martedì 24 gennaio 2017

Il RICORDO

<<La riflessione teologica in Italia non può continuare a essere una cosa che interessa solo i preti, anzi, direi una parte piuttosto elitaria dei preti. Dovrebbe invece rientrare a pieno titolo nella comunicazione e nel dibattito pubblico. Parlare di teologia non vuol dire solo occuparsi di Dio e della Chiesa ma anche dell’umano. Vedere come la fede in Dio e il vissuto della Chiesa hanno a che fare con l’esistenza nei suoi aspetti personali ma anche pubblici e sociali. Penso che l’assenza della teologia dalla cultura italiana renda entrambe più povere (Credere, aprile 2016).>>

<<“Irregolari”. Con questo termine intendo quelle persone, soprattutto semplici battezzati, che all’interno della Chiesa cattolica non hanno seguito i cammini definiti e strutturati che interessano soprattutto presbiteri e religiosi, ma che riescono comunque a ritagliarsi con serietà e fatica un proprio ruolo e a costruire una propria autorevolezza. Magari scomoda e non sempre universalmente riconosciuta, ma reale. Sergio Quinzio è un altro nome a cui penso spontaneamente. Il “marrano” De Benedetti è stato sicuramente uno di questi irregolari e la sua refrattarietà a tutte le etichette ne è la palese dimostrazione. L’esistenza di persone così, e di altri che magari non sono mai riusciti a trovare un proprio posto nella Chiesa, pone una questione: lo scarso investimento sulle  vocazioni laicali che – a parte l’accompagnamento al matrimonio e pochi altri momenti – sono lasciate molto a se stesse. Coloro che hanno sensibilità particolari le devono coltivare spesso a livello individuale. Pensiamoci.>>
(CHRISTIAN ALBINI)



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