martedì 15 marzo 2016

Preti sposati: Non si tratta sempre di problemi legati al vincolo celibatario

Per la teologia cattolica il carattere indelebile dell’Ordinazione Sacerdotale  rende il prete che abbandona il ministero, un sacerdote per sempre.
“Oggi tante persone abbandonato ogni pregiudizio mostrano una certa sensibilità e comprensione nei confronti di quanti con coraggio lasciano il ministero.
Le cause remote degli abbandoni sono molto varie. Esse vanno da situazioni particolari, a situazioni di instabilità affettiva, a crisi di fede, a conflittualità con i superiori, al sentirsi costretti in una struttura che “toglie il respiro”, la depressioni, ai limiti personali, a impreparazione o a mancanza di formazione affettiva/sessuale, carente nei seminari e infine a incapacità di superare problematiche psicologiche.
Non si tratta sempre di problemi legati al vincolo celibatario. Per molti che poi si sposano, può essere questa la causa prossima che consiste in un innamoramento nei confronti di una donna.
Presa coscienza di una o più cause, che, quindi, maturano nel tempo, o costretto da una situazione che non è mai improvvisa, il prete lascia. L’abbandono spesso avviene dopo più di 10 anni di ministero…
E’ certo che la mancanza di professionalità e di titoli di studio specifico, possono vietare a dei preti di fare il passo dell’abbandono e che, quindi, possono esserci dei preti che permangono nell’incertezza e forse anche nell’ipocrisia. Oggi, inoltre, con il sostentamento del clero, voluto dalla revisione del Concordato, viene assicurato a tutti i preti e, quindi, anche al sacerdote giovane, appena ordinato uno stipendio, mentre nella società civile, molti giovani, anche se laureati e con dottorati di ricerca, sono, in questo periodo di crisi, destinati alla disoccupazione.Avere, quindi, la certezza, di uno stipendio, frena indubbiamenteogni desiderio di intraprendere una vita destinata alla miseria.Tuttavia qualche volta – e si moltiplicano questi casi che meritano di essere attentamente studiati – vi sono oggi anche dei preti giovani che nel primo o secondo anno dell’ordinazione lasciano il ministero. La maggior parte dei sacerdoti che hanno lasciato, da quel che mi risulta, hanno trovato una dignitosa sistemazione nei settori più svariati. Essi hanno un impiego o un’attività professionale.
Molti Vescovi non si interessano dei preti sposati e non esiste nessuna pastorale per loro. Negli ultimi tempi qualcosa, però, sta cambiando. Risulta, infatti, che parecchi di essi, se dispensati dagli obblighi sacerdotali, sono stati accolti da qualche vescovo per svolgere incarichi ecclesiali e per insegnare religione o, comunque, per lavorare in istituzioni dipendenti dall’autorità ecclesiastica. Si tratta, però, di casi sporadici, che speriamo siano seguiti da altri vescovi.
Ci sono dei preti sposati che volontariamente svolgono delicate mansioni nella formazione dei giovani e – nessuno si meravigli – nella formazione permanente del clero o nell’aiuto ai sacerdoti in difficoltà.
Per abolire l’obbligo del celibato per i preti occorrerebbe, innanzitutto, che la Chiesa abbandoni la sessuofobia, riveda non solo a parole la misoginia, che se anche, negli ultimi tempi è resa più stemperata, è ben presente e occultata nelle pieghe più profonde dell’anima clericale e non solo. E poi, sarebbe necessaria una ristrutturazione organizzativa totale del vivere e delle attività dei preti, l’abolizione dei seminari e l’indipendenza economica di chi esercita il ministero.
(testo rielaborato dalla redazione)
per approfondire segnaliamo il libro di Léon Laclau “Per amore di una donna escluso dalla Chiesa” ed. IMGPress 2015.

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