domenica 25 ottobre 2015

HAI RAGIONE DON PAOLO!

Fare un Sinodo oggi, dopo oltre mezzo secolo dall’«Humanae Vitae» e stare ancora a discutere «comunione sì, comunione no», mettendo anche da parte le parole inequivocabili del vangelo, significa perdere tempo, perché «la gente» va per conto suo, infischiandosene di cardinali, papi e preti che non hanno perso il vizio di gridare al peccato, salvo poi ritrovarsi a fare le più miserevole porcate, giustificandosi in ogni modo. Ammesso e non concesso che i divorziati siano «peccatori» (ma mai quanto i cardinali che scrivono lettere anonime, o sputano sullo Spirito Santo), Gesù nel vangelo dice di essere vneuto per i peccatori e ogni volta che ne incontra uno, si siede a tavola e mangia con lui (cf Mc 2,16), «amico dei peccatori e dei pubblicani» (Mt 11,19). Non solo, ma in Lc 15,1 l’evangelista ci tiene a sottolineare che «si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano» (Lc 15,1-2). Questa è la foto della chiesa di oggi: i pubblicani e i peccatori si avvicinano per merito anche di Papa Francesco, mentre scribi e farisei fanno Sinodi e mormorano nell’oscuro e tramano nell’ombra da vigliacchi: lanciano sempre un sasso o una serie di sassi, ma ritirano subito la mano, assumendo l’aria degli gnorri. Una testimonianza La mia chiesa è frequentata da molti separati e divorziati e risposati e tutti fanno la comunione e non da oggi. Non c’è voluto un sinodo per sapere ciò che la coscienza conosceva già. Tutti partecipano all’Eucaristia e concelebrano l’Eucaristia in forza del principio che i sacramenti sono per il popolo santo di Dio (cf Eb 5,1), popolo in ricerca e assetato di Dio, popolo di santi e di peccatori, «ecclèsia casta et meretrix» (Cf SANT’AMBROGIO, Commento al Vangelo di Luca, III, 17-23, PL XV: 1681; cf CESARIO DI ARLES, Sermo 116, PL XLVII: 759; SAN’AGOSTINO, Quaestionum in Heptateuchum libri septe, Lib. 6, Quaestio Iesu Nave, 2, PL XXXIV:775; San Girolamo, Tractatus LIX in Psalmos, Psalmus 86, PL XXVI:1150). L’Eucaristia è il cibo per vivere la vita di ogni giorno, è la forza che regge la fede. Da tempo, da molto tempo abbiamo superato l’aspetto legalistico esteriore e abbiamo portato tutto alla relazione della fede che non ha gli stessi obblighi della religione. Questa, la religione, ha il compito di nascondere Dio e di oscurarlo a favore della casta sacerdotale che non avrebbe senso se il popolo potesse incontrare Dio. Quella, la fede, ha bisogno di cuore e di amore, di ansia e di desiderio per realizzare l’incontro fisico tra Dio e il credente che mette in discussione la propria esistenza perché vale la pena scoprire l’amore di Dio.
da una riflessione di don Paolo Farinella

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