lunedì 25 gennaio 2021

UNA LETTERA UN PO' IN RITARDO,MA UN GESTO SICURAMENTE NOBILE

Mi rivolgo a tutti voi, Fratelli della Comunità Ebraica italiana, per esprimervi la mia sincera amicizia e trasmettervi tutto il mio affetto nel solenne “Giorno della Memoria”.


Vi scrivo a cuore aperto una lettera certamente non facile, una lettera che può stupirvi e che forse non vi aspettavate. Eppure sappiate che per me è molto importante e necessaria, perché reputo giunto, una volta per tutte, il momento di fare i conti con la Storia e con il passato della Famiglia che oggi sono qui a rappresentare, nel nome millenario di quella Casa Reale che ha contribuito in maniera determinante all’unità d’Italia, nome che orgogliosamente porto.

Scrivo a voi, Fratelli Ebrei, nell’anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, data simbolo scelta nel 2000 dal Parlamento della Repubblica Italiana, a memoria perpetua di una tragedia che ha visto perire per mano della follia nazi-fascista 6 milioni di ebrei europei, di cui 7500 nostri fratelli italiani. 

È nel ricordo di quelle sacre vittime italiane che desidero chiedere ufficialmente e solennemente perdono a nome di tutta la mia famiglia. Ho deciso di fare questo passo, per me doveroso, perché la memoria di quanto accaduto resti viva, perché il ricordo sia sempre presente.

Condanno le leggi razziali del 1938, di cui ancor oggi sento tutto il peso sulle mie spalle e con me tutta la Real Casa di Savoia e dichiaro solennemente che non ci riconosciamo in ciò che fece Re Vittorio Emanuele III: una firma sofferta, dalla quale ci dissociamo fermamente, un documento inaccettabile, un’ombra indelebile per la mia famiglia, una ferita ancora aperta per l’Italia intera.

Condanno le leggi razziali nel ricordo del mio glorioso avo Re Carlo Alberto che il 29 marzo 1848 fu tra i primi Sovrani d’Europa a dare agli italiani ebrei la piena uguaglianza di diritti. 

Condanno le leggi razziali nel ricordo dei numerosi italiani ebrei che lottarono con grandissimo coraggio sui campi di battaglia dell’Ottocento e del primo Novecento da veri Patrioti.

Condanno la firma delle leggi razziali nel ricordo della visita alla nuova Sinagoga di Roma che proprio mio bisnonno Vittorio Emanuele III fece nel 1904, dopo che il 13 gennaio dello stesso anno si disse addirittura favorevole alla nascita dello stato ebraico e cosi’ si espresse: “gli ebrei, per noi, sono italiani, in tutto e per tutto”.

Desidero che la Storia non si cancelli, che la Storia non si dimentichi e che la Storia abbia sempre la possibilità di raccontare quanto accaduto a tutti coloro che hanno fame e sete di verità.

Le vittime dell’Olocausto non dovranno mai essere dimenticate e per questo motivo, ancor oggi, esse ci gridano il loro desiderio di essere giustamente ricordate.

Anche la mia Casa ha sofferto in prima persona, sebbene per motivi politici, ed è stata ferita profondamente negli affetti più cari: come potremmo dimenticare la tragica fine di mia zia Mafalda di Savoia, morta il 28 agosto 1944 nel campo di concentramento di Buchenwald dopo un’atroce agonia?. Come potrei dimenticare che anche mia zia Maria di Savoia – ricorda Filiberto – fu deportata con il marito e con due dei loro figli in un campo di concentramento vicino a Berlino?

Ed entrambe erano figlie sempre dello stesso Vittorio Emanuele III.

Scrivo a voi fratelli Ebrei, con viva e profonda emozione nel lancinante ricordo del rastrellamento del Ghetto avvenuto il 16 ottobre 1943.

Scrivo a voi fratelli Ebrei, nell’angoscioso ricordo delle troppe vittime che la nostra amata Italia ha perso.

Scrivo a voi questa mia lettera, sinceramente sentita e voluta, che indirizzo a tutta la Comunità italiana, per riannodare quei fili malauguratamente spezzati, perché sia un primo passo verso quel dialogo che oggi desidero riprendere e seguire personalmente.

Con tutta la mia sincera fratellanza,

Roma, 27 gennaio 2021,

Emanuele Filiberto

mercoledì 13 gennaio 2021

DONNE SULL'ALTARE?

Papa Francesco modifica il Codice di diritto canonico e apre alle donne l’accesso ai ministeri del lettorato (la proclamazione delle letture durante le messe) e dell’accolitato (la distribuzione delle ostie consacrate). Ma contestualmente ribadisce: il sacerdozio femminile non esiste, resta vietato. Si tratta della regolamentazione giuridica di una prassi già in vigore da tempo. In molte comunità cattoliche, infatti, le donne leggono le letture dall’ambone durante le messe e, meno frequentemente, distribuiscono anche la comunione ai fedeli, accanto ai preti. Ora c’è l’ammissione formale delle donne a questi due ministeri laicali (chiamati «ordini minori») che Paolo VI, nel 1972, riservò solo ai maschi, considerandoli come tappe intermedie verso l’ordinazione sacerdotale. È una «tradizione venerabile» ma «non ha un carattere vincolante», scrive papa Francesco al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede (l’ex Sant’Uffizio), cardinale Ladaria, nella lettera di accompagnamento al motu proprio che consente l’accesso alle donne a questi ministeri, come peraltro chiesto da diversi Sinodi dei vescovi, l’ultimo quello amazzonico. Ma chiarisce, citando papa Wojtyla, che non potranno spingersi oltre: la Chiesa «non ha in alcun modo la facoltà di conferire alle donne l’ordinazione sacerdotale». «In alcune parti del mondo questa disposizione può essere un passo in avanti, ma in Italia e in molti altri Paesi semplicemente si regolarizza ciò che era irregolare dal punto di vista normativo», spiega al manifesto Paola Cavallari, autrice di Non sono la costola di nessuno (Gabrielli) e socia del Coordinamento italiano teologhe. «Mi pare una mossa gattopardesca: cambiare qualcosa perché non cambi nulla. Perché accontentarsi di tali contentini? Auspico che le donne si muovano non più soffocate da logiche clericali, misogine e gerarchiche, ridotte a mere esecutrici, ma esprimano atti e parole dilatate dallo Spirito».

Luca Kocci in “il manifesto” del 12 gennaio 2021

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