giovedì 26 gennaio 2017

IL LIBRO

Miriam, un’elegante signora svedese, ha rivelato la verità dei lager solo a 85 anni, quando, davanti allo stupore dei parenti presenti alla festa del suo compleanno ha gridato la verità che per una vita aveva tenuto nascosta: “Io non mi chiamo Miriam”.
E questo è il titolo del libro di Majgull Axelsson, basato su eventi reali, che racconta la storia di Malika, personaggio di fantasia, che per 70 anni ha custodito il segreto della vera identità, perduta quando, all’età di 16 anni aveva infilato i vestiti di una sua coetanea ebrea morta dentro un vagone che da Auschwitz la portava nel campo di Ravensbrück. Da quel giorno una ragazza rom di 16 anni, cambiò i vestiti e con essi il suo nome e il suo destino.
Perché l’ha fatto? “Potrei dire di averlo fatto – si legge nel libro – solo perché desideravo tanto sopravvivere, ma non è vero. In realtà non volevo vivere. Didi, il mio fratellino, era appena morto e Anuscha lo era da tempo. Però volevo essere un cadavere intatto, non volevo morire fucilata o fustigata o uccisa a calci… Non so perché ma era così. Volevo essere un cadavere intatto“.
Da quel giorno la sua vita da internata cambia. Non è più Malika ma Miriam. Fuori dai campi di concentramento gli ebrei occupavano l’ultimo posto ma dentro esso era preso dagli “zingari”, odiati e detestati da tutti “Ti dirò – racconta Miriam a sua nipote Camilla – I tedeschi erano abominevoli con quelli che avevano il triangolo giallo, disgustosamente abominevoli, ma le prigioniere, comprese le kapò erano peggio nei confronti degli “zingari”, e in fondo era soprattutto con gli altri prigionieri che si aveva a che fare. Così continuai a essere Miriam”.
Dopo la prigionia, la liberazione e il lungo viaggio in Svezia, Miriam si sposa, diventando madre e nonna. Fingendo e continuando sempre a fingere, come la vita nel lager le aveva insegnato a fare. Perché per una rom che teme di essere scoperta tale, non esiste possibilità di fidarsi di qualcuno e l’unica strada è quella di soffocare i ricordi, i desideri, le gioie e i dolori. Non si può essere se stessi se si vuole sopravvivere.
La solitudine di Malika prende forma in un vestito nel quale deve entrare – quello di Miriam – in una maschera che, se vuole continuare a vivere deve fare propria. Ma arriva per tutti loro il giorno in cui la coltre che copre il segreto si squarcia improvvisamente in maniera devastante e incontrollata. E’ il giorno in cui Miriam, distinta anziana, riceve un regalo dai suoi parenti: un bracciale di fattura rom...
La Giornata della Memoria non rappresenta solo il doveroso esercizio di sfogliare una pagina di storia. Essa ci introduce nel dramma di quanti, vittime dell’odio passato – ma anche contemporaneo – vestono maschere e vivono identità diverse come strategie di sopravvivenza, nell’attesa di spazi di accoglienza nei quali svelarsi. 

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