martedì 17 marzo 2015

Niente benedizione a scuola: «Ci sono altre religioni»

di Claudia Voltattorni su www.corriere.it
Nel dicembre 2012 don Renzo Aiardi, parroco a Casalguidi, frazioncina di Serravalle Pistoiese (Pistoia), fu chiamato a benedire il nuovo polo scolastico Enrico Fermi. Ma da tre anni, si lamenta durante l’omelia domenicale don Renzo, la scuola non gli autorizza la benedizione pasquale. Lo ha stabilito il consiglio d’istituto: «Hanno deciso di evitare il rito cattolico - ha spiegato don Renzo - come forma di rispetto verso gli alunni che praticano altre religioni». Già. Lo spiega bene la dirigente scolastica Lucia Maffei ricordando che la decisione fu presa proprio tre anni fa «per far fronte alle richieste di un gruppo di genitori».
Il caso ricorda quello di una decina di giorni fa, dove un gruppo di genitori e insegnanti di Bologna si è rivolto al Tar per chiedere la sospensione della delibera di un consiglio di istituto che autorizzava tre parroci a benedire tre plessi scolastici per la Pasqua: «Non è attività didattica o culturale e dunque non è classificabile tra le attività scolastiche e neppure extrascolastiche».
Ma la regola dice altro. Una circolare del ministero dell’Istruzione del 1992 stabilisce che «il consiglio di circolo o di istituto possa deliberare di far rientrare la partecipazione a riti e cerimonie religiose tra le manifestazioni o attività extrascolastiche previste», incluse quindi la celebrazione della messa e le benedizioni pasquali. In virtù dell’autonomia scolastica l’ultima parola resta agli organi collegiali che autorizzano o vietano «ispirandosi sempre al criterio di opportunità, dando particolare rilievo alla sensibilità e al coinvolgimento delle componenti scolastiche».
E poi c’è il decreto legislativo 297 del ‘94 che al comma 2 dice: «Si provvede a che l’insegnamento religioso e ogni eventuale pratica religiosa, nelle classi in cui sono presenti alunni che hanno dichiarato di non avvalersene, non abbiano luogo in occasione dell’insegnamento di altre materie, né secondo orari che abbiano per i detti alunni effetti comunque discriminanti».

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