lunedì 2 marzo 2015

UN NUOVO VESCOVO SI POTREBBE SCEGLIERE ANCHE COSÌ

Il diritto-dovere della nomina dei vescovi torna d’attualità anche nell’arcidiocesi di Trento, e 
ripropone questioni di metodo su problemi canonici ed ecclesiologici lungi dall’essere risolti. 
Monsignor Luigi Bressan, dal marzo 1999 pastore della Chiesa tridentina, il 9 febbraio scorso ha 
infatti compiuto 75 anni e, perciò, stanti le normative in vigore dal dopo-Concilio, ha presentato la 
sua rinunzia al Papa che deciderà quando accoglierla, e quando nominare il suo successore. La 
procedura, per la stessa fattispecie, si ripete per ogni diocesi della Chiesa latina; e, dunque, pur 
prendendo spunto da un fatto locale, qui apriamo un discorso di carattere generale.
Nei primi secoli del Cristianesimo, era l’intero popolo dei battezzati a scegliere il proprio vescovo, che poi ovviamente veniva consacrato. Anche questa prassi non era esente da problemi, e spesso sorgevano contrasti tra gruppi che sostenevano chi l’uno chi l’altro candidato. Per tale motivo poco alla volta il diritto di scelta fu riservato al clero ed ai nobili, e poi al solo clero; e, dopo contrasti tra Curia romana e impero, infine il papa si riservò il diritto di nomina – salvo eccezioni – per le diocesi latine. Il Concilio Vaticano II esaltò la pregnanza teologica della “chiesa locale” (la diocesi) ma non cambiò le procedure di nomina dei vescovi, lasciando dunque in mano al papa un grande potere, accresciuto dal fatto che, sulla scia del Concilio, si è stabilito – una novità assoluta nella storia della Chiesa romana! – che ogni vescovo al compimento dei 75 anni presenti la sua rinunzia al sommo pontefice che poi decide quando accoglierla. Non è affatto ovvio che, anche dopo il Vaticano II,la“centralizzazione” romana prosegua immutata, senza restituire alle Chiese locali la responsabilità di scegliere il proprio pastore (tra il clero della diocesi, o anche al di fuori, a seconda delle circostanze e delle necessità). In proposito il teologo belga-brasiliano Josè Comblin ha scritto: “Non ci saranno cambiamenti di rilievo nella Chiesa romana se non si comincia con un cambiamento radicale del sistema di nomina dei vescovi”, attualmente in mano ai nunzi e poi alla Curia. E come cambiare? A proposito, circolano varie ipotesi. Si potrebbe, ad esempio, dare peso e valore ai Consigli pastorale e presbiterale della diocesi, i cui membri sono, in qualche modo, eletti: i due organismi sarebbero coinvolti nella scelta della terna entro la quale il papa infine sceglierà il nuovo vescovo. Procedere nella direzione di coinvolgere realmente i fedeli, in modi da definire, nella scelta del proprio pastore, può sorprendere solo chi ignori la storia della Chiesa; e, ad essere contro la (antica) tradizione, sono proprio quanti negano per l’oggi una prassi normale e pacifica tanti secoli fa. 
Sarebbe dunque carino se la diocesi di Trento, che nel Cinquecento ospitò un Concilio, aprisse, oggi, un dibattito su una questione cruciale per inverare il Vaticano II che ha definito la Chiesa “popolo di Dio”. 
di Luigi Sandri in “Trentino” del 2 marzo 2015

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