Com'è possibile che coloro che esercitano un ministero (minus), un
servizio, abbiano potuto essere considerati (e siano ancora considerati) come dei notabili, degli
uomini da rispettare, degli uomini il cui onore, talvolta da loro stessi calpestato, sia salvato a tutti i
costi? C'è una sacralizzazione del clero che nuoce, molto più dell'anticlericalismo, alla Chiesa,
all'eucaristia, alla missione della Chiesa nella società...“Non chiamate «padre» nessuno
di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste” (Mt 23,9). Ma la loro sacralizzazione è
contraria alla fede e pericolosa.
Quante volte i preti si sono presi per il buon Dio? Sapevano e sanno quello che Dio pensa. Ancora
recentemente, un confratello parigino scriveva su La Croix che è Cristo che parla quando un prete
pronuncia l'omelia. Questa espressione è più che infelice, è falsa secondo la tradizione, insostenibile
teologicamente. Ed è un prete che rende la sua parola inattaccabile. Pensiero e funzionamento
perverso narcisistico che organizzano il sistema perché niente gli resista, niente lo contraddica. Se si
aggiunge che queste persone del servizio si sono arrogate il potere, siamo al colmo dell'inganno. Si
definiscono perfino “magistero” quelli che sono minus, che esercitano il ministero.
I preti devono rivendicare solo il servizio. Il problema è che è più facile da dire che da vivere. Lo
sappiamo tutti, il servizio non si preoccupa della riuscita dell'esistenza, di sapere se si è felici, se si è
soddisfatti o no. Il servizio non dà nessun diritto. Coloro, donne e uomini, che sono obbligati dalla
loro condizione sociale ad essere a servizio, sono spesso considerati zero. Servi, inutili: espressioni
intercambiabili, non indispensabili. La scarsità del clero ha invece contribuito non poco a rendere i
preti più indispensabili.
Possiamo sperare che ci siano meno preti criminali che preti semplicemente servi, che fanno quello
che devono fare e si mettono da parte. Il cammino del servizio per alcuni, per molti, richiede tanta
conversione! Non è forse solo così che è possibile presiedere le assemblee in nome di Gesù,
mettendosi da parte? Non si può parlare a nome della Chiesa se non scomparendo dietro di lei che ci
ha incaricato di portare la sua voce.
Non ci sono preti che non siano peccatori, e questo peccato dovrebbe tenerci lontano da qualsiasi
vanto. Non è miserabilismo, questo, ma necessità per la vita della Chiesa e per l'annuncio del
Vangelo. Commemoriamo Gesù servitore che lava i piedi dei discepoli. “Se dunque io, il Signore e
il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. Vi ho dato infatti
l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,14-15). È la vocazione nostra, di tutti
noi, discepoli di Gesù. È la vocazione nostra, di noi preti, perché tutta la comunità si inginocchi ai
piedi dell'umanità.
di Patrick Royannais
in “www.baptises.fr” del 24 marzo 2016
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