mercoledì 4 maggio 2016

BENVENUTI!

Mentre l'Europa gioca allo scarica barile e a chi si dimostra 'populista' costruendo muri e barricate, c'è chi una vera soluzione l'ha trovata costruendo un ponte, un corridoio dove poter far passare, senza nessun pericolo, un'umanità distrutta e cacciata dalla guerra.
«I corridoi umanitari sono una protesta contro la guerra, l’espressione di un’Europa che non alza solo muri ma è capace anche di costruire ponti», ha detto ieri il fondatore della Comunità di Sant’Egidio Andrea Riccardi accogliendo a Fiumicino insieme al viceministro degli Esteri Giro, al presidente della Fcei Luca Maria Negro e a Paolo Naso della tavola valdese i rifugiati provenienti da cinque città siriane: Homs, Damasco, Hama, Aleppo e Hassaka (più quattro dall’Iraq).

Abbiamo visto i loro volti in un timido tentativo di intervista. Probabilmente non capivano completamente tutto ciò che avveniva attorno a loro, ma la tensione che un imprevisto potesse mettere fine al loro sogno, che continuiamo a vedere nei tratti di quanti sbarcano in Grecia o a Lampedusa, era sparita ed ora, finalmente, ci si poteva aprire ad una vita dove non si deve fare i conti con la guerra e dove le persone malate possono trovare cure adeguate.

La speranza adesso è che l’esempio italiano possa essere imitato in Europa e che anche altri Paesi avviino nuovi corridoi umanitari, aumentando così il numero dei rifugiati accolti. «Saremmo lieti se lo facessero, l’Europa non può essere una fortezza spaventata», ha aggiunto Riccardi. Quello che è certo è che le tre comunità religiose non si fermeranno.  

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