venerdì 28 ottobre 2016

PAPA FRANCESCO

<<L’impegno dei cristiani in questo campo è urgente oggi come in passato. Per guardare solo al secolo scorso, ricordiamo la stupenda figura di santa Francesca Cabrini, che dedicò la sua vita insieme alle sue compagne ai migranti verso gli Stati Uniti d’America. Anche oggi abbiamo bisogno di queste testimonianze perché la misericordia possa raggiungere tanti che sono nel bisogno. È un impegno che coinvolge tutti, nessuno escluso. Le diocesi, le parrocchie, gli istituti di vita consacrata, le associazioni e i movimenti, come i singoli cristiani, tutti siamo chiamati ad accogliere i fratelli e le sorelle che fuggono dalla guerra, dalla fame, dalla violenza e da condizioni di vita disumane. Tutti insieme siamo una grande forza di sostegno per quanti hanno perso patria, famiglia, lavoro e dignità. 
Alcuni giorni fa, è successa una storia piccolina, di città. C’era un rifugiato che cercava una strada e una signora gli si avvicinò e gli disse: «Ma, lei cerca qualcosa?». Era senza scarpe, quel rifugiato. E lui ha detto: «Io vorrei andare a San Pietro per entrare nella Porta Santa ». E la signora pensò: «Ma, non ha le scarpe, come farà a camminare?». E chiama un taxi. Ma quel migrante, quel rifugiato puzzava e l’autista del taxi quasi non voleva che salisse, ma alla fine l’ha lasciato salire sul taxi. E la signora, accanto a lui, gli domandò un po’ della sua storia di rifugiato e di migrante, nel percorso del viaggio: dieci minuti per arrivare fino a qui. Quest’uomo raccontò la sua storia di dolore, di guerra, di fame e perché era fuggito dalla sua Patria per migrare qui. Quando sono arrivati, la signora apre la borsa per pagare il tassista e il tassista, che all’inizio non voleva che questo migrante salisse perché puzzava, ha detto alla signora: «No, signora, sono io che devo pagare lei perché lei mi ha fatto sentire una storia che mi ha cambiato il cuore ». Questa signora sapeva cosa era il dolore di un migrante, perché aveva il sangue armeno e conosceva la sofferenza del suo popolo. Quando noi facciamo una cosa del genere, all’inizio ci rifiutiamo perché ci dà un po’ di incomodità, «ma… puzza…». Ma alla fine, la storia ci profuma l’anima e ci fa cambiare. Pensate a questa storia e pensiamo che cosa possiamo fare per i rifugiati.>>
Dall'Udienza Generale di Mercoledì, 26 ottobre 2016

BARRICATE, PAURA E IDIOZIA

La rivolta del paesotto del Ferrarese contro dodici donne e otto bambini è stata definita dalla curia
una «notte ripugnante». Non si potrebbe chiamare altrimenti. Tra questa brava gente di Gorino, paese fino ad oggi assolutamente sconosciuto, è risuonato il grido degli ultimi venticinque anni del glorioso regno di Padania:<<Abbiamo paura!>>
Paura di dodici donne, tra cui una incinta, e otto bambini? Eh già, ma poi arrivano i padri, i mariti, i
fratelli e con loro i criminali, gli imam e poi i tagliagole dell’Isis… La stampa e i sociologi all'inizio scrivevano che i migranti delinquono perché sono senza famiglia, allo sbando. Se invece
le famiglie si riuniscono, dilaga la poligamia. Se arrivano uomini, sono potenziali terroristi. Se
arrivano le donne, sono avanguardia di un’invasione. Ma se tutti questi difensori del campanile e dell’orto di casa avessero avuto il coraggio di dire che provano disgusto per neri, marocchini,
siriani e qualsiasi altro alieno perché è alieno, punto e basta, tutto sarebbe più onesto e più semplice.
E invece no, mica sono razzisti, loro. Hanno paura.
Ma avranno provato a immaginare la paura di quelle donne e quei bambini quando, sopravvissuti a
deserti e tempeste, venivano sballottati tra autobus e caserme dei carabinieri?
Certo, tutti a singhiozzare davanti al corpicino sulla spiaggia. Però, che questi orrori restino là, a qualche migliaia di chilometri dai nostri paesini operosi, o sulle remote spiagge di Sicilia, perché qui non li vogliamo, i loro bambini. E così, grazie alle mitologie della paura, la parola “profugo”, che significa una persona che fugge, una vittima, è diventata sinonimo di minaccia. Di fronte alla quale, chiunque si barrica in casa e afferra, per ora solo metaforicamente, lo schioppo.
Ma tutto non finisce qui. Nell’unica chiesa del paese è comparso un cartello, sia dentro che fuori con l’invito «Tornatevene nel vostro califfato».«Visto che noi siamo, per voi, infedeli - recita il cartello -: ma perché non ve ne andate nel vostro califfato di Iraq con il santo Califfo El Bagdadi, il quale vive di armi e uccide a tutto spiano coloro che non sono sunniti?».
Sul cartello, inoltre, sopra la scritta contro i musulmani campeggia un simbolo arabo, la ‘N’, e sotto una didascalia spiega: «Questa rappresenta la ‘N’ araba e significa ‘Nazzareno’, termine con cui il Corano indica i seguaci di Gesù di Nazareth. Questo segno è stato posto sulle case dei cristiani del califfato di Iraq, i quali sono stati costretti ad andarsene di casa, sono stati uccisi, costretti a cambiar fede, le donne rese schiave vendute e stuprate e violentate da quelli assassini. Noi siamo “orgogliosamente” dei ‘Nassarah».
Difesa delle proprie radici di fede già minacciate in altri paesi? NO! Perfetta idiozia di quanti stanno al gioco di chi costruisce muri e barriere. Di chi scarica su quelli che non conoscono  la disoccupazione, la precarietà, la frustrazione, la solitudine o la mancanza di prospettive. Attenzione perché questo è il frutto avvelenato e letale che nasce dal cedimento dei vari politici di turno e dalla voracità delle banche che dettano le regole del mercato capitalista globale. Forse bisognerà riproporre quella vecchia, ma sempre attuale domanda:<<Avere o essere?>>.

giovedì 27 ottobre 2016

Roberto Baggio

<<L'atteggiamento di fondo della mia vita è stata la passione. Per realizzare i miei sogni ho agito sempre spinto solo dalla passione. La passione muove ogni cosa, è una forza davvero straordinaria.>>


 

Stephen Hawking

<<Per quanto difficile possa essere la vita, c'è sempre qualcosa che è possibile fare. Guardate le stelle invece dei vostri piedi.>>

martedì 25 ottobre 2016

“Imagine”: progetto Unicef per i rifugiati

Shakira, David Guetta, Adam Lambert, Kate Perry, attori e campioni dello sport hanno inscenato un duetto virtuale con John Lennonmentre esegue il suo brano più famoso: Imagine. Assieme a loro ci sono orchestre, bande musicali, fratelli gemelli, studenti, fans di Lennon riuniti al Central Park di New York, ma anche l’ex segretario Onu, Ban Ki Moon.

Samantha Cristoforetti, la prima astronauta italiana e la cantante Arianna hanno rappresentato l’Italia in questo progetto lanciato dall’Unicefa favore dei bambini rifugiati. Yoko Ono, moglie di John Lennon, ha concesso l’utilizzo del brano che è stato cantato da migliaia di persone in 120 paesi del mondo come contributo all’azione umanitaria dell’agenzia Onu nei confronti dei bambini rifugiati.

David Guettadj e produttore discografico è stato uno degli ideatori del progetto e ha spiegato perché la scelta di Imagine: «John Lennon ha immaginato un mondo diverso ora è il tempo di farlo questo mondo, soprattutto per i bambini in fuga che hanno il diritto di studiare, vivere felice e di vivere sicuri». Con questo video l’Unicef, che quest’anno celebra il 70mo della sua fondazione, ha voluto portare alla ribalta della cronaca le storie dei 28 milioni di bambini che nel mondo sono stati cacciati dalle loro case a causa di conflitti e carestie.

Il video proiettato in anteprima a conclusione dell’assemblea generale è frutto di due anni di lavoro in cui attraverso una app persone comuni e grandi star hanno inciso la loro voce sulle note di Imagine a sostegno dei progetti Unicef. Dall’Armenia alla Colombia, all’Antartide e persino dallo spazio con la nostra Samantha, sono arrivati i contributi per questa mega produzione.

BELLISSIMO!


Sta facendo il giro del mondo la foto che una mamma ha postato su Facebook dopo che il proprio figlio, affetto da autismo, ha incontrato il cane addestrato per lui da una Ong statunitense. Per la prima volta, scrive la donna, in lacrime nella foto mentre il piccolo si sdraia sul cane per leggere un tablet, il piccolo Kainoa di cinque anni ha una interazione affettiva, mentre normalmente non sopporta di essere toccato.
"Questa foto - scrive la mamma, Shanna - cattura il volto di una mamma che vede il proprio figlio, che non può abbracciare, lavare, vestire e toccare, che si sdraia liberamente sul proprio nuovo cane, con un attaccamento intenzionale".
Il cane è stato fornito dopo due anni di addestramento dalla Ong Four Paw for Ability, specializzata nel preparare animali in grado di aiutare bambini e adulti con disabilità. La foto, postata sul profilo Facebook Love What Matters, ha quasi 300mila condivisioni e 750mila 'mi piace'. "Come mamma ho visto innumerevoli momenti dolorosi, e ho pianto innumerevoli volte - continua Shanna -. Ieri tuttavia ho pianto per ragioni diverse.
E' un'emozione indescrivibile. In qualche modo grazie a Tornado ho la sensazione che tutto andrà bene". (Ansa)

domenica 23 ottobre 2016

L'importante è...

Semina, semina:
l'importante è seminare.
Un po', molto,
tutto il grano della speranza.
Semina il tuo sorriso,
perché tutto splenda intorno a te.
Semina la tua energia,
la tua speranza,
per combattere e vincere
la battaglia quando sembra perduta.
Semina il tuo coraggio,
per risollevare quello degli altri.
Semina il tuo entusiasmo,
per infiammare il tuo prossimo.
Semina i tuoi slanci generosi,
i tuoi desideri, la tua fiducia, la tua vita.
Semina tutto quello che c'è di bello in te,
le più piccole cose, i nonnulla.
Semina, semina e abbi fiducia,
ogni granellino arricchirà
un piccolo angolo della terra.

OTTAVIANO MENATO
da:"Spalanca la finestra"

Comunicato Stampa dalla Comunità di Sant'Egidio

Unesco: “Negata la verità storica sul Monte del Tempio di Gerusalemme. La città santa per ebraismo, cristianesimo e islam non sia strumentalizzata a fini politici”.
La Comunità di Sant’Egidio disapprova la recente risoluzione della Commissione dell’Unesco “Programme and External Relations” sulla “tutela del patrimonio culturale della Palestina e il carattere distintivo di Gerusalemme Est”. La scelta di usare esclusivamente la denominazione “Nobile santuario”, che in arabo indica la moschea di Al-Aqsa, e ignorare il termine ebraico “Monte del Tempio”, contraddice la vocazione dell’organismo internazionale deputato a tutelare il patrimonio culturale del mondo, denotando finalità politiche.

Il testo, adottato dalla Commissione dell’Unesco, nonostante la perplessità della stessa Direttrice generale, Irina Bokova, nega il legame millenario del popolo di Israele con i luoghi dove sorgeva il Tempio. In questo modo, oltre ad offendere la sensibilità religiosa di milioni di ebrei, vengono ignorati elementi storici e archeologici inconfutabili, che non mettono in discussione la santità della stessa area per i credenti delle altre religioni. Gerusalemme, il cui nome significa “città della pace”, non sia più strumentalizzata a fini politici, ma diventi luogo di incontro e coabitazione in una rinnovata ricerca della pace che passi attraverso il necessario dialogo tra cristiani, ebrei e musulmani.

sabato 22 ottobre 2016

ENZO BIANCHI

"Di fronte ai totalitarismi e agli eventi tragici vissuti nel secolo scorso, ma anche a eventi disumani che si rinnovano nei nostri giorni, sembra sorgere quasi spontanea la domanda: “Dov’è Dio? Perché non interviene?”. Se Dio tace, o meglio, sembra tacere e fare silenzio, è solo perché non c’è nessuno che lo ascolta e lo interroga, come ha osservato con finezza Massimo Cacciari. D’altronde, una grande lezione l’aveva già data Primo Levi, lui non credente, che non si domandava come Elie Wiesel, credente, dov’era Dio ad Auschwitz, ma piuttosto dov’era l’uomo: dov’è andata a finire l’umanizzazione nella Shoah? Come ha potuto l’uomo diventare aguzzino e annichilire a tal punto l’altro, l’uomo suo fratello?
Il vero problema non è dunque il silenzio di Dio, ma il non ascolto dell’uomo, del credente. Il Signore non si nasconde per metterci alla prova, per saggiare se lo amiamo o no: chi conosce la sofferenza, la fatica del dubbio, non può pensare che sia Dio a volere questo! La notte, l’oscurità della fede, il silenzio di Dio sono solo aspetti dell’enigma del male: siamo creature fragili e capaci di peccare, e il nostro peccato inizia proprio con il non ascolto di Dio… Ecco perché la prova, la sofferenza può essere senza Dio: questo è solo un aggravamento del male, della prova, ma com’è vero che Dio non vuole la nostra sofferenza, così non vorrebbe mai aggravarla con il suo silenzio e la sua assenza. La nostra strada di uomini e donne è un cammino a volte nella notte fonda, a volte nella nebbia, perché non sappiamo vedere bene, non sappiamo ascoltare bene. Il silenzio di Dio accolto come nostro non ascolto, come nostra sordità, fa parte del nostro cammino faticoso, del mestiere di vivere da umani e da cristiani." 

venerdì 21 ottobre 2016

Joseph Moingt

“Non è l'attuale divisione tra tradizionalisti e innovatori conciliari, per quanto deplorevole, ma pur sempre semplice incidente della storia, quella che deve attirare la nostra attenzione. È alla separazione tra clero e laici che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione: una separazione strutturale, che costituirebbe una intollerabile divisione della Chiesa, estranea al Vangelo, se fosse accettata tale e quale, senza essere controbilanciata da uno spirito, uno spazio, una struttura di cooperazione tra gli uni e gli altri” 
“Non si può dimenticare che il Nuovo Testamento conosce un solo sacerdozio, comune a tutti i cristiani, unica base della vita della Chiesa per i primi due secoli della sua esistenza, mentre un sacerdozio consacrato al culto è stato istituito nel III secolo, nella totale dimenticanza del sacerdozio comune a tutti i battezzati, a cui quel nuovo sacerdozio ha tolto la parola e di cui ha soppresso ogni attività”

martedì 18 ottobre 2016

LA POVERTA' COLPISCE I GIOVANI

Il vecchio modello italiano di povertà, che vedeva gli anziani più indigenti, non è più valido: oggi la povertà assoluta risulta inversamente proporzionale all'età, cioè diminuisce all'aumentare di quest'ultima. Lo rivela il Rapporto 2016 della Caritas su povertà ed esclusione sociale. La persistente crisi del lavoro ha infatti penalizzato e sta ancora penalizzando soprattutto i giovani e giovanissimi in cerca di di occupazione e gli adulti rimasti senza impiego.

Secondo il rapporto, inoltre, sono soprattutto gli stranieri a chiedere aiuto ai Centri di Ascolto della Caritas, ma per la prima volta, nel 2015,al Sud la percentuale degli italiani ha superato di gran lunga quella degli immigrati. Se a livello nazionale il peso degli stranieri continua a essere maggioritario (57,2%), nel Mezzogiorno gli italiani hanno fatto il 'sorpasso' e sono al 66,6%. I centri Caritas sono 1.649, dislocati su 173 diocesi. 
Ansa


lunedì 17 ottobre 2016

Giacimenti di umanità

Mesi fa nelle lettere al giornale un lettore di un quotidiano nazionale, ponendo questioni circa le questioni finanziarie e le conseguenti difficoltà per tante famiglie e lavoratori, osservava: “Ragioniamo tanto dell’esaurimento dei giacimenti petroliferi, ma che diciamo del rischio dell’esaurimento dei giacimenti di umanità?” intendendo con questa espressione il termine <persone>. E il giornale rispondeva, prima di passare alle questioni riguardanti le indicazioni per scelte di consumo e risparmio adeguati a contenere l’invadenza dei mercati: “ L’esaurimento dei «giacimenti di umanità» è una bellissima immagine. Nella nostra infanzia l’influenza degli agenti produttori di etica e capitale sociale (scuola, chiesa e famiglia) era molto superiore a quella di oggi e purtroppo le nuove generazioni sembrano inebetite in un capriccioso presente, incapaci di progettare futuro”.
Questa immagine dei giacimenti di umanità, come degli <agenti produttori di etica e capitale sociale> fa pensare, ancora una volta, all’importanza della cultura, della formazione e dell’educazione nell’attuale società, pur disorientata dalla tecnologia.
Una considerazione ritengo utile. E cioè l’urgente necessità di investire e agire nel settore educativo, ripristinando (con modalità e forme adeguate ai tempi) gli <agenti produttori di etica e capitale sociale> che, collaborando, sappiano fornire occasioni di socializzazione e di formazione per sottrarre tanti ragazzi alla noia, al nulla, al nonsenso, a deviazioni ideologiche che li possono catturare nel deserto culturale di questo presente. Deserto culturale che sembra impossessarsi anche dell’Europa che rischia di abbandonare, non solo le sue radici cristiane, ma addirittura quelle dei lumi e del rinascimento, quelle dei pensieri forti.
Un tempo erano soprattutto gli oratori i luoghi di incontro, formazione, esperienza di relazioni. La stessa scuola svolgeva sovente un ruolo di accompagnamento della famiglia, e insegnava alcuni valori civili. Poi esisteva un associazionismo, sociale o sportivo che fosse, per incanalare verso impegni positivi.
Esperienze negative ne esistevano, e non tutto funzionava a meraviglia; ma c’era anche un controllo sociale e l’offerta di percorsi che portavano a comprendere cosa fosse meglio evitare. Nel tempo la società è cambiata, ha assunto un maggiore respiro, è più libera e rispettosa e meno escludente (almeno a parole). E questo è positivo.
Purtroppo si vedono però troppi esempi di violenza, di chi sfascia stadi, vetrine, reagisce in modo violento agli immigrati, usa frasi più che volgari sui social, alimenta la religione dei muscoli, è prigioniero di risentimenti e arroganza, e spettacoli che inneggiano all’uso di armi. Forse è venuto il momento di inventare nuovi strumenti che diffondano slogan, proposte, letture, progetti che siano positivi, pieni di contenuti. Proposte e iniziative civili preziose, proposte teatrali perché anche il palco è occasione di crescita culturale, tanti momenti realizzati dalle scuole, le numerose iniziative turistico-folkloristiche dei Comuni del territorio, l’impegno nelle organizzazioni di volontariato: però sono opportunità che pochi raccolgono. Ci deve essere una offerta capillare e diffusa, che “semini” voci ed esperienze di civismo, solidarietà, nonviolenza, donazione.
Ma temo che la scuola, con tutti i problemi che la attraversano, non ce la faccia. E la famiglia, ormai da tempo è troppo sola: quando c’è. Perché a volte manca anche la famiglia. E la Chiesa riesce a far funzionare all’onor del mondo solo pochi centri. Gli oratori del territorio e aperti più di un paio d’ore la settimana, che io sappia, non sono che cose rare. E ai <giacimenti di umanità> chi pensa? E’ l’ora di riprendere in mano quello denominato <progetto educativo> che veda tutte le agenzie educative (da quelle sportive a quelle religiose a quelle culturali) convergere, allearsi, e fare rete.
Estratto di Carlo Baviera su "Appunti Alessandrini"

QUANDO ANCHE IL CROCIFISSO PUO' SERVIRE...

Ci sono «questi che da una parte vogliono difendere il cristianesimo in Occidente e dall’altra parte sono contro i rifugiati e le altre religioni». È una «contraddizione», è «ipocrita dirsi cristiano e cacciare via un rifugiato», lo vediamo «ai telegiornali tutti i giorni».
Con chi ce l’aveva papa Francesco quando l’altro ieri ha risposto così alle domande dei giovani luterani tedeschi in pellegrinaggio a Roma? Il papa non fa nomi, si dice il peccato ma non il peccatore. Ma il pensiero corre subito ai deputati leghisti che vorrebbero affondare le barche dei migranti – anzi, dei «clandestini» – e chiudere tutte le moschee, ma che hanno da poco presentato in Parlamento una proposta di legge per affiggere «in luogo elevato e ben visibile» il crocifisso («emblema di valore universale della civiltà e della cultura cristiana, elemento essenziale e costitutivo e perciò irrinunciabile del patrimonio storico e civico-culturale dell’Italia») in tutti i luoghi pubblici: non solo nelle solite aule scolastiche, anche nelle università e nelle accademie, negli uffici delle pubbliche amministrazioni e degli enti locali, nelle aule consiliari regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali e delle comunità montane, nei seggi elettorali, nelle carceri, nei tribunali, negli ospedali, persino nelle stazioni, nelle autostazioni, nei porti e negli aeroporti. E per chi lo «rimuova in odio ad esso» oppure «rifiuti» di esporlo, multe salate: da 500 a 1.000 euro.
 Luca Kocci, in “il manifesto” del 15 ottobre 2016

martedì 11 ottobre 2016

AUGURI AL MONDO EBRAICO PER LO YOM KIPPUR

Il dieci del mese di Tishrì cade lo Yom Kippur, giorno considerato come il più sacro e solenne del calendario ebraico.
E’ un giorno totalmente dedicato alla preghiera e alla penitenza e vuole l’ebreo consapevole dei propri peccati, chiedere perdono al Signore. E’ il giorno in cui secondo la tradizione Dio suggella il suo giudizio verso il singolo.
Se tutti i primi dieci giorni di questo mese sono caratterizzati dall’introspezione e dalla preghiera, questo è un giorno di afflizione, infatti nella Bibbia (Levitico 23,32) è scritto “voi affliggerete le vostre persone”. E’ un giorno di digiuno totale, in cui ci si astiene dal mangiare, dal bere e da qualsiasi lavoro o divertimento e ci si dedica solo al raccoglimento e alla preghiera; il digiuno che affligge il corpo ha lo scopo di rendere la mente libera da pensieri e di indicare la strada della meditazione e della preghiera.
Prima di Kippur si devono essere saldati i debiti morali e materiali che si hanno verso gli altri uomini. Si deve chiedere personalmente perdono a coloro che si è offesi: a Dio per le trasgressioni compiute verso di Lui, mentre quelle compiute verso gli altri uomini vanno personalmente risarcite e sanate.
Ci si deve avvicinare a questo giorno con animo sereno e fiduciosi che la richiesta di essere iscritti da Dio nel “Libro della vita”, sarà esaudita. La purezza con cui ci si avvicina a questa giornata da alcuni è sottolineata dall’uso di vestire di bianco.
Kippur è forse la più sentita tra le ricorrenze e anche gli ebrei meno osservanti in questo giorno sentono con più forza il loro legame con l’ebraismo. Un tempo, gli ebrei più lontani venivano detti “ebrei del Kippur” perché si avvicinavano all’ebraismo solo in questo giorno.
L’assunzione della responsabilità collettiva è un altra delle caratteristiche di questo giorno: in uno dei passi più importanti della liturgia si chiede perdono dicendo “abbiamo peccato, abbiamo trasgredito….”. La liturgia è molto particolare e inizia con la commovente preghiera di Kol Nidrè, nella quale si chiede che vengano sciolti tutti i voti e le promesse che non possono essere state mantenute durante l’anno.
Questa lunga giornata di 25 ore viene conclusa dal suono dello Shofàr, il corno di montone, che invita di nuovo al raccoglimento, e subito dopo dalla cerimonia di “separazione” dalla giornata con cui si inizia il giorno comune.

Da www.ucei.it (unione delle comunità ebraiche italiane)

SIGNORE, TU SEI VITA

Signore, Tu sei vita.
Tu ci dai e ci conservi la vita.
In Te noi viviamo.

Signore, Tu sei la luce.
Tu ci illumini e ci rallegri con la tua luce.
In Te noi vediamo.

Signore, Tu sei la gioia.
Tu ci inviti a condividere la tua gioia.
In Te noi siamo felici.

Signore, Tu sei la speranza.
Tu tracci e raddrizzi i nostri sentieri.
In Te noi possiamo andare avanti.

Signore, Tu sei amore.
Tu ci inviti a vivere nell'amore.
In Te noi possiamo amare.

Che Tu sia lodato oggi e per sempre.
Amen!

ANONIMO 
in "Al di là delle barriere",Cevaa, 1995


Cuori violenti. 
La cronaca quotidiana ne è piena. Violenza brutale. Violenza che invade il cuore di adulti, adolescenti, giovani ragazzi, maschi e femmine, maggiorenni e minorenni,... Situazioni di vita dove l'incapacità di riconoscere il limite e anzi la voglia di superarlo fa nascere rabbia e si trasforma in aggressività, odio, profanazione delle regole della convivenza umana, in energia distruttiva. Individui smarriti, dal cuore indurito e privi della capacità di interpretare e orientare in senso positivo l'universo dei loro sentimenti. Incapaci di chiedersi che senso ha e cosa ne sto facendo di questa rabbia.
Da dove nascono i cuori violenti? La risposta ce la dà una poesia di Dorothy Law Nolte: ‘ i bambini imparano quello che vivono’. Già, cosa vivono i ragazzi oggi? La domanda interroga la società, la politica, i servizi educativi, la scuola, le famiglie. Perché di questo analfabetismo dei sentimenti dobbiamo farci carico e mettere in atto riposte. Trovare strategie da condividere con urgenza. La responsabilità richiede un investimento culturale e politico di lotta alle povertà educative, sostegno alle fragilità genitoriali, investimento sugli orientamenti educativi, attivazione di mondi e occasioni per la crescita della vita emotiva. L'analfabetismo dei sentimenti è la sfida educativa prioritaria perché i cuori violenti pulsano anche di emozioni e sentimenti positivi, che esistono e vanno coltivati perché i giovani e i ragazzi sono il nostro futuro, ma anche il nostro presente.
I sentimenti violenti possono tradursi in razzismo, omofobia, bullismo e persino in terrorismo interpersonale dove la vita emotiva è ignorata o addirittura ritenuta un’interferenza negativa nei processi di apprendimento. A scuola, così come in famiglia, ma anche tra gli amici, l'intelligenza del cuore è spesso nascosta o soffocata, fino a perdersi del tutto. E con essa il rispetto, l'ascolto, il dialogo con sé stessi e con gli altri.
Bisogna ricominciare ad aver cura della propria vita emotiva, per saper ascoltare, riconoscere, dare un nome (gli alfabeti dei sentimenti) a ciò che proviamo. E quindi assumere la responsabilità delle scelte che si compiono in conseguenza di ciò che si prova. Il vero nodo non è quello di provare un sentimento, anche di rabbia, di odio, ma quello di scoprirne il senso. Solo così potremo decidere che cosa scegliamo di farne...E questo a partire dagli adulti!
Estratto di Vanna Iori in “l'Unità” del 11 ottobre 2016

Michel de Montaigne

"Le cose non sono tanto dolorose o difficili di per se stesse: è la nostra debolezza e la nostra viltà che le rendono tali."


PACE E GIUSTIZIA MARCIANO INSIEME.

"Dobbiamo osare di più. Imparare il coraggio di avere più coraggio": e' l'appello che don Luigi Ciotti ha lanciato partecipando alla Marcia della pace Perugia-Assisi. "Se c' e' una malattia veramente mortale - ha detto il fondatore di Libera -, anche rispetto ai problemi di casa nostra, credo sia la rassegnazione, la delega e l'indifferenza. Non basta commuoverci ma bisogna muoverci di più tutti. Sono 250 milioni i ragazzi che vivono per le strade. Ogni ora che trascorreremo circa 800 bambini muoiono di fame, stenti e malattie sulla faccia della terra. Abbiamo quindi bisogno di fermarci, di interrogarci. Di fare meno parole e più fatti. Abbiamo troppi cittadini a intermittenza nel nostro Paese mentre dobbiamo essere più responsabili. La pace - ha concluso don Ciotti - ha bisogno di ciascuno di noi".

ACCOGLIENZA, MA A PATTO CHE...

Padre Riffard non potrà più accogliere per la notte migranti e senza fissa dimora nella sua chiesa di Sainte-Claire de Montreynaud, nel dipartimento della Loira. Da domani, ha stabilito il prefetto di zona, nessun richiedente asilo o clochard potrà trovare rifugio notturno all’interno dell’edificio religioso in cui il parroco di 71 anni ospitava circa 80 persone in condizioni difficili. Secondo le autorità transalpine, l’edificio non risponde ad alcune norme di sicurezza, in particolare, non sarebbe dotato di una porta tagliafuoco. Ad annunciarlo è stato lo stesso padre Riffard durante la messa domenicale. Secondo le disposizioni impartite dal prefetto i migranti potranno ripararsi per tutto il giorno all’interno ma non potranno più restarci a dormire per la notte.
L’avviso è chiaro: in caso di trasgressione l’edificio religioso verrà immediatamente chiuso.
E però padre Riffard non si scoraggia. Anzi, dice di aver trovato una soluzione alternativa per almeno 50 rifugiati. Ma da domani almeno venti di loro sono senza tetto.

lunedì 10 ottobre 2016

QUANDO IL PASSATO E IL DIMENTICATO ILLUMINANO IL PRESENTE

Da un po' di tempo nella Chiesa si parla spesso di Cina. Lo stesso Papa Francesco ha espresso il suo desiderio di poter visitare la Chiesa di Cina. In uno degli ultimi numeri della rivista dei gesuiti, «La Civiltà Cattolica», esattamente nel numero del 10 settembre scorso, Nicolas Standaert, si è addentrato nello spazio cattolico della Cina tra il 1600 e il 1700. Il titolo: «Grandi personaggi della Chiesa primitiva in Cina». Con un sottotitolo significativo: «Il ruolo delle comunità cristiane».  Il cristianesimo cinese, anche se illustrato da nomi famosi, è un fenomeno, comunque marginale. Alla morte di Matteo Ricci (1610) c’erano in Cina 2.500 cristiani. Intorno al 1700 erano diventati 200 mila su una popolazione tra i 150 e i 200 milioni di abitanti. Anche in seguito i cristiani in Cina sono rimasti una esigua minoranza. Gli stessi sacerdoti non sono mai stati numerosi. Sempre alla morte di Matteo Ricci erano soltanto 16. In seguito, lungo il 1600, i preti diventarono una quarantina per salire a 140 all’inizio del ’700, con l’arrivo di missionari dall’Europa. Sicuramente un'impronta decisiva alla presenza della fede cristiana in Cina è stata data sia da missionari europei che hanno vissuto in Cina, a cominciare da Matteo Ricci, ma anche e soprattutto da cinesi celebri che si sono convertiti al cristianesimo: gente comune, spesso analfabeta, che costituiva il tessuto di base delle comunità cristiane cinesi. E in effetti le comunità sono state tenute insieme da quelli che l’autore chiama «rituali efficaci», cioè da riti che celebrano feste cristiane, ricorrenze di santi, e dalla preghiera comunitaria.  Il prete passava in particolare per celebrare i sacramenti, ma non è stato lui la figura di riferimento. Le figure di riferimento sono da sempre i laici che hanno avuto il compito di assicurare la sopravvivenza della comunità con il battesimo, e la sua vitalità con riti, feste, preghiere.
Di questa Chiesa di Cina abbiamo sempre un po' avuto una visione come di una Chiesa marginale, costretta a vivere una situazione d’emergenza. Ma ciò che è interessante è che quella Chiesa ha saputo supplire quello che manca - ad esempio l’Eucaristia  - con un sovrappiù di quello che c’è: le devozioni, le preghiere, le attività caritative e, bisogna aggiungere, la formazione e le varie aggregazioni interne. Sarà forse troppo cinese tutto questo, ma c’è anche qualcosa di genuinamente ecclesiale, comunitario che è esportabile fuori di quel tempo e fuori di quello spazio. E tutto questo è, per un credente di oggi, qualcosa di molto incoraggiante, nonostante tutto. Si dice che la storia è «maestra di vita». Maestra di vita non solo per i singoli, ma anche per la Chiesa, e in particolare per la nostra Chiesa occidentale, spesso così dimessa e talvolta così rassegnata, impantanata nei suoi tradizionali clericalismi e alla ricerca di forme innovative e particolari, ma troppo spesso poco evangeliche.

sabato 8 ottobre 2016

DA PERUGIA AD ASSISI IN E PER LA PACE


DIO NASCOSTO

Dio nascosto, eterno, immenso, misericordioso,
al di fuori del quale non c'è alcun altro Dio.
Tu sei grande e degno di ogni lode.
La tua forza e la tua grazia sostengono l'universo!
Tu, Dio della fedeltà senza menzogna, giusto e vero,
hai eletto Abramo, tuo servo devoto,
come padre di molti popoli
e hai parlato attraverso i profeti.
Il tuo Nome sia santificato e glorificato in tutto il mondo,
e sia fatta la tua volontà, ovunque vivano gli uomini,
Dio vivo e buono, ascolta la nostra preghiera:
grande è diventata la nostra colpa.
Perdona a noi figli di Abramo le nostre guerre,
le nostre inimicizie, le nostre reciproche cattiverie.
Liberaci da ogni miseria e donaci la pace,
Benedici, Signore del nostro destino,
i governanti e i capi delle nazioni,
affinché non bramino potere e prestigio,
ma agiscano con responsabilità per il bene
e la pace degli uomini.
Guida le nostre comunità religiose e i loro capi,
affinché non si limitino ad annunciare,
ma vivano essi stessi il messaggio di pace.
Ma a noi tutti, e anche a chi non è dei nostri,
dona la tua grazia, la tua misericordia e ogni bene,
e guidaci, Dio dei vivi,
sulla retta via che porta alla tua gloria eterna.

Hans Küng

martedì 4 ottobre 2016

UN PENSIERO COLORATO


OSCAR WILDE

<<Il mistero dell'amore è più grande del mistero della morte.>>



UNA BELLA NOTIZIA...TONDA E IN BIANCO E NERO!

Lamina, originario dal Gambia, ha 17 anni, ha perso il papà quando ne aveva cinque e la mamma quando ne aveva 12. A 16 anni ha deciso di andare via dal suo Paese e così poco più che adolescente ha iniziato un cammino che lo ha portato fino a Firenze. A piedi, da solo e senza soldi.
Quella di Lamina è una delle tante storie dei calciatori del Teatro del Sale Football club, la squadra composta da 10 italiani e tredici extracomunitari. Che c'è di strano in una squadra di calcio fondata da 10 italiani e 13 extracomunitari? Vista l'attuale composizione di molte squadre di serie A siamo quasi nella norma. Questa invece è una squadra speciale: i giocatori non italiani sono tutti profughi che hanno trovato asilo a Firenze, e che ha lo scopo di favorire l'integrazione attraverso lo sport. Nella rosa anche Uva, centrocampista nigeriano, Francis, difensore centrale ghanese ma anche il docente universitario Neri Binazzi, Neri Calamai, promotore dell'iniziativa e Niccolò, studente universitario che della squadra è anche il capitano. Allenatore Michelangelo, palermitano: una storia di inclusione sociale che vede questi ragazzi allenarsi insieme per ora due volte a settimana. La squadra parteciperà al campionato AICS B2 e giocherà le partite in casa al Velodromo delle Cascine. I ragazzi vestono maglie a righe orizzontali bianco-rosse come i clown.

Persone che si ritrovano a "giocare". Giocare per condividere insieme del tempo di "pace" - o almeno così vorremmo intendere il gioco del calcio - soprattutto con persone che, in questo caso, arrivano da altri mondi, altre culture, altri spazi a noi troppo spesso sconosciuti, e anche per questo temuti. Insieme su di un campo di calcio per condividere, per giocare, per ricominciare forse a vivere in un altro paese, in un'altra dimensione. Piccole esperienze ma grandi di significato per cominciare a cambiare e a scambiare abitudini e culture. Ascoltare altre lingue e sforzarsi di comprendere, essere curiosi sempre, e generosi verso coloro che sono, almeno in questo periodo storico, meno fortunati di noi. Solo attraverso gli altri, quelli che noi chiamiamo "diversi", possiamo incontrare noi stessi e rispecchiarci nella cosiddetta diversità per riuscire a sentire il nostro battito del cuore e la linfa vitale che è fatta della stessa materia per tutti e, in questo caso rincorrendo un pallone, nella speranza che un campo di gioco ci possa insegnare a vivere diversamente, lontano dalle intolleranze, nella fratellanza, nel non avere paura della differenza, e nell'amore, unica vera parola per cui valga la pena di vivere.

ROSH HASHANAH


Alla comunità ebraica in Italia e nel mondo, i migliori auguri di buon anno nuovo, per “Rosh HaShanah”, il Capodanno ebraico, ovvero l’inizio dell’anno 5777.  

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