In Germania la parrocchia ha già cambiato volto. Conserva, sì, il nome del santo o del beato che da
sempre la identifica. Ma non è più «per tutti» indistintamente. Chi ha interessi artistici può
rivolgersi alla Kulturkirche, la “chiesa della cultura” di Amburgo. L’adolescente ha una bussola
nella Jugendkirche di Berlino, la “chiesa dei giovani”. Il migrante in difficoltà o il disoccupato entra
nella Diakoniekirche, la “chiesa del servizio” alle porte di Francoforte che offre consulenze e
itinerari di sostegno. Si tratta di esperienze parrocchiali, o meglio de-parrocchiali, che sono
espressione sia del mondo cattolico, sia di quello evangelico e che nascono nei quartieri delle grandi
città dove dominano gli uffici oppure i condomini in cui chi li abita arriva a sera e riparte al mattino.
Le chiamano Citykirche e sono chiese che hanno come riferimento una zona dinamica (la City,
appunto) in cui si mescolano impiegati, passanti o residenti dormi-e-fuggi. E vogliono essere la
risposta nordeuropea alla crisi della parrocchia...
Parrocchie «liquide», le definisce Arnaud Join-Lambert, docente francese di teologia pastorale e
liturgia di Lovanio, che le indica come nuove forme di comunità
capaci di adattarsi alla “liquidità” della società europea, ricorrendo alla celebre categoria del
sociologo Zygmunt Bauman. Se i rapporti sociali sono liquidi, anche le parrocchie possono
diventare liquide, prospetta il teologo.
«La loro caratteristica – spiega il docente – è di andare verso le periferie esistenziali». Perché le
attuali parrocchie cominciano a «somigliare a club» che soddisfano «i bisogni spirituali di alcuni»
ma «ignorano o trascurano la sete spirituale della maggioranza». Il campanile resta, ma si trasforma.
Come mostrano i prototipi parrocchiali tedeschi che propongono una «specializzazione dell’offerta
spirituale». «Non sono luoghi in cui una comunità di fedeli più o meno stabile vive il “tutto per
tutti”, né luoghi per il raduno domenicale – nota il teologo –. Tuttavia sono contrassegnati dal bello
(esposizioni, concerti, creazioni artistiche e culturali), dal bene (aiuto ai migranti, alle persone
precarizzate) e dal vero (formazioni, conferenze, scambi)». Una rivoluzione che, aggiunge lo
studioso, richiede mezzi: aperture non stop, persone esperte nell’accompagnamento, volontari. Per
«inventare le parrocchie di domani» Join-Lambert si affida anche a due vocaboli economici:
incubatori e start-up. Se gli incubatori sono «concentrazioni di persone qualificate impegnate in
progetti innovativi», la loro declinazione ecclesiale dà vita a percorsi che «favoriscono il dialogo
intorno a tematiche comuni». È il caso in Francia di Saint Joseph a Grenoble che ha scommesso
sulla pastorale dei giovani o di Marthe-et-Marie a Lomme (Lille)
che si dedica all’accoglienza. Le start-up, aziende con scarsi mezzi ma sorrette da organici motivati,
si traducono in spazi cristiani che hanno al centro l’ospitalità presentata secondo l’icona del Vangelo
della Visitazione. Ecco allora la Church on the corner, riallestimento “sacro” di un antico bistrot nel
sobborgo londinese di Islington. L’intento di questi esperimenti è di «provocare e curare l’incontro»
soprattutto di coloro «che sono lontani» dalla Chiesa, sottolinea il teologo.
Il docente prende a prestito le parole di papa Francesco che nell’Evangelii gaudium ricorda come
«il rinnovamento delle parrocchie non abbia ancora dato sufficienti frutti perché siano ancora più
vicine alla gente». E sentenzia: «È l’ora della polivalenza». Ma tiene a precisare: «La parrocchia
non può sparire». La vita cristiana è «basata sull’attività spirituale e
non su strutture, su un decentramento dell’ufficio domenicale, su una parte crescente composta da
quanti iniziano o ricominciano in rapporto ai fedeli di sempre, e sul passaggio limitato nel tempo in
seno a una chiesa precisa». Allora la parrocchia è chiamata a una conversione pastorale, magari
ispirandosi all’immagine della «barca che preserva una parte di solidità in un mondo fluido ma non
ha più punti di ancoraggio sociale o culturale».
Essenziale diventano il concetto di «rete fra parrocchie» che il teologo richiama più volte quando
ipotizza chiese ad hoc e quello della «comunione tra le comunità nelle sue diverse dimensioni ». Per il docente, la parrocchia informale ha bisogno di «figure familiari di autorità»: il parroco, sì, ma
affiancato dai religiosi che possono dedicarsi alla direzione spirituale o addirittura da un teologo. E
soprattutto va «incoraggiato» il laicato. Serve «elasticità» – conclude Join-Lambert – per «poter
continuare ad annunciare il Vangelo con modalità di socializzazione ed espressioni culturali del
nostro tempo».
La riflessione,l'approfondimento e il dialogo sono aperti!!
G.Gambassi in “Avvenire” del 27 maggio 2015
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Lettori fissi
Archivio blog
-
▼
2015
(380)
-
▼
maggio
(26)
- Dall'Orazione sull'amore per i poveri di Gregorio...
- UNA NUOVA SPECIALIZZAZIONE SPIRITUALE PER LE PARRO...
- IMMAGINI E RICORDI
- PAROLA D'ORDINE:RIVEDERE!
- In parte, la salute mentale è una forma di confo...
- "LA CHIESA FACCIA I CONTI CON LA REALTÀ'"
- Vent'anni di ordinazione episcopale con la stes...
- Molte persone hanno un'idea sbagliata di ciò che...
- CON ROMERO SARA' BEATIFICATO ANCHE L'URLO DELLA GI...
- HO VOGLIA DI VIVERE. Vivere è qualcosa di più d...
- DALL'INTESA ALL'INCONTRO
- AFORISMA
- IL NUOVO MAPPAMONDO DI PAPA FRANCESCO
- NELL’ANNO DELL’INDIZIONE DEL GIUBILEOuna campagna...
- LA MAPPA DEL DOLORE
- CONDIVIDERE E PROVVEDERE IL CIBO PER TUTTI
- EQUIPARAZIONE SACRAMENTALE
- TROVATA LA RICETTA!
- "RIMPICCIOLITE QUELLE CROCI!!"
- LA LEZIONE DI DANIELE
- Sfollati, nel mondo sono 38 milioni Il numero...
- Venezia. «Lampedusa»: una barca di carta per ricor...
- 2015:L'ANNO DEI NUOVI CONSACRATI!
- DONNE IN FUGA...
- LA LISTA
- LEZIONI DI COMUNICAZIONE DA PAPA FRANCESCO
-
▼
maggio
(26)
Nessun commento:
Posta un commento