"Guardiamoci attorno, in giro per strada: quanta gente sembra che non aspetti altro che una banale provocazione per aggredire il prossimo? Si uccide per un parcheggio, per una mancata precedenza, per il volume troppo alto. Come se la vita non avesse più nessun valore, o quasi. E non solo la vita di chi, poi, rimarrà esanime sul selciato, ma anche quella di chi, pur di sedare quel rumore interiore, quell'assenza di valori positivi, trascina se stesso e la sua famiglia in un inferno giudiziario senza fine.
Stiamo davvero superando ogni misura.
I livelli di frustrazione, pronta a sfociare in atti di inaccettabile malvagità, sono in preoccupante aumento, e in questi si insinua e fa breccia una pericolosissima strumentalizzazione da parte di chi vorrebbe indurci costantemente a vedere il nemico nel prossimo. Chiunque esso sia. I social, poi, si trasformano sistematicamente in cassa di risonanza di visioni violente, miopi e distorte, che alimentano odio che non può che sfociare in nuovi deprecabili atti. Siamo, ormai, come il cane che si morde la coda. Con la differenza che il cane è un animale; noi no, non dovremmo esserlo.
E allora sarebbe opportuno e doveroso recuperare la lucidità di esseri intelligenti che siamo, e senza farci condizionare dal prossimo, provare a variare la prospettiva da cui valutare ogni singola circostanza per tornare, poi, a misurarla unicamente con la nostra testa. E, perché no, anche con un bel pezzo di cuore, che non fa mai male.
Ma per ora non ci resta da far altro che piangere Emmanuel, al di là di come le cose siano andate davvero: semplicemente perché la sua morte, come tante, come moltissime a cui ci stiamo maledettamente abituando, poteva e doveva essere evitata."
PALMA LAVECCHIA su www.huffingtonpost.it
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