venerdì 27 maggio 2016

IL DONO:SEGNO DELL'AUTENTICITÀ UMANA

<<Vi è una lunga tradizione, una linea retta che parte dall’antichità, da Aristotele e Seneca, e arriva a Marcel Mauss e a LéviStrauss, secondo la quale il dono è gratuito, non esige controdono, si fa gratis, «in cambio di nulla»; il dono lancia una relazione libera tra le persone, mentre nello scambio il controdono è presente, anzi indispensabile. Però, se osserviamo criticamente questo punto vediamo subito che perfino il dono più disinteressato gratifica il donatore con la soddisfazione di aver donato anche se questi non riceve alcun grazie né alcuna manifestazione di gratitudine. Sentite il suono di queste parole: gratis, gratuito, grazie, grato, grazioso, gratificazione e congratulazione ecc.? Esse hanno tutte una radice e un tema comune, quello di grazia, che viene dal latino 'gratia'. La parola grazia ha un’incredibile varietà di significati che ruotano intorno all’area semantica del donare e del ricevere. L’idea della grazia nasce nell’antichità pagana e si sviluppa nella filosofia, nella teologia, nelle arti. In ambito cristiano la grazia è la benevolenza che Dio manifesta verso la creatura umana alla quale si volge con favore e a cui fa dei doni gratuiti, non perché sia tenuto a farlo ma perché così gli piace.
Perché amiamo regalare e ricevere doni?
Il motivo principale sta nel fatto che questa pratica ci fa vedere che non siamo soli e che c’è qualcuno che ci donerà qualcosa, se ci va bene; e se no, possiamo sempre regalare noi qualcosa a qualcuno, anche se non lo conosciamo. Il punto è che il dare e il ricevere doni instaura non soltanto una relazione con l’altro, ma anche una relazione particolare, che è veicolo di rispetto e riconoscimento. È quello che i moderni studi sul dono chiamano il "valore di legame", che attraverso il dono stabilisce o ristabilisce una relazione autenticamente umana.>>
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Francesca Rigotti, filosofa e saggista e docente all’Università della Svizzera italiana di Lugano

RITRATTO DEL VERO ITALIANO

La solidarietà che non t’aspetti. Al tempo della crisi, mentre redditi e occupazione crollano, i fondi raccolti dalle organizzazioni umanitarie registrano un’impennata. Secondo il Censis, sono 32 milioni i cittadini che, nell’ultimo anno, hanno fatto una donazione a organizzazioni umanitarie.
Risultati immagini per IMMAGINI DI SOLIDARIETA'Ed è boom del cinque per mille nel 2014. Secondo la società «Np Solutions», il volontariato ha raccolto il 25,9 per cento in più del 2013, sfondando i 330 milioni. Sono cresciute anche le donazioni per le associazioni sportive (più 34,3), la ricerca scientifica (più 20,6), la ricerca sanitaria (più 19,8 per cento) e i Comuni (più 18). Un milione e 700 mila italiani hanno deciso di destinare il cinque per mille dell’Irpef all’Associazione italiana per la ricerca sul cancro. Seguono Emergency, Medici senza frontiere, Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mieloma, Unicef.
Tra il 2007 e il 2014, negli anni più bui della crisi, i fondi raccolti complessivamente da Save the Children sono aumentati da 15,2 a 67,6 milioni di euro (+345 per cento), quelli destinati a Emergency sono saliti da 23,3 a 38,9 milioni (+67 per cento), quelli di Medici senza frontiere sono passati da 35,9 a 50,2 milioni (+40 per cento). Nello stesso periodo il Pil italiano si riduceva del 9 per cento, i consumi flettevano del 7,5, i redditi disponibili delle famiglie scendevano del 12,7, gli investimenti crollavano del 30,4 e il numero di occupati diminuiva di 615.000 unità.
Mentre si agitano forti pulsioni verso la frattura della coesione sociale, emerge la voglia di tenuta della comunità, che si affida agli enti che svolgono attività altruistiche e solidali. 

giovedì 26 maggio 2016

S.FILIPPO NERI:"Ogni cosa è vanità"

1. Se vivessi mille anni,
nella gioia e senza affanni,
alla morte che sarà?
ogni cosa è vanità.

2. Se ottenessi ogni favore,
ogni brama ed ogni onore,
alla morte che sarà?
ogni cosa è vanità.

3. Se io avessi case e ville,
campi e servi a mille a mille,
alla morte che sarà?
ogni cosa è vanità.

4. Se a me docil la fortuna
non negasse brama alcuna,
alla morte che sarà?
ogni cosa è vanità.

5. Se io fossi un gran sapiente,
ma superbo nella mente,
alla morte che sarà?
ogni cosa è vanità.

6. Ma se vivo da cristiano,
disprezzando il mondo vano,
alla morte che verrà
solo Dio mi basterà.

7. Dunque a Dio rivolgi il cuore,
dona a lui tutto il tuo amore,
Questo mai non mancherà,
tutto il resto è vanità.

Jacques Brel

Conosco delle barche che restano nel porto per paura che le correnti le trascinino via con troppa violenza.
Conosco delle barche che arrugginiscono in porto per non aver mai rischiato una vela fuori.
Conosco delle barche che si dimenticano di partire hanno paura del mare a furia di invecchiare e le onde non le hanno mai portate altrove, il loro viaggio è finito ancora prima di iniziare.
Conosco delle barche talmente incatenate che hanno disimparato come liberarsi.
Conosco delle barche che restano ad ondeggiare per essere veramente sicure di non capovolgersi.
Conosco delle barche che vanno in gruppo ad affrontare il vento forte al di là della paura.
Conosco delle barche che si graffiano un po’ sulle rotte dell’oceano ove le porta il loro gioco.
Conosco delle barche che non hanno mai smesso di uscire una volta ancora, ogni giorno della loro vita e che non hanno paura a volte di lanciarsi fianco a fianco in avanti a rischio di affondare.
Conosco delle barche che tornano in porto lacerate dappertutto, ma più coraggiose e più forti.
Conosco delle barche straboccanti di sole perché hanno condiviso anni meravigliosi.
Conosco delle barche che tornano sempre quando hanno navigato. Fino al loro ultimo giorno, e sono pronte a spiegare le loro ali di giganti perché hanno un cuore a misura di oceano.


mercoledì 25 maggio 2016

PREGHIERA

Signore e Dio nostro,
oggi è un tempo di lode e di pace per tutti noi perché
Tu sei con noi e ci permetti di rallegrarci ricercando in Te
solo pace e speranza.
Rimani con tutti noi nel corso dei giorni che ci sono davanti
affinché il nostro cammino sia sostenuto dalla tua grazia.
Amen.

GUARDARE IL MONDO PER PARLARE DI DIO

“Passando per un campo
Ho chiesto a un mandorlo:
Fratello mandorlo, parlami di Dio
Ed egli si coprì di fiori”
Non so di chi sia questa graziosa poesia, ma mi sembra che metta l’accento su un punto fondamentale: di Dio non si può parlare.
Lo si può mostrare, se ne può cogliere la presenza, ma non se ne può mai parlare, non come si
parla di un qualunque oggetto. Dio non è una cassapanca o una bolla di accompagnamento, di cui possiamo parlare in maniera oggettiva perché sono per l’appunto oggetti, separati da noi, che possiamo guardare e valutare dal di fuori.
Non si può nello stesso modo parlare di Dio perché non esiste un “fuori” da Dio, anzi Egli stesso,
se esiste, è la condizione di validità di qualsiasi discorso.
E tuttavia al tempo stesso di Dio si DEVE parlare, non si può farne a meno.
Proprio perché, volenti o nolenti, come dice S. Paolo, in Lui ci muoviamo ed esistiamo e dunque
non è possibile alcun discorso fuori di Dio.
Per parlare di Dio bisogna parlare delle cose. E dell’uomo.
Ed al fondo delle cose e dell’uomo troveremo Lui.
La realtà ci parla di Dio, l’uomo ci parla di Dio. Continuamente. La domanda vera è perché più
nessuno sembra intenderne il linguaggio.
Non so se venga prima il dubbio metodologico che ci ha fatti sospettosi di tutto ciò che esiste e delle nostre stesse percezioni o quell'irragionevole pretesa di piacere, che fa di noi bambini capricciosi e isterici, incapaci di vedere ciò che esiste al di fuori, attenti solo ai nostri bisogni che subito eleviamo a diritti, ma il fatto rimane: la realtà non ci parla più, il mondo non ci parla più, nulla ci parla, come meravigliarsi se non ci parla più neppure Dio?
Eppure la nostra vita è avvolta nel mistero.
E’ un mistero la nostra origine, perché sappiamo che vive in noi qualcosa che non è riconducibile
solo al gioco degli istinti, all'azione biochimica dei neuroni. 
Ed è un mistero il nostro destino, il futuro verso cui siamo incamminati, ciò che saremo, ciò che
siamo chiamati ad essere.
Eppure questo mistero fa sì che noi della nostra vita percepiamo solo il presente, che è un
frammento piuttosto piccolo, e la consapevolezza di questo limite stretto della nostra conoscenza
è ciò che chiamiamo senso religioso.
Il senso religioso è la consapevolezza del mistero, quella forza misteriosa che ci spinge sempre a cercare un Oltre. E’anche il presupposto di qualsiasi discorso su Dio. Come i cinque sensi sono il presupposto di qualsiasi discorso sul mondo.
Probabilmente la Nuova Evangelizzazione ha bisogno innanzitutto di questo: di far riemergere dal profondo dell’uomo il senso religioso. 
Non si tratta di vendere un prodotto, ma di condividere un mistero, di riaccendere un fascino, una nostalgia, un desiderio che a volte sembra sopito.
Per questo un ramo di mandorlo in fiore parlerà di Dio molto meglio di quanto io possa mai fare.
Per questo il modo migliore che ho per parlare di Dio è indicarlo.

FEDE=PRESENZA=TESTIMONIANZA


“È una presenza più che una testimonianza. Ma mi domando se la presenza non sia la testimonianza più preziosa. Perché la presenza di uomo di fede è la presenza di Dio nel mondo:la presenza di Cristo che cammina nel passo di tutti i suoi fedeli. E forse non è poi molto importante che sia recepita come tale:importante è che ci sia e che si vesta di semplici e cordiali comportamenti umani. Mi chiedo,anzi, se uno dei motivi di quel fossato che separa la vita dalla fede non dipenda proprio dal fatto che abbiamo trascurato questo rivestimento e abbiamo preteso di trasmettere un Dio astratto e lontano,al quale interessavano solo,quasi morbosamente,i rapporti coniugali della gente, ma dei loro orti,dei loro conigli,del loro stesso amore,non importava proprio nulla. E allora anche alla gente finiva per importare poco di questo Dio curioso,pettegolo e carabiniere,disinteressato alle loro vicende più essenziali.”

DA “ERBA DELLA MIA ERBA”di Adriana Zarri

LA FEDE DELL'UOMO O UN UOMO DI FEDE?

"L'idea stessa di finalità dell'esistenza rappresenta, sostanzialmente, un concetto religioso, e la ricerca di finalità esistenziali è un viaggio spirituale...Anche chi immagina di aggirarsi senza scampo nel labirinto può, peraltro, considerare la vita come un'esistenza illuminata da una profonda dignità, un'avventura piena di pericolo, di sfide, di bellezza, che offre opportunità di amare, seguire la via della giustizia, formare una famiglia, dimostrare il proprio impegno nel mondo a favore degli altri. La grandezza e l'onore che questo genere di esistenza in sé reca, non sembra del tutto volgare, anche per le persone che credono che la morte sia la fine di tutto. Questo senso della bellezza, dell'onore e dell'avventura dona un significato e un senso di finalità alla vita. Senza adoperare il nome di Dio, la persona che vive la propria esistenza in questo modo, è realmente un credente: una persona che nutre una profonda fede nel fatto che ci sia un significato trascendente nel vivere l'avventura della vita in modo degno.
Questa è l'essenza della fede. E' il credere profondamente in realtà che non possono essere provate. Non posso provare la bellezza, la dignità, l'onestà o l'integrità morale, ma posso tuttavia vivere una vita colma di tutte queste cose. Chi fornisce risposte non banali a queste domande di finalità e di significato sta parlando, in un modo o nell'altro, di Dio, anche se, per qualche motivo inesplicabile, non vuole dichiararlo esplicitamente...Una rosa, qualunque nome le si possa attribuire, è sempre una rosa; così come Dio, sotto qualunque nome, è sempre Dio."
Da Adin Steinsaltz, "Parole Semplici", ed.UTET.

lunedì 23 maggio 2016

Da "Il Profeta"   di K. Gibran

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E un giovane disse: "Parlaci dell'Amicizia.
Ed egli rispose, dicendo:
Il vostro amico è i vostri bisogni esauditi
È il vostro campo, che seminate con amore e che mietete con gratitudine.
Egli è la vostra mensa e l'angolino accanto al fuoco.
Perché vi recate da lui con la fame, e lo cercate per avere pace.
Se il vostro amico vi apre la mente, non temete il "no" nella vostra, né trattenete il vostro "si".
E se lo vedrete silenzioso, il vostro cuore non cessi d'ascoltare il suo cuore;
Perché senza parlare, nell'amicizia, tutti i pensieri, tutti i desideri, tutte le aspettazioni, nascono e sono condivisi con una gioia priva di clamori.
Non vi attristate, quando vi dividete dall'amico;
Perché le cose che amate di più in lui saranno più evidenti durante l'assenza, come la montagna a chi sale, che è più nitida dal piano.
E non vi sia altro scopo nell'amicizia che l'approfondimento dello spirito.
Perché l'amore che non cerca unicamente lo schiudersi del proprio mistero, non è amore, ma una rete che pesca soltanto cose inutili.
La parte migliore di voi sia per l'amico.
Se egli deve conoscere il deflusso della vostra marea, fate in modo che ne conosca anche il flusso.
Perché cos'è il vostro amico, se andate in cerca di lui per uccidere il tempo?
Cercatelo invece avendo tempo da vivere.
Perch'egli è lì per servire al vostro bisogno, non per riempire il vostro vuoto.
E nella soavità dell'amicizia fate che abbondino risa, e piaceri condivisi.
Perché è nella rugiada delle piccole cose che il cuore trova il suo mattino e si ristora.

Ralph Waldo Emerson

<<L'amico è la persona davanti alla quale posso pensare ad alta voce.>>

Robert Louis Stevenson

<<Non c'è dovere che sottovalutiamo tanto quanto il dover essere felici.>>

venerdì 20 maggio 2016

BISOGNERA' FERMARSI AL DIACONATO FEMMINILE?

"Il lancio del diaconato femminile potrebbe essere considerato un’apertura ad una riflessione più ampia sui ministeri nella Chiesa, ma potrebbe essere considerato anche il punto fermo messo da questo pontificato alla riflessione stessa: più di così non si va. Il sacerdozio cattolico rimane maschile e, per quanto riguarda la chiesa romana d’Occidente, assolutamente celibe...
Ma temo ancor di più un’altra cosa: che la persona umana che si declina al femminile si ritenga soddisfatta e configuri questo evento come una conquista sociale ecclesiale sedendosi definitivamente sulla poltrona dorata del diaconato ed inserendosi nel sistema senza più la voglia di continuare la riflessione teologica che deve fatalmente sfociare in una considerazione più ampia del ministero sacerdotale che va inteso come servizio della persona (maschio o femmina, non importa) alla persona che crede nel messaggio cristiano e ha bisogno di essere accompagnata quotidianamente verso la Parola vissuta e nutrita del Pane di Vita."
Ernesto Miragoli
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 “La cosa più importante dell'apertura di oggi sono proprio le donne, cioè il fatto che le suore hanno posto al Papa domande che non avevano mai posto prima e che fanno capire che non ne possono più di questa situazione di emarginazione... Tuttavia finché loro accettano questa condizione, dall'altra parte il clero maschile se ne sta tranquillo... Ecco perché guardando anche a domande simili, cominciamo a dire che le donne hanno detto basta e il Papa ha detto avete ragione. Sta molto anche alle donne, se nessuno dei due non si muoveva, non cambiava nulla ...

La Chiesa frena ancora. E fa benissimo, secondo me, a frenare. E non tanto per ragioni di tradizione, ma per mantenere la differenza fra donne e uomini. Cioè per mantenere vivo questo principio di fondo della fisiologia e della cultura".

Lucetta Scaraffia
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Il celibato dei preti non si tocca. 
Il vento riformista di Papa Bergoglio non soffia di certo in questa direzione e all'orizzonte non ci sono presupposti per aprire ai preti sposati. «Il celibato sacerdotale resterà così come è».  A chiarire definitivamente la questione è stato lo stesso Papa Francesco che ha voluto rassicurare i vescovi italiani riuniti in assemblea in Vaticano. Due giorni fa, dopo la lettura del suo discorso sul rinnovamento del clero, si è svolto a porte chiuse una specie di question time su diversi argomenti. Un vescovo ha preso la parola per chiedergli spiegazioni su possibili modifiche future in quella direzione. La risposta del Papa è stata netta e senza alcuna apertura.

Anche se il celibato non è un dogma, di sicuro non sarà questo Pontefice ad affrontarlo. Da tempo ci sono diversi teologi e correnti di pensiero che premono sulle istituzioni della Chiesa per permettere ai preti di sposarsi. Ad alimentare speranze in questa direzione era stato Bergoglio agli inizi del suo pontificato, quando di ritorno da un viaggio, parlando con i giornalisti, disse: «La Chiesa cattolica ha preti sposati, nei riti orientali. Il celibato non è un dogma di fede, è una regola di vita, che io apprezzo tanto e credo che sia un dono per la Chiesa. Non essendo un dogma di fede, c’è sempre la porta aperta, ma in questo momento sono altri i temi sul tappeto».
 di Franca Giansoldati in www.ilmessaggero.it

giovedì 19 maggio 2016

MALI DELLA CHIESA, MALI DELLA CEI: GUARIRANNO?

Quella che sta per chiudersi è l’ultima assemblea Cei dell’era Bagnasco, nominato il 7 marzo 2012 da Benedetto XVI. Una conclusione drammatica, nella quale il presidente della conferenza episcopale ha dimostrato che la chiesa italiana è ancora malata degli stessi mali che l’hanno fatta apparire, nei giorni del conclave, la causa del disordine sistemico che aveva scosso il papato romano...
La Cei è rimasta immobile, rimane immobile. Francesco nomina vescovi inattesi, dà e nega le porpore con chirurgica precisione? Niente. Francesco fa un discorso a Firenze, in novembre, che bolla come una eresia (pelagiana) il politicare politicante di molti anni? Niente. Francesco chiede di entrare in stato sinodale? Niente. Francesco fa un discorso sul prete scalzo che sembra il ritratto del missionario che vorrebbe nominare presidente della Cei del dopo-Bagnasco? Niente...
E così si apre la ricerca del nuovo presidente della Cei. Quello per intenderci che se farà due mandati, arriverà all’Italia del 2027: quella dopo-Renzi, del dopo-Mattarella, del dopo-Europa, del dopo-Francesco. L’uomo che dovrà ridestare la chiesa italiana e il suo episcopato dal torpore brontolone in cui resta assorto...I vescovi dovranno cercarlo: e mostrare davanti alla chiesa, al conclave e al Paese di saper andare oltre rimpianti e furberie, di saper vedere in modo sinodale le questioni di fondo: il ministero di un cattolicesimo che ormai si affida al clero prodotto dai movimenti e da questi “premarcati”; la penitenza in una chiesa che ha accettato anche il discorso sulla misericordia pur di offrire soluzioni low-cost alla fatica del cammino della vita; la carità fatta con le proprie mani e non con i fondi pubblici; la costruzione di culture e saperi in una chiesa dove l’iperdevozionalismo si salda con un cristianesimo ridotto ad antidolorifico o a condimento del potere. Fra un anno la Cei avrà un nuovo presidente: la decantazione dell’era Bagnasco finisce con frasi goffe (nemmeno Pio XII domandò mai l’obiezione a celebrare i matrimoni civili che la chiesa considerava turbe concubinato); ma apre per i vescovi un tempo per parlare, pensare, pregare, e poi ancora pensare. Sarà un tempo breve e duro.
Estratto di Alberto Melloni in “la Repubblica” del 19 maggio 2016.

CATTIVE NOTIZIE DAL TERRITORIO

Quando si parla di tumori Lodi fa per conto suo. A dirlo sono, ancora una volta, gli ultimi dati dell’Istat: due persone al giorno, dicono i calcoli, muoiono di cancro. Sono 720, infatti, i decessi per tumore all’anno. Se in Lombardia il record dei morti si registra nelle malattie cardiovascolari, nel Lodigiano, invece, le patologie cardiache passano in secondo piano.
Da "Il Cittadino"

mercoledì 18 maggio 2016

UN CONSIGLIO

Da poco è stato pubblicato in Italia un libro che spiega il legame nascosto tra l’acqua e la nostra mente. Si intitola ‘Blue Mind. Mente e Acqua’ e l’autore è Wallace J. Nichols, ricercatore associato presso l’Accademia delle Scienza della California e fondatore e co-direttore di Ocean Revolution, SEE the WILD, e LiVBLUE.
Secondo l’autore, se ci basiamo sulle ricerche condotte fino ad ora, scopriamo che la vicinanza con l’acqua è fondamentale per ridurre l’ansia, aumentare la creatività, migliorare la generosità e l’empatia, rafforzare il nostro legame con la natura, avere una salute e un benessere generale migliori ed anche accrescere il nostro successo personale.
Ecco il suo suggerimento per vivere meglio:
"Fai un profondo respiro e immaginati il salto... l'acqua riempie la luce, il suono, l'aria e la tua mente. Adesso apri gli occhi, tutt’intorno a te vedi solo blu. Respira. Ascolta. Vivi il senso di benessere che l'essere immerso nell’acqua ti trasmette. Inutile negarlo, forse inutile persino chiedersi il perché, ma sei felice".

L'omofobia è una piaga sociale:non abbassiamo la guardia!

L'omofobia e la transfobia sono ancora una piaga sociale, che produce discriminazioni e violenze. Dispiace che proprio nella giornata contro l'omofobia il capo della CEI non dedichi neanche una parola a questo tema e muova invece il solito attacco alle coppie dello stesso sesso, mostrando così il volto più freddo della chiesa, per fortuna minoritario fra gli stessi cattolici.
Il rapporto 2016 di Arcigay reso noto oggi conta 106 casi di violenza omotransfobica, due suicidi e due omicidi. Per questo ho chiesto alla Commissione giustizia del Senato di riprendere l'iter del disegno di legge sull'omofobia e di calendarizzare il ddl 403 a mia prima firma che introduce anche in Italia la ricorrenza del 17 maggio.
Di fronte a questa emergenza ho appena depositato anche la proposta di legge che sanziona le odiose pratiche di "guarigione" forzata degli adolescenti gay e lesbiche dall'omosessualità, purtroppo ancora diffuse in Italia nonostante le unanimi condanne da parte delle associazioni di psicologi e psichiatri.
In questa giornata un ringraziamento va al Presidente Mattarella che ha definito "inaccettabile" che l'orientamento sessuale determini offese, discriminazioni o aggressioni, e al Ministero dell'Istruzione, che ha inviato una nota a tutte le scuole per invitarle a combattere le discriminazioni omofobiche.
Sergio Lo Giudice,Senatore del Partito Democratico e attivista per i diritti civili

Adin Steinsaltz

"Alcuni di noi sono più volpini, o più bovini di altri, ma tutti conteniamo in noi stessi tutti i tratti comportamentali che è possibile ritrovare in natura. In questo modo, noi rappresentiamo la somma totale della natura, conteniamo il macrocosmo nel nostro microcosmo. In qualche maniera, dobbiamo apprendere qualcosa da tutti i nostri compagni, e forse pregare che quel quid che abbiamo avuto specialmente in dotazione - la <<Scintilla Divina>> donataci da Dio - voglia aiutarci a fare le giuste scelte."

Sergio Mattarella

"La Giornata mondiale contro l'omofobia e la transfobia offre l'occasione di riflettere sulla centralità della dignità umana e sul diritto di ogni persona di percorrere la vita senza subire discriminazioni. La piena realizzazione di questa libertà, che deve appartenere a tutti, indipendentemente dall'orientamento sessuale delle persone, è essenziale per la costruzione di un ordinamento che garantisca il pieno rispetto dei diritti fondamentali e costituisca un pilastro della convivenza civile, in applicazione del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione...Sulla capacità di respingere ogni forma di intolleranza si misura la maturità della nostra società. L'intolleranza affonda infatti le sue radici nel pregiudizio e deve essere contrastata attraverso l'informazione, la conoscenza, il dialogo, il rispetto. La non accettazione delle diversità genera violenza e per questo va contrastata con determinazione. E' inaccettabile che l'orientamento sessuale delle persone costituisca il pretesto per offese e aggressioni. Così come è inaccettabile che ciò determini discriminazioni sul lavoro e nelle attività economiche e sociali.

martedì 17 maggio 2016

DEDICATO AI PADRI DELLA CEI

E quando la fame
ha gli occhi di un bimbo
vorrei chiudere la bocca
per non mangiare
e aprire il cuore 
per poter urlare
quanto è ingiusto il mondo
il mondo
non Dio
...perchè forse
l'unico responsabile
di questo...
sono io

Preghiera

Lo Spirito non è venuto in noi 
per riposarsi; 
Egli è infaticabile, 
insaziabile nell’agire.

(…) Basta un nulla 
per spegnere un focherello, 
mentre un fuoco avvampante 
consuma ogni cosa.

(…) L’amore di Dio, 
quando brucia, 
produce della cenere: 
è l’umiltà.

Medeilne Delbrêl

Blaise Pascal

<<Se vuoi che la gente pensi bene di te, non parlare bene di te stesso.>>

Rita Levi Montalcini

<<Rare sono le persone che usano la mente, poche coloro che usano il cuore, uniche coloro che le usano entrambe.>>

MA QUAL'E' IL PROBLEMA?

Mentre Papa Francesco 'batte la sella per far capire all'asino' e ritorna continuamente sul problema della povertà evangelica che sembra un po' dimenticata dalle alte sfere, la base si ritrova a fare i conti con la scarsità di ministri di fronte alle richieste che sembrano inesauribili.
E così  il parroco della Cattedrale di Massa, don Giulio Rossi, afferma di essere molto preoccupato: nella provincia di Massa Carrara c'è carenza di preti e, soprattutto mancano i giovani che per vocazione, decidono di intraprendere la strada sacerdotale. La crisi di valori, la mancanza di punti di riferimento veramente importanti e la poca apertura del cuore alla parola del Signore, secondo Don Giulio, «sono le cause principali della mancanza delle vocazioni, perché in pochi ormai si fermano ad ascoltare ciò che Dio vuole dire. Il seminario in provincia, che inizia dopo le scuole superiori, ha solo otto seminaristi". Ed ecco allora emergere le figure dei Diaconi, dei Ministri straordinari dell'Eucarestia,... ma le anime che hanno bisogno di essere ascoltate e considerate sono sempre molte:<<la messe è molta, ma gli operai pochi!>>.
Non va meglio a Bergamo dove il Vescovo Mons.Beschi, nell'anno in cui per la prima volta della storia recente non ha ordinato nessun sacerdote, non sa chi nominare come nuovo Rettore del Seminario, e sullo stile papale, chiede suggerimento ai sacerdoti già impegnati in Seminario.
Segnali molto evidenti di una Chiesa stanca, malata e bisognosa di riforme radicali, anche a costo di scardinare vecchi e inutili dogmi! Anche se mi sembra di vedere la stessa problematica che attanaglia la società umana dove la forbice si è allargata:pochi ricchi e molti poveri!

Papa Francesco non s'arrende!

TRE giorni dopo la sua elezione, Francesco aveva invocato una “Chiesa povera e per i poveri”. Ora, davanti ai vescovi italiani riuniti in assemblea per discutere del rinnovamento del clero, il Papa dà un’indicazione ancora più precisa su come gestire le strutture e i beni economici ecclesiali: “In una visione evangelica – dice ai presuli – evitate di appesantirvi in una pastorale di conservazione, che ostacola l’apertura alla perenne novità dello Spirito” E poi raccomanda: “Mantenete soltanto ciò che può servire per l’esperienza di fede e di carità del popolo di Dio”.
Il discorso del pontefice arriva proprio nei giorni in cui verranno approvati dalla Cei i conti relativi all’otto per mille: un importo che in genere si aggira attorno al miliardo di euro, impiegato per supportare le attività di evangelizzazione e sovvenzionare opere di carità, ma finito in alcuni casi al centro di speculazioni e raggiri o dilapidato con operazioni finanziarie improbabili. Situazioni, queste ultime, che il cardinale Angelo Bagnasco, parlando a margine del Convegno di Firenze della Chiesa italiana, aveva definito “dolorosissime”. Bergoglio va oltre. E sottolinea che la discussione sulle riforme del clero non può può trascurare il capitolo del rapporto con il denaro.
E’ la terza volta che Francesco si trova ad aprire l’assemblea generale della Cei, sottraendo il privilegio della prolusione proprio a Bagnasco che, tra l’altro, vedrà scadere il prossimo anno il mandato che gli era stato rinnovato per un quadriennio nel 2013: a maggio 2017, secondo quanto disposto dai vescovi, che hanno ignorato l’invito di Bergoglio ad eleggere direttamente il loro presidente, i presuli di tutte le diocesi italiane si troveranno a votare la terna nella quale sarà poi il Papa a scegliere il successore dell’arcivescovo di Genova.
Nel frattempo, però, la Chiesa scossa da numerosi scandali, mette mano ai problemi del suo presbiterato, coinvolto in numerosi scandali e spesso alle prese con problematiche diverse rispetto a quelle per le quali è stato preparato: dalle infiltrazioni mafiose ai nuovi contesti familiari. Lo ribadisce anche il Papa nel suo discorso: il contesto culturale nel quale opera un prete, dice Francesco, è “molto diverso da quello in cui ha mosso i primi passi nel ministero” e “anche in Italia tante tradizioni, abitudini e visioni della vita sono state intaccate da un profondo cambiamento d’epoca”. E aggiunge il pontefice: “Noi, che spesso ci ritroviamo a deplorare questo tempo con tono amaro e accusatorio, dobbiamo avvertirne anche la durezza: nel nostro ministero, quante persone incontriamo che sono nell’affanno per la mancanza di riferimenti a cui guardare. Quante relazioni ferite. In un mondo in cui ciascuno si pensa come la misura di tutto, non c’è più posto per il fratello”.
Bergoglio traccia invece il profilo del prete che vuole vedere operare nella Chiesa. E se a Firenze nel novembre scorso aveva evocato il modello del don Camillo di Guareschi, stavolta cita davanti ai vescovi la figura anonima di “qualcuno dei tanti parroci che si spendono nelle nostre comunità”: personaggio che descrive senza ambizioni di carriera e potere, “bruciate sul rogo” come fece Mosè. Lontano da “un intimismo religioso che di spirituale ha ben poco”, distante dalla “freddezza del rigorista” ma anche dalla “superficialità di chi vuole mostrarsi accondiscendente a buon mercato”. Non si scandalizza di fronte alle debolezze umane. Non un “burocrate” o un “anonimo funzionario dell’istituzione”; libero da una mentalità di un “ruolo impiegatizio” e da quella dei “criteri dell’efficienza”. Il prete, aggiunge il Papa, deve essere “semplice ed essenziale, sempre disponibile” e “credibile agli occhi della gente”, in una esperienza di vita “libera dai narcisismi e dalle gelosie clericali”. Ma soprattutto deve essere sganciato dal denaro.
da "Repubblica.it"

venerdì 13 maggio 2016

"ECCO PERCHÉ LE TRE RELIGIONI MONOTEISTE ODIANO LE DONNE"

Dio odia le donne. Questo è il titolo del nuovo libro di Giuliana Sgrena. L’immagine in copertina è quella di una donna esangue, un robottino quasi. Alieno. Col capo coperto e lo sguardo vuoto. Forse l’autrice ha provato ad immaginare come l’avrebbe voluta Dio, la donna. Senza sangue, perché il sangue la rendeva impura, e Dio non ama l’odore della donna mestruata (Levitico 15, 19-30). Col capo coperto, perché coperto doveva essere il capo e il volto di chi «non era stato fatto a immagine di Dio, ma di Adamo». Quasi senza vita. Persino. Un robottino appunto, finalizzato alla riproduzione della specie.
Dentro, il libro della Sgrena, è “senza grazia”. Come forse devono essere le cose urgenti, che vanno dette e basta. Un elenco. Secco. Tre religioni e il loro rapporto con le donne. Con la donna. Subalterna per creazione, inferiore per nascita, impura, tentatrice, strega. Per i tre monoteismi l’unica salvezza per il genere femminile è essere vergine, o madre e moglie. Poco meglio o tanto peggio, l’accanimento pensato e agito sulla donna dalle tre fedi non cambia. E nel libro tutto torna, tutto si riallaccia. L’infanzia dalle suore, i viaggi in Afghanistan e Somalia, le battaglie contro le mutilazioni genitali femminili, la prigionia. E poi, lo studio delle fonti, dal Talmud al Corano, da Platone a Paolo di Tarso fino all’ultimo sinodo sulla Famiglia dell’ottobre scorso. 

L'OPINIONE DI MARIA VOCE, PRESIDENTE DEI FOCOLARINI, SULL'APERTURA DEL PAPA ALLE DONNE.

«Qualsiasi atteggiamento di apertura di questo papa per un maggiore coinvolgimento delle donne nella vita della Chiesa, anche nei suoi ruoli “dirigenziali”, mi sembra una benedizione...Ci vuole uno studio approfondito della questione, per cercare di capire meglio quali possano essere il ruolo e la funzione dei diaconi in generale, e se in tale ministero possono avere un posto anche le donne...Mi sembra che la funzione del diacono, così come è vissuta nella pratica, sembra che sia più al servizio del sacerdote che della comunità. Se invece ci fosse anche la possibilità di proclamare il Vangelo, di somministrare i sacramenti che non sono riservati al presbitero o al vescovo, o la possibilità di amministrare una comunità parrocchiale, credo che tutto ciò sarebbe di per sé un importante segno di maggiore apertura. Non vedo perché una donna a priori dovrebbe essere esclusa da queste funzioni».
«Da sempre innumerevoli donne sostengono delle comunità ecclesiali con varie funzioni: distribuire l’eucaristia dove i sacerdoti non possono arrivare, commentare il Vangelo, presiedere delle “liturgie in assenza di sacerdote” o seguire l’amministrazione di parrocchie o addirittura di diocesi, senza che ci sia il bisogno per questo di avere un titolo speciale… Se tutto quanto già fanno queste donne nelle Chiese locali fosse riconosciuto ufficialmente, penso che ciò sarebbe un’apertura e che ciò indicherebbe una conduzione della Chiesa più comunitaria...Sono grata a un papa che sempre più e sempre più fortemente vuole inserire le donne in quel cammino di riforma della Chiesa cattolica che egli sta portando avanti, riconoscendo alle donne una loro specificità e permettendo che, proprio in questa loro specificità, possano servire veramente la Chiesa e l’umanità».

PROPOSTA DI LETTURA

Con i loro miti e i loro dogmi, con le loro leggi e la loro morale, le religioni sono state a lungo il motore del sistema operativo delle società. Ma, almeno nella forma che ci è familiare, non sono destinate a durare per sempre. “Per sempre” è la spiritualità, intesa come dimensione profonda costitutiva dell’essere umano, non la religione, che ne costituisce la forma socio-culturale concreta, storica e dunque contingente e mutevole. La tesi degli autori del libro – John Shelby Spong, María López Vigil, Roger Lenaers e José María Vigil, quattro tra i nomi più prestigiosi, brillanti e amati della nuova teologia di frontiera – è che le religioni così come le conosciamo sia-no destinate a lasciare spazio a qualcosa di nuovo e non ancora facilmente prevedibile, ma sicuramente aprendo all’insopprimibile dimensione spirituale dell’essere umano un futuro ricco di straordinarie possibilità.
Ma che ne sarà in questo quadro della tradizione di Gesù? Riuscirà il cristianesimo nell’impresa di trasformare se stesso, reinterpretando e riconvertendo tutto il suo patrimonio simbolico in vista del futuro che lo attende? Riuscirà a liberarsi di dogmi, riti, gerarchie e norme, di tutti quei rituali religiosi che, spesso e volentieri, hanno finito per sovrapporsi al Vangelo, per reprimere e soffocare la Vita che Gesù ha difeso, a cui ha dato dignità?
È a questo compito tutt’altro che semplice che hanno rivolto le loro riflessioni, e dedicato la loro vita, gli autori di questo libro, ma a cui guardano con interesse e passione anche tutti coloro – e sono sempre di più – che avvertono la necessità di trasformare radicalmente la propria religiosità, vivendo ormai dolorosamente la contraddizione con la dottrina ufficiale o coltivando una vita spirituale al di fuori di ogni steccato religioso.
C’è insomma – dicono gli autori del libro – tutto un mondo nuovo che cerca di nascere e che preme per venire alla luce.
JOHN SHELBY SPONG è stato vescovo episcopaliano di Newark (U.S.A.) per 24 anni e i suoi libri hanno venduto più di un milione di copie. Nel 1998 ha formulato un appello per una nuova riforma in 12 tesi inviate ai principali responsabili delle Chiese del mondo.
ROGER LENAERS SJ è un gesuita belga. Il suo particolare interesse mira alle domande fatte alla fede ispirate dalla modernità e dalla secolarizzazione.
JOSÉ MARÍA VIGIL, religioso claretiano, risiede attualmente a Panama. Coordinatore della Commissione teologica internazionale dell’Associazione Ecumenica dei Teologi del Terzo Mondo, è uno degli esponenti di punta della Teologia Pluralista della Liberazione.
MARÍA LÓPEZ VIGIL Giornalista e scrittrice cubano-nicaraguense. Caporedattore della rivista Envío, dell’UCA (Università Centroamericana) di Managua.
L’opera è stata curata da
Claudia Fanti – Redattrice di Adista, esperta di movimenti ecclesiali e sociali dell’America Latina, autrice di numerosi articoli e saggi.
Ferdinando Sudati – Laurea in teologia. Presbitero diocesano, ha curato la pubblicazione di saggi teologici innovativi di area ispanica e anglosassone presso vari editori italiani.
DALLA PREFAZIONE DI MARCELO BARROS, monaco benedettino, Brasile
“Questo libro riveste significato e importanza tanto per persone e comunità inserite nella Chiesa quanto per chi si sente in ricerca, senza appartenere ad alcuna istituzione religiosa. Tanto per i cristiani o i fedeli di altre tradizioni quanto per chi vive una ricerca indipendente. La spiritualità post-religiosa si pone nel cammino di dialogo con l’umanità in un linguaggio contemporaneo. I cristiani vivranno la loro fede cristiana, ma sentendo la necessità di esprimerla in una maniera nuova, meno legata alle antiche culture rurali nelle quali il cristianesimo si è sviluppato. La proposta non teista, elaborata in questo libro dal vescovo Spong, riscatta in modo nuovo l’antica teologia apofatica delle Chiese orientali e la spiritualità ebraica sull’impronunciabilità del nome divino. Lo sforzo di esprimere la fede in accordo con le culture attuali permetterà di vivere in maniera più profonda la proposta di papa Francesco di una “Chiesa in uscita”.  Nell’Italia di alcuni anni fa, figure come quelle di Tonino Bello, Ernesto Balducci, David Maria Turoldo, Adriana Zarri e anche del cardinal Carlo Maria Martini hanno cercato, ciascuna a modo suo e a partire dalla propria funzione, di rispondere a queste sfide. Senza dubbio, negli ambienti evangelici e di altre religioni, altre voci profetiche hanno risuonato negli stessi termini. È responsabilità nostra portare avanti questo cammino e avere il coraggio di muovere nuovi passi adeguati ai nostri giorni. Questo libro “Oltre le Religioni” può essere un ottimo strumento in questo percorso.”
Un libro di Adista e Gabrielli editori, pp. 240 - ISBN 978-88-6099-290-1 - euro 16,50

martedì 10 maggio 2016

Zygmunt Bauman

«Potremmo dire che i terroristi sono il più potente fattore unificante tra i membri di un’UE che altrimenti vede sfaldarsi molte delle sue cuciture. La paura, lo spreco di risorse sempre maggiori nella costruzione di muri, l’impiego di un numero crescente di uomini per la sicurezza e costosi gadget per lo spionaggio nella vana speranza di prevenire il prossimo attentato». E’ accertato che  «quasi tutti i terroristi sono “indigeni”, reclutati tra i discriminati, gli umiliati e vendicativi giovani che crescono in mezzo a noi senza futuro. Tenerli in condizione di privazione è un modo di cooperare con il terrorismo: seguendo la logica dell’occhio per occhio allarghiamo il bacino che i capi terroristi hanno mostrato di saper usare bene».  L’invito e la speranza sono che l’Europa «non abbandoni i suoi valori e non si pieghi al codice di comportamento dei terroristi; sarebbe il suicidio della casa della moralità e della bellezza dov’è nata l’idea di libertà, eguaglianza e fratellanza».

Simone Weil

<<Ogni dolore che non distacca è dolore perduto.>>

Stefano Benni

<<Solo il dolore insegna cos'è la vita senza il dolore.>>


NOTIZIA DAL TERRITORIO

La speranza di vita si allunga, ma i lodigiani si ammalano di più. 
I lodigiani muoiono di meno, ma si ammalano di più. In questo il territorio è in controtendenza rispetto al resto dello stivale. Se per la prima volta, infatti, nel 2014 l’aspettativa di vita degli italiani si è accorciata, nel Lodigiano si è allungata. Restando però a un livello inferiore rispetto al resto del Paese. Nel 2014, infatti, l’aspettativa di vita degli italiani era di circa 82 anni e di 80, invece, in provincia di Lodi. Il quadro emerge incrociando i dati dell’Istat elaborati dall’Annuario statistico provinciale con quelli dell’ex Asl di Lodi. Tumori, malattie del cuore, ma anche diabete e problemi respiratori sono il vero assillo dei lodigiani.

domenica 8 maggio 2016

UNA BELLA INIZIATIVA

In Italia per la prima volta l'iniziativa 'Memorie in salone' porta i sopravvissuti all'Olocausto a incontrare i ragazzi in abitazioni private. Per fare della memoria un antidoto a ogni razzismo

Per la prima volta, in coincidenza con la giornata in cui Israele commemora l'Olocausto (yom ha shoah) a Roma è stato organizzata, coinvolgendo vari privati in vari punti della città, un'iniziativa che si chiama Memorie in salone ('Zikaron BaSalon' in ebraico) e che mira a fare conoscere alle giovani generazioni la Storia in un modo nuovo, intimo e toccante. Ideata in Israele nel 2010, si svolge in Italia per la prima volta e vuole portare nelle case i racconti dei sopravvissuti.
Seduta sul divano di una casa romana, una sciarpa intorno al collo, i capelli raccolti e lo sguardo fermo, Edith Bruck così spiega la Memoria: “Fare il testimone non è facile, né comodo. Se qualcuno pensa che io lo faccia per me, si sbaglia. Alla mia età non avrebbe senso. Lo faccio per i giovani, per quei volti che mi commuovono. Le mie parole sono una goccia nel mare. Ma se servono a cambiare la prospettiva di due, tre persone allora io non sono sopravvissuta invano”. Ebrea ungherese, cresciuta in una famiglia poverissima, aveva 12 quando fu deportata. Sopravvissuta a sette diversi lager, nel Dopoguerra è arrivata in Italia. E qui è restata, iniziando a scrivere nella nostra lingua libri e articoli.
Accanto a lei, Sergio di Veroli aggiunge qualcosa: “Non dimenticherò mai che per i primi anni della mia vita sono stato considerato in questo Paese un essere inferiore. I miei genitori non potevano portarmi al mare, non potevo sedermi in un parco. Non dimenticatevi mai ragazzi che è facile prendere di mira qualcuno, farne un bersaglio. Capita a scuola con i casi di bullismo, capita con i rom, capita con gli immigrati. Le persone vanno guardate e giudicate una a una, mai come un gruppo o un categoria. Questo è il razzismo, e non è stato sconfitto”.


Il Vangelo di questa domenica

+ Luca 24,46-53
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni. Ed ecco, io mando su di voi colui che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall’alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

Per un credente Dio esiste, c’è.
Non esiste nessuna prova fisica/materiale della Sua esistenza, ma la fede porta a credere alla Sua esistenza (in realtà nemmeno nei pensieri di una persona atea esiste qualche prova documentata di non esistenza).
Dove possa essere collocata la sua esistenza è stato e sarà sempre un mistero. Facile per gli antichi pensare che fosse posizionato in “cielo” visto che sulla terra nessuno Lo aveva mai incontrato e sulle nuvole nessuno aveva la possibilità di controllare.
Gesù, con la Sua estrema sensibilità di uomo illuminato, ci ha fatto capire che alla nostra morte fisica seguiteremo a vivere nell’abbraccio eterno della Madre/Padre; dove e come non ci è dato di saperlo.
Se il cielo è stato per lungo tempo il luogo ideale per raffigurare questo nostro congiungimento con un’ascensione non certo materiale, al giorno d’oggi, con le conoscenze interstellari che abbiamo, dobbiamo immaginarci un nuovo “spazio” di unione che penso valga la pena di continuare a chiamare mistero risolvibile solamente all’ultimo nostro soffio di vita.

sergio
sul Blog "Comunità nascente di Torino"

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