lunedì 21 marzo 2016

Apertura a tutti del pensiero ebraico

Ci sono eventi nella storia che per una insolita bizzarria del destino sembrano rincorrersi
apparentemente senza nessi. Correva l'anno 1554, periodo di insensata controriforma in tutta Europa. Le cronache arrivate fino a noi riportano due devastanti incendi. A loro modo terribili.
Entrambi destinati ad essere ricordati. Uno divampò nella ridente cittadina olandese di Eindhoven,
che fu rasa al suolo da un rogo capace di incenerire ogni cosa. L'altro, invece, fu pianificato a Roma. Nella centralissima piazza di Campo dei Fiori fu allestita una pira con tutti i manoscritti del Talmud esistenti nel ghetto, ritenuti portatori di idee scellerate e pericolose. Da quel momento in tutta Italia partirono altri roghi. Oscurantismo e persecuzioni impigliate nella quotidianità delle cronache di quel periodo. Il Talmud veniva incenerito con un editto firmato da Giulio III, tipico pontefice rinascimentale, generoso verso i parenti, amante dei piaceri, dedito ai banchetti, al teatro, alla caccia e alla soppressione delle idee giudicate dannose per la retta fede. Erano tempi della Controriforma, e fu così che in Italia la tradizione dello studio di questo poema giuridico che consiste nelle verbalizzazioni delle discussioni degli studiosi della Torah a Babilonia, venne pesantemente colpita dalla persecuzione della Chiesa. La distruzione del Talmud divenne uno dei fini delle politiche papali del periodo. Lo studio del manoscritto divenne materialmente impossibile, fino a che cessò di esistere del tutto come fatto popolare. A distanza di quasi cinque secoli, proprio a Roma, il Talmud riprende vita. La Comunità ebraica dopo anni di lavoro è riuscita a portare a termine uno dei più complessi e ambiziosi progetti per la diffusione della cultura ebraica: la traduzione in lingua italiana del Talmud.
in “Il Messaggero” del 20 marzo 2016

In ebraic  si chiama Torah she beal peh, «Torah che sta sulla bocca». Ma la tradizione orale dei figli
d’Israele è un immenso corpus scritto, redatto lungo una catena di secoli. Il suo cuore è il Talmud, parola ricavata da una radice che significa «imparare» e «insegnare»: «ho imparato molto dai miei maestri», dice un rabbino, ma ho imparato di più dai miei allievi».
Di Talmud ne esistono due, uno di Gerusalemme e uno di Babilonia, che è quello per antonomasia, arrivato intorno al V-VI secolo nella sua forma attuale: 5422 pagine fitte. Summa di fede scritta in due lingue, ebraico e aramaico, il Talmud contiene prima di tutto materiale legale, ma non è estraneo a nessun campo dell’antico sapere, dall’astronomia alla medicina. La sua forma è quella del verbale di discussione, di un «domanda e risposta» che parte dal versetto biblico e procede all’infinito. Testo aperto per eccellenza, il Talmud si legge con un metodo non dissimile da quello della pagina web con i suoi rimandi, cioè i link, in un continuo cammino di interpretazione. 
in “La Stampa” del 20 marzo 2016

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