si troveranno nella condizione di membri della Comunità Monastica di Bose extra domum".

Si tratta quindi di una "scissione". Il monastero dove si trova Bianchi, che verrà raggiunto da alcun fedelissimi, diventerà una nuova realtà distinta da quella di Bose. Per il resto, sottolinea il decreto, "restano ferme tutte le disposizioni del Decreto singolare del 13 maggio 2020, anche quelle riguardanti gli altri destinatari, ossia fr. Goffredo Boselli, fr. Lino Breda e sr. Antonella Casiraghi", ossia l'ex segretario della comunità, l'ex responsabile della liturgia e l'ex sorella responsabile generale, le tre persone più vicine all'ex priore.

"Si è ritenuto doveroso dare questa pubblica comunicazione - conclude il decreto di padre Cencini - per rendere noto il mutato status della già “Fraternità monastica di Bose a Cellole”, al fine di "evitare qualsiasi confusione e ambiguità in merito".

Immediata, dopo la divulgazione del comunicato di padre Cencini, la reazione della fraternità di Bose: "Dal giugno dello scorso anno, la Comunità ha atteso invano che fr. Enzo Bianchi obbedisse al Decreto singolare del 13 maggio, approvato in forma specifica da papa Francesco che, per il bene della Comunità, disponeva tra gli altri provvedimenti anche il suo allontanamento a tempo indeterminato da Bose e dalle sue Fraternità. In questi lunghi mesi il Delegato Pontificio p. Amedeo Cencini ha operato non pochi tentativi volti a rendere più agevole a Fr. Enzo Bianchi l’esecuzione del suddetto Decreto, agendo secondo la pazienza insegnata dal Vangelo, in forza del mandato ricevuto dalla Santa Sede, nel rispetto della giustizia e, soprattutto, della sofferenza di tutte le persone coinvolte.

Siccome tra le motivazioni addotte da fr. Enzo Bianchi per sottrarsi alla fattiva esecuzione del Decreto e spiegare il suo restare a Bose, nei medesimi locali da lui abitati da oltre un decennio, vi era l’indisponibilità a recarsi in un altro monastero e l’asserita impossibilità a trovare un altro luogo adeguato, la Comunità ha acconsentito alla richiesta suggerita dal Delegato pontificio di rinunciare alla propria Fraternità di Cellole, richiamando a Bose o in altre sue Fraternità i fratelli fino ad oggi presenti a Cellole e cedendo in comodato d’uso quegli immobili, così che fr. Enzo vi si possa trasferire prima dell’inizio della Quaresima, accompagnato da alcuni membri professi che – nella condizione canonica di extra domum ed esonerati dal divieto, disposto dal Decreto singolare, di intrattenere rapporti con fr. Enzo – possano rendere sostenibile la sua permanenza in quel luogo, scorporato ormai “da Bose e dalle sue Fraternità”. Una decisione per noi ardua e carica di sofferenza, ma purtroppo inevitabile e non ulteriormente procrastinabile"

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Da "Adista.it"

martedì 2 febbraio 2021

DAL MONASTERO DI BOSE : LETTERA DI ROBERTA DAPUNT

 Cara umanità.

Non per mio diritto, ma per condivisione, accoglimi in questa lettera. Ho la solitudine dentro e fuori, e tu così lontana qui in mezzo alle parole. Lo spazio tra noi due è un infinito vuoto, la distanza tra l’io e il noi un’estensione tale da non poter essere misurata. Eppure, mentre tu non sai di me, io so di te ogni giorno e ogni notte e ti vedo allo specchio ogni mattina, primo sguardo.

La chiara coscienza è per me guardare dalla finestra. Mi diventa ogni anno più difficile la neve. Direi che stento nelle relazioni sociali con l’inverno. Credo sia per troppa similitudine noi due. Così mi succede che stento ad uscire di casa. Lo guardo dalla finestra, come del resto anche l’estate. Ma è solo dipendenza da me stessa, dell’Io rispetto alle esigenze del mondo esterno, oppure viceversa. Ora, questa è quotidianità di una voce che cerca distanza per mantenere una posizione di centro nei versi che scrive. Al di là, tu. E la tua condizione e le tue qualità, crudeltà e intelletto, fragilità e costanza, la pietà e l’imperfezione. Splendido e triste saperti insieme, imparo nell’accettazione e nel rifiuto. E mi creo a tua immagine e somiglianza, giorno per giorno guardandomi ti comprendo, secondo sguardo.

Il tuo nome, amo il nome semplice delle mie figlie. Ti chiamo Anna e ti chiamo Maria, e poi ti chiamo Giovanni e ti chiamo Elia e posso chiamarti in lingue differenti, differenti radici e affondare la voce, le mani nel tuo sacro terreno e prosperare in confluenze diverse, così diverse da far dimenticare le deformità e le brutture, le tue, quelle che appartengono a te solamente. Aprire le braccia, chiamarti nome per nome e udire rispondermi:

presente, presente, terzo sguardo.

Insieme e col pianto concorde, ti chiedo un pianto solo, tra commozione e dolore la sinfonia di un lamento comune, per comune sentire. E diventare il canto triste degli uccelli a disagio, il suono di uno strumento musicale in mano alla malinconia, il soffio dei venti, quello di tutti i mari, la condivisione delle genti sole e prendere parte al dolore di chi conosce il dolore. Un unico accordo, la nenia di un solo lamento. E capire, capire, quarto sguardo.

E se non sai, se tu non comprendi, io ti perdono, poiché è me che non devo perdonare, io che ogni giorno colmo il mio essere di infelicità propria, la debole coscienza e la superbia nell’atteggiamento di me che mi preoccupo di me stessa, della mia utilità a vantaggio di me soltanto. Inutile stare è fissare il sasso, poiché è vero, non sono diversa da lui. È l’indifferenza la mala pianta di quest’epoca, le radici che hai sviluppato penetrando il suolo dell’estrema povertà, dello squallore e le desolazioni che non hanno conforto, quinto sguardo.

E ancora tu, narrante Io, colei che scrive,

ancora e solamente io, sesto sguardo.

Tu che hai bisogno di una conferma,

in questo specchio l’anima che vedi ti riguarda.

Ti riguarda questo esercizio sterile, la visione di te,

la tua storia. Qui attraverso non sei diverso,

seppure la tua destra diventi sinistra,

luminoso solo se illuminato.

E ti credi altro da te, rovesciata esistenza

e la domanda: cosa guardi? Cosa vedi?

Vedi uno, nessuno e centomila

che si ripetono e si ripetono le storie,

la conoscenza di te in doppia misura,

posta accanto per servire al medesimo scopo

verità e menzogna. Poco oltre le civiltà, i miti,

l’umanità carnefice, i vinti.

E vedi nello specchio entrare la vanità e l’orgoglio,

dallo specchio uscire in triste solitudine entrambi

e malgrado ciò non poterne fare a meno.

È un povero augurio il mio, scarsa previsione di eventi lieti e felici, poiché in questo preciso istante muoiono le genti. Muoiono ora e questo momento non è passato, è adesso. Così finiscono e iniziano da capo i tristi capitoli che non possiedono la chiusa di un tempo. Fino a quale alba faranno la conta dei giorni le processioni dei miserabili? Scorrono, come sangue nelle vene le generazioni eroiche tra i labili attimi di bene. E in queste poche paci, rare assenze di morte, noi che ogni volta ancora, sediamo in uno spazio riservato al pubblico, che da uguale divano in ogni guerra al racconto della storia per minuti proviamo orrore. Esterni uditori di pianti siamo, gli indolenti, settimo sguardo.

Ecco. Io ti auguro di non incontrare l’indifferenza, male peggiore nel corso di qualunque esistenza. Ti auguro commozione, tremore di cuore, scossa. E che le aspirazioni della tua età vedano i figli ridenti nascere, perché il mondo li vuole. Perché davanti a loro tu stirerai qualunque divisa, pulirai le tue scarpe, eretto corpo, rivolgerai lo sguardo in avanti. E che i libri, i libri più adulati diventino scritture rare, dalla loro carta il profumo della tua compassione. Ti auguro di aspirarla, respirarla, in virtù del cuore e ancora di più, della ragione.

RD

I2021       ©Roberta Dapunt - Diritti riservati

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Roberta Dapunt è nata nel 1970 a Badia, dove vive e lavora. Ha pubblicato le raccolte di poesia OscuraMente (1993), La carezzata mela (1999), La terra più del paradiso (Einaudi, 2008), Le beatitudini della malattia (Einaudi, 2013) e Sincope (Einaudi, 2018). Oltre all'italiano ha utilizzato nelle sue opere la lingua ladina.

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