sabato 24 ottobre 2015

MONS.CERETI INTERVISTATO DA RUPUBBLICA

Parla Giovanni Cereti, il monsignore che da 40 anni promuove la tesi della riammissione ai sacramenti per chi vive seconde nozze: "Anche la Chiesa delle origini lo permetteva a determinate convinzioni". Francesco ha letto i suoi libri. E ha fatto ascoltare alcuni brani ai cardinali.
Come affrontava la Chiesa primitiva il nodo dei divorziati?
"Difendeva il matrimonio monogamico contro i rigoristi che lo contestavano, ma a poco per volta prese coscienza dell’esistenza di peccatori anche fra i battezzati e del potere che le era affidato di rimettere i peccati. Essa esercitò questo potere attraverso la penitenza pubblica e non reiterabile".
Come avveniva questa penitenza?
"In sostanza, coloro che venivano sottoposti alla penitenza partecipavano solo alla prima parte della messa, la 'liturgia della Parola', e non al banchetto eucaristico. Tuttavia, dopo uno o più anni di penitenza, venivano riconciliati e riammessi all’eucaristia".

Per la Chiesa il matrimonio è un sacramento indissolubile.
"È vero. Nessuno può fare venire meno un matrimonio se non gli sposi stessi con delle decisioni e dei comportamenti che per lo più comportano gravi responsabilità. Quando gli sposi decidono di venir meno alla parola data nella celebrazione del matrimonio, quando si separano, distruggono automaticamente il segno sacramentale che consiste nell’amore e nella volontà di essere marito e moglie. Così viene meno anche il vincolo coniugale e la grazia del sacramento. È la stessa cosa che accade per l’eucaristia: eucaristia e matrimonio sono gli unici ‘sacramenti permanenti’. Per i cattolici, fino a che il pane consacrato resta pane, resta la presenza reale. Ma se il pane ammuffisce, il venir meno del segno sacramentale fa venire meno la presenza reale e quindi la grazia del sacramento. Così è per il matrimonio".
Perché una parte di Chiesa si oppone a tutto ciò?
"Difficile rispondere. Certo è che oggi, nella coscienza cristiana comune, lo scandalo non è tanto offerto da coloro che hanno peccato sia pure contro un dono così prezioso come il matrimonio, quanto proprio da quella che viene considerata un’eccessiva rigidità delle istituzioni ecclesiali, che sembrano educate a una visione giuridica e non sacramentale del matrimonio. Dio è amore misericordioso, e la Chiesa è chiamata a onorare la parola di Gesù: 'Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò'. Resto profondamente convinto che la Chiesa ha ricevuto da Cristo il potere di rimettere tutti i peccati e che può esercitare questo potere nel sacramento della riconciliazione. Può darsi che uno dei due coniugi non abbia nessuna colpa o poca colpa, e che l’altro abbia una colpa molto maggiore: il confessore giudicherà in modo diverso i due casi, potrà imporre una penitenza diversa, ma in ogni caso se constata il pentimento per essere venuti meno alla parola data 
nella celebrazione del matrimonio, l’adempimento di tutti i doveri verso il primo coniuge e gli eventuali figli e la buona volontà di cercare di realizzare un matrimonio fedele nella nuova unione può assolvere il divorziato risposato e riammetterlo all’eucaristia".

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