L’accoglienza è giusta, le preghiere musulmane in chiesa no. Due parroci di Pistoia progettano di
stendere tappeti vicino all’altare per consentire ai rifugiati musulmani di pregare rivolti verso la
Mecca, ma il vescovo della città, Fausto Tardelli, il giorno dopo blocca tutto. Correggendo la linea
dei due sacerdoti.
«Che problema c’è, se vogliamo fare vera accoglienza e integrazione, non ha senso farli pregare in
uno scantinato. Chi vorrà, potrà pregare dentro la chiesa, hanno solo bisogno di orientarsi verso la
Mecca», aveva annunciato sabato scorso don Massimo Biancalani, il parroco di Santa Maria
Maggiore a Vicofaro, zona ovest di Pistoia. Lo stesso parroco che assieme a don Alessandro
Carmignani e all’associazione “Virgilio-città futura” sta predisponendo un progetto d’accoglienza
per 18 profughi nelle tre parrocchie pistoiesi di Marliana, Vicofaro e Ramini. Il vescovo Tardelli
però richiama adesso entrambi con una lettera: «La doverosa, necessaria e rispettosa accoglienza
delle persone che professano altri culti e religioni - scrive - non si fa offrendo spazi per la preghiera
all’interno delle chiese destinate alla liturgie e all’incontro con la comunità cristiana».
Un no cortese quanto netto al progetto di don Biancalani, intenzionato a spingere l’accoglienza fino
a stendere i tappeti «dalla parte dell’ingresso a nord», dentro la chiesa di Vicofaro. Ma se
l’accoglienza è giusta e benvenuta, la condivisione dei luoghi di culto proprio no: per la preghiera
«si possono trovare benissimo altri spazi e altri luoghi ben più adatti e più rispettosi anche di chi ha
un’altra fede», scrive il vescovo. I motivi? «Sono tanti e talmente ovvi che non è necessario
nemmeno richiamarli», insiste il vescovo. Come l’ha presa don Biancalani?
È lo stesso vescovo Tardelli a dare conto del cambio di rotta, nella lettera inviata ai due parroci e
poi resa pubblica: «I sacerdoti coinvolti in questa vicenda hanno ribadito che il loro pensiero e la
loro volontà di apertura agli immigrati sono stati travisati, visto che non è assolutamente loro
intenzione creare situazioni di confusione che non aiutano certo l’accoglienza. E sono ben
consapevoli della necessità di agire in questo campo con grande attenzione e rispetto».
in “la Repubblica” del 21 marzo 2016
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