giovedì 30 marzo 2017

FAI BUON VIAGGIO, PINA!

<<La vita è fatta 
di gioie e dolori.
Nei momenti di dolore,
conta le gioie che hai vissuto.
Nei momenti di gioia
vivi la gioia.>>

 _________________________________________________________________________________

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che nella Morte c'è Vita, anzi, la Vita nasce dalla Morte.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che, proprio nei momenti difficili, si conosce la vera natura di una persona.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che la vita, se vissuta e giocata con il cuore, soprattutto in mezzo alle difficoltà e alle sofferenze, è da autentici rivoluzionari, capaci, sempre e comunque, di realizzare i propri sogni.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che chi ama, con il cuore pulito, non può vivere contro qualcosa o qualcuno, ma vive per qualcosa e per qualcuno.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che chi ha il cuore allegro non si accanisce contro il male, ma pensa solo a fare il bene.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che ogni ora, ogni minuto, ogni attimo sono doni speciali di Dio, perché apparteniamo a una storia più grande.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che, scoprire il proprio valore di Figli di Dio che a Lui si affidano completamente, elimina la paura e l'angoscia e non ci fa sentire più soli e inutili.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che la Vita vissuta non è né bella, né brutta, né chiara, né scura, ma un allegro chiaroscuro.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che non si deve diventare perfetti, ma si deve divenire semplicemente se stessi, dando senso alle miserie e alle ricchezze di una Vita al servizio di tutti, al di là del giudizio e pregiudizio degli altri.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te che ognuno di Noi deve compiere il proprio “viaggio”, che ci appartiene ed è unico e irripetibile.

Carissima Mamma,
abbiamo imparato da Te questo e altro ancora, che affolla la mente e il cuore.

Amatissima Mamma,
Carissima “Pinotti, bella Pinotti” nostra, Tu, Mamma, ci hai insegnato che una stagione della Vita è come un'altra, perché hai saputo dimostrare che la vita è degna di essere vissuta ad ogni età.

Unendoci al tuo particolarissimo Magnificat, ripetiamo, oggi, con Te:
«Devo essere orgoglioso di essere come sono.
Io sono quello che sono.
Sono protagonista sempre proprio per quello che sono».
Mamma, salutaci Papà e Tutte le Persone meravigliose, anime beate, che stanno insieme a Te.
La tua Daniela con Agostino.

sabato 18 marzo 2017

UNA PREGHIERA

"Amato Dio, c'è buio in me,
in Te invece c'è luce;
sono solo, ma Tu non mi abbandoni;
non ho coraggio, ma Tu mi sei d'aiuto;
sono inquieto, ma in Te c'è la pace;
c'è amarezza in me, in Te pazienza;
non capisco le Tue vie,
ma Tu sai qual'è la mia strada.
Tu conosci tutta l'infelicità degli uomini;
Tu rimani accanto a me,
quando nessun uomo mi rimane accanto,
Tu non mi dimentichi e mi cerchi.
Amato Dio, fa' che anche tutti noi viviamo così come insegniamo
e mettiamo in pratica la Parola.
Molti di noi sono quelli che dicono: "Signore, Signore" e lodano la dottrina,
ma il loro agire non è conseguente.
Fa' che mettiamo in pratica la Parola.
Non permettere, o Signore, che la santa parola di Dio venga disprezzata proprio da noi.
Nel nome di Gesù Cristo.
Amen".
Martin Lutero
Ordinazione di uomini sposati al ministero presbiterale
...................................................................................

In seguito a un'intervista a papa Francesco, si ripropone la questione dell'ordinazione presbiterale di
uomini sposati. Non è una novità, ma la diminuzione brutale del numero dei preti, almeno in
Occidente, le dà un nuovo rilievo.
Occorre ricordare un principio di base: nessun impedimento dogmatico si oppone a tale
ordinazione, come prova la pratica della Chiesa nel corso dei secoli, e oggi quella delle Chiese
d'Oriente unite a Roma. In altre parole, è essenzialmente una questione di opportunità pastorale. Nel
XIII secolo, Tommaso d'Aquino scriveva: “Dio non abbandonerà mai la sua Chiesa al punto che
non possa trovare ministri qualificati in numero sufficiente per provvedere alle necessità dei fedeli”.
Papa Francesco si inserisce in questa apertura quando dichiara prudentemente che una riflessione a
questo proposito “potrebbe essere utile”.
Il riproporsi della questione non rimette in discussione il significato del celibato per i preti, in
quanto dà un volto al Cristo, il Buon Pastore, interamente dedicato al servizio dell'Evangelo. Ma
bisogna ricordare che è importante distinguere l'esercizio del ministero da uno stato di vita
determinato (nello specifico, quello di celibe o di sposato), anche se lo stato di vita dà per forza un
certo tono all'esercizio del ministero.
L'appello al diaconato permanente per uomini celibi o sposati è diventato realtà. Perché non pensare
ad una procedure analoga per il presbiterato in rapporto a dei “viri probati”, cioè a degli uomini
“che hanno la loro esperienza”. Un tentativo potrebbe essere fatto e poi valutato sotto la
responsabilità delle conferenze episcopali, tenendo conto del contesto locale, diverso a seconda
delle regioni. Sarebbe un ritorno all'antica tradizione. Non vi vedo una “soluzione miracolo”, anche
perché mi sembrano più importanti e profonde le questioni riguardanti la fede nel nostro mondo
secolarizzato.
Questa pratica porterebbe a definire un profilo diverso di prete, e a prevedere una formazione
adeguata, che dovrebbe essere studiata e definita, come per il diaconato permanente.
Mi sembra importante che questa apertura sia attenta alla missione specifica di queste nuove forme
di ministero. Conosciamo il pericolo di ordinare preti solo “per la messa”, al di fuori di ogni
prospettiva ecclesiale e missionaria. Il ministero dei preti è fondamentalmente una funzione
pastorale che include formalmente la presidenza eucaristica, ma va anche al di là. Presiedere alla
costruzione della Chiesa è allo stesso tempo servire la dimensione profetica, liturgica e missionaria
nel mondo così com'è. Il servizio della Parola di Dio e la celebrazione dei sacramenti sono luoghi
privilegiati della “comunione ecclesiale”. Ordinare preti solo per “dire delle messe” riflette una
misera concezione dell'eucaristia e del ministero.
“Dei preti per che cosa?”, è, a mio avviso, ciò che ci dobbiamo chiedere prima di tutto.

di Jean Rigal in “www.baptises.fr” del 15 marzo 2017 (traduzione: www.finesettimana.org)

martedì 14 marzo 2017

RIVOLUZIONE

 
Emma Goldman

Keanu Reeves

UNA VOCE RIVOLUZIONARIA

Di fronte a società xenofobe e impaurite, dove politiche assenti e sbagliate parlano agli uomini di muri e di armi per farli sentire più sicuri e più protetti di fronte a popolazioni che oppresse da guerre e violenze abbandonano le loro terre per cercare aiuto e sicurezza...
Grazie Papa Francesco, il pontefice venuto quasi dalla fine del mondo, come si autodefinì il giorno della sua salita al soglio papale, perché continua, seppur inascoltato, a non lasciar cadere parole come giustizia, solidarietà e accoglienza, così che possano trovare spazio nel nostro comune sentire, nella nostra percezione di un fenomeno che viene descritto troppo spesso come emergenziale e problematico.
Grazie Papa Francesco, perchè finalmente l'umanità in cammino viene descritta come un'opportunità, come una ricchezza, come un dono.
Grazie Papa Francesco, perché in questi quattro anni, nell'andare verso l'uomo della periferia hai abbracciato, ascoltato e incontrato con generosità, pazienza e amore.
Grazie Papa Francesco, perché questa è la via da intraprendere, perché questa è la più grande rivoluzione culturale ed etica del nostro tempo.
Grazie Papa Francesco, perché ogni giorno non si stanca di essere voce di chi non ha voce!

lunedì 13 marzo 2017

I SUOI PRIMI QUATTRO ANNI

Un Papa "Superman". Così è stato dipinto sui muri di Borgo Pio, nel gennaio 2014, dall’artista di strada Maupal, al secolo Mauro Pallotta: Francesco nel gesto di Clark Kent, pugno destro al cielo e nell’altra mano una ventiquattrore con la scritta “valores” pronto a spiccare il volo. Subito rimosso, quel murales ha avuto però un enorme successo e soprattutto un seguito: a gennaio di quest’anno sempre Maupal ha raffigurato il Papa in versione graffitaro, in cima ad una scala, a dipingere sui muri mentre una Guardia Svizzera gli fa da palo. In fondo, Francesco è questo per la gente: un papa talmente simile all’uomo comune da essere speciale.
Arrivando in Vaticano 4 anni fa, il 13 marzo 2013, si ebbe subito la sensazione di trovarsi dinanzi
ad un Pontefice diverso: Francesco chiese alla folla dei fedeli radunati in piazza San Pietro di
pregare per lui, invertendo così i ruoli in una Chiesa millenaria. Da lì in poi è stato un susseguirsi di
gesti, prima ancora che di parole, rivoluzionari. Il Papa «venuto dalla fine del mondo» è il
principale testimone di quella carità cristiana che si traduce negli aiuti ai poveri, nell’installazione
di docce in Vaticano per i clochard della zona, in ambulatori medici su ruote che girano la Capitale
per dare assistenza sanitaria a coloro che vivono sulla strada, in corridoi umanitari per i profughi
siriani e persino in biglietti di ingresso gratuito al circo per gli anziani soli. Francesco - che prende
l’autobus come un comune cittadino per andare a saldare il conto dell’albergo in cui ha alloggiato
nei giorni precedenti il conclave - è però anche il Papa più osteggiato dalla sua stessa Chiesa,
maldisposta a rinunciare a molti dei privilegi conquistati nel tempo. Il malumore dapprima
strisciante si palesa al momento della pubblicazione, l’8 aprile del 2016 - nel pieno del Giubileo
straordinario della Misericordia -, dell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia”, in cui Francesco
compendia alcuni precetti di pastorale familiare. A quelle pagine, in particolare, affida la sua
apertura rispetto al tema, molto discusso, dei sacramenti ai divorziati risposati, rimuovendo di fatto
nella prassi il vecchio divieto. Bergoglio suggerisce ai vescovi, in rapporto con i confessori, di
decidere caso per caso attraverso il necessario «discernimento» nel segno, appunto, della
misericordia. Un’innovazione che scatena reazioni durissime da parte dei prelati più conservatori
tanto da arrivare ad un vero scontro aperto con quattro anziani cardinali (Burke, Caffarra,
Brandmueller e Meisner) che a settembre scorso dapprima scrivono al Papa i loro “dubia” su quelli
che ritengono suoi alla dottrina cattolica e poi lo minacciano di un atto formale di “correzione”. Tra
proteste vivaci e dissensi non velati, Francesco - che più di una volta ha confessato di non lasciarsi
togliere il sonno dalle critiche - continua però nell’attuazione della sua idea di cattolicesimo e
colleziona successi storici: l’incontro a Cuba col patriarca di Mosca Kirill e l’attuazione della
riforma della giustizia e dello Ior per liberare la Chiesa dalla «sporcizia».

Estratto da “Trentino” del 13 marzo 2017 di Mariaelena Finessi

mercoledì 8 marzo 2017

8 MARZO : NON SOLO FESTA MA SOPRATTUTTO LOTTA


<<La richiesta di uguali diritti in tutti i campi è indubbiamente giusta, ma, tutto sommato, [per la donna] il diritto più importante è quello di amare e di essere amata.>>

Emma Goldman

lunedì 6 marzo 2017

E QUANDO IL POLVERONE SVANIRA'?

Si sta ormai depositando il polverone sollevato dalla scelta da Fabiano Anoniani,detto Fabo, e il problema sta quasi rientrando nella normalità:  i progetti di legge sul fine-vita giaceranno nei cassetti dei parlamentari, il polverone mediatico ristagnerà inerte sulle coscienze di tutti, la vita andrà avanti… ma i problemi dell’accanimento terapeutico, dell’eutanasia, del rispetto delle scelte di coscienza  di chi, giunto ad una situazione di vita che, in qualche modo è non-vita, rimarranno lettera morta chissà per quanto tempo ancora.
E’ vero che di fronte al problema del fine-vita ci sono forti remore per chi è credente, che provocano talvolta prese di posizione talmente rigide che vanno al di là del rispetto del dolore altrui  e del valore della coscienza di chi fa altre scelte. E’ altrettanto vero che anche nell’ambito dei credenti avvengono dei ripensamenti sul valore della vita, della malattia, dell’accanimento terapeutico, del rispetto della volontà del malato.
Già il cardinal Martini, che ebbe la sfortuna di vivere i suoi ultimi anni con una forma di malattia irreversibile, propose alcuni spunti di riflessione che ebbero un forte impatto con la coscienza dei credenti e dei non credenti. A proposito del caso Welby scrisse: “…con lucidità ha chiesto la sospensione della terapia di sostegno respiratorio, costituita negli ultimi nove anni da una tracheotomia e da un ventilatore automatico, senza alcuna possibilità di miglioramento… Questo in particolare per l’evidente intenzione di alcune parti politiche di esercitare una pressione in vista di una legge a favore dell’eutanasia. Ma situazioni simili saranno sempre più frequenti e la Chiesa stessa dovrà darvi più attenta considerazione anche pastorale”. Il cardnal Martini si rendeva conto che la crescente capacità del progresso medico fosse altamente positivo per protrarre la vita anche in condizioni impensabili nel passato, ma nello stesso tempo avvertiva che le nuove tecnologie hanno bisogno di un supplemento di saggezza per evitare lunghi trattamenti che non portano alcun giovamento alla persona malata.
Dopo la storia di Fabo è chiaro che occorre distinguere tra eutanasia e astensione dell’accanimento terapeutico, che sono due aspetti sovente confusi.  E su questo punto la riflessione del cardinal Martini fu ancora più profonda: “Il punto delicato è che per stabilire se un intervento medico è appropriato non ci si può richiamare a una regia generale quasi matematica, da cui dedurre il comportamento adeguato, ma occorre un attento discernimento che consideri le condizioni concrete, le circostanze, le intenzioni dei soggetti coinvolti, in particolare non può essere trascurata la volontà del malato, in quanto a lui compete – anche dal punto di vista giuridico, salvo eccezioni ben definite – di valutare se le cure che gli vengono proposte, in tali casi di eccezionale gravità, sono effettivamente proporzionate”.
Davanti a noi c’è un cammino di responsabilità che non deve essere interrotto o dimenticato, un cammino di riflessione e di impegno perché i casi come quello di Fabo, non restino irrisolti sul piano della legislazione che in Italia non ha ancora trovato una soluzione.

UNO STRANO SILENZIO

Nel corso della storia abbiamo spesso assistito a innalzamento agli altari di personggi politici o religiosi, ma poco dopo anche a cadute incredibili degli stessi: ogni cultura politica o religiosa deve riconoscere che tanti leaders osannati o diventati icone di progetti rivoluzionari o restauratori non sono sempre stati perfetti. Non sarebbero uomini, ma macchine.
Direbbe Totò, “siamo uomini di mondo”, e anche noi oggi ci siamo abituati alla caduta delle stelle, al vedere personalità andare in difficoltà o essere messe in crisi da comportamenti o da errori che vengono loro contestati.E' successo anche a Aung San Suu Kyi, criticata da 23 leaders mondiali, tra cui molti Premi Nobel per la Pace, per essere rimasta in silenzio e non aver adottato “nessuna iniziativa per assicurare pieni diritti di cittadinanza per i Rohingya”.
Il popolo <Rohingya> temuto dai birmani perché deriva da un incrocio di popolazioni con i colonizzatori britannici e non è più strettamente legato al buddhismo; i buddhisti birmani più radicali si sentono demograficamente in diminuzione rispetto ai rohingya e temono un forte aumento dell’Islam. Già in passato ci furono genocidi e oggi questo popolo vive una nuova tragedia umanitaria oltre al rischio di una pulizia etnica (sempre i 23 leaders mondiali parlano di “una tragedia umana che equivale a pulizia etnica e crimini contro l’umanità”).
L’ONU ha definito questa popolazione la più perseguitata al mondo, e nel mese di dicembre l’opinione pubblica fu colpita dall’immagine di Mohammed annegato insieme alla madre un fratello e uno zio nel tentativo di fuga dal Myanmar (nuovo nome della Birmania). Una fuga e una persecuzione (villaggi bruciati e rastrellamenti) ignorate dal Governo di cui è esponente importante proprio il Nobel per la Pace Suu Kyi.
E’ sempre difficile e complicato entrare in vicende di altri Paesi; le questioni sono sempre più complesse di come possono sembrare. Resta il fatto che la reputazione di una donna che tutti abbiamo ammirato per la sua forza, il suo coraggio civile, la sua coerenza, la sua capacità di guida nonviolenta nel ribaltare un sistema illiberale, viene messa fortemente alla prova: una stella cadente, nella speranza di fatti che ne correggano un'immagine un po' offuscata.

giovedì 2 marzo 2017

IMPARIAMO...

Impariamo ad inchinarci di fronte alla sacralità del mistero dell'Uomo, qualsiasi decisione, espressa o tacita, arrivi dalla sua mente e dal suo cuore.

Impariamo a rispettare, in silenzio e senza la presunzione di falsi bigottismi, la condizione estrema di Chi non riesce più a restituire un significato al proprio vivere.

Impariamo a non sputare sentenze, quando il nostro corpo, la nostra mente, la nostra volontà non sono ancora schiacciati, annientati, annullati da una malattia che non dà respiro e requie.

Impariamo a non proiettare inutili moralismi su Chi porta il peso di una croce troppo pesante e, soprattutto, se ci capiterà la sorte di condividerne il suo carico, cerchiamo di essere consapevoli che inchiodati a quella croce non ci siamo ancora.

Impariamo l'umiltà di stare dalla parte dell'Altro, di identificarci, soltanto per un attimo, nella sconfinata sofferenza dell'Altro, soltanto per un istante, con la consapevolezza che, forse, la forza di oggi potrebbe non esserci domani.

Impariamo a riconoscere, in Sorella Nostra Morte Corporale, qualunque essa sia e in qualsiasi modo sopraggiunga, un fondamento di dignità, se è vero che è atto finale, trapasso, ponte da un cammino di vita piena.

Grazie Fabo e, come direbbe Dante, Tu non ti curar di Loro, presuntuosi e arroganti, ignoranti sepolcri imbiancati, che pretendono di avere bella pronta e confezionata la Verità in tasca.

Daniela Villa

EZIO BOSSO

  

GIACOMO LEOPARDI

Lettori fissi

Archivio blog