Francesco è un papa riformista, il cambiamento è già in atto e lentamente scava nel profondo del Popolo di Dio
Non
è facile riassumere i primi tre anni del papato di Jorge Mario
Bergoglio: tanti i gesti e le parole che, dal 13 marzo 2013, hanno
colpito l’immaginario collettivo. Sicuramente il primo anno di
pontificato è stato a dir poco travolgente e tanti lo definirono
‘rivoluzionario’. Oggi, a distanza di tempo, il ministero di
Bergoglio si profila piuttosto come ‘riformista’. Anche per
questo il papato di Francesco guarda lontano e non all'immediato,
convinto del fatto che primo compito di un vescovo di Roma sia quello
di salvaguardare l’unità della Chiesa. Collegialità e sinodalità
sintetizzano il suo stile di governo. Bergoglio non cambierà marcia,
perché rischia di passare alla storia come ‘una bella meteora
luminosa’. Il cambiamento da lui impresso è già in atto. E, passo
dopo passo, scava nel profondo il popolo di Dio. (dal
blog Quotidiano nazionale di Giovanni Panettiere)
Francesco innova la pastorale ma non tocca la dottrina
Al
terzo anno dall'elezione di Francesco a vescovo di Roma conviene
sottolineare alcune sue caratteristiche decisive: l’insistenza
sulla misericordia, per comprendere il mistero di Dio e fare della
Chiesa una madre amorosa, abbandonando quel volto di matrigna che per
troppo tempo l’ha caratterizzata; la volontà di riformare la
“pastorale”, lasciando però immutata la dottrina; la
consapevolezza che il baricentro della Chiesa si sta
spostando al Sud del mondo, per guardare dal punto di vista degli impoveriti.
Cambiando la rotta della barca di Pietro al soffio di questi venti, era inevitabile qualche scossone. E così qualcuno lo considera un nocchiero imprudente, altri lo criticano per scelte ritenute gattopardesche, e molti altri entusiasti: atteggiamenti variegati che segnano anche lo stesso episcopato e il collegio cardinalizio. E' comunque convinzione che, dopo il ciclone Bergoglio, venuto “dalla fine del mondo”, nulla sarà più come prima nella Chiesa romana, chiamata a profondissimi cambiamenti.
Cambiando la rotta della barca di Pietro al soffio di questi venti, era inevitabile qualche scossone. E così qualcuno lo considera un nocchiero imprudente, altri lo criticano per scelte ritenute gattopardesche, e molti altri entusiasti: atteggiamenti variegati che segnano anche lo stesso episcopato e il collegio cardinalizio. E' comunque convinzione che, dopo il ciclone Bergoglio, venuto “dalla fine del mondo”, nulla sarà più come prima nella Chiesa romana, chiamata a profondissimi cambiamenti.
Hans
Küng, teologo molto critico nei confronti dell'istituzione
cattolica, proponeva a Francesco di riaprire il dibattito sul dogma
dell'infallibilità papale, sostenendo che la sua permanenza
impedisce di attuare le desiderate riforme e che il vero ostacolo è
l’”infallibilismo”: cioè la pretesa della Curia romana che i
fedeli obbediscano “come se” il papa fosse sempre “infallibile”.
Per superare l’impasse, Francesco cerca di dare
un’interpretazione “liberal” di pronunciamenti papali antichi e
recenti, lasciandone però immutato il cuore dottrinale. Bypassando
questi, e altri, nodi irrisolti, all'alba del suo quarto anno Francesco prosegue la sua ardita navigazione. Luigi
Sandri [“Trentino”,
14.3.16]
Papa
Francesco, la solitudine del maratoneta
Tre anni dopo l’elezione più che domandarsi a che punto è il Papa bisogna chiedersi dove sta la Chiesa cattolica. I cantieri aperti da Bergoglio sono sotto gli occhi di tutti e hanno avuto l’effetto di scuotere equilibri centenari. Francesco costruisce una Chiesa meno monarchica e più collegiale: un esempio di pluralismo e inclusività.
Francesco ha iniziato un’opera di pulizia nello IOR: regole precise, antiriciclaggio, controllo di appalti e di bilanci delle singole amministrazioni della Santa Sede.
Francesco è il primo pontefice ad avere processato per pedofilia un arcivescovo-diplomatico vaticano e ad aver istituito un tribunale speciale per perseguire gli abusi sessuali nelle loro diocesi.
Francesco ha iniziato una riforma della Curia con un nuovo approccio pastorale nella tematica sessuale, lanciando l’idea di mettere le donne in posti di responsabilità nella Chiesa. Dialoga con i non credenti ed è il primo pontefice ad aver scritto un enciclica (sull'ecologia) dove i dati scientifici aiutano le scelte del cristiano in nome del Vangelo non mettendo in cattedra la “dottrina”.
Francesco ha iniziato a nominare vescovi, scegliendoli tra persone non carrieriste, immerse nella vita parrocchiale di ogni giorno, e ha rilanciato la presenza internazionale del Vaticano sulla scena internazionale.
Ma il fatto che salta agli occhi mentre inizia il quarto anno del suo pontificato è l’enorme resistenza che l’apparato ecclesiastico gli oppone nella Curia romana e negli episcopati sparsi per il mondo. E’ una resistenza che nasce dal tradizionalismo, dal conservatorismo più angusto, dalla paura del nuovo, dal comodo attaccamento alla routine, da una visione dottrinaria del cristianesimo, dal rifiuto della maggioranza di preti e vescovi di assumere uno stile di vita povero, abbandonando quello di funzionari del sacro.
Muovere questo corpo in direzione di una riforma radicale, che scuota dalle strutture e dalle pratiche della Chiesa “duecento anni di polvere” – come disse il cardinale Martini – è un’operazione faticosissima, e Bergoglio è sostanzialmente solo, nel senso che solo una minoranza nella Chiesa lo sostiene concretamente. La stragrande maggioranza dei fedeli lo applaude, ma resta a guardare.
Manca dal basso un forte movimento di vescovi, preti, teologi, fedeli impegnati, come invece è accaduto durante il concilio Vaticano II, quando in molte parti della Chiesa si manifestavano iniziative di sostegno attivo alla svolta riformatrice. Così prosegue la sua corsa nella solitudine del maratoneta. (dal blog di Marco Politi)
Intervista a Vito Mancuso, a cura di Adriana Comaschi – l’Unità 14 marzo 2016
Professore,
qual era stata la sua prima impressione su questo Papa?
«Immagini
cosa significò vedere quest’uomo arrivato «dalla fine del mondo»,
che sceglie il nome di Francesco, che si dichiara vescovo di Roma
invece che sommo Pontefice. Ero commosso».
Bergoglio
viene visto come un Pontefice rivoluzionario, condivide?
«Bisogna
distinguere tra un Papa Francesco che parla al mondo, profeta, da un
Papa Francesco pastore, governatore, che parla alla Chiesa. E'
l’unico leader mondiale che parla di giustizia, di uguaglianza, di
difesa dei diritti degli ultimi, potremmo dire “di sinistra”. E
poi c’è la sua testimonianza personale, perché si è leader anche
per quello che si fa e Bergoglio ha una grandissima coerenza: tutta
la sua vita lo dimostra».
E
il Francesco «pastore»?
«E'
un dato di fatto che vi sia molta scontentezza in alcuni settori
conservatori della Chiesa, anche tra il clero giovane. Il rischio
allora è che non riesca a essere altrettanto rivoluzionario nella
sua azione interna. Faccio un esempio: su laici e donne ha detto
bellissime parole di apertura, se per il sacerdozio delle donne la
Chiesa cattolica non è ancora matura si cominci allora a discutere
concretamente di diaconato femminile, di cui parla anche il Nuovo
Testamento».
Deve
però scontrarsi con resistenze molto forti, non crede?
«Certo,
c’è una frattura nella Chiesa tra chi vorrebbe rimanesse identica
a se stessa e chi accetta il cambiamento. Basti pensare alla distanza
definita ancora “incolmabile” tra la dottrina della Chiesa e la
prassi dei fedeli in materia di etica sessuale. Ma la forza del suo
pontificato si misurerà anche sul fronte interno».
l’International
Movement We Are Church nel terzo anniversario dell’elezione di Papa
Francesco
Francesco è riuscito ad avviare a livello mondiale un nuovo “aggiornamento”.
Nel breve periodo dei soli tre anni del suo pontificato papa Francesco ha indicato una nuova strada da seguire. Dopo la precedente eccessiva enfasi sulla ortodossia, l’attenzione è stata spostata sulla ortoprassi Ciò significa impegno concreto per i poveri di tutto nel mondo, in linea con lo spirito più autentico del Vangelo. Francesco ha dato nuova autorità al papato che ora viene percepito come una autorità morale anche al di fuori della cristianità. Soprattutto apprezziamo il superamento dell’eurocentrismo di prima. Francesco parla di pace in una ottica globale in questo mondo vicino ad una “terza guerra mondiale “. Non Papa Francesco, ma il Vaticano, i cardinali e i vescovi devono ora devono lasciare il tradizionale immobilismo e seguirlo, proponendosi soprattutto di ispirarsi al Concilio.
Il movimento We Are Church è molto preoccupato per il fatto che molte domande di riforma sono fortemente contrariate da parte di molte autorità ecclesiastiche con grave danno per tutta la Chiesa. Ecco perché è così importante che tutte le forze del cambiamento sappiano fortemente collaborare tra di loro per riforme urgenti e necessarie. Per realizzarle i principali responsabili sono i vescovi. Francesco sceglie consapevolmente la “via sinodale”, invece di prendere decisioni “dall'alto”.
Roma,
13 marzo 2016
L’Associazione Viandanti, la Conférence catholique
des baptisé-e-s francophones (CCBF – Francia) e
il Forum Européen des Comités Nationaux des Laïcs (FEL –
Belgio), insieme celebrano il terzo anniversario dell’elezione di
papa Francesco .
Tre anni! Tre
anni da questo invito fatto dal nuovo papa: “Fratelli e sorelle,
buonasera! Voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un
Vescovo a Roma. [...]. E adesso incominciamo questo cammino: Vescovo
e popolo. Questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che
presiede nella carità tutte le Chiese”.
Dal 13 marzo 2013, il cammino è iniziato su sentieri nuovi e, a volte, difficili.
Noi, fedeli di Cristo,...
Dal 13 marzo 2013, il cammino è iniziato su sentieri nuovi e, a volte, difficili.
Noi, fedeli di Cristo,...
1. Ascoltiamo l’invito di Papa
Francesco a proseguire il processo, iniziato dal Concilio Vaticano
II, per mettere il mistero della Chiesa in dialogo con il mondo
contemporaneo.
2. Accogliamo con favore l’avvento
di una pastorale adeguata ai problemi del nostro tempo. Siamo lieti
per la forte ripresa del tema della misericordia di Dio, che sposta
l’attenzione sulla realtà delle persone e della loro storia.
3. Accogliamo con grande speranza
l’ampio lavoro di riforma della Chiesa per una maggiore sinodalità
– cioè il “camminare insieme” dei laici, dei pastori e del
Vescovo di Roma – per la “decentralizzazione”. E' un diverso
modo di esercitare il primato:“Papa non sta, da solo, al di sopra
della Chiesa; ma dentro di essa come Battezzato tra i Battezzati e
dentro il Collegio episcopale come Vescovo tra i Vescovi”.
4. Prendiamo atto con
soddisfazione del ritorno alla centralità del popolo di Dio;
dell’accento posto sul servizio della gerarchia e l’uso di un
nuovo linguaggio nel quale dominano i riferimenti evangelici che
fondano la fede, piuttosto che le ingiunzioni moralistiche.
5. Accogliamo con speranza il
nuovo slancio, manifestato dal Vescovo di Roma, per la realizzazione
dell’unità della Chiesa, come auspica la Evangelii gaudium:
accogliere come un dono “quello che lo Spirito ha seminato” anche
nelle altre Chiese.
6. Ascoltiamo la nostra Chiesa,
che in nome del Vangelo, denuncia tutte le strutture di peccato,
sente il grido dei poveri e sostiene le esigenze di liberazione.
Vogliamo contribuire alla cura della casa comune (il nostro
pianeta) attraverso una continua conversione personale, la denuncia
dell’idolatria del denaro, della cultura dello scarto e
della mondanità spirituale.
7. Accanto alle nostre speranze,
ci sono preoccupazioni.La prima è l’estrema lentezza con cui viene
affrontata la questione del ruolo delle donne nella Chiesa: la loro
assenza in posti di responsabilità decisionale è il segno, nella
Chiesa, di un’autoreferenzialità maschile. La seconda riguarda certi mormorii
ininterrotti contro il papa, che non possono essere ridotti alla
semplice espressione di divergenze, ma che utilizzano, anche
all'interno della gerarchia, uno stile tipico della stampa
scandalistica e della fronda politica, fino a ipotizzare il rischio
di uno scisma.
8. In questo anniversario,
vogliamo ribadire il nostro impegno con il Vescovo di Roma. Il nostro
futuro sta nella “tabella di marcia”, ispirata alla Bibbia e
consegnata da papa Francesco al Popolo di Dio, un popolo di uomini e
di donne, nel quale i carismi donati dallo Spirito sovrabbondano.
10 marzo 2016
Intervista a Luigi Accattoli a cura
di Francesco Iacobini in “L'Azione” - settimanale della Diocesi
di Fabriano-Matelica – del 12 marzo 2016
Una parola che riassuma ciascuno di
questi tre anni. Quale sceglieresti?
Per il 2013 direi la parola “uscire”:
è l’anno dell’esortazione, dov'è
formulato il programma del Pontificato: “La riforma della Chiesa in
uscita missionaria”. Per il 2014, “parresìa”: è l’anno del
primo Sinodo sulla famiglia, che Francesco vuole come occasione di
libera e piena discussione in vista di “scelte pastorali
coraggiose”. Per il 2015, “misericordia”: è l’anno
dell’annuncio e dell’avvio del “Giubileo straordinario della
Misericordia”.
Con Bergoglio la preoccupazione
pastorale sembra diventata preminente rispetto ai problemi dogmatici.
Questo incide su tante cose, no?
Sì, è così. Credo che apparirà più
chiaro domani. Da cardinale, Bergoglio aveva affermato con audacia il
convincimento che “pastorale non si oppone a dottrinale ma lo
comprende” e che “il titolo di pastore include quello di
maestro”. Prevedo che il Papa arriverà presto a formulare in
termini magisteriali questo criterio, che guida sotto traccia la sua
tenace opera di sganciamento dalla dominante dottrinale. La caduta delle
pregiudiziali rende possibile l’annuncio. Ovvero: mira a renderlo
possibile. Che poi questo si realizzi, è altra storia.
Francesco è spesso presentato da
media e osservatori come un Papa di sinistra, ma queste definizioni
hanno senso nelle cose di Chiesa?
Non trovo nulla di male se qualcuno lo
considera di sinistra, nel senso di più attento alla dimensione
sociale dell’annuncio cristiano, o più riformatore, purché non si
utilizzi tale categoria con riferimento agli schieramenti
parlamentari.
La riforma della Chiesa sta
producendo qualche frutto, o ciò che prevale è la buona stampa di
cui il Papa gode?
E’ presto per vedere i frutti, sia
per la madre di tutte le riforme che è quella dell’uscita
missionaria, sia per il cantiere delle riforme istituzionali. Le
riforme curiali e canoniche sono necessariamente lente e che
procedano lentamente anche sotto Francesco è un segno di serietà.
Quelle di struttura sono solo abbozzate, ma arriveranno e immagino
che saranno forti.
C’è chi sottolinea che in
Francesco l’uomo venga prima del prete e del vescovo. E’ un
aspetto rilevante?
Sì, perché relativizza l’importanza
delle figure ecclesiastiche e valorizza il ruolo dei cristiani
comuni. Inoltre, Bergoglio ha interesse per l’incontro da uomo a
uomo, anche quando non c’è in gioco l’elemento cristiano. In ciò
il Papa è favorito dalla formazione gesuitica: i gesuiti non si
pensano come gerarchia e da sempre guardano più fuori che dentro
all'orto della Chiesa.
In questo guardare fuori dall'orto può esserci il rischio di qualche strumentalizzazione da parte di un certo mondo culturale e politico?
Direi che al Papa interessa
interloquire con chi ha un ruolo dominante nella comunicazione di
massa e nel dibattito culturale. Non si identifica. Ma vuole mostrare
alla comunità cattolica che è possibile parlare con loro. Anzi, che
è necessario.
E sul rapporto tra Francesco e le
vicende italiane? Che idea ti sei fatto?
Francesco ha un legame di spontanea
familiarità con le folle che incontra nelle città italiane. Ma ha
un rapporto difficile con l’episcopato e con il clero del nostro
Paese, perché è il portatore principe della tradizione clericale
che vuole smantellare.
E il futuro meno vicino come lo
vedi?
Vedo il procedere dell’opera di riforma, che sarà portata avanti
da Francesco e da chi verrà dopo, tenendo conto che il papato è
uscito dall'Europa e non ha avuto paura di decentrarsi nelle
latitudini più lontane e insieme più giovani e vivaci della Terra.
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