martedì 26 maggio 2015

PAROLA D'ORDINE:RIVEDERE!

SCRIVE "L'OSSERVATORE ROMANO":
Nessun anatema, piuttosto una sfida, da raccogliere, per tutta la Chiesa. 
All’indomani del referendum che in Irlanda ha legalizzato i matrimoni fra persone dello stesso sesso, gran parte dei commenti del mondo ecclesiastico analizzano con lucidità l’esito della consultazione popolare riconoscendo la realtà dei fatti nonché la distanza, in certe materie, fra la società e la Chiesa. Del resto, troppo ampio il margine fra i sì (1.201.607), pari al 62,1 per cento, e i no (734.300), per non accettare la “sconfitta”. Un risultato frutto, anche, dell’alta affluenza alle urne (60,5 per cento) e della grande partecipazione dei giovani.
Per monsignor Martin,Arcivescovo di Dublino,«è necessario anche rivedere la pastorale giovanile: il referendum è stato vinto con il voto dei giovani e il 90 per cento dei giovani che hanno votato “sì” ha frequentato scuole cattoliche». 
La risposta a questi temi — osserva il segretario generale della Conferenza episcopale italiana (Cei), monsignor Nunzio Galantino, in un’intervista al «Corriere della Sera» — non la si trova attraverso il «delirio dell’emotività» e il «sonno della ragione», ma percorrendo insieme la stessa strada «per arrivare a una soluzione che sia in linea con il bene comune nel rispetto dei diritti di ciascuno». La linea della Chiesa è chiara: essa non accetta equiparazioni tra le unioni fra omosessuali e «quella che non chiamerei famiglia tradizionale ma costituzionale». Tuttavia, dopo il risultato del referendum in Irlanda, niente anatemi, bensì il rilancio di un confronto libero da forzature ideologiche. 
Il cardinale Georges Marie Martin Cottier, sul «Quotidiano nazionale», ritiene che non si può capire la vittoria del sì alle nozze fra persone dello stesso sesso «senza considerare lo scandalo della pedofilia nel clero che ha sconvolto la Chiesa irlandese»; è «la risposta della gente a quanto accaduto negli ultimi anni», a uno scandalo che «ha segnato profondamente la popolazione». 

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