SI PARTE : BUON LAVORO, CATECHISTI!
Partiti
di là, attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo
sapesse. Istruiva
infatti i suoi discepoli e diceva loro: «Il Figlio dell'uomo sta per
esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno; ma una
volta ucciso, dopo tre giorni, risusciterà». Essi
però non comprendevano queste parole e avevano timore di chiedergli
spiegazioni.Giunsero
intanto a Cafarnao. E quando fu in casa, chiese loro: «Di che cosa
stavate discutendo lungo la via?». Ed
essi tacevano. Per la via infatti avevano discusso tra loro chi fosse
il più grande. Allora,
sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: «Se uno vuol essere il
primo, sia l'ultimo di tutti e il servo di tutti». E,
preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse
loro:«Chi
accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me; chi
accoglie me, non accoglie me, ma colui che mi ha mandato».(Marco 9,30-37)
La liturgia di qualche domenica fa ha
proposto questo testo evangelico che presenta come criterio per
accedere al Regno di Dio la figura del bambino posta da Gesù come
modello. Questa figura non è un invito a concludere che il
cristianesimo sia una religione infantile, ma è stato motivo per
riflettere su una certa prassi che avviene in quasi tutte le
parrocchie, a cominciare con il mese di ottobre, che è quella
dell’inizio del catechismo per i ragazzi.
E’ una prassi che si modella sullo
schema della scuola: quando le lezioni scolastiche finiscono, finisce
anche il catechismo, con buona pace e sospiri di sollievo di coloro
che si sono impegnati con generosità a svolgere il ruolo di
catechisti.
Tale modalità è strutturata non sempre
per formare, ma in funzione della 1^ comunione e della cresima: una
volta ricevuta la 1^ comunione (e per molti è forse anche l’ultima),
una volta ricevuta la cresima, sacramento dell’impegno nella
testimonianza (ma per molti sacramento dell’abbandono non solo
della pratica religiosa, ma della fede), si diventa “adulti” nel
senso che finisce la formazione. La catechesi diventa così
un’esperienza “da bottega”, da bambini e per bambini.
Ma il catechismo, invece di essere
preparazione ad alcuni sacramenti, non dovrebbe essere aiuto ad
entrare nella Scrittura affinché la Parola di Dio accompagni la
nostra vita quotidianamente? Se è soltanto preparazione per la 1^
comunione e per la cresima finisce per essere una scadente
verniciatura del messaggio cristiano. Non si tratta di inculcare
nella mentalità e nella coscienza dei ragazzi esclusivamente cose da
“sapere”, ma valori da “vivere” per tutta la vita.
Viene da pensare, allora, che le
esperienze catechistiche siano comunicazioni di poco o nulla, se poi
comportano abbandoni, indifferenza, religiosità di facciata,
reazioni di paura e di razzismo. E così capita che si inneggia ai
“valori cristiani” e alla “identità nazionale cattolica”, ma
poi si è fuori dalla fede, fuori dalla storia in quanto ci
accontentiamo di una religione a cui apparteniamo per nascita e non
per scelta, una religione fondata su chiusura ed egoismo, fatta di
esteriorità e di comportamenti lontani dai valori evangelici. E
allora diventa urgente un ritorno all’essenzialità, alla
semplicità di vita che aiuti a scoprire Dio e la sua paternità, con
l’aiuto della sua Parola.
Ecco allora l’immagine del bambino
richiamata nel brano evangelico citato all’inizio: il bambino che
non ha preconcetti, che si abbandona nelle braccia dei suoi genitori.
“Essere come bambini” non è uno slogan, ma significa vivere la
semplicità delle relazioni, la disponibilità dell’incontrare gli
altri, l’apertura per tutto ciò che è nuovo, la libertà da
pregiudizi e prevenzioni, vivere e saper vivere con gli altri.
Le esperienze catechistiche, così come
sono vissute, quali messaggi introducono nelle coscienze dei ragazzi?
Se tutto viene finalizzato alla 1^ comunione e alla cresima, scadenze
quasi obbligate nella mentalità di molti genitori la cui maturazione
nella fede è rimasta ferma agli anni della loro esperienza
catechistica, come potrà essere coinvolta dalla Parola di Dio la
vita dei piccoli che frequentano il catechismo? Che esempi di fede
vissuta troveranno attorno a loro? Quanto sono presenti le condizioni
per far parte del Regno di Dio nel mondo degli adulti (genitori,
sacerdoti, realtà parrocchiali, oratori…): bisogna farsi servitori
di tutti e mettersi dalla parte dei disprezzati per contestare il
potere che fa sempre gli interessi dei forti?
Tonino Bello nel 1992 scriveva ai
catechisti della sua diocesi, prendendo lo spunto da una canzone di
Gino Paoli, queste parole: “So, però, che il ‘cielo in una
stanza’ deve divenire la sigla morale di ogni uomo di buona volontà
che si batte per la pace, che non vuole farsi catturare
dall’effimero, che teme di lasciarsi imprigionare dai problemi di
campanile, e che intende fuggire la seduzione, tutta moderna, del
‘piccolo è bello’ (…) Se è così ti offro un’ultima
suggestione: aprirsi alla mondialità significa educarsi alla
convivialità delle differenze”.Crescere nella fede, attraverso
l’esperienza catechistica lunga quanto una vita, dovrebbe avere
questo traguardo che è poi quello di Dio.
AGOSTINO
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