mercoledì 2 marzo 2016


LA FAMIGLIA DEL PRETE

Navigando qua e là per il Web, ho trovato questa notizia:<<Una grande diocesi del Nord ha aperto una casa per preti «in crisi» (ce ne sono tante in giro), ma stavolta con una caratteristica particolare: lì i sacerdoti vivono in una normale famiglia, vengono «adottati» cioè da una coppia e abitano con essa e i loro figli, in un contesto del tutto quotidiano.>>
La notizia mi è apparsa un po' strana da un lato, ma dall'altro di una banalità esagerata.
Ma i preti, devono dunque andare «in crisi» per poter sperare di tornare a vivere in una famiglia?
La mia personale esperienza mi ha raccontato di istituti religiosi particolarmente dedicati alla cura di sacerdoti con problemi di identità e di vocazione, oppure di gruppi di mutuo aiuto tra parroci etilisti, di psicoterapie per preti con patologie sessuali, e così via. Adesso leggo di questo piano «terapeutico» predisposto in un ambiente quotidiano come quello familiare, con la sua routine e i suoi alti e bassi, dove le persone che professano il celibato e quindi,per status, condannati a vivere solitari, possono rispolverare i propri ideali di donazione, di fede e di sacerdozio.
Non mi sembra un'idea particolarmente speciale e rientrante in quei tentativi di rivalorizzazione della figura sacerdotale, soprattutto se in crisi! E poi di questi generi di esperienza ne sono stati registrati già parecchi: dai religiosi che coabitano in una comunità di famiglie, al sacerdote che con una coppia di sposi ha fondato un centro di spiritualità famigliare, al parroco che apre la propria canonica a famiglie in difficoltà, al prete che svolge il suo operato vivendo in casa con mamma e papà e parenti vari... Anzi,è proprio uno dei consigli che arriva dalla preparazione in Seminario, quello di far riferimento, dove è possibile, alla propria famiglia!
Dunque, se il problema è la solitudine o il celibato, credo che la soluzione sia da ricercare in altri campi. Forse anche in una propria famiglia, dove il sacerdote è anche padre e marito; dove vita e amore s'incontrano, si abbracciano, si baciano e costruiscono il futuro dell'umanità.
Sembra invece che i due modelli cattolici, come due assoluti, non si vogliano toccare. Ma se davvero crediamo che queste diverse vocazioni abbiano in sé ricchezze e felicità, perché mai non potremmo pensare che si contaminino, fino a poter esprimere due stupende possibilità di scelta sacerdotale?...E che il dibattito sul sacerdozio sponsale prosegua!!
A.B.


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