sabato 13 febbraio 2016

PRESUNZIONI E DIMENTICANZE ECCLESIALI

Nel Concilio Vaticano II (Gaudium et spes, 36) ci si domanda: esiste un’autonomia delle realtà temporali rispetto alla religione? In questo documento si affrontano tematiche vecchissime, ma con un approccio sorprendentemente nuovo. Non si ricorre alla legge naturale, si segue un altro ragionamento. I cosiddetti preambula fidei, cioè i presupposti naturali della fede, lasciano la scena al centrum fidei, il messaggio di Gesù Cristo. In sintesi: il Redentore dell’uomo è il centro del cosmo e della storia. Ed è qui che avviene uno scarto di pensiero molto interessante. La riflessione a cui si arriva è doppia. Da una parte si vogliono leggere i “segni del tempo” alla luce del Vangelo. Dall’altra, però, ci si interroga su di essi. Non ne esce un’idea di verità meno assoluta, eppure si realizza una piccola, decisiva, distorsione. L’atteggiamento che viene fuori dal Concilio Vaticano II è un atteggiamento dialogante. Si respinge l’integralismo, che ha creato non pochi problemi nel rapporto della Chiesa con la scienza, la cultura e la politica. Si professa la legittima autonomia delle diverse realtà in cui l’uomo agisce. I pastori – si legge nel documento – devono riconoscere con rispetto la giusta libertà dei laici nella Chiesa (Lumen gentium, 37).
La conseguenza più importante del Concilio Vaticano II è la dichiarazione sulla libertà di coscienza. Un’ammissione sorprendente. In Dignitas humanae si afferma che non esiste soltanto un diritto della verità, ma anche un diritto della persona. E ancora: la verità può essere riconosciuta soltanto nella libertà.
Quale terreno migliore per far germogliare la propria riflessione sulla riforma delle unioni civili? E non solo su questo, dopo le ultime dichiarazioni di Bagnasco. Insomma, che Cesare si occupi di ciò che gli spetta. Ma che i pastori facciano altrettanto.
Estratto di  su www.unita.tv

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