LA FAMIGLIA DEL PRETE
Navigando qua e là per il Web, ho
trovato questa notizia:<<Una
grande diocesi del Nord ha aperto una casa per preti «in crisi» (ce
ne sono tante in giro), ma stavolta con una caratteristica
particolare: lì i sacerdoti vivono in una normale famiglia, vengono
«adottati» cioè da una coppia e abitano con essa e i loro figli,
in un contesto del tutto quotidiano.>>
La notizia mi è apparsa un po' strana
da un lato, ma dall'altro di una banalità esagerata.
Ma i preti, devono dunque andare «in
crisi» per poter sperare di tornare a vivere in una famiglia?
La mia personale esperienza mi ha
raccontato di istituti religiosi particolarmente dedicati alla cura
di sacerdoti con problemi di identità e di vocazione, oppure di
gruppi di mutuo aiuto tra parroci etilisti, di psicoterapie per preti
con patologie sessuali, e così via. Adesso leggo di questo piano
«terapeutico» predisposto in un ambiente quotidiano come quello
familiare, con la sua routine e i suoi alti e bassi, dove le persone
che professano il celibato e quindi,per status, condannati a vivere
solitari, possono rispolverare i propri ideali di donazione, di fede
e di sacerdozio.
Non mi sembra un'idea particolarmente
speciale e rientrante in quei tentativi di rivalorizzazione della
figura sacerdotale, soprattutto se in crisi! E poi di questi generi
di esperienza ne sono stati registrati già parecchi: dai religiosi
che coabitano in una comunità di famiglie, al sacerdote che con una
coppia di sposi ha fondato un centro di spiritualità famigliare, al
parroco che apre la propria canonica a famiglie in difficoltà, al
prete che svolge il suo operato vivendo in casa con mamma e papà e
parenti vari... Anzi,è proprio uno dei consigli che arriva dalla
preparazione in Seminario, quello di far riferimento, dove è
possibile, alla propria famiglia!
Dunque, se il problema è la solitudine
o il celibato, credo che la soluzione sia da ricercare in altri
campi. Forse anche in una propria famiglia, dove il sacerdote è
anche padre e marito; dove vita e amore s'incontrano, si
abbracciano, si baciano e costruiscono il futuro dell'umanità.
Sembra invece che i due modelli
cattolici, come due assoluti, non si vogliano toccare. Ma se davvero
crediamo che queste diverse vocazioni abbiano in sé ricchezze e
felicità, perché mai non potremmo pensare che si contaminino, fino
a poter esprimere due stupende possibilità di scelta
sacerdotale?...E che il dibattito sul sacerdozio sponsale prosegua!!
A.B.
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