sabato 29 novembre 2014

NON DIMENTICARE CHE...

Il tuo Cristo è ebreo
e la tua democrazia è greca.
La tua scrittura è latina
e i tuoi numeri sono arabi.
La tua auto è giapponese
e il tuo caffè brasiliano.
Il tuo orologio è svizzero
e il tuo computer è coreano.
La tua pizza è italiana
e la tua camicia hawaiana.
Le tue vacanze sono turche, 
tunisine o marocchine
Cittadino del mondo, non rimproverare 
al tuo vicino di essere straniero.

venerdì 28 novembre 2014

E' PIÙ IMPORTANTE AMARE O ESSERE AMATI?


"Non ci si può limitare solo alla dimensione attiva dell'amore,cioè solo ad amare senza ricevere amore,perché inevitabilmente si diventa vuoti,insipidi:la personalità finisce per non avere quasi sapore,come il sorriso stereotipato di alcune persone religiose che vogliono mostrare di amare tutti ma del cui amore nessuno si cura perché non sa di nulla. Neppure però si può vivere solo ricevendo amore senza donarlo,perché l'ego diviene ipertrofico,si appesantisce,ingrassa,vede e vuole solo se stesso,come il sorriso altrettanto stereotipato di certi personaggi alla moda che è solo un clamoroso falso,un prodotto contraffatto dietro cui ci sono solo egoismo e narcisismo. Nel primo caso si è spiritualmente troppo magri,nel secondo troppo grassi.
Occorre trovare il giusto equilibrio tra donare e ricevere amore,perché tutto nella vita dipende dal giusto equilibrio delle forze."

lunedì 24 novembre 2014

Spiritualità, un fatto personale 
di Marina Valcarenghi in “il Fatto Quotidiano” del 24 novembre 2014
La spiritualità è troppo importante per lasciarla alle religioni. Non c’entra nemmeno con la fede, è 
l’inclinazione transpersonale di un essere umano, la disposizione a occuparsi degli altri e non solo di sé; è la consapevolezza di fare parte di un movimento infinito di materia e di energia che ci trascende e ci riguarda. “Io lavoro, mi comporto onestamente, vado in chiesa e penso alla mia famiglia - sentii dire da una signora quando ero una ragazzina - Se tutti facessero come me…”. 
Non sapevo perché ma ci ero rimasta male, mi sembrava giusto e sbagliato insieme. Oggi penso che quella signora fosse forse religiosa e onesta, ma anche priva di vita spirituale. Abitava il suo piccolo mondo e le bastava. E fuori da lì? E gli altri? È questa la domanda alla fine. 
Ci sono quelli per cui gli altri non esistono e quelli per cui esistono. E se esistono allora sentiamo lo slancio e la responsabilità di andare oltre la nostra vita personale, oltre i nostri sentimenti privati, oggi, su questa terra, e non per guadagnarci il paradiso. Troppo spesso e negli ambienti più diversi, da “comunione e liberazione” ai seguaci della new age, dagli agnostici agli ebrei, dai parrocchiani agli psicoanalisti, si sente proporre la spiritualità come corollario di una religione, di una fede o di una ricerca interiore e questa opinione mi indigna e addolora.
Non riconosco diritto di esclusiva sulla vita dello spirito che mi sembra definitivamente personale. Mi vengono in mente tante persone – che ho conosciuto o che non ho mai visto – che non credevano in Dio, non andavano in nessuna chiesa, e non meditavano sui tappetini, ma che hanno accettato di morire per amore degli altri, e anche tante persone che hanno lasciato e lasciano entrare gli altri nella loro vita. Forse è necessario saper soffrire? Ho riconosciuto tante volte la spiritualità fra i detenuti, più raramente fra i fedeli nelle chiese. 

mercoledì 19 novembre 2014

Risveglio

Ad un tratto tutto si riaccende
tornano a galla, i pensieri, come liberatisi da sabbie profonde nell'abisso della mente
risalgono, lentamente, in superficie..
sento il mio corpo, percepisco le mani e i piedi, 
il battito del cuore accelera..
la cassa toracica riprende a gonfiarsi
come se, per l'intera notte non lo avesse fatto, 
la macchina, spenta per un tempo che sembra illimitato, riprende, dolcemente, a funzionare..
Odo i rumori, i più vicini, poi quelli dalla starada, le voci, 
e..apro gli occhi al mondo..
Rotolo dinanzi allo specchio, mi guardo e..son lì..
ancora un altro giorno, con la possibilità di vivere attimi, ore e..chissà..
Ciò che importa è che son lì..
in quel preciso istante
e ringrazio Dio per l'immenso DONO della vita. 
Mi affido a te, o Padre, oggi come ieri, 
fammi strumento nelle tue mani
che parole e gesti si riempiano di compassione verso coloro che incontrerò sul mio cammino,
conducimi sui sentieri del tuo amore.

Poi..guardo fuori ed il cielo, fosco e brumoso, accenna ad un'altra giornata di pioggia.
La mia preghiera vola a tutte quelle persone, 
alluvionate, fuori e dentro, 
che la paura si trasformi in speranza.. e coraggio.. 
per riemergere dal fango
di terra, timore e disperazione. 
Ascoltaci, o Signore.

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martedì 18 novembre 2014

CRISTIANI NELLE COMUNITÀ DI OGGI
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Curiosando tra le varie attività pastorali delle diocesi italiane,ho trovato spesso indicate due paroline interessanti e un po' anche inattese:"riassetto diocesano». E' un'espressione che spesso ha rivelato un'interessante momento di riflessione per un incontro possibile tra Vescovi,preti e laici.
D'altra parte è impossibile negare che in un mondo dove la secolarizzazione avrebbe dovuto portare il cristianesimo a doversi ridire e ripensare per il tempo presente,come bene il Concilio Vaticano II aveva messo in luce,non sia ancora arrivato il momento di riorganizzare il mondo cattolico,e in particolare le diocesi e le parrocchie,sempre in prima fila nell'affrontare le trasformazioni culturali e sociali.
Uno dei problemi da cui partire è sicuramente l'ormai esiguo numero di sacerdoti,problema che permette di mettere in luce molteplici altre fragilità. E così scopriamo che esiste una bassissima partecipazione dei laici alla vita delle comunità parrocchiali,spesso ridotta a ruoli semplicemente esecutivi e funzionali. Come pure un'attitudine delle parrocchie all'introversione,dove ci si rivolge di più alla cura e all'attenzione di chi partecipa che non all'annuncio della 'buona novella' nella sua fresca e  gioiosa attualità. E poi imperversa un atteggiamento acquiescente nei confronti delle modalità con cui la comunità è organizzata.
In qualche scheda di riflessione su queste problematiche ho riscontrato il desiderio di iniziare un inevitabile processo di trasformazione delle parrocchie e delle diocesi,con gradualità,con sostenibilità,con flessibilità,certi che una soluzione unica per tutti è da escludere. Ma di seguito ho con molta difficoltà cercato di trovare le soluzioni organizzative atte a rispondere alle esigenze operative tipiche del nostro vivere.
Una delle novità più straordinarie e famose del Vaticano II fu quella di sottolineare l'idea di Chiesa nella sua globalità come Popolo di Dio:<<Tutti gli uomini sono chiamati a formare il Popolo di Dio...A questo scopo Dio mandò il Figlio suo...Capo del nuovo universale popolo dei figli di Dio...Per questo pure mandò Dio lo Spirito...principio di unione e di unità(L.G.13.a)>>. Ed è proprio da qui che credo bisogna ripartire,perché balza subito agli occhi come in molti contesti ecclesiali non esiste una vera corresponsabilità tra presbiteri e laici,vuoi per un clericalismo ancora troppo imperante tra gli uni,vuoi per il vizio di «delega in bianco» per gli altri. Nelle stesse parrocchie il centro continua ad essere il prete che decide,coordina,cura,presiede il gregge che gli è stato affidato,e non la comunità cristiana nella sua dimensione di Popolo di Dio,estroverso ed accogliente.
Si tratta di una visione di Chiesa dove il laico ha un ruolo molto ridimensionato,dove non è questione di organizzazione o meno,ma di mancanza di una adeguata riflessione sulla ministerialità,cioè sui cosiddetti 'carismi'. Non credo che il problema sia risolvibile con l'idea di raccogliere le forze che abbiamo a disposizione,ma è venuto il tempo di un impegno serio e reale per l'individuazione di nuove figure di servizio e di responsabilità che possano affiancare i ministri ordinati.
Non credo di essere il primo nel sollevare queste questioni.Ci sono strutture(ad esempio i consigli pastorali?)dove è già iniziata una seria e urgente riflessione comunitaria per mettere in luce gli snodi da affrontare e le soluzioni possibili. Mi permetto quindi,con semplicità e spirito cristiano,di indicare alcune questioni cruciali e decisive,sulle quali mi piacerebbe dialogare.

  • Trasformare la comunità cristiana in comunità evangelizzatrice:una Chiesa «in uscita» ,cioè una comunità dei discepoli di Gesù che coinvolti dalla 'buona novella',prendono l'iniziativa,accompagnano,fruttificano e festeggiano.
  • Uscire dall'immobilismo analizzando consuetudini,stili,orari,linguaggi e strutture perché siano più accessibili agli uomini del nostro tempo.
  • Ripensare la suddivisione di responsabilità tra sacerdoti e fedeli nella gestione della comunità e nell'evangelizzazione.
  • Valorizzare il cammino di fede e la formazione per laici\laiche che potrebbero mettersi a servizio della comunità cristiana.
  • Riformulare il ruolo dei consigli pastorali,la presenza delle aggregazioni\movimenti laicali e il rapporto tra Diocesi e Parrocchie.

Il tempo è opportuno. Lasciamoci convincere dalla bellezza e dalla serenità di un vero confronto fra tutte le componenti del Popolo di Dio,perché come diceva S.Paolo:<<...come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione,così anche noi,pur essendo molti,siamo un sol corpo in Cristo e ciascuno per la sua parte siamo membra gli uni degli altri.>>(Rm 12,4-5)....per tornare ad essere e a sentirsi Chiesa!
A.B.


lunedì 17 novembre 2014

LA SCELTA DI RACHEL


"Io vi do un nuovo comandamento: che vi amiate gli uni gli altri. Come io vi ho amati, anche voi amatevi gli uni gli altri. Da questo conosceranno tutti che siete miei discepoli, se avete amore gli uni per gli altri" (Giovanni 13, 34-35). Non si sa se Rachel abbia ricevuto un'educazione cristiana ma la sua vita ha testimoniato un amore al prossimo che assomiglia moltissimo a quello che Gesù ha avuto e ha per i suoi discepoli.

Dedizione totale per i bambini malati
Rachel da quando aveva 5 anni ha sempre mostrato un'innata attenzione per le persone più bisognose. Un esempio? Per tre volte ha regalato i suoi capelli ai bambini malati di cancro. Aveva sentito parlare dell’esistenza di un’organizzazione (Locks of Love) che raccoglieva capelli per farne parrucche da dare ai bambini malati di cancro, e non ci ha pensato su due volte. La giovanissima bambina è corsa a casa ed ha chiesto alla mamma di tagliare i capelli per poterli donare ai bambini malati. Il gesto si è ripetuto una seconda volta e, quindi, una terza volta. Quest'ultima è coincisa con il giorno della sua salita al Cielo in seguito a un incidente stradale. Proprio mentre la sua vita era intensamente protesa verso l'amore al prossimo. I genitori sono stati i primi testimoni della vita della piccola e quando ha chiuso gli occhi per l'ultima volta hanno deciso di donare gli organi della bambina, come lei stessa – ne sono certi – avrebbe voluto.

Il mio regalo di compleanno fatelo ai poveri
Ma gli episodi che testimoniano la sua volontà di donarsi al mondo sono innumerevoli: il giorno del suo nono compleanno, aveva detto: “Anziché farmi un regalo, donate 9 dollari alle persone che costruiscono pozzi per chi non ha l’acqua potabile”, considerato che aveva sentito parlare di “Charity Water”, un’organizzazione non governativa che punta a raccogliere fondi per realizzare dei progetti umanitari legati all’acqua nei paesi più poveri del mondo. “Per piacere aiutatemi. Ai donatori manderemo le foto dei pozzi e le coordinate geografiche tratte da Google Earth. Il mio obiettivo è raccogliere 300 dollari”, aveva inoltre affermato. La bimba aveva raccolto 280 dollari fino al giorno della sua morte.

Per un bene più grande
Proprio in quel giorno sono arrivate tantissime donazioni all’associazione, finalizzate a supportare la realizzazione del sogno di Rachel. Nei tre giorni in cui è dovuta stare a letto, in lotta tra la vita e la morte, gli amici le hanno sussurrato all’orecchio che le donazioni avevano superato di gran lunga i 50 mila dollari. E nel momento in cui la vita di Rachel si è compiuta, sua mamma Samantha ha ringraziato tutti scrivendo che ora sua figlia sta sorridendo. Sì perché la piccola Rachel ha potuto donare la sua vita per un bene più grande, un bene che ha ricercato in ogni istante della sua esistenza.

sabato 15 novembre 2014

Per un discorso sereno sull'omosessualità
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Pochi giorni dopo il clamore del coming out di Tim Cook, l'amministratore delegato di Apple, che ha rivelato il proprio orientamento e ha definito l'omosessualità un dono di Dio, in Italia abbiamo avuto la polemica sull'insegnante che, su un bollettino parrocchiale, ha denunciato un fantomatico complotto Onu per promuovere omosessualità e pedofilia tra i bambini. Non è la prima volta che leggo sparate del genere e mi viene da chiedermi se sia possibile parlare di questi temi seriamente e serenamente da cattolici e tra cattolici.

Bisogna distinguere i piani. Un conto è il discorso legislativo, con il corrispondente dibattito, sui diritti delle coppie omosessuali e l'equiparazione al matrimonio. Un altro conto è la realtà delle persone e come ci si relaziona a essa, in una prospettiva di fede. Sembra che ci siano due fronti: da una parte i gay cattivi che vogliono distruggere la famiglia e dall'altra i difensori e bisogna schierarsi. Almeno, certi commenti e articoli danno questa rappresentazione. Eppure, basterebbe conoscere e frequentare delle persone omosessuali per capire che non è così.

Io non ho mai accettato le logiche di contrapposizione amico/nemico. Certamente non è una logica cristiana. Gesù scandalizzava proprio per le sue frequentazioni tra coloro che erano considerati peccatori ed eretici, di cui faceva emergere in primo luogo il positivo e la fede di cui erano capaci. È uno stile che andrebbe applicato anche a proposito delle persone omosessuali. Poi gli esagitati ci sono dappertutto, tra i cattolici, tra gli omosessuali, tra gli atei, tra i vegetariani... Ciò però non giustifica il fatto di cadere sempre, parlando di certi argomenti, in un dualismo oppositivo.

Il punto per me è: si può dire da cristiani una parola positiva sulle persone omosessuali e su una relazione affettiva omosessuale? Si può dire che ogni violenza verbale e fisica è sbagliata? Si può dire che considerare l'omosessualità una malattia non ha niente a che fare con la fede cristiana?

La Bibbia presenta una visione antropologica e teologica del rapporto tra uomo e donna che si esprime nel matrimonio. L'omosessualità non rientra in questo ambito. Questo la rende in toto una realtà malvagia e peccaminosa? Chi conosce delle coppie omosessuali può dire che non è così. Lo ha affermato di recente anche il cardinale Schönborn, un allievo di Ratzinger che è tra gli estensori del Catechismo. I passi biblici che fanno riferimento agli atti omosessuali non sono riportabili oggi senza una considerazione critica, perché ne parlano come se questi rapporti fossero solo una scelta deliberata di lussuria. Agli autori biblici era sconosciuta la nozione di identità, orientamento o condizione omosessuale e quindi non la si può valutare in base a quei testi. Una condizione innata è cosa ben diversa da una decisione esplicita, cosciente e colpevole di rifiuto di determinati valori. Il peccato si verifica in questo secondo caso.

Insomma, c'è una questione legislativa, c'è una questione etica e c'è una questione teologico/antropologica. Sono piani diversi da non confondere e su cui la riflessione deve proseguire, come diceva per esempio un teologo come Enrico Chiavacci.
CHRISTIAN ALBINI.

venerdì 14 novembre 2014

Aiutaci ad aprire i nostri cuori

1) O Dio, che ami tutti i colori delle nostre pelli,  che conosci tutte le lingue del mondo, che non emargini nessuno dal Tuo amore, aiutaci a costruire pace, giustizia e comprensione tra popoli, razze, culture e religioni diverse uscendo dai pregiudizi, dalle prepotenze, dalle pigrizie…
Aiutaci ad aprire i nostri cuori.

2) O Dio, che vedi talvolta il nostro disorientamento e la nostra confusione in questo mondo pieno di rapidi cambiamenti…
Aiutaci ad aprire i nostri cuori.

3) Per i giorni in cui siamo tentati di chiuderci in noi stessi e ridurre la nostra vita a fare i fatti nostri…
Aiutaci ad aprire i nostri cuori.

4) Per i giorni in cui ci pare che la nostra fatica sia inutile e il nostro impegno non serva a nulla nella comunità e nel mondo…
Aiutaci ad aprire i nostri cuori.

5) Perché di fronte ai tanti bisogni che vediamo vicino e lontano da noi sappiamo uscire dall'indifferenza e prendere qualche nuova decisione…
Aiutaci ad aprire i nostri cuori.

6) Per la nostra chiesa così bisognosa di rinnovamento eppure così in difficoltà davanti alle nuove sfide, perché facciamo con umiltà e coraggio la nostra parte…
Aiutaci ad aprire i nostri cuori.

7) Perché, mediante la lettura delle Scritture e l'attenzione ai problemi del mondo, riusciamo a liberare la nostra fede da tanti arsenali superstiziosi e miriamo all'essenziale…
Aiutaci ad aprire i nostri cuori.

mercoledì 12 novembre 2014

Papa Francesco scrive al G20 non facendo nessuno sconto ai grandi della terra

I Paesi che parteciperanno al prossimo G20 di Brisbane, in Australia, non diano vita a discussioni e “dichiarazioni di principio”. Sarebbe “increscioso” considerando quante situazioni di crisi colpiscono oggi il mondo e attendono soluzioni.

È l’auspicio di fondo della lettera che Papa Francesco ha inviato al primo ministro australiano, Tony Abbot, in vista del vertice del 15 e 16 novembre prossimi. Leggi il testo integrale nella pagina "HO SCRITTO UNA LETTERA" di questo blog.
Le tre priorità della Chiesa francese.

Per concludere la sessione autunnale della Conferenza episcopale (CEF), il suo presidente, Mons.Georges Pontier, arcivescovo di Marsiglia, ha parlato di tre temi che le diocesi dovranno affrontare.
1) la solidarietà. Il presidente della CEF ha ricordato alcune constatazioni: “I poveri sono sempre più poveri”, “la solitudine e l'isolamento li rendono sempre meno visibili”.
Queste constatazioni, Mons. Pontier le interpreta come un appello alla responsabilità collettiva.
“Siamo tutti coinvolti, lo Stato, le collettività territoriali, i servizi sociali, il tessuto associativo e
ognuno di noi”, ha riconosciuto, prima di invitare le comunità cristiane a “rinnovarsi nelle forme di
prossimità e di impegno con i più poveri”, come invita regolarmente a fare papa Francesco,
desideroso di vedere la Chiesa attenta “alle nuove forme di povertà e fragilità”.
2) La riflessione sull'ecologia e il contributo alla diffusione di nuovi modi di vita.
In effetti, è a Parigi che si terrà alla fine del 2015 la prossima conferenza internazionale sul clima, e non è impossibile che papa Francesco scelga lo stesso periodo per un suo viaggio in Francia.
Questo evento “invita ad una mobilitazione importante delle nostre diocesi, poiché – il papa – continua ad interpellarci sull'impatto della 'globalizzazione dell'indifferenza' e sulla 'cultura dello scarto' che lasciamo diffondere nella nostra economia e nelle nostre relazioni sociali”, afferma Mons. Pontier. “Queste sfide planetarie possono anche essere l'occasione di una salutare presa di coscienza e diventare opportunità pastorali per inventare nuovi modi di vita”, ha sottolineato, ricordando tra l'altro lo studio pubblicato due anni fa:“Poste in gioco e sfide ecologiche per il futuro”, che invitata le comunità cristiane a mobilitarsi e ad impegnarsi.
3) La terza priorità, infine, è la prosecuzione nelle diocesi della riflessione sulla famiglia, nella
prospettiva del Sinodo dell'ottobre 2015.
“Il documento uscito dal recente Sinodo ci invita a purificare il nostro linguaggio affinché non sia mai offensivo, e ad avere per ogni persona uno sguardo di speranza”, ricorda l'arcivescovo di Marsiglia. La Chiesa deve “essere una Chiesa della misericordia e del conforto, una Chiesa che accompagna, che cammina al passo dell'altro”.
Per un impegno a più lunga scadenza, il presidente dei vescovi ha ricordato anche una riflessione sul modello di quella che li aveva portati a pubblicare, nel 1996, una “Lettera ai cattolici francesi”, (scritta da Mons, Claude Dagens, vescovo di Angoulême), che aveva contribuito al rinnovamento della pastorale in numerose diocesi. Nella prossima sessione di primavera i vescovi dedicheranno una giornata alla riflessione e al discernimento, guidata da padre François-Xavier Dumortier, gesuita francese e rettore dell'Università gregoriana di Roma, per definire “quali cammini privilegiare per la missione”, in particolare in materia di pastorale familiare.

sabato 8 novembre 2014

Un mondo di muri, 25 anni dopo Berlino
9 Novembre 1989 - 9 Novembre 2014

Nell’autunno dell’anno scorso sono stato qualche giorno a Berlino, per partecipare a un incontro con colleghi mediorientalisti. Confesso che è stato emozionante, perché era la prima volta che vedevo Berlino riunificata, mentre avevo conosciuto abbastanza bene quella divisa. Mi sono stupito, e sono quasi rimasto scioccato, perché non riuscivo più a trovare i segni di quel lugubre muro, che in un passato apparentemente vicino ma in realtà lontanissimo, avevo attraversato cinque volte, da Ovest a Est, rientrando prima di mezzanotte come Cenerentola.

L’ultima volta, al Checkpoint Charlie, fui costretto a una lunga attesa in un gabbiotto, perché il collega che si trovava con me, Giuseppe Canessa de Il Giorno, aveva la fotografia scollata sul passaporto. Sul Muro di Berlino, e sul suo crollo, ho scritto un libro, dall’inequivocabile titolo Sgretolamento. Voci senza filtro (Jaca Book, 2013), per indicare che l’abbattimento - di cui erano state segnalate molte avvisaglie - certificava la fine della separazione ideologica tra due mondi.

Pensavo che la fine del Muro avrebbe significato il tramonto di tutti i muri del mondo. Che ingenuità! Dopo quell’entusiasmante fine del 1989, i muri invece di crollare sono cresciuti, numericamente e qualitativamente. Quelli del passato sono stati più o meno pensionati, come quello «light» di Nicosia, che comunque continua a dividere l’isola di Cipro, o quello di Gorizia, che ai tempi della Jugoslavia seguiva i binari di una linea ferroviaria. Ma sono i muri del presente che fanno più impressione.

Frequentando il Medio Oriente, e in particolare Israele e la Palestina, non posso non cominciare dalla muraglia altissima che separa i due contendenti: anzi, impedisce che vi possa essere quella contaminazione umana e sociale che dovrebbe essere il prologo di una futura e consolidata convivenza. È pur vero che la muraglia ha sicuramente ridotto le infiltrazioni e le statistiche dicono che gli attentati sono drasticamente diminuiti.

Ma è cresciuta, invece di sedarsi, una rabbia che odora di apartheid, di umiliazioni, e quindi di propositi di vendetta. La Striscia di Gaza di muri o similari ne ha addirittura due: uno con Israele, l’altro con l’Egitto. Di fatto i palestinesi, ammassati su quel minuscolo lembo di terra, vivono in una prigione a cielo aperto. Non stupisce che persino i fondamentalisti di Hamas siano in difficoltà, attaccati dagli estremisti dello Stato islamico, e da altre subordinate fanatiche e parimenti pericolose, che stanno facendo proseliti anche laggiù.

È così contagiosa la febbre del muro e il bisogno protettivo di un ghetto da suggerire analisi spietate: muro è sintomo di debolezza, di fragilità e di complessi difficili da contrastare. Al punto che, dove non si può costruire fisicamente, si erige la barriera virtualmente, immaginandone la difesa con strumenti di morte pronti ad annientare. Come accade in Iraq, in Siria, al confine con la Turchia. Ecco, arriviamo ai Balcani. La porta dell’Unione europea, prima, era considerata la Grecia, il più sudorientale dei Paesi dell’Unione. Per questa ragione, via Turchia, un flusso continuo di immigrati aveva spinto Atene a creare uno sbarramento.

Ora, la porta dell’Unione europea, dopo le ultime adesioni, si è spostata ancora più a Est, in Bulgaria. Ecco perché lo Stato balcanico ha costruito una cortina di ferro (sì, proprio una cortina di ferro, di sovietica memoria) lunga 33 chilometri e alta tre metri per contenere il numero di coloro che chiedono un passaggio o un asilo che un Paese povero come la Bulgaria non può garantire.

Il mondo, dopo la caduta del muro di Berlino, è diventato assai più instabile. I conflitti si sono moltiplicati. La gente fugge dalla violenza, chiede di poter vivere dignitosamente e senza paura. È un loro sacrosanto diritto. Oltre il muro del mare, gli immigrati libici, siriani, palestinesi, sognano di raggiungere l’Italia, e da qui gli altri Paesi europei. A un quarto di secolo dal tramonto del comunismo, l’auspicio è uno solo: che la solidarietà prevalga sull’egoismo. Dico di più. È nel nostro interesse di europei sostenere l’urgenza della solidarietà. Alcuni studiosi ritengono infatti che, per sopravvivere, l’Ue - anziana e stanca - nei prossimi 30 anni avrà bisogno di 100 milioni di nuovi immigrati.

Antonio Ferrari
Editorialista del Corriere della Sera

venerdì 7 novembre 2014

VIRI PROBATI E “PRESBITERI DI COMUNITÀ”:
NUOVE FORME DI SACERDOZIO SECONDO I VESCOVI BRASILIANI

Alla questione della scarsità di sacerdoti stanno dedicando specifica attenzione i vescovi brasiliani. Il problema è particolarmente acuto nella regione amazzonica, dove è praticamente impossibile assicurare la celebrazione dell’eucarestia domenicale alle comunità dei fedeli disperse in un territorio così vasto. Ne aveva parlato a papa Francesco il vescovo della diocesi di Xingu, mons. Erwin Kraütler, quando, il 5 aprile scorso, aveva incontrato il pontefice, prospettandogli la possibilità di ordinare sacerdoti dei viri probati – cioè uomini anche sposati di provata fede e rettitudine – per sopperire alle difficoltà che incontrano i suoi fedeli e trovando buon ascolto nel papa: «avanzate suggerimenti», gli aveva detto. E i vescovi brasiliani si sono messi subito al lavoro nell’Assemblea generale della Conferenza episcopale svoltasi dal 30 aprile al 9 maggio di quest’anno. Con efficacia, sembra:il card. Claudio Hummes, arcivescovo emerito di San Paolo, sta “dialogando” con la Congregazione per il Clero proprio sui viri probati.

Non dev’essere solo questo, però,i vescovi sono andati più in là, valutando altre «forme di ministero presbiterale» (della cui possibilità è convinto il card. Hummes), per il cui studio alcuni hanno proposto l’istituzione di una commissione (tuttavia non istituita, ma forse non necessaria).

L’dea più gettonata in merito sarebbe stata quella dei «presbiteri di comunità», sposati o no, con la prospettiva inoltre di restituire alla “Chiesa popolo di Dio” per la missione di Cristo una scelta che è solo appannaggio del potere clericale. Non è un’idea nuova in quanto già formulata, ormai anni fa, dal vescovo emerito mons. Fritz Lobinger nei due volumi,"Équipe di ministri ordinati" e "L’altare vuoto". Nel primo dei due è la prefazione a firma del vescovo di Jales (in Brasile), mons. Demetrio Valentini a riassumere l’intuizione di Lobinger, mettendo in risalto che essa non entra mai in contraddizione con il sacerdozio celibatario: «Una soluzione per il problema della scarsità di sacerdoti deve cominciare dalla valorizzazione dei sacerdoti che abbiamo ora. Essi sono chiamati ad essere i formatori e gli animatori dei “ministri ordinati nelle comunità” in modo che la Chiesa abbia la garanzia di non prescindere dall’importanza e dall’attuazione degli attuali “sacerdoti diocesani” celibatari»; ma, al contempo, non mancherebbero alle comunità ministri dell’eucarestia. Valentini ci tiene a precisare che già «esistono équipe di animatori di comunità, ben preparati, adatti ad esercitare i ministeri dei quali le comunità hanno bisogno! Perciò, potremmo dire: i ministri di comunità sono già pronti. Manca solo che la Chiesa decida la loro ordinazione presbiterale».

Nel libro, inoltre, l’idea che una tale forma di sacerdoti di comunità non metta in questione la prassi del sacerdozio solo celibatario è approfondita nel sostanzioso contributo biblico-teologico di p. Antonio José de Almeida, teologo e saggista brasiliano. Si ritrova nelle comunità paoline del Nuovo Testamento – sostiene – l’esperienza della formazione, nelle comunità, dei ministri anche per la celebrazione eucaristica, e ne individua un sostegno in documenti, conciliari e magisteriali. «Non si richiede – puntualizza il teologo – la possibilità di ordinare qualsiasi persona, ma di ordinare, nelle comunità oggettivamente meritevoli di questa definizione, persone sposate o no, accademicamente formate o no, a tempo pieno o parziale, che abbiano le qualità necessarie per un buon, efficace e fruttuoso ministero presbiterale».

Non c’è contraddizione fra i due tipi di ministri ordinati, quello che viene “alla comunità” e quello che viene “dalla comunità”. L’articolazione fra i due modelli di presbiteri è spiegata, ancora nel libro, dal gesuita Juan Antonio Estrada quando traccia il profilo dei ministri comunitari: «Sarebbero uguali ai laici per forma di vita, tranne che per quanto concerne l’ordinazione sacerdotale»; apparterrebbero «alle comunità locali» e offrirebbero un servizio «a tempo parziale e completo. Non è questa una novità assoluta, perché attualmente ci sono preti che dedicano alle funzioni pastorali comunitarie solo parte del loro tempo, essendo professori, o impegnati nelle relative comunità monastiche o religiose, o in incarichi curiali di amministrazione», ecc. Estrada sostiene che, comunque, il testo di Lobinger «insiste sempre sul carattere ecclesiale della proposta. Si offre a tutta la Chiesa e alla gerarchia di competenza, papale, episcopale e sacerdotale, come un’alternativa pienamente inquadrabile nel diritto e nella teologia attuali». (eletta cucuzza su Adista)


Lettera di una mamma a tutti i bambini "diversi"

La diversità non è sinonimo di pericolo, la diversità è sintomo di unicità e ogni essere umano è irripetibile perché Dio lo ha voluto e lo vuole così, ora.

A testimoniarlo sono AliceAnn e suo figlio Jameson. Il piccolo è nato nel gennaio 2012 con la craniosinostosi: una malformazione della struttura cranica che determina uno sviluppo anomalo del cervello e può causare deformità craniche e ritardi mentali. Il mondo lo considera un bambino diverso dagli altri, una persona "minore" ma AliceAnn non ne è affatto convinta e ha deciso di lanciare un messaggio sia per suo figlio sia per tutti i bambini del mondo che sono vittima di bullismo e di discriminazione a causa di una deformità.

Entra nella sezione "HO SCRITTO UNA LETTERA" di questo blog e leggi tutta la lettera della mamma di Jameson tratta dal blog di AliceAnn e rivolta a tutti i genitori di bambini “diversi”.

mercoledì 5 novembre 2014

QUALE LIBERTA' RELIGIOSA E' POSSIBILE'?

Non cessano nel mondo le persecuzioni e le violenze a causa della fede. Anzi la situazione sta peggiorando, il rispetto della libertà religiosa continua a diminuire e i cristiani si confermano ancora una volta il gruppo religioso maggiormente perseguitato. È una fotografia a tinte fosche quella scattata dal Comitato di redazione del Rapporto sulla Libertà Religiosa nel Mondo della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che Soffre. Un lavoro che ha coinvolto 20 specialisti di tutto il mondo ed è stato presentato oggi a Roma. Il Rapporto ha analizzato in 196 Paesi le violazioni subite dai fedeli di ogni credo e non solo dai cristiani. E’ emerso, purtroppo, che nel periodo compreso tra l’ottobre 2012 e il giugno 2014, dei 196 Paesi analizzati, in ben 116 si registra un preoccupante disprezzo per la libertà religiosa, ovvero quasi il 60%. Ma non è tutto. La situazione va peggiorando: nel giro di due anni, il Rapporto evidenzia condizioni di peggioramento in 55 Paesi, cioè nel 28% dei Paesi analizzati. In pratica – ha sottolineato il presidente del Comitato di redazione, Peter Sefton-Williams – solo in 6 Paesi si è registrato un lieve miglioramento della situazione.

Nella “mappa” geografica disegnata dall’Acs, 81 dei 196 paesi del mondo (41%) vengono identificati come luoghi in cui la libertà religiosa è compromessa o è in declino. Per un totale di 35 paesi (18%) sono state rilevate istanze “preoccupanti” mentre 20 sono i Paesi identificati come luoghi di “elevato” grado di violazione della libertà religiosa, dove cioè la libertà religiosa non esiste. In 14 di questi Paesi, la persecuzione è a sfondo religioso ed è legata all’estremismo islamico (Afghanistan, Arabia Saudita, Egitto, Iran, Iraq, Libia, Maldive, Nigeria, Pakistan, Repubblica Centrafricana, Siria, Somalia, Sudan e Yemen). Negli altri 6 Paesi, la persecuzione religiosa è perpetrata da regimi autoritari (Azerbaigian, Myanmar, Cina, Corea del Nord, Eritrea e Uzbekistan). Nel delineare alcune vie di risoluzione del problema, Sefton-Williams ha chiamato in causa il ruolo delle comunità religiose stesse. In questo senso sono da apprezzare iniziative come quella presa recentemente dai 122 saggi musulmani che hanno rivolto al leader dell’Isis una lunga lettera per dichiarare che quanto lo Stato islamico sta facendo in Medio Oriente è contrario ai precetti di un Islam autentico.

Alla presentazione del Rapporto, ha preso la parola Pascale Warda, fondatrice della Società irachena per i diritti umani e già ministro per le politiche migratorie. La sua è stata una testimonianza drammatica sui “tempi oscuri” che sta vivendo il popolo iracheno tra persecuzioni dei cristiani, distruzione delle chiese e villaggi rasi al suolo. “La situazione a Baghdad è drammatica – ha detto – abbiamo bisogno di aiuto soprattutto ora con l’arrivo dell’inverno e i cristiani hanno bisogno di tutela da parte della comunità internazionale”. Anche dal Rapporto dell’Acs, il Medio Oriente viene fotografato così, tra l’affermazione dello Stato islamico (Isis) e il crescente fenomeno delle migrazioni di massa.

Ma la libertà religiosa è minacciata anche in Europa occidentale. A presentare il quadro europeo è Martin Kugler, membro dell’Osservatorio sull’intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa. Nel corso degli ultimi 7 anni, l’Osservatorio che ha sede a Vienna, ha documentato più di 1.300 casi di intolleranza, catalogandoli come crimini per odio, crescente vandalismo, generalizzazioni negative, esclusioni e restrizioni legali. In un’indagine del 2013, è emerso anche che in Europa ci sono almeno 41 leggi che colpiscono sfavorevolmente i cristiani nei campi soprattutto della professione e della educazione alla sessualità. A fronte della situazione però, l’Osservatorio ha registrato anche una “scarsa reazione” del mondo della politica. Nel Rapporto dell’Acs, un capitolo è riservato all’Italia dove si fa il punto sul novero delle confessioni religiose che hanno stipulato un’intesa con lo Stato Italiano (non figura la religione islamica con la quale ad oggi non sono state avviate trattative). Nel capitolo tricolore, si approfondiscono anche il Disegno di legge Scalfarotto-Leone contro l’omofobia e la transfobia e la revisione del codice deontologico medico. Anche nel nostro Paese si indicano casi di rimozione dei simboli religiosi nei luoghi pubblici, atti di vandalismo, per lo più ai danni di statue della Madonna e crocifissi, e offese alla religione.
 MARIA CHIARA BIAGIONI

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